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Kitobni o'qish: «I Puritani di Scozia, vol. 2», sahifa 2

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CAPITOLO II

 
»In fra gli orrori che a feral battaglia
»Vengon seguaci, e di strage e paura
»Compion le rupi intorno e la boscaglia
»Ve' sciolto palafreni che tua ventura
»Ti guida, e innanzi a te sofferma il corso,
»E molle di sudor t'appresta il dorso.»
 
Campbell.

Nel durar dell'azione da noi descritta, Morton, Cuddy e il reverendo Gabriele Kettledrumle erano rimasti sullo spianato della montagna, presso quell'altura coperta di musco, ove Claverhouse innanzi la pugna avea tenuto consiglio di guerra co' suoi ufiziali; laonde poterono osservare tutto quanto accadde; nè spettatori meno attenti di essi erano stati il caporale Inglis, e i quattro uomini a cavallo che li custodivano.

»Ah! se avessero coraggio, dicea con sommessa voce a Morton Cuddy, non avremmo perduta ogni speranza di sottrarre al brutto laccio le nostre gole; ma non mi fido gran che di costoro; han poca esperienza e della guerra e del maneggio dell'armi.»

»Non ne hanno bisogno, o Cuddy, Morton gli rispondeva. Sono eccellentemente situati, provveduti d'armi, e il lor numero è due volte doppio del numero de' nemici. Se in questo momento non sanno combattere per la lor libertà, si meritano di non acquistarla giammai.»

»Oh quale spettacolo! intanto esclamava Mausa che pareva un'ossessa. Il mio spirito è come quello del profeta Elia! Il fuoco della verità mi consuma; ecco il giorno del giudizio e della nostra liberazione! – Ebbene! che mal vi sentite degnissimo sig. Kettledrumle? Voi siete giallo come lo zafferano. – Quest'è il momento di orare, d'intonar cantici per ottenere da Dio che confonda i persecutori del popolo d'Israele.»

Un tal proposito racchiudeva una specie di rampogna, e il reverendo che tonava dal pergamo allorchè il nemico era lontano, e che, siccome vedemmo, non taceva neanco quando sarebbe stato il tacere in sua facoltà, si era fatto muto all'udire il rumore del continuo trarre che venia dalle valli; e lo spavento l'avea sì compreso che non trovò forza di predicare il Puritanismo, benchè ciò s'aspettasse da lui l'intrepida Mausa. Nondimeno non perdè tanto ogni accortezza da dimenticar nel risponderle la cura che doveva alla propria fama.

»Tacete olà, donna! sclamò, tacete: e non mi turbate in mezzo alle mie meditazioni ed alla lotta del mio spirito. – Però (andava pensando fra se medesimo) qualche palla d'archibuso potrebbe giugnere fin qui; nè farò male a ritrarmi dietro di quest'altura, come in luogo di sicurezza.»

»Egli è un vigliacco, soggiugneva Cuddy, vero vigliacco!»

»Un tale spettacolo è orribile, lo confesso, diceva Morton; pur non posso, a mio malgrado, stoglierne il guardo.»

»Dio si mostri, e i suoi nemici saranno dispersi!» cantava la vecchia, fatta dimentica del pericolo dal proprio entusiasmo.

Tutti e tre dunque rimasero spettatori della pugna, cui però non erano assai vicini per comprendere di chi fosse il vantaggio; oltrechè la densa nebbia di fumo, che il vento spignea da quella banda, loro impediva spesse volte persino la vista de' combattenti. Finalmente osservarono qua e là sbandati per la valle diversi cavalli privi di cavaliere, i quali però era facile l'accorgersi che appartenevano al reggimento guardie. Poi vari cavalieri a piedi che fuggivano verso la montagna, e molta mano d'uomini a cavallo che non tardarono a seguir le tracce dei primi, non lasciaron più luogo ad incertezza sulla peggio di quell'azione toccata ai Reali. I fuggiaschi non si trattennero che un istante sullo spianato del monte, onde il maggiore Allan fu costretto seguirli nella lusinga di riordinarli ad una distanza maggiore dal pericolo.

Intanto spesseggiava meno il fuoco dei combattenti, sicchè i prigionieri poterono più distintamente scorgere i successivi fatti, e videro l'ultima prova di disperato impeto che Evandale fece su i Puritani, e la molta mano di Reali, che lo abbandonavano per raggiugnere senza perder tempo que' che cercavano scampo per le montagne.

»Essi fuggono! Essi fuggono! sclamò l'estatica Mausa. Israello ha vinti i Moabiti! la spada del Signore si è aggravata sovr'essi! Questa colonna di fuoco, l'altra di fumo che le succede, son le colonne che salvarono il popolo di Dio, quando gli empi Egiziani l'inseguivano.» E qui la nostra vecchia intonò un cantico di rendimenti di grazie.

»Tacete dunque in nome di Dio, madre mia! sclamò Cuddy, andate piuttosto a starvene con Kettledrumle, con quell'uom coraggioso che or pensa a tutt'altro fuorchè a cantar inni. Queste indiavolate palle non guardano in faccia a nessuno, e tanto ammazzerebbero una vecchia che salmeggia quanto un dragone che bestemmiasse.»

»Non temere per me, mio Cuddy, rispose la vecchia fanatica; voglio, siccome Debora, ascendere quell'altura, e sollevar la mia voce contra i persecutori de' veri fedeli.»

E avrebbe di fatto eseguito il suo divisamento; ma Cuddy temendo che ella non facesse venire la mosca al naso dei custodi, l'afferrò saldamente per un braccio, obbligandola a rimanersi dov'era. »Sig. Enrico, diss'egli allora, credo non anderà guari che sarem liberi; il caporale e i suoi soldati non fan che guardarsi addietro, e se non m'inganno hanno un grande prurito di seguire i lor camerati.»

Nè s'ingannava egli. Appena Inglis s'accorse di Claverhouse che tornava a tutta briglia sulla montagna, e che un corpo di Puritani s'accigneva ad inseguirlo, nè il caporale nè i suoi compagni giudicarono salubre cosa lo indugiar più lungo tempo in quel luogo e tennero compagnia ad altri fuggiaschi che passavano per quello spianato.

Morton, le cui mani erano sciolte, si diede tosto all'opera di sciogliere quelle de suoi compagni, e mentre terminava questa faccenda che non era scevra delle sue difficoltà, arrivò il restante del reggimento, in mezzo a cui dominavano il disordine e la confusione inseparabili da tai generi di ritirate. Questi avanzi però formavano un corpo di quaranta uomini in circa. Li guidava brandendo la sua sciabola Claverhouse tutto coperto di sangue e di sudore. Veniva ultimo lord Evandale che confortava que' soldati a farsi coraggio e a non si disunire.

Essi passavano non molto lungi dal luogo ov'erano Morton e i suoi compagni. Mausa cogli occhi raggianti di entusiasmo e di gioia, e coi grigi capelli in balia de' venti, stendea le sue scarne braccia, simile ad una vecchia baccante o ad una strega della Tessaglia; nè potè starsi dal mandare invettive ai fuggiaschi e dallo spacciare contr'essi improperj tolti da qualche frammento di Salmo. Ma Claverhouse e la sua gente avean ben altre faccende che badare alle ingiurie d'una vecchia in delirio, onde continuarono il proprio cammino, solleciti di ordinarsi laddove fossero sicuri dall'inimico. Peggio instrutta della loro la cavalleria puritana, non avea potuto raggiugnerli, ma li seguiva in vicinanza, traendo sempre sovr'essi; il quale continuo fuoco, se non li danneggiava, certamente contribuiva ad accelerare la loro fuga. Una palla però colpi il cavallo di lord Evandale nell'atto ch'ei pervenne allo spianato. Due uomini a cavallo presbiteriani gli furono tosto addosso per ammazzarlo, che non si usava dar quartiere in tal guerra; ma Morton benchè disarmato si lanciò innanzi ad essi, e mentre copriva col proprio corpo Evandale tanto che si rialzasse, riconobbe Burley nell'uomo che avea sollevata la sciabola per mettere a morte il milord: »Concedetemi, esclamò, la sua vita! la negherete voi a quell'uomo che ha salvata la vostra?..»

»Enrico Morton! (gridò Burley che intanto si rasciugava la fronte con una mano tutta intrisa di sangue.) Ben lo diss'io che il figliuolo del prode Silas non tarderebbe a passare sotto le tende di Giacobbe. Tu sei una tavola sfuggita al naufragio; una canna che l'incendio della pianura non potrà consumare. – Quanto a costui, egli morrà. La spada d'Israello non dee risparmiare un solo Amalecita.»

E ciò dicendo alzò la sciabola una seconda volta sopra Evandale.

»Egli non morrà, (tornò a gridare Morton afferrando il braccio a Burley) egli non morrà, o morirò io prima di lui. Ei mi salvò stamane la vita, quella vita ch'io dovea perdere per avervi campato da morte. Vorreste farvi reo d'un'ingratitudine la più infame?»

Burley abbassò la sciabola. »Tu hai ancora un piede nelle vie del mondo, sì disse a Morton; ho compassione della tua debolezza, della tua cecità. Il pane de' forti non è fatto pe' deboli: ma egli è meglio guadagnare un'anima alla verità, che immergerla nelle tenebre eterne. – Viva egli dunque, se tale è il volere del cielo, che ne ha compartito in quest'oggi favori i più segnalati. Quanto a te, Morton, ricordati di aspettarmi qui. Tornerò a trovarti dopo che avrò finito di sperdere i nemici dei giusti.»

Indi spronato il cavallo continuò ad inseguire i Reali.

»Presto, Cuddy! fate presto, Morton sclamò, per amor del cielo fermate un di que' cavalli che corrono qua e là e conducetelo a lord Evandale. La vita di lui non sarebbe sicura se qui indugiasse più lungo tempo. Voi siete ferito, o milord. Vi trovate in istato di risalire a cavallo?»

»Così spero, rispose Evandale. Ma è egli possibile? Ed è a voi, sig. Morton, che io sono debitore della mia vita?»

»In qualsivoglia circostanza, o milord, l'umanità m'avrebbe persuaso a procurar di salvarvi, ma in questo momento la gratitudine me ne facea un sacro dovere.»

»Montate a cavallo, milord, disse Cuddy nell'offerirgli un palafreno, montate a cavallo, e fuggite alla presta: questi disperati non la perdonano a quanto lor capita.»

Intantochè lord Evandale s'accigneva a salire sul cavallo, Cuddy volea tenergli la staffa.

»Ritirati, bravo giovinotto, questi gli disse; il servigio che vuoi rendermi potrebbe costarti la vita. – Signor Morton, eccovi sciolto d'ogni debito che crediate avere verso di me: non dimenticherò mai, credetelo, quest'atto vostro di generosità. Addio.»

E un istante dopo che Evandale era partito, comparve una grossa banda di fanteria puritana, postasi ad inseguire i fuggitivi e che spietatamente uccideva e feriti e sbandati. »Morte ai traditori! (alcuni di essi esclamarano additando Morton e Cuddy) costoro agevolarono la fuga ad un Filisteo.»

»E che cosa dovevamo fare? gridò Cuddy. Eravamo lor prigionieri, quindi privi d'armi potevam forse trattenere un uomo fornito di sciabola e di due pistole?»

La quale scusa non sarebbe stata ammessa, se Kettledrumle, già riavutosi dallo spavento, ed encomiato e rispettato dalla maggior parte de' Puritani, non si fosse fatto ad esclamare con voce di tuono:

»Fermatevi: nol toccate. Eccovi il figlio del famoso Silas Morton, per la cui mano il Signore operò un dì tanti prodigi. Egli è un fiore eletto del giardino d'Eden. Fu perseguitato dai vostri persecutori, ed è venuto a prestar soccorso all'opera della giustizia.»

»Ed ecco, soggiunse Mausa, le cui massime eran note a tutti i partigiani del Puritanismo, ecco il figlio del proprio padre, di Judden Headrigg e di me Mausa Middlemas, indegna serva del puro Vangelo, e vostra serva ad un tempo. Noi siamo tutti della tribù di Levi.»

Questa banda pertanto continuò il suo cammino, ma altre ne sopraggiunsero, alle quali convenne ripetere la medesima spiegazione; e tutte le volte tornò necessario ed utilissimo l'intervento di Kettledrumle, il quale riprendendo baldanza a mano a mano dal vedere vantaggiosa la propria protezione agli antichi compagni di schiavitù, attribuì a se medesimo gran parte del buon successo ottenuto, e chiamò questi compagni medesimi ad attestare come egli avesse, simile a Mosè sulla montagna, sollevate la mani al cielo affinchè Israello trionfasse di Amalecco, e retribuiva nel tempo stesso a Morton e a Cuddy la gloria di avergli sostenute le braccia nella guisa che Aronne ed Hur al profeta ebreo le sostennero. Forse ei concedea loro d'aver avuta una tal parte nel buon esito delle cose per indurli a tacere sul panico terrore che lo costrinse a nascondersi nel durar della pugna; e questi per parte propria trovarono prudente consiglio il non far motto di ciò.

Tutte le cose dette da Kettledrumle si ripetevano da labbro a labbro colle aggiunte e le varianti che vi mettea ciascuno del proprio, come in questi casi è costume; laonde non tardò a divulgarsi per tutte le file che il giovine Morton di Milnwood, figlio del colonnello Silas Morton, uno dei più fermi sostegni della buona causa, e il degno predicatore Gabriele Kettledrumle, erano arrivati con cent'uomini armati di tutto punto a rafforzare il campo presbiteriano.

CAPITOLO III

 
»Fattisi trombe di scordanti chiese,
»I pergami rintronan di parole,
»Da chi le proferì talor nè intese,
»E di que' boschi trasformati in scole
»Ripete ogn'eco i colpi vigorosi
»Che mena il prete ai pulpiti petrosi.
 
Hudibras.

In questo mezzo la cavalleria puritana tornava dall'avere inseguiti i Reali, non poco spossata dagl'inutili sforzi fatti per raggiugnerne gli sbandati avanzi. La fanteria intanto stava schierata sul campo, di cui i Puritani erano rimasti padroni. Comunque estenuati per fame e sopportata fatica, la gioia del trionfò li sosteneva, e faceva sovr'essi le veci di riposo e di cibo. E per vero dire ottennero più di quanto mai avrebbero osato sperare: senza sofferire una grave perdita eglino stessi, non fu poco vanto l'aver messo in compiuta rotta un reggimento di scelti uomini, comandato dal primo ufiziale della Scozia, il cui sol nome bastò lungo tempo ad agghiacciarli di spavento. Oltrechè, la disperazione, non la speranza di un buon successo suggerì loro il cimentarsi a giusta battaglia; talchè questo buon successo medesimo facevagli attoniti. Pressochè fortuita fu quella loro confederazione; niun de' capi che li comandava era stato nominato o riconosciuto legalmente; e questo stato medesimo di disordine li collegò, e fu cagione che tutto l'esercito s'ergesse per così dire a consiglio di guerra onde risolvere sul partito da abbracciarsi. Nè vi fu genere di stravagante opinione che non trovasse sostenitori in quella congrega. Si volea nel tempo stesso marciare alla volta di Glascow, d'Edimburgo, e persino di Londra. Chi poneva il partito di mandare una deputazione a Carlo II per dettargli i patti della pace, e chi meno caritatevole domandava che un nuovo re fosse acclamato. Non mancarono altri che pretendevano instituire la Scozia in repubblica. I più gridavano sulla penuria delle vettovaglie, e nessuno pensava agli espedienti opportuni per procurarne. In una parola il campo de' Puritani nel momento il più bel del trionfo stava in atto di sciogliersi per mancanza d'unione fra gli elementi che il componevano, ed era come i caratteri segnati nell'arena, che il primo soffio di vento disperde.

In tale stato trovò i suoi Balfour di Burley quando tornava dall'inseguire i Reali. Con quella maestria di uomo avvezzo a trarsi dai difficili passi, incominciò ordinando che cento uomini fra' meno stanchi, si assumessero la fazione di far la sentinella attorno del campo; poi di coloro che sostennero le parti di capi nel durar del conflitto compose una commissione direttrice, che dovea rimanere in tale ministero sintantochè gli ufiziali fossero scelti regolarmente. Per ultimo a coronare la vittoria volle che il reverendo Kettledrumle improvvisasse un discorso di rendimento di grazie al cielo, provvisione, su i vantaggi della quale molto fondavasi, nè a torto come stiamo per vederlo. Ei ben sapea che con tale espediente avrebbe dato pascolo all'attenzione della massa de' confederati, avidissimi delle dicerie de' loro predicatori; e in questo mezzo divisava tenere vero consiglio di guerra con due o tre capi, senza che dal risolvere il meglio lo distornassero o insensati clamori o partiti ridicoli.

Kettledrumle corrispose magistralmente alla espettativa di Burley, predicando senza prender fiato due lunghe ore, capaci d'ammazzare di noia tutt'uomo non Puritano; ma egli forse in quel momento era il solo che potesse sì a lungo cattivarsi l'attenzione di un tale uditorio. Ei possedeva perfettamente quel genere d'eloquenza adatta al volgo, che era il caratteristico de' predicatori di que' giorni, e comunque il cibo spirituale che da costui dispensavasi sarebbe stato efficacissimo a movere nausea in persona di un gusto alquanto dilicato; era il più opportuno a vellicar gratamente que' palati pei quali manipolavasi.

Il testo del costui sermone era tolto dal capitolo XLIX del profeta Isaia; »Anche gli schiavi de' potenti saran liberati: farò guerra a chi ti fa guerra e i figli tuoi saran salvi.»

L'orazione pronunziata su tale argomento venne divisa in quindici punti, ognun dei quali non andava privo di molte suddivisioni. Consacrò il primo punto a favellare della liberazione propria e de' compagni, additando il giovane di Milnwood come un campione inviato dallo stesso Dio a trionfo della buona causa. Negli altri punti si passavano in rassegna i moltiplici flagelli, che il cielo dovea far piovere sopra un governo persecutore. Gonfio e familiare a vicenda, or si elevava a quanto aveasi per sublime, or discendeva al di sotto dello scurrile.

Terminata che ebbe la predica, e dopo essere sceso da una punta di roccia, suo pulpito, venne in luogo di lui un secondo predicatore, che per nulla somigliavasi al precedente. Il reverendo Kettledrumle era già pervenuto assai avanti negli anni, corpulento a dismisura, e i lineamenti medesimi del suo volto, stupidi e privi d'espressione, sembravano annunziare, come nella formazione del suo essere entrasse molta più materia che spirito. Il successore di lui era un giovane che certamente il quinto lustro non oltrepassava. Scarne guance e incavate ne attestavano le vigilie e i digiuni, e le fatiche d'un apostolato, che spesse fiate avventurò l'apostolo alle vendette de' Reali, e a quella palma che i settarj della sua specie chiamarono del martirio. Egli era uno de' più fanatici Puritani di tutta la Scozia, e grande fama gli avea presso costoro acquistata il suo stile enfatico e figurato. Primieramente volse in giro gli occhi attorno a quell'assemblea e al campo della battaglia: e l'ilarità del trionfo gli si pinse tanto nel volto, che il pallor d'esso sembrò parimente dar campo al fuoco del contento e dell'entusiasmo. Giunte entrambe le mani, levò le pupille al cielo, rimanendo alcuni istanti, come assorto in morale contemplazione. All'atto di schiuder le labbra, una voce debole e un organo difettoso per tramandarla pareano vietar persino che le parole ne fossero intese; ma profondissimo silenzio regnava e quegli uditori stavano per ricevere i costui detti con quella sollecitudine che narrossi degli Israeliti nel raccorre la manna in mezzo al deserto. Scaldatosi a poco a poco, ne divenne più chiaro il tuono, più espressivi i gesti, e parve che lo zelo di religione trionfasse in lui de' difetti della natura; dipinse con colori vivissimi lo squallore in cui giacea la Chiesa presbiteriana, ch'ei paragonò ad Agar, studiosa di rianimare la vita del suo fanciullo moriente fra le arsure delle vaste sabbie ove peregrinava. Congratulatosi indi cogli ascoltanti della riportata vittoria, gli esortò a non dimenticare giammai, come questa fosse il frutto della protezione celeste, ed a continuare con passo franco e sicuro nella carriera che Dio stesso aveva ad essi dischiusa.

Intantochè i due predicatori intertenevano di tal maniera l'esercito, non si stava neghittoso Burley. Egli avea fatto accendere fuochi, collocate scolte per ogni dove, ordinate scoperte, e s'era procacciato vettovaglie dai villaggi i meno lontani. Spedì messi da diverse bande affinchè divulgassero gli ottenuti buoni successi, e al fulgor di essi inducessero tutti i partigiani di quella causa a chiarirsi; finalmente inviò bande ne' dintorni, le quali o per amore o per forza s'impadronissero di quanto poteva essere necessario al sostentamento dell'esercito. La qual cosa gli tornò oltre ogni concetta speranza, perchè la gente messa da lui s'appropriò nel più vicino villaggio d'un magazzino ricco e di vittuaria e di foraggio e di munizioni da guerra che posto vi aveano le truppe reali; nuovo incoraggiamento ai Puritani: talchè mentre poche ore dianzi alcuni d'essi sentiano affievolire l'ardore del loro zelo, non eravi ora un sol combattente che non giurasse di non dimettere le armi prima d'avere riportato un compiuto trionfo.

Enrico Morton seduto presso un dei fuochi accesi all'intorno, si nudriva intanto della parte toccatagli nella distribuzione di cibo fatta all'esercito, e pensava al partito cui avrebbe dovuto attenersi, allorquando gli giunse a fianco Burley seguito dal giovine ministro, che avea pronunziato il secondo sermone.

»Enrico Morton! con tuon risoluto il puritano duce gli disse, il Consiglio di guerra, persuaso e convinto che il figlio di Silas Morton non può mai essere o tepido o indifferente per riguardo alla buona causa, vi ha nominato uno fra i capitani del suo esercito, e vi conferisce il diritto di sedervi in consiglio, e quanta autorità è addicevole ad un ufiziale scelto a comandare milizie cristiane.»

»Sig. Burley, Morton rispose, son grato, qual debbo esserlo, a questa prova di fiducia che in me vien riposta. Niuno certamente potrebbe a buon diritto maravigliare, se le ingiustizie cui soggiace il mio sfortunato paese, quelle alle quali ho soggiaciuto io medesimo, mi commovessero a prender l'armi in difesa della libertà civile e della libertà religiosa, ma prima di accettare in mezzo a voi un comando, desidero mi facciate conoscere alquanto meglio con quai dettami vi comportiate.»

»Con quai dettami? E potete sol chiederlo? Non vi è noto che è nostra mente rifabbricare il tempio, dar ricovero ai santi, annichilare gli schiavi del peccato?»

»Permettetemi confessarlo francamente, sig. Burley: questo genere di linguaggio, che può tanto sopra molte persone, è perduto affatto per me: egli è bene lo sappiate, prima che segua fra noi una più stretta alleanza.»

All'udir tal risposta il giovane ministro mandò un sospiro, che s'accostava molto ad un gemito.

»Vedo, o signore, che non vi va a genio la mia risposta. Ma forse ancora non l'avete bene intesa. Io rispetto la Santa Scrittura al pari di chicchessia, ed è anzi per una conseguenza di tale rispetto, che mentre son premuroso di conformare ad essa la mia condotta, non credo mi aspetti il citarne i testi ad ogni momento, correndo anche rischio di snaturarne il vero significato.»

Quel ministro di nome Efraim, parve scandalezzato grandemente della protesta fatta da Morton, e s'apprestava a confutarla, allorchè Burley gli tolse la parola.

»Chetatevi, Efraim, e pensate che questi è un fanciullo avvolto ancora ne' suoi pannilini. – Ascoltami, o Morton. Ti parlerò il linguaggio della saggezza umana, poichè non sei ancora forte abbastanza per intendere linguaggio migliore. Quai sono i motivi, pei quali t'indurresti a sguainar la spada? Non sarebber forse la brama d'ottenere la libertà della Chiesa e de' tuoi concittadini, l'amore di assicurare alla patria quelle savie leggi che impedissero ad un governo arbitrario la facoltà di confiscare gli averi, e di mettere in carcere i possessori degli averi, comunque veruna sentenza non li condanni?»

»Sì certamente, rispose Morton, tali motivi renderebbero agli occhi miei legittima la mia condotta.»

»Siam fuor di strada, esclamò Macbriar, conviene andare a dirittura alla meta. La mia coscienza non mi permette venire ad accomodamenti col mondo…»

»Chetatevi, torno a dirvi, Efraim Macbriar,» indi continuò Burley traendo in disparte costui. »La penso anch'io come voi, ma non vi siete accorto sin questa notte che v'è dissensione nel consiglio? Credete forse che non abbisogniamo del soccorso de' Presbiteriani moderati? O volete che si disgiungano da noi, quando possiamo affezionarli col metterli sotto un capo della loro fazione?»

»Ti replico che questi riguardi non mi vanno a' versi. Dio può operare la liberazione del suo popolo col ministero di pochi eletti come se fossero molti.»

»Va' dunque a far le tue rimostranze al consiglio. Sai pure ch'egli decise di manifestarsi in modo da contentare tutte le classi di Presbiteriani. Non mi star dunque ad impedire di guadagnare a noi tal giovinetto, il cui solo nome farà uscir di terra intere legioni a sostegno della buona causa.»

»Opera come credi. So bene che sei divorato dallo zelo della causa del Signore; ma non ti dimenticare che chi non è per me è contro di me. Addio. Non assisterò più lungo tempo a conciliaboli, ove si fan campeggiare principj mondani.»

Spacciatosi in tal guisa dall'indomabile predicatore, Burley venne a raggiugnere il suo proselito; ma prima di procedere oltre, giudichiamo prezzo dell'opera dar meglio a conoscere ai nostri leggitori il personaggio di questa scena.

Iohn Balfour di Burley che apparteneva ad una buona famiglia della contea di Fife, sortì coi natali agiatissimo patrimonio. Dandosi fin da' primi anni alla professione dell'armi, passò la sua giovinezza fra ogni genere di sregolamenti. Cresciuto negli anni, divenne per ambizione uno de' Puritani più ardenti che noverasse la Scozia, ed era sola meta de' suoi desideri il divenir capo supremo di tale setta. Per conseguir questo fine fu continuo nel frequentarne le assemblee. Notissimo pel paese, ovunque si faceano sentire sommosse, certamente egli vi si trovava. Ardito nell'intraprendere, pronto nell'eseguire, propenso agli espedienti suggeriti dalla violenza, ei riscaldava l'entusiasmo degli altri, e finalmente ne fu compreso egli stesso, benchè non gli sia mai mancata l'accortezza di assoggettare questo entusiasmo medesimo ai consigli della politica.

Tutti riguardavano, come più di tutto, opera di lui, la vittoria testè riportata; nondimeno trovavasi ancor lontano dal grado cui aspirava la sua ambizione, ed erane motivo la diversità d'opinioni che tenean discordanti fra loro i settarj. I più violenti fra i Puritani approvavano l'assassinio del primate della Scozia, del quale assassinio Burley era stato primario autore. I Presbiteriani moderati al contrario, benchè s'accordassero in riconoscere nell'arcivescovo l'antesignano dei loro persecutori, biasimavano altamente coloro che l'avevano ucciso, e tale uccisione qualificavano misfatto meritevole di gastigo. I primi condannavano come prevaricatori que' Presbiteriani e ministri che acconsentirono sottomettersi alle leggi e alle regole del governo. Innanzi gli occhi di costoro Carlo II era un Saul, un Ocozia, e anelavano sottrarsi alla soggezione d'un tale sovrano. I secondi riconoscevano l'autorità legittima del re, e si limitavano a chiedere la libertà di coscienza, e il termine del governo militare da cui si dicevano oppressi. Come ognun vede pertanto, gravi erano i germi di dissensione in questa setta; cagione per cui Burley desiderava condurre nelle file de' sommossi Enrico Morton, perchè non se ne sciogliessero i Presbiteriani moderati, presso i quali durando tuttavia cara ed onorata la rimembranza del colonnello Silas Morton, era da supporsi che obbedirebbero di buon grado al figlio di questo ufiziale. Egli avea per altra parte qualche speranza di condurre a proprio grado la mente del giovinetto, e di procacciarsi per cotal via una preponderanza su i moderati, quanta ne avea su i fanatici. A questo fine ei vantò dinanzi al consiglio di guerra, del quale Burley era l'anima, l'ingegno e le buone qualità di Morton, sicchè facilmente vinse il partito di farlo nominare uno de' capitani di quell'esercito.

Gli argomenti poi, de' quali si valse onde Enrico accettasse una commissione sì pericolosa, furono accorti non men che incalzanti. Burley, senza negare di conformarsi in tutto alle massime dell'energumeno predicatore da cui si era disgiunto, addusse che nello stato di crisi in cui la bisogna pubblica era caduta, lievi diversità d'opinione non doveano impedire ai veri zelatori della propria patria il prendere di concerto l'armi per procurarle salvezza, nulla altro rilevare in quell'istante fuorchè la necessità di sottrarre il paese al giogo impostogli dal militar dispotismo, esser indispensabile cosa il profittare del conchiudente vantaggio riportato allora nell'armi; appena divulgatosi questo, sarebbersi sollevate in lor favore tutte le contee occidentali della Scozia; divenire finalmente colpevole verso della nazione chiunque, rattenuto da indifferenza o da tema; avesse ricusato di cooperare al trionfo d'una causa sopra quante ve ne fossero giusta.

Morton, già per natura fornito d'indole altera e avidissima d'independenza, non avea d'uopo di molta spinta per collegarsi ad individui tratti a sommossa dal solo scopo, a quanto appariva, di ricuperare alla natale contrada que' diritti e que' privilegi di cui l'avea spogliata la prepotenza. Certamente ei temea e sulla pochezza delle forze che impresa sì vasta dovevano sostenere, e sulla idoneità de' capi creati a condurla, ne' quali non credea ravvisare nè grandezza d'animo, nè generosità consentanee a tant'uopo; ma per altra parte, caduto già in sospetto al governo, non vedea più sicurezza per se medesimo ove tornato fosse presso lo zio, e gli mancavano i modi per ritrarsi in terra straniera. Tutte le cose pertanto collimavano a rendergli accette le proposte fattegli da Burley. Pure nell'atto di annunziare ad esso che avrebbe assunto l'offertogli grado, pose a tale accettazione una specie di clausola.

»Son pronto, diss'egli, ad unire i miei deboli sforzi a quelli de' vostri compagni per liberare il mio sfortunato paese dalla tirannide che l'opprime: ma badate a non prendere abbaglio sulle mie intenzioni. Io condanno apertamente l'azione che ha dato origine a questa lega, e se fra voi prevalesse l'avviso di continuare ancora in tai generi d'atrocità, non v'immaginaste mai che io acconsentissi a farmene compartecipe.»

Tutto il sangue rimontò sul volto a Burley. »Voi intendete parlare della morte dell'arcivescovo!» gli rispose nascondendo, quanto il potè, l'agitazione del proprio animo.

»Appunto.»

»E che cosa monta, se un persecutore della Chiesa, fattosi le mille volte meritevole di morte, cade sotto la scure della legge, o sotto il ferro dello strumento suscitato dalla giustizia divina per liberare da uno scellerato la terra? Spetta forse agli uomini il pronunziare giudizio su d'una azione che è frutto d'un'ispirazione superna?»

»Non m'arrogo io qui farmi giudice; e mi basta che le mie massime vi sian note; e vi dico perciò che i vostri ragionamenti non mi vanno a grado. Un delitto è sempre delitto ai miei occhi, nè crederò mai che il cielo possa inspirarlo. Desidero adunque che ben comprendiate, com'io intenda collegarmi ad uomini che facciano una guerra giusta e leale, conforme alle leggi ammesse in casi simili da tutti i popoli venuti a civiltà, e scevra di ladroneggi e di tradimenti.»

Yosh cheklamasi:
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30 sentyabr 2017
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