Un Caso Irrisolto

Matn
0
Izohlar
Parchani o`qish
O`qilgan deb belgilash
Un Caso Irrisolto
Shrift:Aa dan kamroqАа dan ortiq

UN CASO IRRISOLTO

(UN MISTERO DI RILEY PAIGE—LIBRO 8)

B L A K E P I E R C E

Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che include nove libri (e oltre). Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta da sei libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da quattro libri (e oltre); e della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE.

Accanito lettore, da sempre appassionato di romanzi gialli e thriller, Blake apprezza i vostri commenti; pertanto siete invitati a visitare www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto.

Copyright © 2017 di Blake Pierce. Tutti i diritti sono riservati. Fatta eccezione per quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti d'America del 1976, nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né potrà essere inserito in un database o in un sistema di recupero dei dati, senza che l'autore abbia prestato preventivamente il consenso. La licenza di questo ebook è concessa soltanto ad uso personale. Questa copia del libro non potrà essere rivenduta o trasferita ad altre persone. Se desiderate condividerlo con altri, vi preghiamo di acquistarne una copia per ogni richiedente. Se state leggendo questo libro e non l'avete acquistato, o non è stato acquistato solo a vostro uso personale, restituite la copia a vostre mani ed acquistatela. Vi siamo grati per il rispetto che dimostrerete alla fatica di questo autore. Questa è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono il frutto dell'immaginazione dell'autore o sono utilizzati per mera finzione. Qualsiasi rassomiglianza a persone reali, viventi o meno, è frutto di una pura coincidenza. Immagine di copertina è di proprietà di Pholon, usata su licenza di Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

I MISTERI DI AVERY BLACK

IL KILLER DI COLLEGIALI (Libro #1)

CORSA CONTRO IL TEMPO (Libro #2)

FUOCO A BOSTON (Libro #3)

I MISTERI DI KERI LOCKE

UNA TRACCIA DI MORTE (Libro #1)

INDICE

PROLOGO

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO VENTITRE’

CAPITOLO VENTIQUATTRO

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO VENTOTTO

CAPITOLO VENTINOVE

CAPITOLO TRENTA

CAPITOLO TRENTUNO

CAPITOLO TRENTADUE

CAPITOLO TRENTATRE’

CAPITOLO TRENTAQUATTRO

CAPITOLO TRENTACINQUE

CAPITOLO TRENTASEI

CAPITOLO TRENTASETTE

CAPITOLO TRENTOTTO

CAPITOLO TRENTANOVE

CAPITOLO QUARANTA

CAPITOLO QUARANTUNO

PROLOGO

L’uomo entrò nel Patom Lounge, ritrovandosi subito avvolto da una densa nube di fumo di sigaretta. Le luci erano soffuse, una vecchia canzone heavy metal risuonava dagli altoparlanti, e già lui cominciava a sentirsi impaziente.

Il locale era troppo caldo ed affollato. Mentre faceva alcuni passi indietro, sentì una breve risata, si voltò e vide dinnanzi a sé un gruppo di cinque ubriachi che giocavano a freccette. Accanto a loro, era in corsa una movimentata partita a biliardo. Pensò che prima fosse uscito di lì, meglio sarebbe stato.

Poi, guardandosi intorno nella stanza ancora per qualche secondo, posò gli occhi su una ragazza seduta al bar.

Era graziosa e sfoggiava un taglio di capelli moderno. Era troppo ben vestita per un posto del genere.

Starà benissimo, l’uomo pensò.

Si avvicinò al banco del bar, occupando uno sgabello accanto a lei, e sorrise.

“Come ti chiami?” le chiese.

Poi, si rese conto che non avrebbe potuto affatto sentirlo al di sopra della confusione generale.

Lei lo guardò, ricambiò il sorriso, si toccò le orecchie e scosse la testa.

Lui ripeté la domanda a voce più alta, muovendo le labbra in maniera esagerata.

La donna gli si avvicinò. Quasi gridando, rispose: “Tilda, e tu?”

“Michael” fu la risposta, pronunciata a voce non molto alta.

Naturalmente, non si trattava del suo vero nome, ma probabilmente non aveva alcuna importanza. Dubitava che lei potesse sentirlo. Non sembrava importarle.

Guardò il bicchiere della donna, notando che era quasi vuoto. Sembrava un margarita. Indicò il bicchiere e propose ad alta voce: “Ti va un altro?”

Sempre sorridente, la donna di nome Tilda scosse la testa, declinando.

Ma non lo stava respingendo. Ne era sicuro. Era giunto il momento di fare una mossa azzardata?

Prese un tovagliolo, ed estrasse una penna dalla tasca della camicia.

Scrisse sul tovagliolo …

Ti va di andare da un’altra parte?

La donna lesse il messaggio e sorrise. Esitò per un istante, ma l'uomo sentiva che era lì in cerca di un brivido. E sembrava contenta di averne trovato uno.

Finalmente, Tilda annuì.

Prima di lasciare il locale, lui prese una scatola di fiammiferi con sopra il nome del bar.

Ne avrebbe avuto bisogno più tardi.

La aiutò ad infilarsi il cappotto, e poi uscirono dal locale. La fresca aria primaverile e l’improvviso silenzio erano stupefacenti, dopo tutto il rumore ed il caldo.

“Accidenti” esclamò la donna, mentre camminavano insieme. “Sono quasi diventata sorda là dentro.”

“Presumo che non ci vada spesso” azzardò.

“Infatti” fu la conferma.

La donna non approfondì, ma era certo che quella fosse la sua prima volta al Patom Lounge.

“Nemmeno io” le disse. “Che bettola.”

 

“Puoi ripeterlo.”

“Che bettola” lui disse.

Scoppiarono entrambi a ridere.

“Laggiù c’è la mia auto” disse, facendo un cenno. “Dove ti piacerebbe andare?”

Lei esitò di nuovo.

Poi, con uno scintillio malizioso nello sguardo, lei esclamò: “Sorprendimi.”

Ebbe la conferma di aver avuto ragione. La donna era andata lì in cerca di un brivido.

A dire il vero, anche lui.

Le aprì la portiera destra della sua auto, facendola salire. Poi andò al volante e cominciò a guidare.

“Dove andiamo?” lei chiese.

Con un sorriso e un occhiolino, le rispose: “Hai detto di sorprenderti.”

Lei rise. La sua risata sembrava nervosa ma al contempo compiaciuta.

“Immagino che tu viva qui a Greybull” chiese.

“Nata e cresciuta” lei disse. “Non credo di averti mai visto prima d’ora. Vivi qui intorno?”

“Non molto lontano” rispose.

Tilda rise di nuovo.

“Che cosa ti conduce in questa piccola cittadina noiosa?”

“Affari.”

Lei lo guardò, con un’espressione incuriosita. Ma non insisté sull’argomento. Non sembrava molto interessata a conoscerlo. E questo era un bene per lui.

Si fermò nel parcheggio di uno squallido piccolo motel, chiamato Maberly Inn, di fronte alla camera 34.

“Sono già stato in questa camera” riprese.

La donna non rispose.

Dopo un breve silenzio, le chiese: “Va BENE per te?”

Lei annuì un po’ nervosamente.

Entrarono insieme nella camera. Poi la donna si guardò intorno. La camera aveva uno sgradevole odore di muffa, e le pareti erano decorate con brutti dipinti.

Lei raggiunse il letto e premette una mano sul materasso, controllandone la solidità.

Non le piaceva la camera?

Lui non sapeva dirlo.

Quel gesto lo fece arrabbiare, lo rese tremendamente furioso.

Non sapeva perché, ma qualcosa dentro di lui esplose.

Normalmente, non colpiva prima di avere la donna nuda nel letto. Ma ora, non riusciva a fermarsi.

Appena lei si diresse al bagno, lui la bloccò.

Gli occhi le si spalancarono, allarmati.

Prima che lei potesse reagire ulteriormente, lui la spinse sul letto.

Tilda si dimenò, ma l’uomo era molto più forte di lei.

Lei provò a gridare, ma prima che vi riuscisse, afferrò un cuscino e glielo premette sul viso.

Sapeva che presto sarebbe tutto finito.

CAPITOLO UNO

Improvvisamente, le luci si accesero nell’aula magna, e all'Agente Lucy Vargas cominciarono a dolere gli occhi, semiaccecata.

Gli studenti seduti intorno a lei cominciarono a parlare sotto voce. La mente di Lucy era stata profondamente concentrata sull’esercizio: immaginare un vero omicidio dal punto di vista dell’assassino, ed era difficile riprendersi velocemente.

“OK, parliamo di quello che hai visto” l’istruttrice disse.

L’istruttrice non era altro che la mentore di Lucy, l’Agente Speciale Riley Paige.

In realtà, Lucy non era una studentessa del corso, destinato ai cadetti dell’Accademia dell’FBI. Era solo presente oggi, come faceva di tanto in tanto. Era ancora nuova al BAU, e trovava in Riley Paige una fonte di grande ispirazione, da cui imparare. Sfruttava ogni occasione per imparare e anche per lavorare con lei.

L’Agente Paige aveva fornito agli studenti molti dettagli relativi ad un caso irrisolto di omicidio, avvenuto ben venticinque anni prima. Tre giovani donne erano state assassinate nella Virginia centrale. L’assassino era stato soprannominato il “Killer della Scatola di Fiammiferi”, perché li lasciava insieme ai corpi delle vittime. Le scatole di fiammiferi provenivano da bar della zona vicino a Richmond. Aveva anche lasciato dei tovaglioli con sopra i nomi dei motel dove le donne erano state uccise. Nonostante ciò, le indagini non avevano condotto ad alcun risultato nel caso.

L’Agente Paige aveva detto agli studenti di usare la propria immaginazione per ricreare uno degli omicidi.

“Liberate l’immaginazione” aveva suggerito prima che cominciassero. “Visualizzate molti dettagli. Non preoccupatevi di comprendere le piccole cose. Ma provate a cogliere tutto nell’insieme: l’atmosfera, lo stato d’animo, l’ambientazione.”

Poi, aveva spento la luce per dieci minuti.

Adesso che le luci erano di nuovo accese, l’Agente Paige camminava avanti e indietro nell'aula magna.

Iniziò: “Innanzitutto, parlatemi un po’ del Patom Lounge. Com’era?”

Una mano si alzò nel bel mezzo dell’aula. L’Agente Paige gli diede la parola.

“Il posto non era esattamente elegante, ma tentava di apparire più esclusivo di quanto fosse” ipotizzò. “Cabine telefoniche scarsamente illuminate lungo le pareti. Una sorta di tappezzeria morbida ovunque, camoscio, forse.”

Lucy era confusa. Il bar che aveva visualizzato non corrispondeva affatto a quella descrizione.

L’Agente Paige sorrise leggermente. Non disse allo studente se avesse ragione o meno.

“Altro?” lei chiese.

“C’era della musica alta” un altro studente aggiunse. “Forse, jazz.”

Ma Lucy ricordò distintamente di aver immaginato delle canzoni hard rock degli anni ’70 e ’80.

Aveva visualizzato qualcosa di sbagliato?

L’Agente Paige chiese: “Che mi dite del Maberly Inn? Che aspetto aveva?”

Una studentessa alzò la mano, e l’Agente Paige la scelse.

“Pittoresco e carino, come la maggior parte dei motel” la giovane disse. “E piuttosto vecchio. Risalente a prima che la maggioranza delle grandi catene di motel spuntassero.”

Fu il turno di un altro studente.

“Mi sembra corretto.”

Altri studenti si dissero d'accordo.

Ancora una volta, Lucy fu colpita da quanto diversa fosse la sua visualizzazione del posto.

L’Agente Paige sorrise.

“Quanti di voi condividono queste impressioni generali, sul bar e il motel?”

Molti studenti sollevarono le mani.

Lucy stava cominciando a sentirsi un po’ impacciata adesso.

“Provate a cogliere tutto nell’insieme” l’Agente Paige aveva detto alla classe.

Lucy aveva fallito l’intero esercizio?

Tutti nella classe lo avevano eseguito bene tranne lei?

Poi, l’Agente Paige visualizzò alcune immagini sullo schermo di fronte alla classe.

Per prime, apparvero le foto del Patom Lounge: un’immagine notturna dell'esterno, con un’insegna al neon che lampeggiava nella finestra, e molte altre dell’interno del locale.

“Questo è il bar” l’Agente Paige disse. “O almeno è così che appariva al tempo degli omicidi. Non sono sicura di come appaia ora, e nemmeno se ci sia ancora.”

Lucy si sentì sollevata. Appariva molto simile a come se lo era immaginato, una bettola fatiscente, con le pareti rivestite di pannelli di dubbio gusto e tappezzeria in finta pelle. Ospitava persino un paio di tavoli da biliardo e un bersaglio per le freccette, proprio come lei lo aveva visualizzato. E, persino nelle foto, si poteva intravedere la fitta nube di fumo di sigaretta.

Gli studenti spalancarono la bocca per la sorpresa.

“Adesso, diamo un’occhiata al Maberly Inn” l’Agente Paige proseguì.

Apparvero delle altre foto. Il motel sembrava ancora più squallido, proprio come Lucy lo aveva immaginato: non molto vecchio, ma non di meno in cattivo stato.

L’Agente Paige rise sommessamente.

“Sembra che qui ci sia qualcosa che non quadra” osservò.

La classe rise nervosamente: non potevano che essere d'accordo.

“Perché avete visualizzato le scene come mi avete descritto?” l’Agente Paige chiese.

Fece un cenno ad una ragazza che aveva alzato la mano.

“Ecco, lei ci ha detto che il killer sceglieva la vittima in un bar” lei disse. “Il che per me significa “bar per single”. Squallido, ma che almeno tentava di apparire elegante. Non ho pensato ad una bettola da classe operaia.”

Un altro studente disse: “Lo stesso vale per il motel. Il killer non avrebbe dovuto portarla in un posto più carino, per ingannarla?”

Ora Lucy sorrise apertamente.

Adesso capisco, pensò.

L’Agente Paige notò il suo sorriso, ricambiandolo, e poi le si rivolse: “Agente Vargas, dove abbiamo sbagliato in tanti?”

Lucy rispose: “Tutti hanno dimenticato di prendere in considerazione l’età della vittima. Tilda Steen aveva solo vent’anni. Le donne che vanno nei bar per single sono generalmente più grandi di età, sui trent’anni o di mezza età, spesso divorziate. Ecco perché avete male visualizzato il bar.”

L’Agente Paige annuì.

“Prosegui” la incoraggiò.

Lucy rifletté per un istante.

“Ha detto che lei viene da una famiglia media piuttosto solida, che vive in un’ordinario paesino. A giudicare dalla foto che ci ha mostrato poc’anzi, era bella, e dubito che avesse difficoltà ad avere degli appuntamenti. Allora, perché si è fatta rimorchiare in una bettola come il Patom Lounge? Immagino che fosse annoiata. E’ andata deliberatamente in un posto che fosse un po’ pericoloso.”

Ed ha trovato più pericolo di quanto immaginasse, pensò Lucy.

Ma non lo disse ad alta voce.

“Che cosa possiamo tutti imparare da quanto è accaduto?” l’Agente Paige chiese alla classe.

Uno studente alzò la mano e rispose: “Quando si ricostruisce mentalmente un crimine, bisogna assicurarsi di considerare ogni singola informazione che si ha a disposizione. Non bisogna lasciare niente al caso.”

L’Agente Paige sembrò contenta.

“E’ giusto” lei disse. “Un detective deve avere una vivida immaginazione, dev’essere in grado di entrare nella mente del killer. Ma è un affare complicato. Lasciatevi sfuggire un singolo dettaglio, e allora sarà stata tutta una perdita di tempo. Può fare la differenza tra la soluzione del caso e l’opposto.”

L’Agente Paige fece una pausa, poi aggiunse: “E questo caso non è mai stato risolto. Se mai lo sarà … ecco, è incerto. Dopo venticinque anni, le probabilità sono poche. Un uomo ha ucciso tre giovani donne, e c’è una buona possibilità che sia ancora a piede libero.”

L’Agente Paige rimase in silenzio per un momento.

“E’ tutto per oggi” li congedò infine. “Sapete ciò che dovrete leggere per la prossima volta.”

Gli studenti lasciarono l’aula magna. Lucy decise di restare per qualche minuto a chiacchierare con la sua mentore.

L’Agente Paige le sorrise e disse: “Hai svolto un ottimo lavoro da detective proprio ora.”

“Grazie” Lucy disse.

Era molto contenta. Anche il minimo accenno di elogio da parte di Riley Paige significava davvero molto per lei.

Poi l’Agente Paige disse: “Ma adesso voglio che provi qualcosa di un po’ più avanzato. Chiudi gli occhi.”

Lucy eseguì. Con voce bassa e ferma, l’Agente Paige le diede maggiori dettagli.

“Dopo aver ucciso Tilda Steen, l’assassino l’ha sepolta in una fossa poco profonda. Riesci a descrivermi com’è successo?”

Come aveva sempre fatto durante l’esercizio, Lucy provò a scivolare nella mente dell’assassino.

“Ha lasciato il corpo sul letto, poi è uscito dalla camera del motel” Lucy disse ad alta voce. “Si è guardato attentamente intorno. Non ha visto nessuno. Poi, ha portato il cadavere nella sua auto e lo ha deposto sui sedili posteriori. Ha guidato fino ad un bosco. Un posto che conosceva piuttosto bene, ma non molto vicino alla zona del crimine.”

“Vai avanti” l’Agente Paige la esortò.

Con gli occhi ancora chiusi, Lucy riuscì a sentire la metodica freddezza del killer.

“Ha fermato l’auto dove non sarebbe stato facilmente visibile. Poi, ha tirato fuori una pala dal suo bagagliaio.”

Lucy si sentì disorientata per un momento.

Era notte, perciò come aveva fatto il killer a farsi strada nel bosco?

Non sarebbe stato tenere in mano una torcia, una pala ed un cadavere.

“Era una notte illuminata dalla luna?” Lucy chiese.

“Sì” l’Agente Paige rispose semplicemente.

Lucy ne fu incoraggiata.

“Ha preso la pala con una mano, e ha trasportato il corpo caricato sulle spalle, reggendolo con l’altra, inoltrandosi nel bosco. Ha proseguito fino a trovare un punto lontano, che sicuramente nessuno frequentava.”

“Un punto lontano?” l’Agente Paige chiese, interrompendo la visione di Lucy.

“Senz’altro” Lucy rispose.

“Apri gli occhi.”

 

Lucy eseguì. L’Agente Paige stava preparando la sua valigetta per lasciare l’aula.

Disse: “A dire il vero, il killer ha portato il corpo nel bosco proprio al di là dell’autostrada, dall’altra parte rispetto al motel. Ha trascinato il corpo di Tilda per pochi metri nel boschetto. Poteva facilmente vedere i fari delle auto dall’autostrada, e, probabilmente, ha usato la luce di un lampione per seppellire Tilda. E l’ha fatto senza attenzione, coprendola con più rocce che terra. Un ciclista di passaggio si è accorto dell’odore pochi giorni dopo, e ha chiamato la polizia. Il corpo è stato trovato facilmente.”

Lucy rimase a bocca aperta. “Perché non si é dato da fare per nascondere le tracce dell’omicidio?” chiese. “Non capisco.”

Mentre finiva di chiudere la valigetta, l’Agente Paige assunse un'espressione triste.

“Neanch’io” disse. “Nessuno in realtà.”

Poi prese la valigetta e lasciò l’aula magna.

Mentre l’osservava andarsene, Lucy notò amarezza e delusione in lei.

Evidentemente, per quanto provasse ad apparire distaccata, era ancora tormentata da questo caso irrisolto.