Faqat Litresda o'qing

Kitobni fayl sifatida yuklab bo'lmaydi, lekin bizning ilovamizda yoki veb-saytda onlayn o'qilishi mumkin.

Kitobni o'qish: «Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4»

Shrift:

S

Sabbatini (il Pad. Luigi Antonio), di Albano, minor conventuale, e uno de' più cari discepoli del P. Martini, sino al 1780 era maestro di cappella di SS. Apostoli in Roma, e dopo la morte del cel. P. Vallotti lo fu dell'insigne chiesa di S. Antonio del suo ordine di Padova. Egli è autore di più opere teoriche e pratiche, cioè: 1. Elementi teorici e pratici di musica, Roma 1790; sono questi de' solfeggi, di cui i precetti e le lezioni sono in canoni. 2. La vera idea delle musicali numeriche segnature, in Venezia 1799; questo è un quadro molto esatto degli accordi secondo l'ordine diretto e indiretto. Abbenchè l'autore non sembri generalmente adottare le regole di successione degli accordi, lascia tuttavia scappar fuori alcune opinioni sistematiche. 3. Trattato della fuga, 2 vol. in 4º con molti esempj estratti dalle opere del Vallotti, Venezia 1801. Non sappiamo s'egli ha pubblicata l'opera, che Gugl. della Valle nelle memorie del P. Martini dice che egli teneva in pronto per le stampe col titolo di Ristretto teorico di autori diversi sopra le fughe, e sopra le proporzioni armoniche ec. Sappiamo bensì ch'egli ha diretto l'edizione, che lo stesso P. della Valle ha data nel 1801 e negli anni seguenti, de' Salmi di Marcello, edizione assai bella ed esatta. Il Padre Sabbatini ha scritto moltissima musica per chiesa sul gusto del Martini suo maestro. Nell'elogio di Jommelli scrive il Mattei, che ne' solenni di lui funerali celebrati in Napoli venne eseguita una messa del Sabbatini. Morì egli in Padova nel marzo del 1809.

Sabbatini (Galeazzo), da Pesaro, nel 1644 pubblicò in Venezia Regola facile e breve per suonare sopra il basso continuo nell'organo ec., di cui vi ha una seconda edizione in Roma del 1699, in 4º. Fu anche rinomato maestro di cappella in Napoli Nicolò Sabbatini, morto dopo la metà dello scorso secolo, le di cui composizioni per chiesa ebbero gran pregio al suo tempo.

Sacchi (D. Giovenale), cherico regolare Barnabita, dell'Accad. reale di Mantova e dell'Istituto di Bologna, professore di eloquenza del collegio imperiale de' nobili di Milano e quindi rettore, vien meritamente riguardato in Italia come uno de' migliori teorici nella musica, e uno scrittore non men rispettabile per l'erudizione, che per la pulitezza dello stile. Alla cognizione delle lingue antiche e delle mattematiche egli unì un profondo studio della musica: avendo contratta amicizia non solo co' filosofi studiosi delle teorie, come il conte Giulini, il conte Riccati, il Zanotti, ma co' dilettanti e professori che esercitavano in pratica come il P. Martini, M. Pichl ed altri, non è meraviglia se di tutte le composizioni più celebri degli antichi, e de' nuovi maestri egli conoscesse il pregio, l'indole ed il carattere. Dal 1761 incominciò a pubblicare le sue dissertazioni di musica. La prima fu quella del Numero e della Misura delle corde musiche e loro corrispondenze, Milano in 8º. Quest'opera è stata criticata dall'Eximeno nell'Introduzione al suo libro dell'origine ec. p. 39. 2. Della divisione del tempo nella Musica nel ballo e nella poesia, dissert. tre, Milano 1770; a queste vanno aggiunte una Lettera al Ch. Dr. Canterzani, nella quale dimostra, che le dimensioni delle corde musicali appartengono tutte all'Iperbole posta fra gli assintoti; poi una dottissima, ed onorevolissima Risposta del Canterzani all'A., infine una Lettera del Sacchi in confutazione di certe opposizioni, che il Sig. Tartini aveva proposte incidentemente nella sua opera contro M. de la Somis. Quest'opera della divisione del tempo ec. ha avuto altresì de' contraddittori come l'Arteaga (Rivoluzioni ec. t. 2, p. 231), e l'ab. Venini (Principj dell'armonia ec. p. 113). 3 Della legge di continuità nella scala musica in risposta al P. Draghetti gesuita, Milano 1771, in 8vo di cui abbiamo detto qualche cosa nel 2º t, all'art. Draghetti. 4. Della natura e perfezione dell'antica musica de' Greci, e dell'utilità, che ci potremmo noi promettere dalla nostra, applicandola secondo il loro esempio alla educazione dei giovani, dissert. 3, Milano 1778. Questo libro è assai pregevole per la molta dottrina che rinchiude, per l'eleganza dello stile, in che è scritto, e più ancora per i giusti, e saggi ammaestramenti che suggerisce. Il Requeno tuttavia trova a riprenderlo per aver egli negato il genere enarmonico a' Greci: “Non so, egli dice, come un certo P. Sacchi, uomo per altro di buon ingegno, e di colta favella, si prendesse l'impegno di persuadere il pubblico, acciocchè credesse una pura impostura de' vanagloriosi greci l'esistenza e la pratica del genere enarmonico.” (Saggi ec. t. 2, p. 163). 5. Delle quinte successive nel contrappunto, e delle Regole degli accompagnamenti; al Sig. Wincesl. Pichl ec., Milano 1780, in 8º. In quest'opera il P. Sacchi si mostra profondo teorico e pratico peritissimo: sostiene che la matematica ha poco assai da far colla musica, vi attacca il basso fondamentale del Rameau, e 'l suo sistema de' rivolti, e propone degli ottimi principj di contrappunto. Intorno alla novella dottrina de' rivolti del sullodato Rameau, del d'Alembert, di Rousseau, e di altri ingegnosi scrittori, dice egli che “richiamandola all'esame, altro a lui non sembra di riconoscervi, che errore ed inganno (p. 38), che per quanto basta alla pratica, questo già si conosceva assai chiaramente; e quanto alla dimostrazione teorica, nulla essi arrecano che sia utile. Diranno forse, che intendono soltanto di mostrar il modo e l'ordine, con che le proporzioni delle corde si vanno scambiando, o come essi dicono rivoltando l'una nell'altra, secondo che o di sopra, o di sotto poste si trovano? Ottimamente. In tutte le cose l'ordine è degno di essere osservato, e considerato, ma questo ordine già dagli antichi fu esibito molto più evidentemente, con metodo assai migliore, e più comodo.” (p. 40). Se lo stordito autore delle Riflessioni critiche sul nostro Dizionario letto avesse questo dottissimo libro del Sacchi, convinto forse dalle robuste ragioni da lui addotte su questo proposito, sarebbe meno idolatra di quel sistema e del suo autore, e più rispettoso verso i grand'uomini che ne han dato a conoscere gl'inconvenienti e gli errori. 6. Lettere del Sig. Franc. Zanotti, del P. Martini, e del P. Sacchi, nelle quali si propongono, e si risolvono alcuni dubbj appartenenti al Trattato delle divisioni del tempo ec., e dell'altro delle Quinte successive; Milano 1782 in 4º. 7. Vita del Cav. Broschi detto il Farinelli, Venezia 1784, in 8º. 8. Dialogo, dove cercasi: se lo studio della musica al religioso convenga o disconvenga, Pisa 1786 in 8º. 9. Epistola in versi al Conte Giorgio Giulini, nella quale lo invita ad unirsi seco per promovere la musica sacra ed eroica, pubblicata nel t. 68 del Giornale di Pisa. Il P. Sacchi dopo la morte del conte Giulini, che oltre all'essere stato diligentissimo Storiografo di Milano, era dilettante, ed eccellente professor di musica, e suo cordiale amico esortò il cel. P. Fontana a stenderne l'elogio. 10. Specimen theoriæ musicæ, 1788, che si trova nell'ultimo tomo degli atti dell'Instituto. 11. Vita di Ben. Marcello tradotta, Ven. 1789. 12. Lettere al Conte Riccati, Modena 1788-1789. L'arte musica secondo il Sacchi, appresso di noi Italiani moderni in tre differenti tempi è pervenuta al sommo grado della perfezione, ed in ciascuno di quelli ha prodotto un genere dissimile di canto e di stile: ch'egli ingegnosamente rapporta ad alcuno dei tre ordini della greca architettura. Egli attribuisce il dicadimento della musica d'oggigiorno al niuno studio delle eccellenti composizioni de' gran maestri, e al non provedersi di libri, che trattino dell'arte, alle scuole musicali che tengonsi in Italia. “Se in ciascuna delle maggiori città avessimo noi quella Società del Concerto antico, che odo essere in Londra, dove la memoria delle buone composizioni di tempo in tempo si ravviva, non mai l'arte musica pervenuta sarebbe alla corruttela, nella quale al presente la veggiamo. Gli scrittori stessi di musica generalmente sarebbono assai modesti, che la vera dottrina nelle belle arti non fa già gli uomini arroganti, ec.” Queste lettere contengono degli utilissimi precetti di pratica, e molto vi avrebbero da apprendere i giovani artisti. Il P. Sacchi è morto in Milano nel settembre del 1789 in età di 64 anni. Nella galleria dell'Instituto di Bologna si vede il suo busto con questi versi: En tibi quem sacræ extinctum flevere Camoenæ – Ille animo Saccus purus ut èloquio.

Sacchini (Antonio), nato in Napoli da onesta, ma poco agiata famiglia nel 1735 cominciò da ragazzo a studiare il violino nel conservatorio di Loreto, e alcun tempo dopo mostrando molto pendìo per la composizione, vi si occupò intieramente. In pochissimo tempo appreso avendo gli elementi, ed eziandio il disegno della progression musicale, diessi a comporre alcune arie, che trovaronsi aver molta grazia; vi si rimarcò che la misura, la progressione, l'unità e l'egualità del ritmo erano di un uomo consumato nell'arte, non già d'uno scolare. Il cel. Durante suo maestro ne restò sorpreso, Mio figlio, gli disse, tu sarai un gran compositore: il che diè sommo coraggio al giovane, che da quel tempo in poi vi si applicò indefessamente, ed in cinque anni fece il corso di tutti gli studj più difficili. Durante era altresì maestro del Conservatorio di S. Onofrio, ove aveva dei discepoli della più grande espettazione: tali erano Piccini, Traetta e Guglielmi. Un giorno per dar loro dell'emulazione ed animo, Voi avete, disse loro, nel conservatorio di Loreto un rivale, cui è assai malagevole il vincere: se non fate tutti i vostri sforzi per eguagliarlo almeno, egli resterà solo, e sarà desso certamente l'uomo del secolo. Al sortire di questa eccellente scuola, non tardò Sacchini a farsi conoscere colle sue opere. Sin dal 1762 fu egli chiamato per il teatro di Roma, ove soggiornò per lo spazio di sette o otto anni. Faceva pur non dimeno di tempo in tempo alcune scorse nelle primarie città dell'Italia, e gl'intendenti furon di avviso, che se Piccini lo superava nel comico, Sacchini sorpassavalo di lunga nel tragico. L'abilità, che con un continuo esercizio aveva il Sacchini acquistata sul violino, gli diè quella facilità di spargere ne' suoi accompagnamenti l'eleganza ed il brio che vi spiccano. Nel 1769 fu scelto per succedere a Galuppi nell'impiego di direttore del Conservatorio dell'Ospedaletto di Venezia; e nel tempo che occupò questo posto, oltre alle composizioni sagre che vi publicò, ebbe l'onore di formare un gran numero di buone cantanti, tra le quali si sono distinte la Gabrieli, la Conti, Pasquali ec. In quest'occasione è da rimarcarsi, che tutti i gran compositori italiani sono nel tempo medesimo eccellenti maestri di canto: il che si confà al sistema adottato ne' conservatorj d'Italia, dove il canto, e la composizione vocale sono i più essenziali oggetti, non riguardandovisi il resto se non come accessorio. Le opere di Sacchini essendo state conosciute in Londra, fecero nascer la brama agli amatori inglesi di possederlo come compositore del loro teatro. Pria di portarsi in quell'isola, fece un viaggio in Germania, passò a Stutgard ed a Monaco, dove fu sentita la sua musica co' più grandi applausi: venne poi in Olanda, e giunse finalmente in Londra nel 1771. Compose quivi pel teatro italiano molti eccellenti melodrammi tragici, come Montezuma, Perseo, il Cid, e più altri di un'estrema bellezza. Il suo soggiorno in Inghilterra sarebbe stato assai favorevole alla sua fortuna, se la passione per le donne trascinato non lo avesse in considerabilissime spese, che a tal segno lo rovinarono che a capo di alcuni anni fu costretto per i gran debiti ad abbandonare quel paese. Allora fu, che il suo amico M. Framery l'invitò di venire a Parigi verso il 1782, e scrivere per quel teatro con delle condizioni, che gli convenne accettare. Arrivato in Francia, “non tardò, dice M. Choron, di arricchire la nostra scena lirica; Renaud fu rappresentato nel febbrajo del 1783 a cui seguirono ben tosto Chimène e Dardanus. Sacchini giungendo ad un'epoca in cui Gluck e Piccini ci avevano già familiarizzati con la musica forestiera non eccitò dapprima tutto l'entusiasmo ch'egli doveva attenderne: le prime sue opere furono anche accolte con una specie d'indifferenza. Non fu così però dell'Edipo a Colone: l'interesse del poema fece sentire tutte le bellezze della musica di Sacchini; cosicchè quest'opera ottenne sotto tutti i rapporti, un meritevole successo, che si è sostenuto non solo fin al presente, ma che va a crescere eziandio di giorno in giorno. Si crederebbe tuttavia che la sua rappresentazione incontrò tutte le immaginabili difficoltà, e che Sacchini per tal ragione disgustato del soggiorno di Parigi, preso aveva la risoluzione di tornare in Inghilterra, ove i suoi protettori, dopo aver pagati tutti i suoi debiti, lo invitavano di venir quivi a godere d'una sorte felice, che avevangli procurata?” Ma la morte gliene tolse il comodo; i dispiaceri che aveva provati in occasione dell'Edipo, e che la di lui sensibilità rendeva ancora più vivi, esaurito avevano le sue forze, ed egli venne a soccombere ad un attacco di podagra salitagli al petto li dì 7 ottobre del 1786, in età di soli 51 anni. Le qualità singolari di questo cel. compositore sono la facilità, la grazia e la nobilezza, che mai lo abbandonano, sino nelle più energiche espressioni, il suo canto è così facile, e così naturale, che par che si formi e da se stesso si produca in bocca al cantante. Questo canto così amabile e facile seppe egli adattare alla sua musica di chiesa, senza confondere questo stile con quello del teatro, e senza allontanarsi dalla severità ch'egli esige. Pura e svelta è la sua armonia, ed eccellente soprattutto nello stile religioso ideale, la sua orchestra è sempre brillante, sempre ingegnosa, e d'un'inimitabile chiarezza. Siccome sonava egli superiormente di violino, i suoi accompagnamenti danno gran risalto a quest'instrumento, ed egli ha dato anche dell'effetto ai secondi violini. Il lettore ci saprà buon grado di rapportar quì l'elogio che ne ha fatto il gran Piccini in una lettera da lui inserita nel giornale di Parigi, ecco le sue parole. “Che dirò io di quel gran talento che ha dispiegato il Sacchini in tutte le città d'Italia, in Allemagna, in Inghilterra, e finalmente in Francia? Quell'andamento facile, quel canto melodioso, quel carattere or grave, or allegro, brillante, patetico, amoroso, malinconico, e sempre sostenuto! Quella progressione incantatrice, senza che mai venga urtato l'orecchio, fin nelle transizioni le più aspre, ch'egli ha sempre così bene preparate, e ben risolute! Quella precisione esatta, in cui nulla potete togliere, nè aggiungere, ove tutto è finito! La ricchezza de' suoi accompagnamenti, così ben distribuiti, adattati così a proposito, senza recare alcun danno alla parte cantante (ch'egli ha considerata sempre come principale), e nel grado più sublime di nobilezza! Quel superbo colorito! Quei cori, ove le quattro parti sono tanto ben disposte; ove nulla vi sta ozioso, ove aspirano tutte allo stesso scopo, ove non si distingue una sola misura inutile, ove in somma ciascuna parte forma separatamente una cantilena così ben tirata, così ben modulata, che anche isolata diviene un pezzo capitale! Io darò fine al suo elogio debole omaggio dal mio canto, ma molto ben meritato dal suo, con dir che la morte ce lo ha rapito assai presto; che con un talento così trascendente, egli era degno di più felice sorte, che meritava di essere più conosciuto, più studiato a fondo. Io priego il lettore a non volermi accusare di parzialità, o di adulazione: non si adulano i morti. Io sento, ed ho sempre sentito ciò che avanzo, e lascio al tempo ed agli intendenti la cura di apprezzar le sublimi produzioni lasciateci da sì grand'uomo.” Il dotto Carpani rassomiglia al Correggio il Sacchini, e descrivendo la facilità del suo stile, e la maniera ch'ei teneva nello scrivere: “Sacchini, egli dice, non trovava una cantilena, se non gli stava la sua bella accanto, e se i suoi gattini non gli scherzavano intorno. E ben se ne risente di questo tenero e giocoso consorzio la graziosa e seducente sua musica.” (Lett. 13). Questo valente compositore portava nella società la sensibilità, che regnava nelle sue opere. Generoso, benefico all'eccesso, non era mosso che dal piacer di dare, e più spesso si sarebbe procurato un tal piacere, se meno trascurato avesse i suoi affari. Buon parente, buon amico, buon padrone; poco avanti di rendere l'estremo sospiro, con moribonda voce egli disse a un suo domestico: Povero Lorenzo, che diverrai tu ora? Uno de' suoi ammiratori ha fatto mettere il suo busto in Roma nella chiesa di S. Maria della Rotonda.

Saffo, celebre cantatrice e poetessa era di Mitilene, le lettere e la musica furono il suo trattenimento, e cercò d'inspirare questo gusto alle altre donne di Lesbo. Ella, secondo Ateneo, adoperò sempre l'instromento pectide ossia lira coperta pel canto: e come introdusse nell'ode un nuovo metro, inventò anche nella musica un nuovo modo, detto Mixo-Lydio, che fu adottato, al dir di Plutarco, da' poeti tragici come molto adatto per il patetico, e le scene lugubri. In mezzo alle lodi di tutta la Grecia, che le diè sino il nome di decima Musa, in mezzo alle spiritose sue doti personali conservò sempre un decoroso e modesto contegno; noi abbiamo riferita la passione che concepì per ella il giovane Alceo, e qual decente condotta seco lui essa tenne (V. t. 1, pag. 16). Coll'esempio di Saffo si mossero allo studio della musica molte donne, e sin da' paesi stranieri vennero ad accrescere il numero delle sue discepole, tra le quali molto si distinsero Erinna e Demofila. Quest'ultima propose a Saffo, che sarebbe alla patria di grande utilità, e di particolare onore alla loro memoria l'aprire una scuola d'arte armonica, in cui si potessero educare le giovani più civili, e più ingegnose: piacque a Saffo il progetto, e s'innalzò la scuola delle zitelle cantatrici sotto la direzione di Demofila, e secondo Filostrato, sotto il consiglio di Saffo. La superiorità del suo genio servì a muovere contro di lei la rivalità, e l'odio di alcune donne potenti. Saffo oppose loro verità ed ironie, il che finì d'irritarle (Aten. l. 1). Quindi ebbe ella a lamentarsi delle loro persecuzioni; e questo divenne un altro delitto (V. Horat. l. 2, od. 13). Obbligata a fuggire, venne a cercare un asilo in Sicilia, ove dopo alcun tempo le si innalzò una statua scolpita per mano di Silanione, uno de' più celebri artisti del suo secolo, che fu poi rubata da Verre, come abbiamo da Tullio (in Verr. l. 4, c. 57). Il dotto ab. Barthelemy crede così poter smentire quel che vien detto, ch'ella s'imbarcasse per quest'isola, tratta dall'amor di Faone, che l'aveva abbandonata, ed è da osservarsi, egli dice, che tutto ciò che narrasi dei costumi libertini di Saffo, non si trova che negli scrittori di molto posteriori ai tempi in cui dessa viveva, cioè sette secoli innanzi l'era cristiana (Voyag. d'Anac. tom. 2 in not.).

Saint-Amans (Luigi Giuseppe), nato a Marsiglia nel 1749, come i suoi parenti lo destinavano al foro, entrò ben presto nel collegio per farvi i suoi studj, ove per diporto si diè a coltivare ancora la musica. A capo di alcuni anni, il suo gusto per quest'arte giunse al segno, che per impiegarvisi del tutto, lasciò il collegio, e seguì per qualche tempo una compagnia di musici italiani ad Aix in Provenza, a Nizza ed a Torino, come cembalista al teatro. Dopo otto mesi, unitosi ad un barone svizzero che viaggiava con due suoi figli, come maestro di musica, soggiornò circa a tre anni in diverse città dell'Italia, ove incoraggito da' suoi progressi, dai consigli dei gran musici ch'egli consultava, e dall'amicizia del suo protettore, formossi sull'osservazione dei capi d'opera de' più celebri maestri di quel paese. Stabilitosi quindi nel 1769 in Parigi, il suo stile tanto per chiesa, che per teatro sul gusto italiano ebbe felicissimo incontro. Nel 1798 fu eletto professore al Conservatorio, posto ch'egli perdè l'anno di appresso per la riforma del medesimo: partì quindi per Brest come maestro di cappella, e nel 1804 vi compose un O filii a tre voci e cori per il giorno di Pasqua, e la Destruction de Jericho, oratorio a piena orchestra pel teatro di Brest. Nel 1807 un Te Deum a tre voci e cori, che fu ben accolto nel conservatorio di Parigi. Vi ha di lui inoltre molta musica impressa nel 1810, nel magazzino d'Imbault a Parigi, tra la quale distinguonsi trenta sonate di differenti caratteri per il piano-forte con violino e basso; sonate a quattro mani, ed una tavola elementare degli accordi, presso Mr. Porro.

Saint-Lambert (le marquis de), celebre autore del poema des Saisons e della Lettre sur l'opéra d'Onphale, sommamente lodata da Rousseau, e da Arteaga. Vi si trovano delle riflessioni molto utili a' compositori di musica drammatica: M. Suard l'ha inserita nel t. IV des Variétés littéraires.

Saint-Mard (Raimond de) scrisse una dissertazione col titolo: Réflection sur l'opéra en musique, 1741 in 12º, ch'è stata tradotta in tedesco da Hertel, e corredata di molte annotazioni.

Saint-Pern (M. de) è l'inventore dell'Organo Lyricon, che riunisce diversi instromenti da fiato in un piano-forte. M. Charles fisico nel suo Rapporto all'Instituto 1810, dice che il sistema totale di questo nuovo stromento si presenta a prima vista sotto la forma di uno scrigno a cilindro, molto ben fatto, di un legno americano, ornato di bronzi dorati: ha circa due palmi e mezzo di altezza, due palmi di larghezza, ed un palmo e mezzo di profondità. All'aprirsi del cilindro trovansi due tastiere, ognuna delle quali ha il suo uffizio: ambedue si coordinano co' diversi stromenti da fiato, che fanno suonare insieme, o in disparte. La tastiera inferiore è primitivamente parte costitutiva d'un piano-forte; ma per un ingegnosissimo meccanismo, può sotto le dita del suonatore, e a suo piacere, secondo la varietà della pressione, far sentire isolatamente o il piano-forte, o il tal suono di flauto o di oboè, o rimescolar finalmente le voci loro riunite. Una dozzina d'instromenti da fiato trovansi uniti attorno al piano-forte, e sempre pronti a conversar con lui, dacchè il suonator li chiama. Vi si rimarcano tre sorta di flauti, tra quali il traversiere distinguesi per la bella qualità del suo suono; l'oboè, il clarinetto, il fagotto, i corni, la tromba ed il piffero. Le combinazioni di tutte coteste voci offrono ad un abile artista delle feconde risorse. All'estremità dell'instromento sono disposti 14 pedali, a sinistra evvi la piccola tastiera di contrabbasso, i di cui tasti premonsi col piede. Vengon poi i pedali corrispondenti a' differenti suoni che voglionsi sostituire o mescolare l'un coll'altro. Toccati a vicenda coll'uno e l'altro piede, portano fedelmente sotto la tastiera tutte le voci, che fan d'uopo al musico per recitare i suoi canti, e variarne l'espressioni. La tastiera superiore è isolata dal piano-forte, e non ha azione sopra il medesimo; ma come l'altra, ha un'organizzazione così precisa e così delicata, che per la sola differenza della pressione fa sentire a suo arbitrio o il traversiere, o l'oboè, e produce dei rinforzi mercè la riunione graduale di molti suoni, che sembrano terminarsi in un solo. La corrispondenza tra le due tastiere è tale, che possono a piacere agire insieme, o in disparte ed anche parzialmente. Cosicchè, mentre la tastiera superiore fa sentire tutti gli stromenti, che le sono subordinati, l'altra ha la medesima azione sopra loro; di maniera che le due mani, alternando sulle due tastiere, vi trovano prontamente i suoni più convenevoli ai canti ed ai sentimenti, che l'artista cerca di rendere, o d'inspirare. Non ostante l'intensità delle loro funzioni, i tasti sono di una singolar arrendevolezza, anche nel massimo della loro pressione, molto in ciò differenti dai tasti de' grand'organi, la di cui asprezza è ben nota ai pratici, e stanca ben presto le dita avvezze soltanto alla leggerezza della tastiera del piano-forte. L'organo lyricon è una nuova composizione sotto molti rapporti, ed ha servito di stimolo a trovare de' nuovi mezzi di usarla. Considerando quest'instromento nel suo insieme, e ne' suoi dettagli, si vede ch'egli è stato il felice risultato di lunghe meditazioni. L'autore vi ha impiegato dieci anni di fatiche, e di ricerche, molto denaro e più ancora d'intelligenza, e di sagacità.

Sala (Nicolò), uno de' più dotti allievi del gran Leo, era maestro di cappella, professore nel Conservatorio della Pietà in Napoli quivi morto nel 1800 in età di presso a cent'anni. Egli aveva consagrato il corso d'una lunga e laboriosa vita alla formazione di una serie seguita di modelli su le parti tutte della composizione. Nel 1794, questa preziosa fatica fu pubblicata a spese del nostro Sovrano, sotto il titolo di Regole del contrappunto pratico, e l'edizione era di una magnificenza estrema. Questo novello codice della composizion musicale già veniva accolto con gradimento dall'Europa, quando una funesta avventura sopraggiunse a rapirlo all'espettazion generale. In mezzo ai disordini che rovesciaron l'Italia nel 1799, la città di Napoli fu messa a sacco: i rami dell'opera di Sala conservati nella R. stamperia, furono tolti via e dispersi, e 'l frutto d'immense fatiche, d'immense spese, distrutto in un sol momento, parve ridursi al nulla senza riparo. In tale circostanza, credè M. Choron non poter fare cosa più utile ed onorevole che dirigere le sue cure alla ristorazione di questo monumento. Ma al momento di porre in effetto tale impresa, dar gli volle, mercè degli importanti miglioramenti, tutto quel grado di utilità di cui era suscettibile. Cosicchè, senza permettersi di fare il menomo cambiamento all'opera di Sala, senza confondere in modo alcuno il suo travaglio con le addizioni, che sembravangli indispensabili, ordinò le cose in maniera che tutte le cognizioni che formano l'arte del compositore, oggetto essenziale dell'opera, presentate vi fossero con tutto l'ordine, e con tutta la profondità che esigono queste materie, e che le cognizioni relative alle altre parti della musica, che qui non sono se non se oggetto accessorio, fossero brevemente esposte, ma con tutta la chiarezza e l'estension necessaria. Tale è lo scopo che si propose M. Choron ne' suoi Principj di composizione delle Scuole d'Italia, opera classica, formata dalla riunione de' modelli di Sala, Martini, ed altri rinomati maestri, Parigi 1809, 3 vol. in fol. di 1456 rami. Questo si è il solo corpo di dottrina compiuto intorno all'arte della composizione. Noi ne abbiamo parlato abbastanza all'art. Choron.

Salieri (Antonio) nacque a Legnano nello Stato Veneto li 29 Agosto del 1750 da un ricco negoziante. All'età di undici anni cominciò a prender lezioni di cembalo; ma crebbe talmente la sua passione per la musica, che alla morte di suo padre, cui perdette all'età di quindici anni, consacrossi intieramente a quest'arte. La protezione di Mocenigo, patrizio Veneto, gli offrì l'occasione di rendersi a Venezia per continuarvi i suoi studj. Giovanni Pescetti maestro di cappella in S. Marco, fu il suo primo maestro, e morto costui, Salieri scelse Pietro Passini. Il cel. Gasman essendosi portato in quel tempo a Venezia, il giovane Salieri fecesi da lui eziandio istruire sul cembalo e nell'arte di cantare. L'affezione che egli prese al suo maestro lo determinò ad accompagnarlo in Vienna, col permesso del suo protettore, per prendervi ancor lezioni nell'arte della composizione. Giunse egli in Vienna nella primavera del 1766, e vi dimorò per otto anni di seguito approfittando delle lezioni di Gasman sul contrappunto. Alla di lui morte Salieri divenne maestro della cappella, della musica di camera e del teatro di Vienna, ne' quali posti fu ajutato da' consigli del cel. Gluck. L'età e le malattie avendo ridotto costui nell'impotenza di soddisfare al pubblico di Parigi, che non desisteva dal chiedergli delle nuove composizioni per i teatri di quella città, Salieri fu quegli, che compose per lui l'opera intitolata les Danaides, sotto gli occhi di Gluck, e secondo le idee che date aveagli sulla maniera di trattare quel dramma. Gluck gli rese allora l'attestato, ch'egli aveva saputo familiarizzarsi colla sua maniera, e 'l suo stile, il che era riuscito impossibile a verun tedesco. Credevasi frattanto in Parigi, che Salieri non aveva altra parte che nel terzo atto di questo dramma. L'artifizio ebbe un compiuto successo. Salieri venne nel 1784 in Parigi colla sua opera, che fu assai volte eseguita dinanzi la famiglia reale, e sempre con esito vieppiù fortunato. La regina stessa degnossi ancora cantarvi qualche volta. Finalmente quest'opera fu eseguita sul gran teatro della capitale. I critici riconobbero sin d'allora ne' dettagli, principalmente ne' recitativi e nel canto, uno stile particolare, e convennero ch'egli annunziava il più distinto talento. Non fu se non dopo la decima terza rappresentazione che Gluck in un indirizzo al pubblico di Parigi, dichiarò Salieri solo compositore delle Danaidi. La direzione dell'opera gli pagò una somma di diecimila franchi, ed altri tremila per le spese del viaggio. La regina gli fece altresì un considerevolissimo dono, e l'incisore pagogli la partitura duemila franchi. Prima di partire per Vienna, la direzione dell'opera gli commise ancora di scrivere gli Orazj e Curiazj. Alcun tempo di poi, egli compose pel teatro di Vienna la musica del dramma Axurre di Ormo; per il quale l'Imperatore Giuseppe II donogli 200 ducati, ed una pensione di altri 300. Poco dopo sposò egli una damigella, che gli recò una pinguissima dote. Salieri è attualmente in Vienna, maestro di cappella dell'Imperatore d'Austria: egli ha scritto molta musica sì per chiesa che per teatro, per tutta l'Europa celebratissima. L'oratorio della Passione del Metastasio posto da lui in note è un capo d'opera; vi ha in questo una fuga bellissima, che veniva lodata molto dall'Hasse medesimo. “Un bello esempio dell'economia e del buon uso che dee farsi degli strumenti da fiato, dice il dotto Carpani, trovasi nel Cesare in Farmacusa del profondo maestro Salieri, che applicò con tanta felicità la metafisica alla sua arte. Egli acciocchè una sortita furiosa di Cesare nel finale del primo atto facesse più colpo, sospese per molti tempi dello stesso pezzo di musica tutti gli strumenti da fiato e particolarmente le trombe, e fe' tacere i timpani, e li adoprò poi tutt'insieme al luogo sopra indicato con stupendissimo effetto. Non è a dirsi qual energia riceva la musica da quella sortita improvvisa di strepito marziale. Ho sempre sentito fremere l'udienza a quel passo, il cui incanto sta tutto nell'artificio riferito, e che il più degli ascoltanti non si curano nemmeno d'indagare d'onde venga.” (Lettera X). Racconta lo stesso Carpani che il grand'Haydn aveva in sommo conto Salieri, e che a lui affidò egli sempre la direzione de' suoi due capi d'opera, la Creazione e le quattro Stagioni (Lettera XIV). La maniera che usa Salieri per eccitare la sua fantasia nel comporre, così vien descritta da quel lepidissimo scrittore. “Salieri, egli dice, il maestro della ragione, deve fecondare la sua fantasia coll'uscir di casa, scorrer per le vie più frequentate della città masticando confetti, e col suo graphiarium, e la cannuccia nelle mani gli è forza notar subito le idee felici, che a volo gli passan pel capo.” (Lettera XIII).

Yosh cheklamasi:
12+
Litresda chiqarilgan sana:
25 iyun 2017
Hajm:
230 Sahifa 1 tasvir
ISBN:
http://www.gutenberg.org/ebooks/40820
Mualliflik huquqi egasi:
Public Domain

Ushbu kitob bilan o'qiladi