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I Puritani di Scozia, vol. 1

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CAPITOLO IV

 
»Va', gli stendardi tuoi raggiugni, vola
»Ove t'invita onor. Favellò il cielo,
»E sola hai scelta fra vittoria e morte.»
 
James Duff.

Morton e il suo compagno aveano già corso qualche tratto di strada senza dirsi l'uno all'altro nessuna cosa. Non so che di ributtante nella fisonomia dello straniero stoglieva il giovine Morton dall'indirigergli la parola, nè l'altro per vero dire mostrava grande propensione a legare conversazione con lui. Finalmente dopo mezz'ora di cammino questi ruppe d'improvviso il silenzio. »Com'è mai che il figlio del colonnello Morton si è trovato a questa rassegna?»

»Adempisco i miei doveri come lo deve un suddito fedele» la quale risposta fu pronunziata col tuono di chi non si cura di continuare un colloquio.

»È egli forse vostro dovere, giovane incauto, è egli dovere d'un cristiano il portar l'armi a favore di coloro, che perseguiscono i veri credenti, che versarono il sangue de' santi? Quegli che tutto può è finalmente arrivato, e ben ei saprà sceverare il grano buono dal loglio.»

»Comprendo dai vostri discorsi, essere voi nel novero di coloro che pensano fare opera meritoria nel ribellarsi contra il governo. Dovreste però essere più riserbato nei detti, nè parlare in simil guisa alla presenza d'uno che non conoscete. Anzi ragion di prudenza comanderebbe a me pure di non ascoltarvi.»

»Gli è forza che tu m'ascolti! Il tuo signore ha le sue mire sopra di te, e quando ti chiamerà, converrà bene che tu lo segua. Se ti fosse toccato in sorte l'udire qualche buon predicatore, saresti a quest'ora tal qual devi essere un giorno.»

»Noi siamo Presbiteriani al pari di voi.»

Di fatto il castello di Milnwood andava fornito d'un ministro Presbiteriano, di quelli però, come parecchi ve n'avea, che si erano sottomessi al governo, e ne ottennero in compenso la permissione di compire gli ufizi del proprio ministero. Da tale patto di religiosa tolleranza era nato uno scisma di setta, perchè i Puritani, se lo erano a tutto rigore di termine, censuravano severamente quei lor fratelli Presbiteriani, che non eran d'avviso di mettersi in lotta aperta contra le vigenti leggi.

»Sutterfugio! miserabile sutterfugio! sclamò lo straniero. Non v'ha mezzo termine fra la salute e la dannazione, fra i principj mondani e i precetti dell'Evangelio.»

»Mio zio crede che noi godiamo d'una ragionevole libertà di coscienza, e a me sembra…»

»Vostro zio sagrificherebbe tutte le greggie della cristianità per salvare un agnello sol del suo ovile. Avrebbe, cred'io, adorato il vitello d'oro. Oh! il padre vostro era ben tutt'altra cosa!»

»Mio padre certamente era un uomo rispettabile e pieno d'onore, ma dovreste rammentarvi ch'ei combattè in difesa della famiglia reale, per la quale m'avete veduto portar l'armi questa mattina.»

»Pur troppo lo so! Le più belle fiaccole d'Israello si spengono qualche volta. Ma s'egli avesse veduto i tempi a' quali viviamo, avrebbe maledetta l'ora in cui trasse la spada per una tal causa. Però ne parleremo altra volta, perchè, o giovane, ancor tel ripeto, sonerà la tua ora e ti verranno a mente le mie predizioni – Addio. La mia strada è di qui.»

In questa, gli mostrò un sentiero, che guidava alla volta di aride e deserte montagne, e già stava abbandonando la strada maestra per prendere quella via, allor quando gli si affacciò una donna avvolta in rosso mantello, che seduta dianzi sull'orlo del cammino, al vederlo si alzò, e avvicinatasi a lui, in misterioso tuono gli disse.

»Guai a voi se vi avviate per questo sentiero! Sta il lione nelle montagne, e cerca divorare le povere nostre agnelle smarrite.»

»Dio avrà cura della sua greggia, rispose lo straniero. Ma ove sono Hamilton e Rathillet?»

»Nelle foreste di Drake-Moss con sessanta o settanta uomini fra pedoni e cavalieri, ma sforniti d'armi, di viveri, di munizioni.»

»Procurerò unirmi ad essi.»

»Dio vi liberi dal tentarlo in tal sera! Tutti i passi son guerniti dai nostri persecutori. Piuttosto cercatevi qualche nascondiglio insin che dura la notte; domani mattina vi sarà più facile il potergli raggiugnere.»

»Dimorate voi in queste vicinanze? Potete darmi ricovero in casa vostra?»

»La mia capanna non è distante che un miglio, ma quattro figli di Belial, quattro dragoni vi si sono posti di guernigione, e devastano quel poco ch'io possiedo per punirmi di non aver voluto assistere alla predica del nostro ministro, che non è nel numero de' veri credenti.»

»Sofferite e sperate, buona donna. Addio. Vi ringrazio. Ma (soggiunse, appena fu partita la vecchia) e dove troverò io un'asilo per questa notte?»

»Se avesse una casa mia propria, disse Merton, a costo d'affrontare qualunque rischio vi darei un ricetto, anzichè lasciarvi in balìa ai pericoli da cui sembrate or minacciato; ma mio zio dopo le ammende e le pene pronunziate contra coloro che hanno lega co' Presbiteriani refrattari al governo, è stato preso da tale spavento, che ha proibito rigorosamente a tutti della sua casa d'avere alcuna sorte di comunicazione coi medesimi.»

»A ciò mi aspettava, lo straniero soggiunse. Per altro poteste ricevermi senza ch'ei lo sapesse. Un granaio, una scuderia, un fenile bastano a mio ricovero.»

»Vi accerto che mi è impossibile il farvi entrare in Milnwood senza il consenso di mio zio, e quand'anche il potessi, avrei scrupolo di coscienza nell'avventurarlo a quel pericolo che più di tutti ei paventa.»

»Non mi resta a dirvi che una sola parola. Vostro padre vi ha egli parlato mai di Iohn Balfour di Burley?»

»Che gli salvò la vita a rischio della propria nella giornata di Marston-Moor? Sì certamente, e spesso me ne ha parlato.»

»Ebbene, o giovane, vedi questo uomo dinanzi a te. Pensa, se vuoi commettere a morte sicura chi salvò i giorni del tuo genitore.»

Mille ricordanze allora si offersero alla mente di Morton, tenerissimo quasi all'idolatria della memoria del padre: riandava fra se medesimo quante volte questi gli avea fatto parola dell'importante servigio prestatogli da Balfour di Burley, e quant'altre espresse il proprio rincrescimento sulle guerre civili della Scozia, che non gli permettevano mostrarsegli grato; perchè fin d'allora che la Scozia si divise fra i Partigiani della repubblica e que' di Carlo II, figlio dell'infelice Stuardo perito sopra d'un palco, l'ardente fanatismo di Bothwell spinse costui nella prima delle due fazioni, nè il padre di Morton più lo rivide.

Il giovane di Milnwood stava tuttavia ondeggiando fra tali idee, allorchè un rumor di tamburo uditosi da lontano lo fece risolvere.

»Questi è senza dubbio Claverhouse col restante del suo reggimento, esclamò. Se proseguite il cammino, cadete inevitabilmente nelle sue mani; se volgete i passi ver la città rischiate d'incontrarvi nel colonnello Graham. Le gole delle montagne son custodite. Non posso abbandonare in tale pericolo chi salvò la vita a mio padre. Venite a Milnwood. Se siamo scoperti, farò in modo che la punizione della giustizia cada sopra di me, senza avvolgere nella mia rovina uno zio…»

Burley ascoltò tale discorso senza mostrar grande commozione, indi si fece a seguire chetamente Morton.

Il castello di Milnwood fabbricato dal padre di chi n'era a quei giorni proprietario noveravasi fra i più belli, ridotto però in uno stato di grande scadimento per la niuna sollecitudine datasi dal presente padrone a restaurarlo. Una breccia aperta nel muro di cinta dava ingresso nel cortile della scuderia, e fu per questa che venne introdotto Burley.

»Gli è d'uopo che vi lasci qui un momento, gli disse, fintantochè io vada in casa per procurarvi un letto.»

»Qual bisogno ne ho io? rispose Burley. Sono trent'anni dacchè la mia testa si adagia più spesso sulla nuda terra che su i cuscini. Oltrechè voi poi non potete farmi entrare in casa senza ammettere alla confidenza del mio segreto qualcuno, e sarebbe ciò un aumentarmi il pericolo di venire scoperto.»

Timore che parve fondatissimo a Morton, il quale fece entrare il compagno nella scuderia, ove collocarono i loro cavalli, e Burley si fece letto di alcuni fasci di paglia.

»Tornerò fra brevi istanti, gli disse Morton, e vi porterò que' reficiamenti che a tale ora mi sarà possibile procacciarmi.»

E per vero dire ei non era poco impacciato a serbare questa promessa: perchè la speranza di ottenere da cena tutta era posta nel trovare di buon'umore la sola persona alla quale il signor del castello dava l'intera sua confidenza, la vecchia governante. Se questa donna fosse andata a letto, o corrucciata per avere aspettato il suo giovane padrone oltre la mezza notte, vi era grande probabilità per l'ospite di dover dormire a digiuno.

Inoltratosi adunque Morton alla porta di casa, picchiò modestamente com'era solito praticare tutte le volte quando avvenivagli di tornare dopo l'ora in cui suo zio aveva uso di ritirarsi. Così assumea l'aria di chi confessa una colpa e ne chiede remissione, e sollecitava anzichè chiedere di essere ammesso. Ripetè due volte quel picchio, e la governante, lasciando il cantone del fuoco, presso cui stava seduta, e mettendosi attorno al collo un secondo fazzoletto per ripararsi dal freddo, trasse il catenaccio, abbassò una stanga di ferro, e la porta fu aperta.

»Bell'ora di tornare a casa, signor Enrico! (gli disse con quel tuono che d'ordinario prendono le fantesche viziate dall'indulgenza del loro padrone) bell'ora da disturbare il riposo d'una casa tranquilla, e da obbligarmi a vegliare alzata aspettandovi ad onta d'un ostinato raffreddore che provo!»

E per mostrare di non avere detto bugia tossì due o tre volte.

»Vi ringrazio, Alison, vi ringrazio di tutto cuore!»

»Mio Dio! sig. Enrico, siete ben divenuto un gran signore! Tutti mi dicono mistress Wilson. Il sig. Milnwood solamente mi chiama Alison, ma non sempre. Spesse volte mi nomina mistress Wilson anche egli.»

 

»Ebbene, mistress Wilson, io sono dunque mortificatissimo d'avervi fatto aspettar tanto tempo.»

»Or dunque che state a fare? prendete una candela e andate a coricarvi – Soprattutto, abbiate attenzione di non lasciarla sgocciolare nell'attraversare i corritoi; perchè qui c'è sempre da pulire, e tutte le faccende vengono addosso a me.»

»Ma la mia cara Alison, vorrei veramente cenare prima di mettermi a letto.»

»Cenare! Lo dite per celia, signor Enrico? Come se non sapessimo che siete stato eletto capitano del Pappagallo, e che avete condotti tutti gli sfaccendati della contea all'osteria del suonatore di cornamusa, di Niel, banchettandogli, a spese sicuramente di vostro zio; perchè dove avreste trovato voi di che pagare un tal conto? datemi ora ad intendere che avete bisogno di cena!»

»Vi assicuro, mia buona mistress Wilson, che muoio di fame e di sete e so che avete troppa cortesia per non lasciarmi pregare invano.»

»Ah sig. Enrico! come sapete far bene per conciliarvi le donne! Pazienza se non saranno che vecchie! non correrete pericolo, ma tenetevi lontano dalle giovani – Ebbene! son per darvi una prova di non avervi dimenticato. Lo so anch'io che non bisogna mettere i giovinetti al caso di andare a letto a stomaco vuoto.»

E dobbiamo a tale proposito rendere giustizia a mistress Wilson, che era un'eccellente donna, ed amava grandemente Enrico siccome quella che lo aveva veduto nascere. Tutte le cose da lei dette sin qui erano intese soltanto ad ostentare un tal qual tuono di superiorità, ma ella avea preparato entro un canestro tutto quanto occorreva alla cena del suo giovine padrone.

»Andate, figlio mio, gli diss'ella riguardandolo con occhio di compiacenza. Portatevi con voi le vostre vettovaglie. Le troverete buone, almeno quanto i cibi che v'avran potuto apprestare nell'osteria di Niel. La moglie di Niel sì era una brava donna; però quanto al saper fare cucina, non poteva ancora competere con una governante d'una casa signorile. Sua figlia poi povera creatura! è tutta un'altra cosa. Non pensa che all'acconciatura. Domenica scorsa l'ho veduta alla chiesa con una cuffia tutta a nastri. Tanta pompa non finirà bene. Ma andate, figlio mio, non posso più tenere gli occhi aperti. Non fate le cose in troppa fretta, e abbiate riguardo nello spegnere la candela. Voi troverete un boccale d'ala, e una picciola ampolla di ratafiat fior d'aranci. Non ne do a tutti, e lo tengo in serbo pe' mali di stomaco cui vado soggetta; ma vi gioverà meglio che l'acquavite. È una bevanda pregiudizievole alla gioventù. Buona notte, sig. Enrico! Badate bene alla candela.»

Morton l'accertò che avrebbe prese tutte le necessarie cautele, e le disse di non prender tema, se lo udiva discendere, e di ciò addusse in iscusa il bisogno di tornare a visitare nella scuderia il proprio cavallo, promettendole che avrebbe avuta la massima cura di chiuder bene la porta. Egli volea tosto correre, raggiugnere il suo ospite, allorchè voltosi addietro vide mistress Wilson che mettea fuori la testa dalla porta socchiusa, e che raccomandava di bel nuovo: »Tenete più diritta la vostra candela, o cattivello.»

CAPITOLO V

 
»Sull'aggrottata fronte in note ultrici
»Scritto è col sangue: morte ai miei nemici!
 

Per sottrarsi alla vigilanza della buona donna di casa, Morton andò per poco nella propria stanza. Munito d'una lanterna sorda ei s'accigneva a portare a Burley la preparatagli cena, quando udì il calpestio di una banda di cavalleria, lontana solamente due passi dalla casa. Ed era quella stessa di cui gli sonarono all'orecchio i tamburi dietro la strada. Giunta la banda dinanzi alla porta del castello, udì l'ufiziale comandante del distaccamento gridare con distinte note: alto là! Nascosto con tutta accuratezza il lume, si avvicinò alla finestra, schiarita per buona sorte dai raggi di bellissima luna, onde potè scorgere le cose che a mano a mano accadettero.

»A chi appartiene questa casa?» gridò una voce con tuono autorevole.

»A sir David Milnwood, mio colonnello» gli fu risposto.

»È egli per la buona causa?» replicò la voce di prima.

»Un Presbiteriano, ma ei si vale d'un ministro spirituale tollerato dal governo, nè mai si mostrò recalcitrante alle leggi.»

»Ipocrisia! forse maschera che tanti san prendere solo per non avere coraggio di mostrare a chiaro di giorno i sentimenti interni dell'animo loro! Son tentato di visitare la casa. Chi sa non vi si nasconda qualcuno fra gli scellerati di cui siamo in traccia?»

»V'assicuro, mio colonnello (si udì una terza voce prima ancora che Morton avesse avuto il tempo di riaversi dal concetto spavento) vi assicuro che è una briga inutile e tempo perduto. Milnwood è un vecchio avaro: non pensa nè poco nè assai a politica, e fuori del proprio denaro non si cura d'altra cosa su questa terra. Suo nipote era alla rassegna stamane, ed anzi sortì capitano del Pappagallo: su di lui dunque non può cadere sospetto di fanatismo. Mi fo mallevadore io, che da lungo tempo tutti dormono in questa casa, e metterla in trambusto a tal'ora sarebbe un ammazzar di paura quel povero vecchio. Ne prenderebbe tutti per una banda di ladri venuti ad impossessarsi del suo tesoro.»

»Se la cosa è così noi perderemmo un tempo che si può meglio impiegare. Reggimento guardie! Attenti! Marciare in avanti! Marche!»

Si udì nuovamente lo strepito dei tamburi e lo squillo delle trombe, e allorquando Morton vide allontanati i soldati, scese per trasferirsi laddove stava il suo ospite. Lo trovò in piedi colla sciabola nuda al fianco, e tenendo una pistola a ciascuna mano. Al debole lume della sua lanterna, fu sorpreso della raddoppiata ferocia, che su i lineamenti d'esso egli scorse, e dai quali trapelava ad un tempo tutto l'entusiasmo del fanatismo.

»Giacchè, come ben me n'accorgo, udiste lo strepito della cavalleria, comprenderete il motivo che mi ha impedito di venir più presto da voi.»

»Che monta ciò? disse Burley; la mia ora non ha ancora sonato. Quando giugnerà, andrò ad unirmi cogli altri martiri della buona causa. Ma fintantochè io potrò sulla terra farmi strumento alle volontà del mio padrone, camminerò diritto dinanzi a me.»

»Ecco di che ristorarvi. Io vi consiglio partire domani all'alba, onde sottrarvi più facilmente alle indagini di chi vi persegue.»

»Giovane, voi siete già stanco di me! Il sareste ben maggiormente, se vi fosse nota l'opera, che non ha guari ho compiuta. Ma non mi fa maraviglia che siate stanco di me. Vi ha tai momenti che lo sono io di me stesso. Credete voi che non sia penoso incarico il sentirsi chiamato ad eseguire i tremendi ma giusti decreti del cielo? il dovere imporre silenzio a quell'involontario sentimento che fa fremere l'uomo quando bagna le sue mani nel sangue de' propri simili? Pensate forse che dopo aver ferito un colpevole, il feritore nel vederlo cadere non porti un guardo atterrito sopra se stesso? Ch'ei talvolta non dubiti persino se veramente egli avea missione a punirlo?»

»Non mi trovo assai dotto, signor Balfour per discutere sopra tali argomenti con voi; ma non crederò mai che il cielo possa inspirare atti contrari alla umanità, sentimento di cui lo stesso cielo ne ha fatto un precetto.»

Burley sembrò confuso alquanto a tai detti, ma riprendendo lena, freddamente rispose. »Ella è cosa naturale che pensiate così. Voi giacete tuttavia immerso in una oscurità più profonda di quella che regnava nel carcere ove gettato fu Geremia. Pure l'impronta della luce brilla nel vostro fronte. No; il figlio di colui che fe' sventolare sulle nostre montagne la bandiera della giustizia non rimarrà sepolto in tenebre eterne; e giugnerete a riconoscere, che quando siamo chiamati, dobbiamo ubbidire senza discernere, nè vicini, nè congiunti, nè amici.»

»Sentimenti tali siccome i vostri, sclamò con enfasi Morton, scusano sino ad un certo punto le provvisioni crudeli, che i membri del Consiglio privato hanno prese contro di voi. Essi dicono che vi spacciate forniti d'interne rivelazioni e che scotete il giogo delle leggi e dell'umanità, ogni qualvolta queste si trovano in contradizione con ciò che chiamate vostro spirito illuminatore

»Essi pronunziano giudizio ingiusto sopra di noi. Sono eglino quegli spergiuri, che calpestando tutte le autorità divine ed umane, ne perseguono perchè ci teniamo strettamente alle leggi promulgate dopo la morte di Carlo I, a quelle leggi di cui giurarono l'esecuzione al pari di noi.»

»Vi replico, Sig. Balfour, che a me non piace entrare in tal controversia. Ho voluto pagare un debito di mio padre col darvi un asilo, ma non è mia mente nè di servire la vostra causa, nè di prendere parte alle vostre discussioni. Vi lascio dunque, e porto meco un sincero rincrescimento di non potervi prestare maggiori servigi.»

»Spero però rivedervi domani prima che io parta. Quando ho posto mano all'impresa ho detto addio a tutte le affezioni terrene; pur sento che il figlio del colonnello Morton mi è grandemente caro. Ogni volta ch'io fiso gli occhi sopra di lui, mi prende un fermo convincimento che lo vedrò un giorno sguainare la spada in difesa di quella santa causa per cui suo padre ha combattuto.»

Morton gli promise rivederlo sul far del giorno e si ritirò.

Non passò egli una notte molto tranquilla. La sua immaginazione, turbata dagli avvenimenti della giornata, gli presentò sogni i più bizzarri ed i più incoerenti. Ora gli si dipingeano innanzi spaventevoli scene, il cui autore principale era Burley. Ora vedea dinanzi a sè Editta Bellenden, pallida e cogli occhi pregni di lagrime che da lui implorava soccorso, intantochè barriere insuperabili ne lo disgiugnevano. Si trovava indi sopra un campo di battaglia, in mezzo alla mischia, e fra l'orror delle stragi; finalmente era fatto prigioniere e condannato a perire. Già sorgeva l'aurora, quand'ei fu sciolto da sogno sì tormentoso.

»Ho dormito troppo, esclamò; proteggiam la partenza di questo misero fuggitivo.»

Corse alla scuderia, e lo trovò che ancora dormiva. Gli battè sulla spalla, e Burley scosso a quel colpo, ma tuttavia tra il sonno e la veglia, sclamò »Un sacerdote, voi dite? sì, un sacerdote di Belial. Fate quel che volete di me, non negherò già quello a cui una forza invincibile mi costrinse. – Ah siete voi! (riconobbe Morton in quell'istante). Sì, gli è d'uopo partire. Ma non mi accompagnerete almeno alla distanza d'un tiro d'archibuso dalle montagne?»

Avendo Morton acconsentito, salirono a cavallo, e partirono insieme. Fecero un miglio circa di sentiero ombreggiato da grandi alberi, d'onde alla parte alpestre si perveniva; e per tutto questo tratto di cammino tacquero entrambi. Burley volgendosi d'improvviso a Morton sì gli parlò: »Ebbene, quanto vi dissi la scorsa notte ha fatto frutto nel vostro animo? volete mettere mano all'opera?»

»Non mi rimovo dalla mia opinione, Morton rispose; che è una brama di conciliare i doveri di cristiano con quelli di suddito fedele.»

»Ossia in altri termini, soggiunse amaramente sorridendo Burley, volete servire ad un tempo Baal e il Dio d'Israello. Volete che le vostre labbra un dì professino la verità, e che il dì dopo il vostro braccio versi il sangue di chi ha giurato difenderla. Credete voi dunque poter toccare la pece senza lordarne le vostre mani? vivere tra le file de' reprobi e non somigliare ad essi? No; il cielo formò altri divisamenti sopra di voi. La vostra ora scoccherà, o giovane: m'intendete? La vostra ora scoccherà! Addio. Noi ci rivedremo.»

Così favellando fe' galoppare il cavallo e s'addentrò in una gola che separava due monti.

»Addio, selvaggio entusiasta, Morton sclamò in veggendolo allontanare. Oh come la compagnia d'un tal uomo mi diverrebbe pericolosa in alcuni momenti! Certamente il fanatismo delle sue massime religiose e le atroci conseguenze ch'ei ne ritrae, non mi permetteranno mai di pensare alla sua maniera; ma per altra parte è egli possibile che un uomo, che uno Scozzese veda a sangue freddo il sistema di persecuzione abbracciato in questo sfortunato paese? Non è tal sistema che ha poste l'armi in mano a tante sensate persone, le quali non avrebbero sognato a ribellarsi giammai? Non è per la causa della libertà religiosa e civile che il padre mio combattè? dovrò io restarmene in un indifferente ozio? ovvero parteggiare pei persecutori, o non piuttosto per le vittime dell'oppressione? Però chi mi sa dir se coloro, le cui voci entusiastiche non sonano ora che libertà, giunti a riportare vittoria non divenissero più crudeli de' presenti loro oppressori? qual moderazione può aspettarsi da un Burley, e da coloro che hanno comunione di sentimenti con lui? Quai cose scorgo io attorno di me? Il furore e la violenza che assumono maschera, or di civile autorità, or di zelo religioso! E perchè rimanere in un paese dilaniato sì crudelmente? Vi son io schiavo? non posso io impugnare la spada del padre mio, e girmene a cercare in un altro regno la gloria o una morte onorevole?»

 

Ultima idea che si fe' dominante dell'animo di Morton. Deliberato quindi a seguirla, pensò appena fosse arrivato a casa, parlarne per prima cosa a suo zio.

»Un solo sguardo di Editta, diceva egli fra se medesimo, una sola parola di lei farebbe dileguare tutte le mie risoluzioni. Conviene adunque fare un passo che non mi permetta il tornare addietro, e se la rivedo sia solamente per darle l'ultimo addio.»

Con tal mira pertanto entrò nella sala, ove trovò lo zio seduto ad un grande seggiolone a bracciuoli, e che avea dinanzi a sè un piatto colmo di polenta d'orzo, solita sua colezione. La favorita governante teneasi dietro a lui appoggiata al seggiolone, e in tal positura che senza derogare al rispetto la mostrava avanzata nell'animo del padrone. Era egli stato d'alta statura in sua giovinezza, il qual pregio però nè manco gli rimanea, essendosi curvato il suo dorso che parea una vera superfice curvilinea; onde accadde che nell'assemblea di una vicina parrocchia trattandosi di costruire un ponte ad un picciolo fiume, e discutendosi sulla curvatura da darsi all'arco, un bizzarro ingegno mise il partito di comperare la schiena del signor Milnwood, che ei certamente avrebbe ceduta, perchè non v'era cosa ch'ei non fosse pronto a cedere per denaro. Avea piedi di smisurata grandezza, mani scarne altrettanto quant'eran lunghe, guernite d'unghie che l'acciaio toccava di rado; guancie incavate, volto raggrinzato e lungo a proporzione della sua persona; piccioli occhi turchini, che si avvivavano solamente allorquando intendeva ad affari che gli potessero arrecare qualche profitto; tale era la seducente presenza di sir David Milnwood. La natura avrebbe mostrato poco discernimento, se dentro cotale invoglia avesse collocato un animo liberale e benefico. Nè ella commise per vero dire un tal fallo, perchè cotest'uomo era un perfetto modello di abbiezione, d'avarizia e di sordido amor proprio.

Non appena questo amabile personaggio vide entrare il nipote, innanzi volgergli la parola, si affrettò a portare alla bocca il primo cucchiaio di polenta, che non avea per anche toccata. E siccome scottava assai, e la trangugiò senza badarvi, il dolore che ne risentì aumentò in esso la preesistente voglia di brontolare.

»Vada al diavolo chi ha preparato questa polenta!» sclamò tutto adirato.

»Per altro è buona, soggiunse mistress Wilson, l'ho fatta io colle mie mani. Ma perchè affrettarvi tanto? Vedete che cosa vuol dire non aver pazienza!»

»State zitta, Alison! Gli è con mio nipote che ho da far conti. – Ebbene, signorino! bella vita che si conduce! Voi non tornaste a casa che a mezzanotte.»

»In circa, signore!»

»In circa, signore! bella risposta! E perchè non venire subito terminata la rassegna?»

»Credo che ne sappiate il motivo. Ebbi la fortuna di essere il miglior tiratore, e fui costretto a rimanere per offerire qualche reficiamento agli altri giovani miei colleghi.»

»Reficiamenti! diavolo! E stimo che avete il coraggio di dirmelo in faccia! Aver le pretensioni di far banchetti agli altri, e non avreste da mangiare per voi, se non vi tenessi per carità in casa mia, io che ho con fatica quanto mi basta per vivere! Ma se mi siete stato cagione di spese, è tempo che mi compensiate colla vostra fatica. E non vedo perchè non potreste voi condurmi il mio aratro. Anzi son rimasto senza bifolco; e questa professione vi starebbe assai meglio del portare gli abitini verdi che non avete il comodo di pagare, e dello spendere i miei denari in polvere e piombo. In fine poi il mestiere dell'agricoltore è un onesto mestiere e vi guadagnereste il vostro pane senza essere a carico di nessuno.»

»È un mestiere, o signore, che non conosco, e che non sono niente curioso di conoscere. Sappiate però che io veniva in questo punto a farvi noto un mio divisamento, non meno acconcio a liberarvi dalla spesa che fate per me.»

»Un vostro divisamento! sarà qualche cosa di vago! Si può sapere qual sia questo bel divisamento?»

»Vel dico in due parole, o signore. Ho fatto disegno di abbandonare la Scozia, e prender servigio in qualche terra straniera, come lo fece mio padre prima delle turbolenze che desolarono la nostra patria. Forse il suo nome non è per anco dimenticato ne' paesi ov'egli ha servito, e varrà a suo figlio il vantaggio d'esservi ricevuto almeno come soldato.»

»Dio ci assista! sclamò la governante. Il Sig. Enrico andar via! Oh no, no! questa cosa non è possibile. Voi non ci abbandonerete sicuramente.»

Sir David non avea in sostanza nessuna voglia di lasciar partire un nipote, che gli era utilissimo in molte occasioni; onde fu per lui come un colpo di fulmine l'udir questo giovane, dianzi soggetto al menomo dei suoi voleri, e che ora mostravasi vago d'uno stato d'independenza.

»E chi vi darà i modi per mettere a termine un sì stravagante disegno, o signore? Non io. Pensateci bene. A quel che vedo, voi vorreste seguire le pedate di vostro padre, sposare una miserabile, farvi ammazzare, e lasciarmi alle spalle una nidiata di figli che volerebbero come voi, appena fatte le ali!»

»Non ho alcuna idea di ammogliarmi» rispose Enrico.

»Che bei propositi! disse la governante. È una cosa che fa compassione l'udire i giovani parlare in tal modo! Non si sa che ai loro anni bisogna, o che si maritino, o che facciano peggio?»

»Zitta, Alison! il padrone interruppe. E voi, Enrico, toglietevi questa fantasia dalla mente. Ve l'ha fatta nascere la soldatesca che vedeste ieri. Ma anche qui ci vorrebbero denari, e voi, figliuol mio, non ne avete.»

»Non mi bisogna gran cosa, o signore, e se voleste sol darmi la catenella d'oro, che il Margravio regalò a mio padre dopo la battaglia di Lutzen…»

»La catenella d'oro!» sclamò sir David.

»La catenella d'oro! ripetè mistress Wilson; misericordia!» Indi ammutolirono entrambi, tanta fu la sorpresa prodotta in essi da cotale proposta.

»Ne conserverò alcune anella, qual ricordanza de' meriti di mio padre rimunerati con questo dono; il rimanente mi fornirà i modi di seguire quella carriera, ove lo stesso padre mio si acquistò tanta gloria.»

»Mio Dio! Sig. Enrico, non sapete forse che il mio padrone porta tutte le domeniche questa catenella?»

»E tutte le volte che mi metto il mio abito di velluto nero! soggiunse sir David. E poi ho sempre inteso dire che tal genere di proprietà non si trasmette per linea diretta di successione, ma appartiene al capo della famiglia. Sapete voi che ha tremila anella? Ne son certo, perchè le avrò contate mille volte. Vale trecento lire sterline.»

»È più di quanto mi occorre, signore. Se volete darmi il terzo di tale somma e cinque anella della catena, il di più sarà un lieve compenso della spesa che sino ad ora avete fatta per me.»

»Questo giovine ha il cervello guasto del tutto, sclamò sir David. Mio Dio! Che cosa diverrà la catena di Milnwood quand'io sarò morto? questo prodigo venderebbe, se fosse sua, la corona di Scozia.»

»Ascoltatemi, o signore, disse con sommessa voce al padrone la governante. Un po' di colpa ce l'avete anche voi. Lo legate troppo corto. Per esempio la spesa che ha fatta all'osteria di Niel, questa bisogna pagarla.»

»Se passa i due dollari, Alison, non voglio che nessun me ne parli.»

»Accomoderò io un tal conto con Niel, la prima volta che andrò alla città, e a miglior mercato che non potreste far voi o sir Enrico.» Indi postasi all'orecchio di Morton »Non lo tormentate di più, e siate savio. Pagherò tutto io col ricavato della prima partita di burro che venderò.» Indi alzando la voce e volgendosi al padrone »Però non tenete più a sir Enrico il proposito di guidare l'aratro. Non mancano poveri sgraziati nel paese, che si prenderanno questo assunto per una boccata di pane. Son ben fatti a ciò più che un giovine della sua qualità.»