Kitobni o'qish: «Sempre Con Te»

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S E M P R E C O N T E

(LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR — LIBRO 3)

S O P H I E L O V E

Sophie Love

Fan da tutta la vita di romanzi d’amore, Sophie Love è felice di presentare la sua serie di debutto, la cui prima uscita è ORA E PER SEMPRE (LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR—LIBRO 1)

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Copyright © 2016 di Sophie Love. Tutti i diritti riservati. Salvo per quanto permesso dalla legge degli Stati Uniti U.S. Copyright Act del 1976, è vietato riprodurre, distribuire, diffondere e archiviare in qualsiasi database o sistema di reperimento dati questa pubblicazione in alcuna forma o con qualsiasi mezzo, senza il permesso dell’autore. Questo e-book è disponibile solo per fruizione personale. Questo e-book non può essere rivenduto né donato ad altri. Se vuole condividerlo con altre persone, è pregato di aggiungerne un’ulteriore copia per ogni beneficiario. Se intende rileggere l’e-book senza aver provveduto all’acquisto, o se l’acquisto non è stato effettuato per suo uso personale, è pregato di restituirlo e acquistare la sua copia. La ringraziamo del rispetto che dimostra nei confronti del duro lavoro dell’autore. Questa storia è opera di finzione. Nomi, personaggi, aziende, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono utilizzati in modo romanzesco. Ogni riferimento a persone reali, in vita o meno, è una coincidenza. Immagine di copertina Copyright EpicStockMedia, utilizzata con il permesso di Shutterstock.com.

I LIBRI DI SOPHIE LOVE

LA LOCANDA DI SUNSET HARBOR

ORA E PER SEMPRE (Libro #1)

SEMPRE E PER SEMPRE (Libro #2)

SEMPRE CON TE (Libro #3)

SE SOLO PER SEMPRE (Libro #4)

PER SEMPRE E OLTRE (Libro #5)

INDICE

CAPITOLO UNO

CAPITOLO DUE

CAPITOLO TRE

CAPITOLO QUATTRO

CAPITOLO CINQUE

CAPITOLO SEI

CAPITOLO SETTE

CAPITOLO OTTO

CAPITOLO NOVE

CAPITOLO DIECI

CAPITOLO UNDICI

CAPITOLO DODICI

CAPITOLO TREDICI

CAPITOLO QUATTORDICI

CAPITOLO QUINDICI

CAPITOLO SEDICI

CAPITOLO DICIASSETTE

CAPITOLO DICIOTTO

CAPITOLO DICIANNOVE

CAPITOLO VENTI

CAPITOLO VENTUNO

CAPITOLO VENTIDUE

CAPITOLO VENTITRÉ

CAPITOLO VENTIQUATTRO

CAPITOLO VENTICINQUE

CAPITOLO VENTISEI

CAPITOLO VENTISETTE

CAPITOLO UNO

Emily abbassò lo sguardo sulla bellissima bambina che dormiva pacifica nel letto di Daniel. I capelli biondi erano sparpagliati sul cuscino bianco. I lineamenti erano inequivocabilmente quelli di Daniel. Sembrava un angelo.

Fuori era buio, l’unica luce della stanza era un raggio di luna che filtrava dalle tende e che dipingeva la camera di un blu tenue. Emily aveva perso il senso del tempo, ma a giudicare dal senso di spossatezza che si sentiva nelle ossa era quasi l’alba.

Sentì la porta aprirsi scricchiolando e guardò dietro di sé per vedere Daniel in piedi nel fascio caldo di luce che veniva dal fuoco della rimessa e che gli illuminava la sagoma. Il solo vederlo bastò a farle saltare un battito del cuore. Era come un miraggio, come un soldato tornato a casa dalla guerra.

“Dorme ancora?” sussurrò.

Emily annuì. Anche se era tornato e si trovava davanti a lei dopo sei settimane di assenza, Emily non riusciva ancora a crederci, non riusciva ancora a rilassarsi del tutto. Era come se si aspettasse di vivere il momento in cui lui le avrebbe detto che se ne sarebbe andato di nuovo, che le avrebbe portato via Chantelle con la stessa velocità con cui l’aveva portata nella sua vita.

Lasciarono la stanza insieme, chiudendo piano la porta per non svegliare la bambina che dormiva.

“Dev’essere stato un viaggio lungo dal Tennessee,” disse Emily percependo il tono affettato che aveva, come se fosse innaturale essere all’improvviso in compagnia di Daniel. “Devi essere esausto.”

“Credo che lo siamo tutti,” rispose Daniel, riconoscendo con una frase le traversie che le aveva fatto passare.

Dopo che si furono seduti a tavola, Daniel guardò Emily intensamente, con un’espressione seria negli occhi.

“Emily,” cominciò, e la voce gli si ruppe immediatamente, “Non so come dirtelo, come far uscire le parole. Lo sai che queste cose mi riescono difficili.”

Sorrise debolmente. Emily gli tornò il sorriso, ma il cuore le martellava dall’ansia. Stava per accadere? Le voleva annunciare che sarebbe partito con Chantelle? Era davvero appena tornato da lei per dirle in faccia che era finita? Sentì le lacrime che le salivano agli occhi. Daniel si allungò sulla tavola e le toccò una mano. Le bastò quel gesto perché le lacrime che stava cercando di trattenere prendessero a scorrere come un fiume in piena, a scenderle per le guance per cadere sul piano del tavolo.

“Scusami, davvero,” disse Daniel. “Non è sufficiente, lo so, ma è tutto quello che posso dire, Emily. Scusami davvero per quello che ti ho fatto passare. Per essermene andato a quel modo.”

Emily balbettò, sorpresa che le parole per cui si era preparata non fossero arrivate.

“Ma hai fatto la cosa giusta,” disse. “Sei andato da tua figlia. Hai accettato la tua responsabilità. Non mi sarei aspettata niente di diverso.”

Adesso fu Daniel a essere confuso, come se le parole che lui si aspettava dicesse lei non fossero state pronunciate. “Ma ti ho lasciata,” disse.

“Lo so,” rispose Emily sentendo un’accoltellata al cuore che faceva male come nel momento in cui l’aveva lasciata. “E ho sofferto, non ti mentirò. Però quello che hai fatto ti rende un brav’uomo, ai miei occhi.” Alla fine riuscì a vedere attraverso le lacrime. “Ti sei dimostrato all’altezza. Sei diventato un padre. Credi davvero che te lo rinfaccerei?”

“Io… non lo so,” disse Daniel in un rantolo.

Aveva un’espressione che Emily non gli aveva mia visto in viso. Era uno sguardo di totale sollievo. Emily capì che si era aspettato che lei fosse arrabbiata con lui, che gli avrebbe scatenato contro un torrente di rabbia. Lei però non era mai stata arrabbiata, ma solo terrorizzata che non ci fosse modo per loro due di costruirsi una vita insieme, ora che Daniel aveva una figlia di cui occuparsi.

Adesso toccò a Emily confortarlo, fargli capire che non doveva addossarsi colpe per le sue azioni. Gli strinse la mano.

“Io sono felice,” disse, sorridendo nonostante le guance segnate dalle lacrime. “Sono più che felice, sono piena di gioia. Non ho mai pensato che questa potesse essere una possibilità. Che l’avresti portata a casa con te. Daniel, non potrei essere più felice in questo momento.”

Il viso di Daniel si allargò in un sorriso. Si alzò di fretta e alzò Emily dalla sedia per prenderla tra le braccia. Le baciò la faccia, il collo, come per scacciare coi suoi baci le lacrime che le aveva fatto versare. Emily sentì tutto il proprio corpo rilassarsi, tutta la tensione le scivolava via. Il suo corpo era stato dormiente nelle ultime sei settimane, e ora ecco che Daniel risvegliava tutte quelle parti di lei che erano rimaste inattive. Rispose al suo bacio, profondamente, con passione sempre più intensa. Lui era il suo Daniel, con lo stesso aroma boschivo di aria pura e foresta, con le mani ruvide che le percorrevano il corpo, con le dita che giocavano con i suoi capelli spettinati. Aveva il sapore di Daniel, di menta e tè, un sapore che accendeva Emily come una campanella di Pavlov.

Quando lui pose termine al bacio, Emily sentì la sua enorme assenza.

“Non possiamo,” disse piano. “Non qui. Non con Chantelle che dorme.”

Emily annuì, anche se le labbra le formicolavano di desiderio. Daniel aveva ragione. Dovevano essere ragionevoli, degli adulti. Adesso avevano la responsabilità di fare il meglio per la bambina. Sarebbe venuta prima lei, sempre.

“Mi stringi?” disse Emily.

Daniel la guardò, e lei gli riconobbe negli occhi lo sguardo di adorazione. Le era mancato così tanto quello sguardo, eppure sembrava che le sei settimane di lontananza lo avessero rafforzato ancora di più. Emily non era mai stata guardata in quel modo, e il cuore le saltò un battito dall’emozione.

Si alzò in piedi, prendendo la mano di Daniel, e lo portò sul divano. Vi ci affondarono insieme, il tocco del velluto verde ricordò a Emily d’un tratto di quella volta che avevano fatto l’amore lì, accanto al caminetto acceso. Mentre Daniel la abbracciava si sentì appagata come quella notte, in ascolto del battito del suo cuore, a respirare il suo profumo. Non c’era altro posto al mondo in cui avrebbe voluto trovarsi in quel momento – solo lì, con Daniel, il suo Daniel.

“Mi sei mancata,” sentì Daniel dire. “Tanto.”

Mentre si coccolavano in quella posizione, senza contatto visivo, in qualche modo Emily trovò più semplice parlare dei suoi sentimenti. “Dato che ti sono mancata tanto, avresti potuto chiamare.”

“Non potevo.”

“Perché?”

Lo sentì sospirare.

“Quello che stava accadendo lì era così intenso che non potevo gestire il pensiero che tu mi abbandonassi. Se ti avessi chiamata, avresti potuto confermare le mie peggiori paure, sai? L’unico modo in cui ho superato tutta la disavventura è stato aggrappandomi alla speranza che tu saresti stata ancora qui per me quando fossi tornato.”

Emily deglutì. Le faceva male sentirlo parlare così, ma la sua onestà era decisamente la benvenuta. Sapeva che era stato tutto incredibilmente difficile per lui, e che lei avrebbe dovuto essere paziente. Allo stesso tempo, però, anche lei aveva vissuto la sua disavventura. Sei lunghe settimane senza una parola, in attesa, a chiedersi che cosa sarebbe accaduto quando Daniel fosse tornato, o anche solo a chiedersi se mai sarebbe tornato. Non le era neanche venuto in mente che avrebbe portato a casa sua figlia con lui. Adesso doveva cominciare a pensare in quali modi le loro vite – e la loro relazione – sarebbero cambiate ora che dovevano prendersi cura di una bambina. Si trovavano entrambi su un terreno nuovo e instabile.

“Pare che non avessi molta fiducia in me,” disse piano Emily.

Daniel si zittì. Poi alzò una mano a toccarle i capelli. “Lo so,” disse. “Avrei dovuto fidarmi di più.”

Emily sospirò profondamente. Per il momento era tutto ciò che aveva bisogno di sentire; l’affermazione che era stata la mancanza di fiducia di Daniel nei suoi confronti a complicare una situazione difficile ancor più di ciò che serviva.

“Com’è stato?” chiese, curiosa, Emily, ma anche in un tentativo di far aprire Daniel, di aiutarlo a non soffrire in silenzio. “Il periodo nel Tennessee, voglio dire.”

Daniel fece un respiro pronfondo. “Ho alloggiato in un motel. Sono andato a trovare Chantelle tutti i giorni, solo per cercare di proteggerla, solo per diventare per lei un viso conosciuto e amichevole. Vivevano con uno zio di Sheila. Non c’era letteralmente niente per un bambino, lì.” Gli si ruppe la voce. “Chantelle si teneva più che altro da parte. Aveva imparato a non infastidire nessuno dei due.”

Le si strinse il cuore. “Chantelle li ha visti drogarsi?”

“Non credo,” rispose Daniel. “Sheila conduce una vita del tutto caotica, ma non è un mostro. Ci tiene a Chantelle, di questo sono sicuro. Ma non abbastanza da andare in riabilitazione.”

“Hai provato a convincerla?”

Emily sentì Daniel risucchiare l’aria tra i denti.

“Ogni singolo giorno,” disse stancamente. “Le ho detto che gliel’avrei pagata io. Le ho detto che avrei trovato per loro una casa, in modo che non dovessero più vivere con lo zio.” Nella sua voca, Emily sentì il suo cuore spezzato, la mancanza di speranza per le condizioni disperate in cui versava la vita di sua figlia. Sembravano insopportabili. “Ma non si può costringere qualcuno a cambiare se non è pronto. Alla fine Sheila ha accettato che Chantelle sarebbe stata meglio con me.”

“Perché non ti ha detto di essere incinta?” chiese Emily.

Daniel rise triste. “Pensava che sarei stato un cattivo padre.”

Emily non riusciva a immaginare che tipo di uomo fosse stato Daniel un tempo per far pensare a qualcuno una cosa del genere. Per lei, Daniel sarebbe stato il padre perfetto. Sapeva che aveva un passato da cattivo ragazzo, che alcuni anni della sua giovinezza erano stati all’insegna della ribellione, ma era certa che non poteva essere la ragione vera per la quale Sheila gli aveva tenuto nascosta la gravidanza – e custodito l’esistenza di una figlia come un segreto. Era una scusa, una bugia detta da una tossica che voleva scaricarsi della colpa dei suoi fallimenti.

“Tu non ci credi, vero?” chiese Emily.

Sentì la mano di Daniel che le accarezzava di nuovo la testa. “Non so come mi sarei comportato sei anni fa, quando è nata. E nemmeno quando Sheila era incinta. Non ero esattamente il tipo che si impegna. Magari sarei fuggito.”

Emily allora si girò in modo da vedere in faccia Daniel, e gli buttò le braccia al collo. “No, non saresti fuggito,” lo implorò. “Saresti diventato un padre per quella piccola così come stai facendo adesso. Saresti stato un brav’uomo, avresti fatto la cosa giusta.”

Daniel la baciò con dolcezza. “Grazie per averlo detto,” disse, anche se il tono tradiva insicurezza.

Emily tornò ad accoccolarsi contro di lui, stringendolo più forte. Non voleva vederlo così, sofferente, totalmente privo di fiducia in sé. Sembrava teso, pensò Emily, e si chiese se non stesse lottando per riadattarsi a essere a casa, a essere improvvisamente un padre. Daniel doveva essere stato così concentrato su Chantelle da aver trascurato di curarsi delle proprie emozioni, ed era solo adesso, nella calda e accogliente rimessa, che era in grado di concedersi lo spazio per provare qualcosa.

“Sono qui per te,” disse Emily, accarezzandogli il petto con delicatezza. “Sempre.”

Daniel sospirò profondamente. “Grazie. È tutto ciò che posso dire.”

Emily sapeva che gli veniva dal cuore. Grazie era di sicuro abbastanza per lei in quel momento. Si lasciò andare contro di lui, e restò in ascolto del suo respiro, che rallentava a mano a mano che si assopiva. Poco dopo, sentì che il sonno stava avendo la meglio anche su di lei.

*

Vennero svegliati brutalmente dai rumori di Chantelle nella stanza accanto. Emily e Daniel balzarono su dal divano, disorientati dalla luce improvvisa che c’era nella stanza. Nel caminetto le braci bruciavano ancora.

Un istante dopo, la porta si aprì appena.

“Chantelle?” disse Daniel. “Vieni pure fuori. Non essere timida.”

La porta, lentamente, si aprì del tutto. Chantelle era lì, con addosso una delle magliette enormi di Daniel, con i capelli biondi spettinati sulla faccia. Anche se non aveva gli stessi capelli scuri di Daniel né la stessa pelle olivastra, la somiglianza era indiscutibile. Soprattutto negli occhi. Avevano entrambi la stessa sfumatura di blu penetrante nelle iridi.

“Buongiorno,” disse Emily accorgendosi di quanto fosse indolenzita dopo le poche ore di sonno che lei e Daniel avevano passato sul divano. “Vuoi che ti prepari la colazione?”

Chantelle si grattò il mento e guardò timidamente Daniel. Lui annuì per incoraggiarla, comunicandole che lì, in quella casa, le era permesso parlare, che non ci sarebbe stato qualcuno a zittirla lì, né a dirle che era solo una seccatura.

“Ah-ah,” disse Chantelle con voce timida.

“Che cosa ti piace?” chiese Emily. “Posso farti dei pancake, un toast, uova. O preferisci i cereali?”

Chantelle sgranò gli occhi dallo stupore ed Emily capì con una fitta di dolore che probabilmente non aveva mai avuto una scelta, prima. Forse non le avevano neanche mai preparato la colazione.

“Io vorrei i pancake,” disse Emily. “E tu, Chantelle?”

“Pancake,” ripeté.

“Ehi, sapete una cosa?” aggiunse Emily. “Potremmo andare alla casa grande e fare colazione lì. Nel frigo ho dei mirtilli, quindi potremmo metterli nei pancake. Che ne dici, Chantelle? Ti va di vedere la casa grande?”

Questa volta Chantelle si mise ad annuire con entusiasmo. Daniel sembrò sollevato nel vedere che Emily aveva preso il comando, quella mattina. Emily capì quanto lui fosse sconcertato da tutto quanto anche solo dalla sua espressione.

“Ehi,” suggerì teneramente, cercando di non pestargli i piedi. “Perché non vai ad aiutare Chantelle a vestirsi?”

Lui annuì frettolosamente, leggermente imbarazzato dal fatto che non gli fosse venuto in mente di farlo, poi accompagnò la bambina in modo innaturale in camera a cambiarsi. Emily li guardò andare, notando quanto quel piccolo gesto paterno mettesse Daniel a disagio. Si chiese se parte della difficoltà di cui aveva fatto esperienza nel Tennessee non fosse risieduta anche nell’adattarsi al ruolo di padre, se non si fosse preoccupato così tanto delle cose pratiche – della casa, della scuola, del cibo – da non aver ancora avuto modo di concentrarsi sul fatto che adesso doveva essere un genitore.

Una volta che furono tutti pronti, lasciarono la rimessa e percorsero il vialetto di ghiaia per il Bed and Breakfast. Chantelle prendeva a calci i sassi per strada, ridendo dei rumori che faceva con le scarpe. Rimase per tutto il tempo avvinghiata alla mano di Daniel, anche se nel gesto non c’era naturalezza – per nessuno dei due. Daniel pareva rigido e impacciato, come se stesse cercando disperatamente di non fare nulla di sbagliato o di non rompere la fragile creatura che adesso gli era stata lasciata in custodia. Chantelle, da parte sua, sembrava esagerata, come se non volesse perdere la presa su Daniel perché la cosa le avrebbe dato un dolore enorme.

Emily non era del tutto sicura di cosa sarebbe stato meglio fare. Esitando, prese l’altra mano della bambina nella sua e fu felice e sollevata di constatare che Chantelle non sussultò né si ritirò. Anche Daniel sembrò più a suo agio con il coinvolgimento di Emily, e prese una maggiore naturalezza. In risposta, la stretta di Chantelle sulla sua mano si affievolì.

Mano nella mano, i tre risalirono i gradini del portico e arrivarono alla porta principale, ed Emily fece entrare tutti.

Chantelle stazionò sulla soglia, non sapendo se aveva il diritto di stare lì. Guardò Daniel in cerca di un incoraggiamento. Lui le sorrise dolcemente e annuì. Esitante, Chantelle entrò ed Emily sentì sollevarsi il cuore dall’emozione. Combatté per trattenere le lacrime.

Immediatamente, Emily ebbe l’impressione che Chantelle fosse sconvolta dalla casa nella quale si trovava adesso. Si guardò intorno, guardò l’ampia scala dai corrimano lucidati e il tappeto color crema, il lampadario e l’enorme e antica scrivania della reception che era stata acquistata da Rico. Sembrava impressionata persino dalle fotografie e dai quadri appesi in corridoio. L’unica cosa a cui Emily poté paragonarla era un bambino che entrava nella casa di Babbo Natale per la prima volta.

Emily le mostrò il soggiorno e Chantelle trasalì alla vista del pianoforte.

“Puoi suonarlo se vuoi,” la incoraggiò Emily.

Chantelle non ebbe bisogno di farselo dire due volte. Andò dritto al piano antico, che si trovava nella nicchia del bovindo, e si mise a pizzicare i tasti.

Emily sorrise a Daniel. “Mi chiedo se non abbiamo per le mani una musicista in erba.”

Daniel guardava Chantelle quasi con curiosità, come se non riuscisse a credere alla sua esistenza. Emily si chiedeva se avesse mai avuto contatti con altri bambini prima di lei. Lei aveva fatto da babysitter per le nipoti di Ben un numero infinito di volte, quindi almeno aveva un minimo di esperienza. Daniel, da parte sua, sembrava del tutto fuori dal suo ambiente.

Proprio allora, Chantelle smise di suonare. Il suono della sua musica disarmonica aveva avvertito i cani che erano tornati a casa, e si erano messi ad abbaiare dalla lavanderia.

“Ti piacciono i cani?” chiese Emily a Chantelle, decidendo che di questo si sarebbe occupata lei.

Chantelle annuì entusiasta.

“Ne ho due,” proseguì Emily. “Rain è il cucciolo e Mogsy è la mamma. Vuoi conoscerli?”

Il sorriso di Chantelle si allargò.

Mentre Emily la conduceva nel corridoio, sentì la mano di Daniel sul braccio.

“È una buona idea?” le chiese con un sospiro sommesso mentre si dirigevano verso la cucina. “Non la spaventeranno? Non la morderanno?”

“Certo che no,” lo rassicurò Emily.

“Ma si sente parlare continuamente di cani che dilaniano bambini,” borbottò.

Emily alzò gli occhi al cielo. “Sono Mogsy e Rain, te li ricordi? Sono i cani più stupidi e tonti del mondo.”

Erano arrivati in cucina ed Emily fece cenno a Chantelle di andare in lavanderia. Nell’istante in cui aprì la porta i cani le saltarono in braccio a uggiolare. Daniel aveva l’aria incredibilmente tesa nel vedere Rain che correva in cerchio intorno a Chantelle mentre Mogsy le toccava con la zampa la felpa e cercava di leccarla. Ma Chantelle era felicissima. Si sciolse dal ridere.

Daniel sgranò gli occhi dalla sorpresa. Emily seppe istintivamente che era la prima volta che sentiva Chantelle esprimere tanta gioia.

“Credo che tu gli piaccia,” disse Emily a Chantelle con un sorriso. “Possiamo portarli fuori a giocare, se vuoi.”

Chantelle alzò su di lei i suoi grandi occhi blu. Sembrava felice come un bambino il giorno di Natale.

“Davvero?” balbettò. “Posso?”

Emily annuì. “Certo.” Porse a Chantelle alcuni giocattoli dei cani. “Vi guarderò dalla finestra.”

Aprì la porta sul retro che portava al cortile e i cani si precipitarono fuori. Chantelle rimase ferma un attimo, reticente a uscire sola, a fare il suo primo passetto di indipendenza. Ma alla fine trovò la fiducia, uscì, e lanciò una palla perché i cani andassero a prenderla.

Quando Emily tornò in cucina, Daniel stava mettendo su del caffè.

“Tutto okay?” chiese dolcemente.

Daniel annuì. “Non ci sono abituato. Il mio primo pensiero è che non le accada niente di male. Voglio solo tenerla al sicuro.”

“Questo è ovvio,” rispose Emily. “Ma devi permetterle di avere un po’ di indipendenza.”

Daniel sospirò. “Come fa a venirti così naturale?”

Emily si strinse nelle spalle. “Non credo che mi venga naturale. Vado solo a naso. È assolutamente al sicuro là fuori finché la teniamo d’occhio.”

Si appoggiò al lavabo della cucina e guardò dalla grande finestra il cortile dove Chantelle correva e i cani la inseguivano tutti agitati. Ma mentre la osservava, rimase colpita improvvisamente da quanto Chantelle somigliasse a Charlotte quando aveva la sua età. Le somiglianze erano sbalorditive, quasi inquietanti. Quella visione le riportò alla memoria un altro dei suoi ricordi perduti. Ne aveva avuti tanti di questi ricordi tornati spontaneamente da quando si era trasferita nella casa di Sunset Harbor, e anche se il modo in cui le venivano alla mente così brutalmente la spaventava, li conservava come tesori tutti quanti. Erano come i pezzi di un puzzle, ciascuno dei quali la aiutava a mettere insieme un’immagine di suo padre e della vita che avevano condiviso prima che sparisse.

In questo ricordo, Emily aveva una febbre orribile, forse anche l’influenza. Erano solo loro tre perché sua madre non era voluta venire a Sunset Harbor per il lungo weekend di vacanza, quindi suo padre stava facendo del suo meglio per prendersi cura di lei. Ricordò che uno degli amici del padre aveva portato i suoi cani e che a Charlotte era permesso giocarci, ma Emily stava troppo male e dovette rimanere dentro. Le scocciava tanto perdersi i cani che suo padre l’aveva sollevata fino alla finestra – la finestra della cucina alla quale era affacciata adesso – perché guardasse.

Emily si ritrasse e trasalì. Scoprì di avere le guance bagnate, di aver pianto guardando Chantelle trasformarsi in Charlotte. Non per la prima volta, Emily ebbe la forte sensazione che lo spirito di Charlotte stesse comunicando con lei, che in qualche modo vivesse dentro a Chantelle e che stesse dando a Emily un segno.

Proprio allora Daniel le si avvicinò da dietro e la cinse con le braccia. Era una distrazione benvenuta, quindi lasciò ricadere la testa fino a farla riposare sul suo petto.

“Che c’è che non va?” le chiese dolce, con voce rassicurante.

Doveva aver visto le lacrime. Emily scosse la testa. Non voleva dirgli del flashback, né della sensazione che lo spirito di Charlotte fosse dentro a Chantelle; non sapeva come l’avrebbe presa.

“Solo un ricordo,” disse.

Daniel la strinse forte, cullandola. Sembrava così diverso da come faceva con Chantelle. Con Emily era su un terreno familiare, e lei sapeva quanto fosse più sicuro di sé con lei che non con sua figlia. Aveva contato su di lui così tante volte. Adesso toccava a lei dargli qualcuno su cui contare.

“Un po’ pesante, vero?” gli disse alla fine, voltandosi verso il suo viso.

Daniel annuì, con espressione angosciata. “Non so neanche da dove cominciare. Devo iscriverla alla scuola elementare. Il prossimo semestre comincia mercoledì. Poi devo trovare un posto dove possiamo dormire.”

“Ti rovinerai la schiena se continui a dormire su quel divano pieghevole,” disse Emily. Poi venne colta da un’ispirazione. “Trasferitevi qui.”

Daniel vacillò per un attimo. “Non dici sul serio. Hai così tanto da fare che non riuscirai a ospitarci.”

“Voglio che veniate qui,” insistette Emily. “Voglio che Chantelle abbia dello spazio e una sua camera.”

“Non sei costretta a farlo,” disse Daniel, opponendosi ancora.

“E tu non sei costretto a cavartela da solo. Sono qui per te. È molto meglio così piuttosto che vi stringiate nella rimessa.” Lo strinse forte.

“Ma non puoi permetterti di chiudere una delle stanze per gli ospiti, no?”

Emily sorrise. “Ti ricordi di quando abbiamo parlato di trasformare la rimessa in una suite a parte, separata dal Bed and Breakfast? Be’, questo non sarebbe il momento perfetto per farlo? Chantelle può avere la stanza accanto a quella padronale, quindi starà vicina a noi. Può avere la sua chiave, quindi sarà al sicuro. Poi tu puoi ristrutturare la rimessa in tempo per il Ringraziamento. Sono sicura che sarà un’attrazione fenomenale per i clienti.”

Daniel fece un’espressione preoccupata. Emily non era sicura da dove venisse la sua reticenza. L’idea di vivere con lei era così orribile che avrebbe preferito farsi bastare l’angusta rimessa?

Ma alla fine annuì. “Hai ragione. La rimessa non va bene per una bambina.”

“Vi trasferite?” disse Emily, alzando le sopracciglia dall’entusiasmo.

Daniel sorrise. “Ci trasferiamo.”

Emily gli gettò le braccia al collo e sentì che lui la stringeva forte.

“Però giuro di trovare un modo per fare dei soldi in modo da mantenerci,” disse Daniel.

“Ci penseremo in un altro momento,” disse Emily. Era troppo sopraffatta dalla gioia per pensare a dettagli del genere. Tutto ciò che importava in quel momento era che Daniel si sarebbe trasferito da lei, che avevano una bambina da amare e di cui occuparsi. Stavano per diventare una famiglia ed Emily non avrebbe potuto essere più felice.

Poi sentì il respiro caldo di Daniel mentre questi le sussurrava all’orecchio. “Grazie. Dal profondo del cuore. Grazie.”

*

“Che ne dici se questa è la tua camera?” chiese Emily.

Stava con Chantelle sulla soglia di una delle stanze più carine di tutto il Bed and Breakfast. Daniel era dietro di loro.

Emily osservò l’espressione di stupore di Chantelle. Poi la bimba lasciò la mano di Emily ed entrò piano nella stanza, camminando con attenzione come se non volesse rompere né turbare qualcosa. Andò al grande letto con le sue lenzuola pulite cremisi e lo toccò con la punta delle dita, con tantissima leggerezza. Poi andò alla finestra e guardò i giardini e l’oceano che scintillava oltre le cime degli alberi. Emily e Daniel osservarono trattenendo il respiro la bambina spostarsi lenta per la stanza, raccogliere delicatamente la lampada prima di rimetterla a posto, poi sbirciare nel guardaroba vuoto.

“Che ne pensi?” chiese Emily. “Possiamo ridipingere i muri se non li vuoi bianchi. Cambiare le tende. Appendere delle tue foto.”

Chantelle si voltò. “Mi piace così com’è. Posso davvero avere una camera?”

Emily sentì Daniel irrigidirsi accanto a lei. Seppe subito che cosa stava pensando: che Chantelle, a sei anni, non aveva mai avuto una camera sua; che la vita che aveva vissuto fino a quel momento era stata carica di avversità e contaminata dall’abbandono.

“Sì, davvero,” disse Emily sorridendo gentilmente. “Perché non disfiamo i bagagli? Poi comincerà davvero a sembrare camera tua.”

Chantelle annuì e andarono insieme a prendere le sue cose dalla rimessa. Però, una volta lì, Emily rimase scioccata nello scoprire che Chantelle aveva solo un misero zaino.

“Dov’è la sua roba?” chiese a Daniel sottovoce mentre tornavano alla casa.

“È tutto quello che c’era,” rispose Daniel. “Non aveva quasi niente a casa dello zio di Sheila. Ho chiesto a Sheila e lei mi ha detto che era rimasto tutto di là quando sono state sfrattate.”

Emily fece una smorfia. Le spezzava il cuore pensare a tutte le cose terribili che Chantelle aveva passato nella sua breve vita. Più di tutto, voleva assicurarsi che la bambina adesso si sentisse al sicuro, che avesse la possibilità di fiorire e lasciarsi il passato alle spalle. Emily sperava che con amore, pazienza e stabilità, Chantelle sarebbe stata in grado di riprendersi dall’orribile inizio della sua vita.

Nella nuova camera da letto della bambina, Emily appese i pochi vestiti che possedeva nel guardaroba. Aveva solo due paia di jeans, cinque magliette e tre felpe. Non aveva neanche abbastanza calzini per un’intera settimana.

37 440,52 s`om
Yosh cheklamasi:
16+
Litresda chiqarilgan sana:
10 oktyabr 2019
Hajm:
261 Sahifa 2 illyustratsiayalar
ISBN:
9781640291553
Mualliflik huquqi egasi:
Lukeman Literary Management Ltd
Yuklab olish formati:

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