Kitobni o'qish: «Sogno Da Mortali »
SOGNO DA MORTALI
(LIBRO #15 in L’ANELLO DELLO STREGONE)
Morgan Rice
EDIZIONE ITALIANA
A CURA DI
ANNALISA LOVAT
Chi è Morgan Rice
Morgan Rice è l’autrice campione d’incassi di APPUNTI DI UN VAMPIRO, una serie per ragazzi che comprende al momento undici libri; autrice campione d’incassi di LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende al momento due libri; e autrice campione d’incassi della serie epica fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende al momento quattordici libri.
I libri di Morgan sono disponibili in edizione stampata e in formato audio e sono stati tradotti in tedesco, francese, italiano, spagnolo, portoghese, giapponese, cinese, svedese, olandese, turco, ungherese, ceco e slovacco (prossimamente ulteriori lingue).
TRAMUTATA (Libro #1 in Appunti di un Vampiro), ARENA UNO (Libro #1 in la Trilogia della Sopravvivenza) e UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1 in L’Anello dello Stregone) sono tutti disponibili per il download gratuito!
Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati.
Cosa dicono di Morgan Rice
“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”
Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)
“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”
Books and Movie Reviews, Roberto Mattos
“L’intrigante serie epica fantasy della Rice [L’ANELLO DELLO STREGONE] contiene tratti classici del genere: un’ambientazione forte – profondamente ispirata dall’antica Scozia e alla sua storia – e un buon senso dell’intrigo di corte.”
—KirkusReviews
“Mi è piaciuto un sacco il modo in cui Morgan Rice ha costruito il personaggio di Thor e il mondo in cui vive. Il paesaggio e le creature che lo popolano sono ben descritti… Mi sono goduto la trama, breve e dolce… Ci sono la giusta quantità di personaggi secondari, così non c’è il pericolo di confondersi. Pullula di avventure e momenti tormentosi, ma l’azione presentata non appare mai grottesca. È un libro adatto a lettori adolescenti… L’inizio di qualcosa di notevole…”
--San Francisco Book Review
“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrative della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”
--PublishersWeekly
“[UN’IMPRESA DA EROI] è una lettura semplice e veloce. Le conclusioni di ogni capitolo sono ingegnate in modo da dover leggere ciò che accade successivamente, senza poter smettere. Nel testo ci sono alcuni refusi e a volte i nomi vengono confusi, ma questo non distrae dalla storia nel suo complesso. La conclusione del libro mi ha subito fatto venire voglia di prendere il seguente, e così ho fatto. Tutti i libri della serie L’Anello dello Stregone possono essere acquistati in format Kindle e Un’Impresa da Eroi – per iniziare – è disponibile gratuitamente! Se state cercando qualcosa di veloce e leggero da leggere mentre siete in vacanza, questo è il libro perfetto per voi.”
--FantasyOnline.net
Libri di Morgan Rice
L’ANELLO DELLO STREGONE
UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)
LA MARCIA DEI RE (Libro #2)
DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)
GRIDO D’ONORE (Libro #4)
VOTO DI GLORIA (Libro #5)
UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)
RITO DI SPADE (Libro #7)
CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)
UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)
UN MARE DI SCUDI (Libro #10)
REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)
LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)
LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)
GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)
SOGNO DA MORTALI (Libro #15)
GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)
IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)
LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA
ARENA UNO: SLAVERSUNNERS (Libro #1)
ARENA DUE (Libro #2)
APPUNTI DI UN VAMPIRO
TRAMUTATA (Libro #1)
AMATA (Libro #2)
TRADITA (Libro #3)
DESTINATA (Libro #4)
DESIDERATA (Libro #5)
BETROTHED (Libro #6)
VOWED (Libro #7)
FOUND (Libro #8)
RESURRECTED (Libro #9)
CRAVED (Libro #10)
FATED (Libro #11)
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Ascolta la serie L’ANELLO DELLO STREGONE in formato audio libro!
Copyright © 2014 by Morgan Rice
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This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.
Jacket image Copyright Isoga, used under license from Shutterstock.com.
INDICE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
CAPITOLO TRENTATRÉ
CAPITOLO TRENTAQUATTRO
CAPITOLO UNO
Gwendolyn aprì lentamente e con sforzo gli occhi incrostati di sabbia. Riuscì solo ad aprirli appena e li strizzò di fronte ad un mondo che le apparve appannato e pieno di luce. Da qualche parte sopra di lei brillava il sole accecante del deserto, creando un mondo di accecante biancore. Gwen non sapeva se era viva o morta, ma sospettava di più la seconda opzione.
Accecata dalla luce, si sentiva troppo debole per girare la testa a destra o a sinistra. È questo che significa, si chiese, essere morta?
Improvvisamente un’ombra si allungò sul suo viso e lei sbatté le palpebre vedendo un cappuccio nero sopra di sé che oscurava il volto di una piccola creatura, nascondendolo nell’ombra. Tutto ciò che Gwen poteva vedere erano i suoi occhi piccoli e luccicanti, gialli, che la fissavano esaminandola come se fosse un oggetto dimenticato sul suolo del deserto. Produceva uno strano squittio e Gwen capì che stava parlando una lingua che lei non conosceva. Si udì un fruscio di passi, si levò una piccola nuvola di polvere e davanti a lei apparvero altre due di quelle creature, i volti coperti da cappucci neri, gli occhi brillanti, più lucenti del sole. Squittivano e sembravano comunicare tra loro. Gwen non poteva dire che genere di creature fossero e si chiese un’altra volta se fosse viva o se quello fosse tutto un sogno. Era un’altra delle allucinazione di cui aveva sofferto durante gli ultimi giorni nella calura del deserto?
Gwen sentì un colpetto alla spalla e aprì gli occhi vedendo una delle creature che allungava il bastone e la picchiettava, probabilmente per vedere se era ancora viva. Avrebbe voluto allungare un braccio e mandarlo via, scocciata, ma era troppo debole anche solo per questo. Ma apprezzò comunque la sensazione: le faceva sentire che forse dopotutto era ancora viva.
Improvvisamente sentì dei lunghi e fini artigli che le prendevano i polsi e le braccia e la sollevavano deponendola sopra a una specie di panno, forse un pezzo di tela. Si sentì trascinare sul terreno desertico, scivolando all’indietro sotto il sole. Non aveva idea se la stessero portando verso la sua morte, ma era troppo debole per curarsene. Guardò in alto e vide il mondo scorrere, il cielo rimbalzare davanti ai suoi occhi, i due soli incandescenti e brillanti come sempre. Non si era mai sentita così debole e disidratata in vita sua: ogni respiro le sembrava come un fiato di fuoco.
Improvvisamente Gwen sentì un liquido freddo scorrerle sulle labbra e vide una delle creature china su di lei che le versava dell’acqua da un fiasco. Le ci vollero tutte le sue energie anche solo per riuscire a tirare fuori la lingua. L’acqua fresca le gocciolò in gola e lei si sentì come se stesse ingoiando fuoco. Non avrebbe mai immaginato che la sua gola potesse divenire secca fino a quel punto.
Bevve avidamente, sollevata dal fatto che almeno quelle creature fossero amichevoli. La creatura però smise dopo pochi secondi di versare, tirando indietro il fiasco.
“Ancora,” cercò di sussurrare Gwen, ma le parole non uscirono, la sua voce era ancora troppo roca.
Continuò a sentirsi trascinare e cercò di raccogliere l’energia per liberarsi, per allungarsi ed afferrare il fiasco, per bere tutta l’acqua che conteneva. Ma non aveva le forze neppure per sollevare un braccio.
Gwen venne trascinata, con le gambe e in piedi che sbattevano contro bozzi e rocce sotto di lei, per un tempo che le sembrò interminabile. Dopo un poco non poté più dire quanto tempo fosse passato. Sembravano giorni. L’unico suono che sentiva era quello del vento del deserto che soffiava, portando sempre più polvere e calore.
Gwen sentì altra acqua fresca sulle labbra e questa volta bevve di più, fino a che gliela tolsero. Aprì gli occhi un po’ di più e vide la creatura che la ritraeva rendendosi conto che gliene stava dando un po’ alla volta in modo che non le facesse male. L’acqua che le scorreva in gola non le sembrò così dura questa volta ed ebbe la sensazione che anche le vene le venissero reidratate. Capì quanto disperatamente ne aveva bisogno.
“Per favore,” disse Gwen, “ancora.”
La creatura le versò invece sul volto dell’acqua che la rinfrescò piacevolmente gocciolandole sulla pelle calda. Le tolse un poca di polvere dalle palpebre, quindi fu in grado di aprire gli occhi un po’ di più, almeno a sufficienza per vedere ciò che stava accadendo.
Tutt’attorno a sé Gwen vide diverse di quelle creature, erano decine, che camminavano nel deserto con i loro mantelli e cappucci neri, parlando tra loro emettendo strani squittii. Guardò più in là, giusto abbastanza per vedere che stavano trasportando anche altri corpi. Provò immenso sollievo riconoscendo Kendrick, Sandara, Aberthol, Brandt, Atme, Illepra, la bambina, Steffen, Arliss, alcuni soldati dell’Argento e Krohn: una quindicina di corpi in tutto. Li stavano trascinando tutti vicino a lei e Gwen non riusciva a capire se fossero vivi o morti. Dal modo in cui stavano sdraiati, tutti così afflosciati, poteva solo presumere che fossero morti.
Il cuore le sprofondò nel petto e Gwen pregò Dio che non fosse così. Ma era piuttosto pessimista. Dopotutto chi avrebbe potuto sopravvivere là fuori? Neppure lei era certa di essere veramente sopravvissuta.
Mentre continuavano a trascinarla Gwen chiuse gli occhi e quando li riaprì si rese conto di essersi addormentata. Non sapeva quanto altro tempo fosse passato, ma era tardi ora e i due soli erano bassi all’orizzonte. La stavano ancora trascinando. Si chiese chi fossero quelle creature: probabilmente erano un qualche genere di nomadi del deserto, forse qualche tribù che in qualche modo era riuscita a sopravvivere in quel posto. Si chiese come avessero fatto a trovarla e dove la stessero portando. Da una parte era riconoscente che le avessero salvato la vita, ma dall’altra chi poteva sapere se l’avrebbero uccisa? Magari usandola come cibo per la tribù?
Ad ogni modo era troppo debole ed esausta per fare qualsiasi cosa.
Gwen aprì gli occhi senza sapere quanto tempo fosse passato, presa di soprassalto da un fruscio. Inizialmente le sembrò un cespuglio di spine che rotolava in lontananza sul suolo desertico. Ma quando il rumore si fece più intenso, più persistente, capì che si trattava di qualcos’altro: una furiosa e incessante tempeste di sabbia.
Mentre si avvicinavano ad esso e la gente che la stava trasportando si voltava, Gwen guardò oltre e le fu offerta davanti agli occhi una scena che mai avrebbe dimenticato. Le si serrò lo stomaco, soprattutto rendendosi conto che vi si stavano avvicinando: lì, a forse quindici metri da loro, c’era una parete di sabbia che si levava così in alto verso il cielo da non poter vedere se aveva una fine. Il vento soffiava violentemente attraverso di essa, come una sorta di tornado, e la sabbia vorticava selvaggiamente nell’aria, talmente fitta da non potervi vedere attraverso.
Stavano andando dritti verso quel minaccioso muro di sabbia, il rumore così forte da risultare quasi assordante. Gwen si chiese come mai: sembrava si stessero avvicinando a una morte istantanea.
“Tornate indietro!” cercò di dire.
Ma la sua voce era roca, troppo debole perché qualcuno la udisse, soprattutto con quel vento. Dubitava comunque che l’avrebbero ascoltata, anche se l’avessero sentita.
Gwen cominciò a sentire la sabbia che le grattava la pelle mentre si avvicinavano al vorticante muro di sabbia e improvvisamente due creature le si avvicinarono e la avvolsero in un lungo e pesante lenzuolo, coprendole il corpo e il viso. Si rese conto che la stavano riparando.
Un attimo dopo Gwen si trovò all’interno di una violenta tempesta di sabbia.
Quando vi entrarono il rumore era così forte che Gwen credette di esserne assordata. Si chiedeva come avrebbero potuto sopravvivere. Si rese subito conto che quel lenzuolo posato sopra di lei la stava salvando: proteggeva la sua pelle e il volto evitando che venissero fatti a pezzi dall’infuriare della sabbia. I nomadi continuavano a marciare a testa bassa contro il muro di sabbia, come se l’avessero fatto moltissime altre volte prima d’ora. Continuarono a trascinarla e mentre la sabbia infuriava attorno a lei, Gwen si chiese se questo avrebbe mai avuto una fine.
Poi finalmente calò il silenzio. Dolce silenzio mai assaporato prima. Due nomadi tolsero il lenzuolo che la ricopriva e Gwen vide che avevano superato il muro di sabbia ed erano emersi dall’altra parte. Ma l’altra parte di che cosa? si chiese.
Alla fine smisero di trascinarla e tutte le domande di Gwen trovarono una risposta. La misero giù gentilmente e lei rimase immobile guardando verso il cielo. Sbatté le palpebre diverse volte, cercando di comprendere ciò che aveva davanti.
Lentamente riuscì a mettere a fuoco ciò che stava vedendo. Vide un altissimo muro di roccia che si levava di decine di metri verso le nuvole. Il muro si allungava in ogni direzione, scomparendo all’orizzonte. In cima a quelle mura torreggianti Gwen vide bastioni e fortificazioni sulle quali si trovavano migliaia di cavalieri con indosso armature che brillavano al sole.
Non capiva. Come potevano essere lì? si chiese. Cavalieri nel mezzo del deserto? Dove l’avevano portata?
Poi, improvvisamente, con un sobbalzo, capì. Il cuore iniziò a batterle improvvisamente più veloce capendo che l’avevano trovato, che ce l’avevano fatta, che avevano attraversato la Grande Desolazione.
Alla fine esisteva.
Il Secondo Anello.
CAPITOLO DUE
Angel si sentì precipitare in aria cadendo di testa verso le furiose acque del mare vorticoso sotto di lei. Poteva ancora vedere il corpo di Thorgrin sommerso dall’acqua, privo di conoscenza, floscio, che scendeva sempre più giù col passare dei secondi. Sapeva che sarebbe potuto morire nel giro di pochi attimi e che se lei non si fosse gettata dalla nave non avrebbe sicuramente avuto alcuna possibilità di sopravvivenza.
Era determinata a salvarlo anche se ciò le sarebbe costato la vita, anche se sarebbe dovuta morire là sotto con lui. Non riusciva a capirlo esattamente, ma aveva sentito un profondo legame con Thor fin dal primo momento che l’aveva incontrato sull’isola. Era il primo che avesse mai incontrato a non aver paura della sua lebbra, che le aveva comunque dato un abbraccio, che l’aveva guardata come una persona normale e che non si era mai allontanato da lei neanche per un secondo. Sentiva di essere fortemente in debito con lui, provava un forte senso di lealtà nei suoi confronti e avrebbe sacrificato anche la propria vita per lui, a qualsiasi costo.
Angel si sentì la pelle punta dall’acqua ghiacciata mentre il suo corpo si immergeva. Sembrava che un milione di pugnali la colpissero. Era così fredda da farla sobbalzare e trattenne il fiato affondando, sempre più a giù, aprendo gli occhi nelle acque torbide per cercare Thorgrin. Lo scorse appena nell’oscurità: stava andando sempre più a fondo e lei cominciò a scalciare con le gambe allungandosi e sfruttando la spinta della caduta per afferrarlo per la manica.
Era più pesante di quanto pensasse. Gli avvolse attorno entrambe le braccia, lo voltò e scalciò con le gambe, furiosamente, usando tutte le sue forze per impedire ad entrambi di continuare a scendere e tentare invece di risalire. Angel non era grande né forte, ma aveva imparato velocemente, crescendo, che le sue gambe avevano una forza che il resto del suo corpo non conosceva. Le braccia erano deboli per la malattia ma le gambe erano il suo dono, più forti di quelle di un uomo, e ora era il momento di utilizzarle per salvarsi la vita, nuotando verso l’alto, verso la superficie. Se c’era una cosa che aveva imparato crescendo sull’isola, era nuotare.
Angel continuò a scalciare facendosi strada in quel mondo torbido salendo sempre più su verso la superficie, guardando in alto e vedendo la luce del sole che filtrava attraverso l’acqua dall’alto.
Dai! pensò. Ancora pochi metri!
Esausta, incapace di trattenere il fiato ancora per tanto, si sforzò di muovere con maggior forza le gambe, e con un ultimo calcio giunse finalmente in superficie.
Angel emerse annaspando per respirare e portando Thor in superficie con sé, le braccia avvolte attorno a lui, usando le gambe per tenersi a galla, continuando a scalciare e sostenendogli la testa al di sopra dell’acqua. Le appariva ancora privo di conoscenza e ora era preoccupata che fosse annegato.
“Thorgrin!” gridò. “Svegliati!”
Angel lo afferrò da dietro, gli strinse le braccia attorno allo stomaco e tirò con forza verso di sé, ripetutamente, come aveva visto fare dalla sua amica lebbrosa quando tempo prima un loro amico stava per annegare. Ripeté le medesime azioni ora, spingendo contro il diaframma di Thor con le piccole braccia che tremavano per lo sforzo.
“Per favore, Thorgrin!” gridava. “Ti prego, vivi! Vivi per me!”
Angel udì improvvisamente un rincuorante colpo di tosse, seguito da un rigetto d’acqua. Fu felice di constatare che Thor era rinvenuto. Buttò fuori tutta l’acqua di mare che si era insediata nei suoi polmoni, tossendo ripetutamente. Angel era traboccante di sollievo.
Thor sembrava essere tornato in sé. Tutto quel caos sembrava averlo finalmente risvegliato dal suo profondo torpore. Forse, sperava Angel, sarebbe anche stato abbastanza forte da sconfiggere quegli uomini e permettere ad entrambi di fuggire da qualche parte.
Angel aveva appena formulato il pensiero quando improvvisamente sentì una pesante corda caderle sulla testa dall’alto, avvolgendo completamente lei e Thorgrin.
Sollevò lo sguardo e vide i tagliagole sopra di loro affacciati alla nave intenti a guardarli mentre tenevano stretta l’altra estremità della corda e tiravano, sollevandoli come fossero dei pesci. Angel lottò dimenandosi all’interno della fune, sperando che anche Thor facesse altrettanto. Ma mentre tossiva continuava a rimanere floscio e lei capì che chiaramente non aveva ancora la forza per difendersi.
Angel sentì che lentamente li sollevavano in aria, sempre più su, gocciolanti d’acqua dalla rete, mentre i pirati tiravano portandoli sempre più vicini a loro, di nuovo sulla nave.
“NO!” gridò dimenandosi e cercando di liberarsi.
Un tagliagole tese un lungo uncino di ferro, agganciò la rete e li tirò con un colpo secco sul ponte.
Loro oscillarono in aria, le funi vennero tagliate ed Angel si sentì cadere con violenza sul ponte, con un volo di almeno tre metri, rotolando poi in terra. Le facevano male le costole per l’impatto e si divincolò dalla corda cercando di liberarsi.
Ma non servì a nulla. In pochi istanti numerosi pirati le saltarono addosso e la bloccarono insieme a Thorgrin tirandoli fuori dalla rete. Angel sentì numerose mani ruvide che la afferravano, le legavano i polsi dietro alla schiena con una fune grezza e la trascinavano in piedi, gocciolante d’acqua. Non poteva nemmeno muoversi.
Si voltò preoccupata per Thorgrin e vide che anche lui veniva legato, ancora impassibile, più addormentato che sveglio. Vennero entrambi trascinati lungo il ponte, così rapidamente che Angel incespicava mentre camminavano.
“Questo ti insegnerà a cercare di scapparci,” disse seccamente un pirata.
Angel sollevò lo sguardo e vide davanti a sé una porta di legno che conduceva sottocoperta. La aprirono e lei guardò nel buio della stiva. L’ultima cosa che ricordò fu che lei e Thor venivano gettati là dentro dai pirati.
Angel si sentì rotolare mentre volava di testa nel buio. Andò a sbattere il capo con violenza contro il pavimento di legno, atterrando di faccia. Poi sentì il peso del corpo di Thor atterrarle addosso, mentre entrambi rotolavano nell’oscurità.
La porta del ponte venne chiusa da sopra, bloccando ogni raggio di luce, poi serrata con una pesante catena. Stesa lì a terra, respirando affannosamente nel buio, Angel si chiese dove i pirati li avessero gettati.
Dalla parte opposta della stiva apparve improvvisamente uno scorcio di sole: i pirati avevano appena aperto una botola di legno ricoperta da sbarre di ferro. Diversi volti apparvero da sopra, ghignando e addirittura sputando. Poi se ne andarono richiudendo la botola con un tonfo. Ma Angel sentì una voce rassicurante provenire dal buio.
“Va tutto bene, non sei sola.”
Angel sussultò, sorpresa e allo stesso tempo sollevata, scioccata ma felice di voltarsi e scorgere tutti i volti dei suoi amici che si trovavano seduti lì al buio, con le mani legate dietro alla schiena come lei. Reece e Selese, Elden ed Indra, O’Connor e Mati, tutti prigionieri ma vivi. Era certa che fossero tutti morti in mare e fu quindi sopraffatta dal sollievo constatando che non era così.
Ma si sentiva anche inquieta: se tutti quei grandi guerrieri erano stati fatti prigionieri, pensò, quali possibilità mai avevano di riuscire ad uscire vivi da lì?