Kitobni o'qish: «L’anello dei draghi»
L’ANELLO DEI DRAGHI
(L’ERA DEGLI STREGONI – LIBRO QUARTO)
MORGAN RICE
Morgan Rice
Morgan Rice è autrice numero uno e oggi autrice statunitense campionessa d’incassi delle serie epiche fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE, che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO, che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epica fantasy RE E STREGONI, che comprende sei libri; della serie epica fantasy DI CORONE E DI GLORIA, che comprende otto libri; della serie epica fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende otto libri; della serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE, che comprende quattro libri; della serie fantasy OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI, che comprende quattro libri; della serie fantasy COME FUNZIONA L’ACCIAIO, che comprende quattro libri; e della nuova serie fantasy L’ERA DEGLI STREGONI, che comprende due libri (e altri in arrivo). I libri di Morgan sono disponibili in formato stampa e audio e sono stati tradotti in più di 25 lingue.
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Selezione di lodi a Morgan Rice
“Se credi di non avere più un motivo per vivere dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, ti sbagli. In L’ASCESA DEI DRAGHI, Morgan Rice ha inventato quella che promette di essere un’altra serie brillante, immergendoci in un fantasy di troll e draghi, valore, onore, coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a produrre una serie di personaggi forti che ci fa tifare per loro a ogni pagina… Consigliato nella libreria di tutti i lettori che amano i fantasy ben scritti.”
--Books and Movie ReviewsRoberto Mattos
“Un fantasy colmo d’azione che piacerà senz’altro a tutti i fan dei libri precedenti di Morgan Rice, insieme a quelli di lavori come IL CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini…. I fan dello Young Adult divoreranno quest’ultima opera di Rice e pregheranno per leggerne altre.”
--The Wanderer, A Literary Journal (su L’Ascesa dei Draghi)
“Un fantasy vivace che intreccia elementi di mistero e intrigo nella sua trama. Un’impresa da eroi riguarda il coraggio e il raggiungimento di un obiettivo di vita che conduce alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per coloro che cercano avventure fantasy dense di contenuti, i protagonisti, gli utensili e l’azione forniscono una vigorosa serie di incontri che mette bene a fuoco l’evoluzione di Thor da un bambino con la testa fra le nuvole a un giovane uomo che affronta circostanze impossibili per la sopravvivenza… Solo l’inizio di ciò che promette essere un’epica serie young adult.”
--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)
“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per il successo immediato: trame, contro trame, misteri, cavalieri valorosi e relazioni che nascono e finiscono con cuori spezzati, delusioni e tradimenti. Ti terrà incollato alle pagine per ore e accontenterà persone di ogni età. Consigliato per la libreria di tutti i lettori fantasy.”
--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos
“In questo primo libro fatto di azione dell’epica serie fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin "Thor" McLeod, il cui sogno è unirsi alla Legione d’Argento, i cavalieri d’élite al servizio del re… Lo stile di scrittura di Rice è compatto e la premessa intrigante.”
--Publishers Weekly
LIBRI DI MORGAN RICE
L’ERA DEGLI STREGONI
IL REGNO DEI DRAGHI (Libro #1)
IL TRONO DEI DRAGHI (Libro #2)
LA FIGLIA DEI DRAGHI (Libro #3)
L’ANELLO DEI DRAGHI (Libro #4)
OLIVER BLUE E LA SCUOLA DEGLI INDOVINI
LA FABBRICA DELLA MAGIA (Libro #1)
LA SFERA DI KANDRA (Libro #2)
GLI OSSIDIANI (Libro #3)
LO SCETTRO DI FUOCO (Libro #4)
LE CRONACHE DELL’INVASIONE
MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)
L’ARRIVO (Libro #2)
L’ASCESA (Libro #3)
IL RITORNO (Libro #4)
COME FUNZIONA L’ACCIAIO
SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)
SOLO CHI È VALOROSO (Libro #2)
SOLO CHI È DESTINATO (Libro #3)
UN TRONO PER DUE SORELLE
UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)
UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)
UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)
UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)
UN GIOIELLO PER I REGNANTI (Libro #5)
UN BACIO PER LE REGINE (Libro #6)
UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)
UN ABBRACCIO PER GLI EREDI (Libro #8)
DI CORONE E DI GLORIA
SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)
FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)
CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)
RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)
SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)
EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)
SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)
VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)
RE E STREGONI
L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)
L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)
IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)
LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)
IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)
LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)
L’ANELLO DELLO STREGONE
UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)
LA MARCIA DEI RE (Libro #2)
DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)
GRIDO D’ONORE (Libro #4)
VOTO DI GLORIA (Libro #5)
UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)
RITO DI SPADE (Libro #7)
CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)
UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)
UN MARE DI SCUDI (Libro #10)
UN REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)
LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)
LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)
GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)
SOGNO DA MORTALI (Libro #15)
GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)
IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)
LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA
ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)
ARENA DUE (Libro #2)
ARENA TRE (Libro #3)
LA CADUTA DEI VAMPIRI
PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)
APPUNTI DI UN VAMPIRO
TRAMUTATA (Libro #1)
AMATA (Libro #2)
TRADITA (Libro #3)
DESTINATA (Libro #4)
DESIDERATA (Libro #5)
PROMESSA (Libro #6)
SPOSA (Libro #7)
TROVATA (Libro #8)
RISORTA (Libro #9)
BRAMATA (Libro #10)
PRESCELTA (Libro #11)
OSSESSIONATA (Libro #12)
Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!
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CAPITOLO PRIMO
Il Maestro Grey era in piedi sopra Royalsport, con le braccia aperte mentre faceva sollevare le maree dei fiumi della città, alte e innaturali, sentendo il grande peso di tutto ciò che stava accadendo iniziare a gravare su di lui. Aveva avvertito che sarebbe accaduto tutto ciò, aveva avvertito che ci sarebbero state molte morti lungo la strada, ma la realtà si stava rivelando peggiore, molto peggiore.
Una goccia di sudore gli scorse giù per il viso mentre osservava la città sottostante; riusciva a vederla nonostante l’oscurità. Aveva imparato quel segreto molto tempo prima. Sotto di sé, poteva vedere Royalsport estendersi, ripartita in quartieri separati dall’assalto dell’acqua, ognuno dei quali formava adesso un’isoletta a sé. Attraverso quelle isole, sciamavano centinaia, se non migliaia, di truppe vestite del rosso e del viola degli uomini di Re Ravin.
La sua magia li aveva almeno divisi in gruppi separati e ciò significava che la maggior parte di quelle forze era ancora intrappolata alla periferia della città, in grado di non fare altro che formare un anello di contenimento attorno alle uscite di Royalsport. Un altro gruppo si trovava nel quartiere dove la Casa delle Armi di solito eruttava fumo e fiamme anche al buio, ma ora le sue fornaci giacevano silenziose, con gli addetti ai lavori presi a difenderle. Altri si erano sparpagliati negli altri quartieri, intorno alle Case degli Accademici, dei Commercianti, dei Sospiri. Separati l’uno dall’altro, la loro forza risultava ridotta, ma restava ancora troppo il male che potevano arrecare, e lo avrebbero fatto dopo aver visto spazzare via tanti dei loro.
Il Maestro Grey sussultò a quel pensiero; quante vite aveva rapito quella notte, lasciando corpi cadere e spezzarsi lungo gli argini del fiume o annegare negli abissi? Per quante fossero, erano più volti nel conto che teneva dentro di sé lo stregone; e una parte di lui sapeva che un giorno avrebbe dovuto pagare quel conto. Alla fine, tutte le cose prima o poi si pagano.
Tutto ciò per evitare che si scatenasse un assalto al castello che avrebbe visto massacrati quelli che si trovavano lì dentro, mentre i soldati cedevano alla sete di sangue. In questo, almeno, il Maestro Grey era riuscito. Sotto di sé, poteva vedere il gruppo guidato da Re Ravin intrappolato nel nobile quartiere vicino al castello, impossibilitato a procedere.
Una parte del Maestro Grey desiderava che potesse semplicemente allungare la mano e fermare il cuore dell’uomo con la sua magia. Avrebbe risparmiato così tanta sofferenza a venire, ma per farlo avrebbe messo in moto troppe altre cose. Doveva confidare che le cose che stavano già accadendo fossero sufficienti, che le persone coinvolte fossero tutto ciò che sperava fossero. Ad ogni modo, fare certe cose con la magia deturpava l’anima di un uomo. Lui non era uno degli Invisibili, per prevalere l’equilibrio delle cose e diventare sempre più perverso. Lui lavorava con quell’equilibrio ed era proprio questo a dargli potere.
Come per ricordargli i limiti di quel potere, il Maestro Grey avvertì le mani tremargli, ma riuscì a mantenere l’incantesimo; la sua mente teneva in posizione tutti i delicati legami necessari per far scorrere l’acqua dove non avrebbe dovuto. Ogni secondo che passava permetteva a coloro che si trovavano all’interno del castello di continuare a prepararsi e agli eventi di progredire lungo i sentieri che erano stati loro assegnati. Il Maestro Grey pensò a Devin, che aveva inviato a raccogliere i frammenti della spada incompiuta; a Erin, che combatteva nei vicoli lì in basso; alle figure che ancora dovevano fare la loro parte in tutto ciò.
Per ora, la sua parte era semplice: doveva resistere. Secondo dopo secondo, però, minuto dopo minuto, diventava sempre più difficile. Prima o poi avrebbe ceduto, e allora… allora la tempesta di violenza si sarebbe scatenata.
*
Re Ravin fissò la torre che svettava su un lato del castello. Lo stregone era in piedi lì in cima e, per un attimo, Ravin fu certo che l’uomo stesse guardando verso di lui. Quello era un bene, perché significava che si era accorto del nemico che stava avanzando per il mago stesso e per tutti gli altri.
Intorno a lui, gli edifici del quartiere nobile erano bui e silenziosi; gli abitanti all’interno erano troppo spaventati per uscire nelle strade. Avevano buoni motivi per avere paura: intorno a Ravin, i corpi di coloro che erano capitati sulla sua strada giacevano a terra, morti stecchiti. Prima, i soldati del nemico erano stati lì, a cercare di bloccare la loro avanzata nel quartiere, ma ora, restavano solo i suoi uomini. Avevano assediato le strade e aspettavano in silenzio i suoi comandi.
“Cosa dobbiamo fare, mio re?” chiese uno dei suoi ufficiali. “Proseguiamo verso il castello?”
Ravin prese in considerazione l’idea; era sicuro che almeno alcuni dei suoi uomini si sarebbero gettati nelle acque del fossato del castello se lo avesse loro comandato. Se avesse avuto lì tutte le sue forze, forse avrebbe potuto farlo davvero, colmando il vuoto con il peso del loro numero. Aveva solo quei pochi uomini, però, e in ogni caso non ce n’era bisogno.
Ravin non era un mago, ma aveva appreso sulla magia e sui suoi limiti, così come aveva appreso su tutte le altre armi a cui un re poteva accedere. Il Maestro Grey era senza dubbio potente, ma era pur sempre un uomo e aveva dunque i suoi limiti anche lui.
“L’incantesimo cadrà prima o poi,” replicò Ravin, mantenendo una voce calma, mostrando alle sue truppe che questo ostacolo non era un problema. “Adoperatevi per ricollegare i quartieri. Lanciate funi tra le case, in modo che gli uomini possano arrampicarsi e portare messaggi. Contattate gli uomini che abbiamo in ogni distretto.”
“Sì, mio re,” rispose l’uomo, facendo un cenno con il capo ad alcuni degli uomini che si trovavano lì e mandandoli via di corsa per eseguire gli ordini.
Ravin pensò a quello che il mago stava cercando di fare. A un altro uomo sarebbe potuto sembrare ovvio: separare sacche di truppe e lasciare che i difensori li abbattessero. Ma per Ravin non aveva senso. Non c’erano ancora abbastanza truppe in città perché una strategia del genere potesse funzionare. Al contrario, quello non avrebbe fatto altro che rallentare ancora l’invasione.
Che altro, poi? Forse lo stregone sperava che Ravin si facesse prendere dal panico e si ritirasse, o forse sperava che se solo avesse resistito abbastanza a lungo, i difensori sarebbero stati in grado di prepararsi a sufficienza da salvaguardare il castello. Forse il suo unico pensiero era proteggere il castello. Non tutti riflettevano tanto quanto Ravin sulle strategie, forse nemmeno gli stregoni.
Forse la sua strategia avrebbe funzionato se Ravin non si fosse preparato così bene, o se fosse stato un comandante meno paziente. Forse avrebbe funzionato anche se Ravin non fosse riuscito a sgomberare il letto del fiume in tempo. Quando si combatte per una corona, uccidere l’uomo che cerca di indossarla è un modo efficace per vincere la battaglia.
Era anche qualcosa che Ravin non gli avrebbe perdonato. Lo stregone sarebbe morto per quell’attentato alla sua vita. Ma non ancora.
“Sparpagliatevi,” disse agli altri. “Uno di voi trovi un punto alto e invii il segnale agli altri con la torcia. Dite agli altri uomini di fare lo stesso. Voglio che assedino la città, che la rendano nostra. Schiacciate ogni resistenza e chiunque si trovi per strada è un bersaglio, ma non distruggete più del necessario.”
“Voi dove starete, Vostra Maestà?” chiese l’ufficiale.
“Seguitemi.”
Ravin scelse una casa nobile a caso; aveva un’elegante costruzione in pietra raffinata che si estendeva attorno alla porta e delle piante sistemate alle finestre che scendevano come lacrime per i morti della città. Si avvicinò alla porta e la colpì con un pugno. Comprensibilmente, solo il silenzio gli rispose.
Ravin alzò un piede e diede un calcio alla porta con lo stivale, frantumandone i catenacci che la tenevano chiusa con un solo colpo. Entrò in un corridoio dove erano appesi dei quadri, che raffiguravano figura dopo figura ciò che gli sembrava una dichiarazione sulla discendenza del proprietario e sul suo diritto rispetto alla proprietà. Ravin li stava ancora guardando quando un uomo gli si avvicinò nella tenue luce della casa, correndogli incontro con una spada alzata. Ravin la colpì su un fianco e poi gli infilzò il petto con la sua stessa lama, facendolo cadere ai suoi piedi.
“Se fossi partito da lì, saresti sopravvissuto,” disse.
Camminò rapido per la casa e fino alla cucina, seguendo l’unico sfarfallio di luce presente in quel luogo. Spinse la porta ad aprirla e vi trovò una donna e quelle che pensò fossero le sue figlie, rannicchiate in fondo alla cucina insieme a una manciata di servitori. Erano accovacciati accanto al fuoco e avevano rovesciato un grande tavolo di legno per usarlo come una specie di barricata. Una coppia di servitori aveva in mano dei coltelli e avanzava come potesse combattere.
Ravin alzò la spada, con la lama ancora bagnata dal sangue dell’uomo che gli si era avvicinato.
“Credete davvero di potermi battere?” chiese. “Io sono Ravin, Re dei Tre Regni e vostro legittimo sovrano. Inginocchiatevi o morirete.”
Mise tutte le sue forze in quel suo comando vocale e vide gli uomini impallidire mentre capivano l’enormità di chi avevano davanti. Il coltello di uno sferragliò a terra, ma l’altro fu più lento. La pazienza abbandonò Ravin, che conficcò la spada nel petto del secondo uomo, ignorando le urla delle donne intorno a lui. Gli diede poi un calcio per mandarlo all’indietro e spinse il tavolo a rimetterlo in piedi. Prese una sedia, la sistemò davanti al tavolo e vi poggiò sopra la sua spada ancora insanguinata.
Guardò quei suoi uomini che lo avevano seguito. “Io starò qui. Fate il vostro dovere.”
Si misero in marcia e solo una coppia di loro restò a fargli da guardia del corpo. Ravin se ne stava seduto lì, osservando quelli che erano rimasti nella stanza. Ora erano tutti in ginocchio e lo guardavano con evidente terrore.
“Uno di voi, mi porti del vino,” ordinò. “Il resto di voi dia per scontato un semplice fatto: tutto ciò che pensavate fosse vostro adesso è mio, i vostri soldi, le vostre proprietà, voi stessi. Questa città, questo intero regno… è tutto mio.”
O lo sarebbe diventato, non appena l’incantesimo del mago fosse svanito.
CAPITOLO SECONDO
La grande sala del castello era un alveare di attività; le sue piazze di moquette erano invase da persone che correvano avanti e indietro per qualsiasi compito potessero svolgere e le alte mura di pietra rimbombavano delle loro conversazioni mentre cercavano di capire cosa dovessero fare dopo.
In quel senso, ricordava a Lenore il brusio delle attività nelle settimane precedenti il suo matrimonio, quando il castello brulicava per i festeggiamenti, ma ora non c’era più nulla di leggero o gioioso. Al contrario, alcuni striscioni intorno alle mura erano stati tirati giù, mentre i nobili stavano discutendo se dovessero essere tagliati per ricavarne delle bende portafortuna; nel frattempo, il trono giaceva vuoto, perché di Vars non si vedeva neanche l’ombra e colui che avrebbe dovuto esservi sopra era morto.
Quel solo pensiero riempì Lenore di dolore, ma dovette fingere di essere calma, perché era la colonna portante attorno alla quale tutti gravitavano. Avevano bisogno di qualcuno che avesse il controllo e un certo equilibrio, e che pensasse mentre loro volevano solo agire; era necessaria una principessa e questo significava che Lenore stava recitando la parte per cui si era esercitata per tutta la vita.
“No,” disse, “non barricate solo la porta esterna della grande sala; voglio che i pezzi vengano inchiodati sul posto.”
“Ma dove troviamo i chiodi?” chiese un nobile. A Lenore non piacque il fatto che si rivolgesse a lei per ricevere istruzioni, quando solo un giorno o due prima l’avrebbe vista come una bella ma inutile statuetta.
“Non lo so. Setaccia i negozi del castello se devi,” replicò Lenore. “Vai.”
L’uomo si mise in marcia senza fare domande. Molti dei presenti agivano senza mettere in discussione le sue istruzioni. Lenore sospettava che molto avesse a che fare con chi era: la sorella del nuovo re e la moglie del figlio del Duca Viris. Forse qualcosa aveva anche a che fare con le persone che volevano semplicemente che qualcuno dicesse loro cosa fare, adesso che c’era una crisi.
Lenore si ritrovò a desiderare che ci fosse qualcuno che lo dicesse anche a lei.
In quel momento era spaventata come non lo era mai stata in vita sua. C’era un esercito in città, composto da persone come quelle che l’avevano rapita. I Cavalieri dello Sperone se n’erano andati, così come la maggior parte dei soldati. Come potevano resistere a tutto ciò? Se il castello fosse caduto, cosa sarebbe successo? Sarebbero stati uccisi tutti quelli che vi si trovavano dentro?
Quella non era nemmeno la cosa peggiore che Lenore potesse immaginare, visti gli orrori che erano accaduti ad alcune delle sue domestiche durante il rapimento. Aveva assistito a una sola battaglia ed era stata abbastanza terrificante, ma come sarebbe stato ritrovarsi davanti a un’intera orda di soldati fuori controllo che si abbatte sul castello?
Poi c’era Re Ravin, l’uomo che aveva ordinato il suo rapimento, l’uomo responsabile della morte di suo fratello e di suo padre. Lenore aveva sentito delle storie sulla sua crudeltà e ognuna era più nauseante dell’altra. Il solo pensiero di lui le mandava brividi di terrore giù per la spina dorsale.
“Vostra Altezza,” disse un domestico. “Volete che le armi vengano portate qui dall’armeria?”
Lenore rifletté sulle sue potenziali truppe. C’erano domestici che probabilmente non avevano mai neanche impugnato una spada in vita loro. C’era una manciata di nobili, molti dei quali erano anziani e apparivano spaventati quanto Lenore. Nonostante ciò, era forse meglio cercare quantomeno di opporre resistenza. Anche morire in fretta, poteva essere meglio delle alternative.
“Recupera tutto il possibile per armare le persone,” rispose lei e indicò un altro domestico. “Vai con lui.”
“Sì, Vostra Altezza,” ribatté l’uomo.
Lenore continuò a organizzare quante più difese possibili per il castello, rivolgendosi a nobili e domestici a turno. “Tu, prendi quanti te ne occorrono e vai nelle cucine a cercare quanto più olio possibile. Portatelo alla porta, iniziate a riscaldarlo e approntatevi a versarlo. Tu, chiudi i cancelli e abbassa la saracinesca.”
“E i nostri che sono fuori in città?” domandò l’uomo.
A Lenore si spezzò il cuore a quella domanda e alla risposta che non voleva dire. “Loro… con l’alta marea non alcuna possibilità di tornare indietro. Se li vediamo tornare, possiamo… possiamo lanciare delle corde.”
Non disse quali fossero le probabilità di un loro ritorno; non ci avrebbe pensato, perché Erin e quello strano monaco erano ancora là fuori a combattere il nemico. Forse, però, erano più al sicuro là fuori che al castello, perché significava che avrebbero avuto la possibilità di nascondersi e scappare quando sarebbe arrivato il momento. Non che Erin sarebbe mai scappata di sua volontà, ma forse Odd l’avrebbe costretta a farlo.
Lenore si guardò intorno, consapevole che lei e gli altri lì non avrebbero avuto la possibilità di scappare. La loro unica speranza era cercare di mantenere il controllo del castello, ma la verità era che erano troppo pochi per farlo. Poteva dare una lancia a ciascun domestico e insistere affinché i nobili si schierassero sulle mura per cercare di respingere l’imminente marea di nemici, ma non sarebbe bastato. I compiti che assegnava alle persone erano più finalizzati a farle sentire utili in un momento come quello, che non dovuti al fatto che pensava davvero che sarebbe servito a qualcosa opporre resistenza quando fosse arrivato l’esercito di Re Ravin.
Forse avrebbe potuto farci qualcosa se avesse saputo di più sulla strategia. Attualmente, tutto ciò che aveva ordinato, era un frammento di ricordo che richiamava solo per metà, perché Erin aveva insistito affinché giocassero insieme a difendere il posto da nemici immaginari quando erano piccole, o perché Rodry o il loro padre avevano raccontato storie di come avevano combattuto contro l’uno o l’altro nemico. Alcune di quelle cose le erano sembrate ovvie, ma molte non lo erano affatto.
Desiderò per quella che sembrava la centesima volta che vi fosse qualcun altro lì al suo posto e che prendesse in mano la situazione. Vars avrebbe dovuto essere re ora, ma non era lì a comandare. Rodry e suo padre erano entrambi morti, morti proprio nel momento in cui tutti avevano più bisogno delle loro capacità di guerra. Erin era fuori in città, a dare il massimo nel luogo dove poteva essere più utile. Nonostante Lenore ne capisse il senso e sapesse che con così poche truppe, colpire e correre in città era meglio che aspettare al castello, desiderava che sua sorella fosse lì accanto a lei.
Si ritrovò persino a desiderare che vi fosse Finnal, anche se Lenore non sapeva cosa pensare di suo marito. Era l’uomo buono che a volte sembrava o era crudele come lo dipingevano gli altri? Nel racconto di un bardo, questo sarebbe stato il momento in cui sarebbe arrivato di corsa per assumere il comando di tutto e dimostrare a Lenore quanto la amasse. Invece, non c’era nessuna traccia di lui. Forse era fuori a fare la sua parte nella difesa della città?
Ancora più di Finnal, però, Lenore si ritrovò a desiderare che vi fosse Devin. Era intelligente e gentile, e ogni volta che pensava a lui si sentiva… si sentiva al sicuro. Forse se fosse stato lì, avrebbe usato un qualche trucco che aveva appreso dal Maestro Grey, qualche strategia per tenere tutti al sicuro. Ancor più di quella di suo marito, Lenore si sorprese a desiderare la sua presenza. Forse era un bene che lui non fosse lì, però. Forse stava meglio in giro per il mondo, a intraprendere qualsiasi strano compito lo stregone gli avesse assegnato. Forse lì sarebbe stato più al sicuro. Sicuramente più al sicuro di quanto Lenore fosse al castello.
Stava ancora riflettendo su questo, quando sua madre entrò a grandi falcate nella stanza. Fu proprio il suo passo lungo ad attirare la sua attenzione per primo; da così tanti giorni, la Regina Aethe aveva camminato come una sagoma gobba e rotta. Ora, nonostante indossasse ancora il nero da lutto, camminava verso il centro della sala con l’autorità di un generale.
“Chi è al comando qui dentro?” chiese e tutti gli occhi guardarono Lenore.
“Penso… penso di esservi io, Madre,” rispose Lenore.
Sua madre le mise una mano sulla spalla. “Allora non dovresti farlo da sola. Tu,” si rivolse a un nobile e lo indicò. “Perché te ne stai lì impalato? Trova qualcosa di utile da fare, anche se si tratta solo di tagliare quegli striscioni per fare delle bende.”
Ovviamente aveva compreso ciò che Lenore aveva in mente per loro, anche se non era stata presente a quella discussione.
“Ma gli striscioni,” disse l’uomo. “Portano lo stemma reale.”
“Credi che a mio marito interessassero di più gli striscioni o le persone?” scattò in risposta Aethe. “Sono la moglie di un re e la matrigna di un altro. Se un uomo muore dissanguato perché non abbiamo abbastanza bende, ti riterrò responsabile.”
Il nobile si affrettò a svolgere il suo compito, mentre Lenore non riusciva a distogliere lo sguardo da sua madre.
“Sono ore che cerco di convincerli a farlo,” disse Lenore.
“Sì, beh, loro sono più abituati a vedere me che faccio la dura,” replicò la regina Aethe e guardò sua figlia negli occhi. “Come sono stata dura con te riguardo a Finnal. Una madre dovrebbe essere presente per sua figlia e non solo quando fa quello che reputa giusto.”
Dopo il modo in cui le aveva parlato l’ultima volta, quando non l’aveva ascoltata e le aveva schiaffato in faccia il suo lutto, come se le difficoltà di Lenore non avessero importanza alcuna di fronte a esso, questa era l’ultima cosa che la principessa si aspettava di sentirle dire.
“Grazie,” affermò, coprendo la mano della madre con la sua.
“Non devi ringraziarmi per essermi comportata come dovrebbe fare una madre,” disse. “Avevi ragione quando mi hai detto che c’era dell’altro al mondo oltre al mio dolore.”
“Mi dispiace,” replicò Lenore. “Sono stata dura a dirlo. Anche a me manca molto, Papà.”
“Lo so,” ribatté la Regina Aethe. “Ma avevi ragione. Ci sono cose più grandi. Il suo regno, il nostro regno, è in pericolo ed io non resterò a guardare. Farò tutto il necessario per proteggerlo, e uguale farai tu. Qualsiasi cosa sia necessaria.”