Kitobni o'qish: «Eroina, Traditrice, Figlia »
EROINA, TRADITRICE, FIGLIA
(DI CORONE E DI GLORIA--LIBRO 6)
MORGAN RICE
Morgan Rice
Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri e della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA. I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.
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Cosa dicono di Morgan Rice
“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”
--Books and Movie Reviews
Roberto Mattos
“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”
--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)
“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”
--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)
“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”
--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos
“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”
--Publishers Weekly
Libri di Morgan Rice
COME FUNZIONA L’ACCIAIO
SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)
DI CORONE E DI GLORIA
SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)
FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)
CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)
RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)
SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)
EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)
SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)
RE E STREGONI
L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)
L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)
IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)
LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)
IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)
LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)
L’ANELLO DELLO STREGONE
UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)
LA MARCIA DEI RE (Libro #2)
DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)
GRIDO D’ONORE (Libro #4)
VOTO DI GLORIA (Libro #5)
UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)
RITO DI SPADE (Libro #7)
CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)
UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)
UN MARE DI SCUDI (Libro #10)
REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)
LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)
LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)
GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)
SOGNO DA MORTALI (Libro #15)
GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)
IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)
LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA
ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)
ARENA DUE (Libro #2)
ARENA TRE (Libro #3)
VAMPIRO, CADUTO
PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)
APPUNTI DI UN VAMPIRO
TRAMUTATA (Libro #1)
AMATA (Libro #2)
TRADITA (Libro #3)
DESTINATA (Libro #4)
DESIDERATA (Libro #5)
PROMESSA (Libro #6)
SPOSA (Libro #7)
TROVATA (Libro #8)
RISORTA (Libro #9)
BRAMATA (Libro #10)
PRESCELTA (Libro #11)
OSSESSIONATA (Libro #12)
Ascolta la serie L’ANELLO DELLO STREGONE in formato audio libro!
Copyright © 2017 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.
Jacket image Copyright Ralf Juergen Kraft, used under license from istock.com.
INDICE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO UNO
Akila stava aggrappato alle reti della sua nave e vedeva la morte che avanzava.
Ne era terrorizzato. Non era mai stato tipo da credere a segni e presagi, ma ce n’erano alcuni che non poteva ignorare. Akila era stato un combattente per la maggior parte della sua vita e una forma o nell’altra, eppure non aveva mai visto una flotta come quella che si stava avvicinando adesso. Faceva sembrare quella che l’Impero aveva mandato ad Haylon come una serie di barchette di carta fatte galleggiare da dei bambini nell’acqua di uno stagno.
Faceva sembrare ancora più inferiore quella che Akila aveva con sé adesso.
“Ce ne sono troppe,” disse uno dei marinai vicino a lui tra le funi.
Akila non rispose perché in quel momento non aveva una risposta da dare. Però doveva trovarne presto una. Una che non implicasse la certezza che gli stava opprimendo il petto. Stava già pensando alle cose che bisognava fare mentre iniziava a scendere. Avrebbero dovuto sollevare la catena del porto. Avrebbero dovuto approntare le catapulte sul molo.
Dovevano dividersi, perché lanciarsi all’attacco tutti insieme contro una flotta di quella stazza sarebbe stata un’impresa suicida. Dovevano fare la parte dei lupi che danno la caccia ai grandi buoi muschiati, che sfrecciano e prendono un boccone qua e là sfinendoli allo stremo.
Akila sorrise a quel pensiero. Stava quasi facendo progetti come se avessero potuto vincere e avere la meglio. Chi lo aveva preso per un ottimista?
“Ce ne sono troppe,” disse un altro marinaio mentre lui passava.
Akila udì lo stesso commento da altri dell’equipaggio mentre tornava sul ponte. Quando raggiunse il posto di comando trovò almeno una decina di ribelli che lo aspettavano con espressioni preoccupate sul volto.
“Non possiamo sconfiggerli,” disse uno.
“Sarà come se non fossimo nemmeno qui,” confermò un altro.
“Ci uccideranno tutti. Dobbiamo scappare.”
Akila li sentì. Poteva capire cosa volessero fare. Fuggire aveva senso. Fuggire mentre ancora potevano. Mettere le navi in formazione una dietro l’altra e scappare lungo la costa fino a che non fossero riusciti a liberarsi e a tornare a Haylon.
Una parte di lui forse voleva pure farlo. Forse sarebbero addirittura stati al sicuro se fossero riusciti ad arrivare a Haylon. Cadipolvere avrebbe visto le forze che avevano, le difese del loro porto, e avrebbero diffidato dell’idea di seguirli.
Almeno per una volta.
“Amici,” gridò abbastanza forte da farsi sentire da tutti sulla nave. “Potete vedere la minaccia che ci attende, e sì, ho sentito gli uomini che vogliono scappare.”
Allargò le braccia per calmare i mormorii che seguirono.
“Lo so, vi sento. Ho navigato con voi e non siete dei codardi. Nessuno potrebbe dire questo di voi.”
Ma se fossero fuggiti adesso, gli uomini li avrebbero chiamati codardi. Akila lo sapeva. Avrebbero dato la colpa ai guerrieri di Haylon, nonostante tutto quello che avevano fatto. Però non volle dirlo. Non voleva costringere i suoi uomini a farlo.
“Anche io voglio fuggire. Abbiamo fatto la nostra parte. Abbiamo battuto l’Impero. Ci siamo guadagnati il diritto di andare a casa, piuttosto che stare qui a morire per le cause di altra gente.”
Questo era ovvio. Erano venuti qui solo dopo che Tano li aveva implorati, dopotutto.
Scosse la testa. “Ma non lo farò. Non scapperò quando questo significa abbandonare la gente che conta su di me. Non scapperò quando ci hanno detto cosa accadrà alla gente di Delo. Non scapperò, perché chi sono loro per dirmi di scappare?”
Puntò un dito contro la flotta che avanzava, poi lo trasformò nel gesto più volgare che gli poté venire in mente così su due piedi. Questo almeno fece ridere i suoi uomini. Bene, avevano tutti bisogno di risate in quel momento.
“La verità è che il male è la causa di tutti. Un uomo mi dice di inginocchiarmi o morire, allora io gli do un pugno in faccia!” Questo li fece ridere ancora di più. “E non lo faccio perché mi ha minacciato. Lo faccio perché il genere di persona che dice alla gente di inginocchiarsi, deve essere preso a pugni!”
Con questo ottenne un grido di esultanza. Pareva che Akila avesse ben giudicato le cose. Indicò il punto dove si trovava un gruppo di navi, legate lungo la sua ammiraglia.
“Laggiù c’è uno di noi,” disse Akila. “Hanno preso lui e la sua ciurma. Lo hanno frustato fino a farlo sanguinare. Lo hanno legato al timone e gli hanno cavato gli occhi.”
Akila aspettò un momento per lasciare che l’orrore di quella dichiarazione facesse presa.
“Lo hanno fatto perché pensavano di spaventarci,” disse Akila. “Lo hanno fatto perché pensavano che ci avrebbero così fatto scappare più veloci. Io dico che se un uomo fa del male a uno dei miei fratelli a questo modo, mi fa venire voglia di farlo a pezzi come un cane!”
Altro grido di esultanza.
“Ma non ve lo ordinerò,” disse Akila. “Se volete andare a casa… beh, nessuno può dire che non ve lo siete guadagnato. E quando verranno a prendervi, forse sarà rimasto qualcuno a aiutarvi.” Scrollò le spalle. “Io resto, e se servirà, resterò da solo. Starò sul molo, e il loro esercito potrà venire addosso a me un soldato alla volta per farsi fare a pezzi.”
A quel punto si guardò attorno, fissando gli uomini che conosceva, i fratelli di Haylon e gli schiavi liberati, le matricole trasformate in combattenti liberi e gli uomini che avevano probabilmente iniziato come poco più che tagliagole.
Sapeva che se avesse chiesto a questi uomini di combattere con lui, molti di loro sarebbero probabilmente morti. Probabilmente non sarebbe mai più riuscito a vedere le cascate che scorrevano tra le colline di Haylon. Probabilmente sarebbe morto senza neanche sapere se ciò che aveva fatto era servito a salvare Delo o no. Una parte di lui avrebbe voluto non aver mai conosciuto Tano, né essere trascinato in quella ribellione.
Lo stesso si diede sostegno.
“Sarò da solo, amici?” chiese. “Dovrò farmi strada a pugni da solo verso il più zuccone di loro?”
Il coro di “No!” riecheggiò sul mare. Sperava che la flotta nemica l’avesse sentito. Sperava che lo avessero sentito e che ne fossero terrorizzati.
Gli dei sapevano che lui lo era.
“Allora bene, amici,” tuonò Akila. “Ai vostri remi. Abbiamo una battaglia da vincere!”
Allora li vide correre e non sarebbe potuto essere più fiero di loro. Iniziò a pensare e a dare ordini. C’erano messaggi da inviare al castello, difese da preparare.
Già Akila poteva sentire il suono delle campane di avvertimento che risuonavano in città.
“Voi due, issate le bandiere di segnalazione! Scirrem, voglio delle scialuppe e catrame per incendiare le navi all’imbocco del porto. Sto parlando da solo quassù?”
“È possibile,” rispose il marinaio. “Dicono che i matti lo fanno. Ma provvederò.”
“Ti rendi conto che in un vero esercito verresti frustato, vero?” ribatté Akila sorridendo. Quella era la strana cosa del trovarsi alla soglia di una battaglia. Erano ora così vicini a una probabile morte, eppure era il momento in cui Akila si sentiva più vivo.
“Ora, Akila,” disse il marinaio. “Sai che non lascerebbero mai quelli come noi entrare in un esercito vero.”
Akila allora rise, e non solo perché era probabilmente vero. Quanti generali potevano dire di non avere il rispetto dei loro uomini, ma vero e proprio senso di cameratismo e amicizia? Quanti potevano chiedere ai loro soldati di lanciarsi nel pericolo, non per lealtà o paura o disciplina, ma perché erano loro a chiederlo? Akila sentiva di poter essere orgoglioso almeno di quella parte.
Mentre il marinaio avanzava velocemente, gli vennero in mente altri ordini da dare.
“Non appena avremo sgomberato, dovremo tirare su la catena del porto,” disse.
Uno dei giovani marinai vicino a lui sembrava preoccupato. Akila poté vedere la paura nonostante le sue parole. Era più che normale.
“Se tiriamo su la catena, non significa anche che non potremo ritirarci nel porto?” chiese il ragazzo.
Akila annuì. “Sì, ma quale bene ci farebbe, ritirarci in una città affacciata sul mare aperto? Se falliamo là fuori, pensi che la città sarà un posto sicuro dove nascondersi?”
Vide il ragazzo considerare la sua spiegazione, cercare di stabilire dove sarebbe stato più al sicuro. Questo oppure desiderare di non essersi mai arruolato.
“Puoi andare con quelli che danno una mano a tirare su la catena se vuoi,” gli offrì Akila. “Poi vai dalle catapulte. Avremo bisogno di gente in gamba che tira contro di loro.”
Il ragazzo scosse la testa. “Resto. Non voglio scappare da loro.”
“Che non ti venga in mente di avere la meglio sulla flotta in modo che io possa fuggire,” gli disse Akila.
Questo fece ridere il giovane mentre andava ai suoi doveri, e il riso era sempre meglio della paura.
Cos’altro c’era da fare? C’era sempre qualcosa da fare, sempre qualcosa da portare al passo successivo. C’erano quelli che parlavano di stare ad aspettare la guerra, ma Akila aveva scoperto che l’attesa conteneva sempre migliaia di piccole cose. La preparazione era la madre del successo, e Akila non aveva intenzione di perdere per mancanza di sforzo.
“No,” mormorò mentre controllava le funi della sua ammiraglia. “La parte dove loro hanno cinque volte più navi di noi farà il resto.”
L’unica speranza era di colpire e spostarsi. Tirarli contro le navi incendiarie. Farli sbattere contro la catena. Usare la velocità delle loro navi per prendere quello che potevano. Lo stesso sarebbe potuto non bastare.
Akila non aveva mai visto una forza di quella stazza. Dubitava che qualcuno l’avesse mai vista. La flotta inviata a Haylon era stata progettata per punizione e distruzione. L’esercito ribelle era stato il risultato del mettere insieme almeno tre grosse forze.
Questa era più grande. Non era un esercito, quanto un intero paese in movimento. Questo era conquista, e più di conquista. Cadipolvere aveva visto un’opportunità, e ora aveva intenzione di prendere tutto ciò che l’Impero aveva.
A meno che noi non li fermiamo, pensò Akila.
Forse non sarebbe stata la sua flotta a fermarli. Forse il meglio che potevano sperare era di poter rallentare e indebolire l’esercito invasore, ma magari sarebbe stato sufficiente. Se avessero potuto guadagnare tempo a Ceres, lei avrebbe potuto trovare un modo di vincere contro ciò che restava. Akila l’aveva vista fare cose impressionanti con quei suoi poteri.
Magari avrebbe preso l’intero esercito di Cadipolvere e avrebbe risparmiato loro la preoccupazione.
Molto più probabilmente Akila sarebbe morto lì. Se questo avrebbe potuto salvare Delo, ne sarebbe valsa la pena? Non era quella la questione. Se avesse potuto salvare la gente lì, e la gente di Haylon, ne sarebbe valsa la pena? Sì, questo valeva la pena per Akila. Uomini come quelli non si accontentavano di quello che avevano. Sarebbero scesi anche su Haylon non appena finito lì. Se il suo sacrificio avesse tenuto al sicuro i contadini dell’isola, Akila l’avrebbe fatto anche mille volte.
Guardò verso il mare dove la flotta era arrivata e la sua voce si ammorbidì.
“Sei in debito con me per questo, Tano,” disse, proprio come il principe era in debito con lui per essere venuto a Delo e non averlo fatto a pezzi a Haylon. Forse la sua vita sarebbe stata molto più semplice se l’avesse fatto.
Guardando la flotta che avanzava, Akila sospettava che sarebbe stata anche molto più lunga.
“Bene!” gridò. “Ai vostri posti, ragazzi! Abbiamo una battaglia da vincere!”
CAPITOLO DUE
Irrien sedeva alla prua della sua ammiraglia provando un misto di soddisfazione e anticipazione. Soddisfazione perché la sua flotta stava avanzando esattamente come lui aveva ordinato. Anticipazione per tutto quello che sarebbe successo dopo.
Attorno a lui la flotta scivolava in avanti quasi in silenzio, come lui aveva ordinato quando avevano iniziato a cingere la costa. Silenziosi come squali che inseguono la preda, silenziosi come il momento che segue la morte di un uomo. Proprio allora Irrien si sentiva la punta luccicante di una lancia, con il resto della sua flotta che lo seguiva come il resto della lama.
La sua sedia adesso non era la pietra scura sulla quale sedeva a Cadipolvere. Era invece una cosa più brillante e definita, fatta di cose che aveva ucciso: le ossa spesse di un segugio delle tenebre formava lo schienale, le dita delle ossa di un uomo ne costituivano i braccioli. L’aveva ricoperta di pelli di animali che aveva cacciato. Era un’altra lezione che aveva imparato: in pace un uomo doveva parlare della sua civiltà. In guerra doveva parlare della sua crudeltà.
Per questo motivo Irrien diede uno strattone a una catena collegata alla sua sedia. All’altra estremità era legato uno dei cosiddetti guerrieri di quella ribellione, un uomo che si era piegato piuttosto che morire in battaglia.
“Arriveremo presto,” disse.
“S-sì, mio signore,” rispose l’uomo.
Irrien tirò ancora la catena. “Stai in silenzio a meno che non te lo ordini.”
Irrien ignorò l’uomo quando iniziò ad implorare perdono. Guardò invece dritto davanti a sé, anche se aveva posizionato la superficie metallica del suo scudo in modo da potersi proteggere da eventuali assassini.
Un uomo saggio faceva sempre entrambe le cose. Le altre pietre di Cadipolvere probabilmente pensavano che Irrien fosse matto ad andarsene in quella terra priva di polvere lasciandoli lì. Probabilmente pensavano che non vedesse i loro complotti e le loro macchinazioni.
Il sorriso di Irrien si allargò al pensiero dei loro volti quando si resero conto di cosa stava realmente accadendo. Il suo piacere continuò quando si girò verso la costa, vedendo i fuochi che stavano salendo al cielo man mano che i suoi uomini arrivavano a terra. Ordinariamente Irrien odiava lo spreco di edifici dati alle fiamme, ma per la guerra erano un’arma utile.
No, la vera arma era la paura. Fuoco e tacite minacce erano solo un modo per renderla più acuta. La paura era un’arma potente quanto un lento veleno, pericolosa come una lama. La paura poteva far scappare un uomo potente, o farlo cedere senza combattere. La paura poteva far prendere ai nemici delle decisioni stupide, lanciandosi in assalti sprovveduti, o scappando quando invece avrebbero dovuto colpire. La paura rendeva schiavi gli uomini, tenendoli al loro posto anche quando erano in tanti.
Irrien non era tanto arrogante da credere di non poter mai provare paura, ma la sua prima battaglia non era andata nel modo in cui gli uomini ne parlavano, né la sua cinquantesima. Aveva combattuto su sabbie infuocate e sui ciottoli di viali neri, e seppure ci fosse stata rabbia, eccitazione e addirittura disperazione, non aveva mai provato la paura di altri uomini. Era parte di ciò che rendeva così facile per lui prendere quello che voleva.
Quello che voleva adesso oscillava in lontananza come se il suo pensiero lo avesse evocato, e gli interminabili colpi di remo portavano lentamente il porto di Delo davanti a Irrien. Aveva atteso questo momento, ma non era ciò che aveva sognato. Questo sarebbe arrivato solo non appena avesse fatto tutto, e avesse conquistato tutto ciò che valesse la pena conquistare.
La città era qualcosa di infimo e puzzolente nonostante la sua fama, come tutte le città degli uomini. Non aveva la magnificenza della polvere infinita, o la netta bellezza delle cose fatte dagli Antichi. Come con tutte le città, quando si ammassavano abbastanza persone insieme, questo tirava fuori la loro vera indole, la loro bruttezza e la loro cattiveria. Nessuna pietra elegantemente levigata poteva mascherarla.
Eppure l’Impero per cui formava un cardine era un premio che valeva la pena prende. Irrien si chiese brevemente se i suoi compagni si fossero resi conto dell’errore che avevano commesso nel non andare con lui. Che loro occupassero le sedie di pietra stava a dimostrare la loro ambizione e il loro potere, la loro furbizia e la loro abilità nei giochi politici.
Eppure avevano comunque considerato male le cose. Avevano riflettuto in termini di incursioni gloriose, quando questo poteva essere molti di più. Una flotta di quella dimensione non era lì solo per portare indietro oro e file di schiavi, anche se ci sarebbero state entrambe le cose. Era lì per prendere, e tenere, e stabilirsi. Cos’era l’oro a paragone della terra fertile, libera dalla polvere? Perché trascinare schiavi a una terra ammaccata dalle guerre degli Antichi quando si poteva conquistare la terra dove stavano già così bene? E chi ci sarebbe stato lì ad assicurarsi di ottenere la porzione più ampia possibile di questa nuova terra?
Perché razziare ed andarsene se si poteva spazzare via quello che c’era e poi governare?
Prima però c’erano degli ostacoli da superare. Una flotta stava davanti alla città, se flotta la si poteva chiamare. Irrien si chiese se le barche di ricognizione che avevano mandato avanti fossero già tornate a casa. Se avevano visto cosa li aspettava. Magari non sentiva la paura della battaglia, ma sapeva come insinuarla negli uomini più deboli.
Si alzò per poter vedere meglio e fare in modo che coloro che guardavano dalla riva potessero vedere chi aveva ordinato quell’attacco. Solo quelli con la vista più acuta lo avrebbero riconosciuto, ma voleva che capissero che questa era la sua guerra, la sua flotta, e presto la sua città.
Distinse i preparativi che i difensori stavano apprestando. Le piccole barche che sicuramente sarebbero presto state incendiate. Il modo in cui la flotta si stava dividendo in gruppi pronti a intralciarli. Le armi sul molo, pronte a essere puntate contro di loro non appena fossero arrivati più vicini.
“Il vostro comandante sa gli affari suoi,” disse Irrien, trascinando in piedi il suo prigioniero con la catena. “Chi è?”
“Akila, il miglior generale in vita,” disse l’ex marinaio, poi scorse lo sguardo di Irrien. “Mi perdoni, mio signore.”
Akila. Irrien aveva sentito quel nome, e aveva sentito raccontare molto da Lucio. Akila, che aveva aiutato a liberare Haylon dall’Impero e che aveva resistito contro la loro flotta. Che, si diceva, combatteva con l’astuzia di una volpe, colpendo e spostandosi, andando a segno dove gli avversari meno se lo aspettavano.
“Ho sempre avuto considerazione per i forti avversari,” disse Irrien. “Una spada ha bisogno di ferro per essere affilata.”
Estrasse la sua spada dal fodero di pelle nera, come a mostrare ciò che stava dicendo. La lama era blu e nera di olio, affilata come un rasoio. Era il genere di cosa che avrebbe potuto usare un boia, ma lui aveva imparato il suo equilibrio ed era diventato sufficientemente forte da poterla brandire. Aveva altre armi: coltelli e cavi da strangolamento, una lama a mezzaluna e un pugnale borchiato. Ma era quella che la gente conosceva. Non aveva nome, ma solo perché Irrien credeva che certe cose fossero da sciocchi.
Poté vedere la paura sul volto del suo nuovo schiavo quando la vide.
“Nei tempi antichi i sacerdoti offrivano la vita di uno schiavo prima della battaglia, sperando di sedare la sete di morte prima che fosse preso di mira un generale. Poi si è arrivati a offrire lo schiavo agli dei della guerra, nella speranza che avrebbero mostrato favore nei loro confronti. Inginocchiati.”
Irrien vide l’uomo farlo di riflesso, nonostante il terrore. Forse proprio a causa di quest’ultimo.
“Per favore,” implorò.
Irrien gli diede un calcio, tanto forte da farlo cadere steso a terra supino, la testa che sporgeva oltre la prua della nave. “Ti ho detto di fare silenzio. Resta lì, e sii grato che io non dia seguito alle idee dei sacerdoti o a sciocchezze simili. Se ci sono dei della morte, la loro sete non può essere calmata. Se ci sono quelli della guerra, il loro favore va all’uomo che ha più soldati.”
Si girò nuovamente verso il resto della nave. Sollevò la spada con una mano, e gli schiavi che stavano aspettando istruzioni corsero ad afferrare i corni. Quando lui annuì, i corni suonarono una volta. Irrien vide catapulte e balliste che venivano caricate con proiettili infuocati e tirate indietro.
Rimase in piedi, stagliandosi come una sagoma scura contro la luce del sole, la sua pelle bronzea e gli abiti scuri che lo trasformavano in un’ombra davanti alla città.
“Vi avevo detto che saremmo venuto a Delo, e l’abbiamo fatto!” gridò. “Vi avevo detto che avremmo preso la vostra città, e lo faremo!”
Aspettò fino a che il grido di esultanza si estinse.
“Ho dato ai ricognitori che avevano mandato un messaggio, ed è un messaggio che intendo portare a compimento!” Questa volta Irrien non aspettò. “Ogni uomo, donna e bambino dell’Impero è ora uno schiavo. Chiunque voi incontriate senza il marchio di un padrone è vostro e lo potete prendere, e farne quello che volete. Chiunque affermi di avere delle proprietà vi sta mentendo, e potete prendere tutto. Chiunque ci disobbedisca deve essere punito. Chiunque ci resista è un ribelle, e sarà trattato senza alcuna misericordia!”
Irrien aveva scoperto che la misericordia era un altro di quegli scherzi che la gente amava fingere fossero veri. Perché un uomo avrebbe mai permesso a un nemico di vivere a meno che non ci fosse qualcosa da guadagnare? La polvere insegnava delle semplici lezioni: se eri un debole, morivi. Se eri forte, prendevi quello che potevi dal mondo.
Adesso Irrien intendeva prendere tutto.
L’aspetto più grandioso era quanto vivo si sentisse in quel momento. Si era fatto strada combattendo per diventare Prima Pietra, solo per rendersi conto che non c’era altro posto dove andare. Si era sentito iniziare a stagnare nelle politiche della sua città, a stare ai giochi litigiosi delle altre pietre per divertirsi. Ma questo… questo prometteva di essere molto di più.
“Preparatevi!” gridò ai suoi uomini. “Obbedite ai miei ordini e avremo successo. Fallite e sarete meno della polvere per me.”
Si riportò sul punto dove si trovava ancora l’ex marinaio ora suo schiavo, la testa ancora sporgente oltre il bordo della nave. Probabilmente pensava che fosse tutto qui. Irrien aveva capito che loro speravano che le cose non peggiorassero, invece di vedere il pericolo e agire.
“Saresti potuto morire combattendo,” disse, la grossa spada ancora sollevata. “Saresti potuto morire da uomo, piuttosto che come un penoso sacrificio.”
L’uomo si voltò e lo guardò. “Avete detto… avete detto che non credete a queste cose.”
Irrien scrollò le spalle. “I sacerdoti sono sciocchi, ma la gente crede alle loro sciocchezze. Se questo li ispira a combattere meglio, chi sono io per opporre obiezioni?”