Kitobni o'qish: «Resa a discrezione»
PERSONAGGI
• La Marchesa Elena di Roveglia
• La Contessa Elvira di Francofonte
• La Contessa Gemma Del Pallio
• La Baronessa Masina Roveri
• Il Marchese Teodoro di Roveglia
• Andrea Sarni
• Filippo Landucci
• Paolo D'Aspri
• D'Almèna
• Del Sannio
• Rulfi
• Rubaconti
• Lorenzo Del Pallio
• Enrico Pardi
• Il Cavaliere Lerici
• Anselmo |
• Ambrogio | domestici della Contessa
• Giulia, cameriera
ATTO PRIMO
Salone elegantissimo. La porta comune a sinistra. A destra porta che mette in un salotto donde arrivano fino in scena le voci di più uomini che parlano allegramente con grossi scoppi di risa
SCENA I
Elena, Elvira, Gemma, Masina, Filippo
ELENA
Filippo.
FILIPPO
Eccomi.
ELENA
Chiudete quell'uscio e servite il caffè.
FILIPPO
Subito. (fa per chiudere).
ELVIRA
No, che fate? Almeno si sente quello che dicono. Gli uomini sono così divertenti dopo pranzo.
MASINA
Perchè non vai di là addirittura?
ELVIRA
Se ci fossi io cambierebbero discorso.
ELENA
Che peccato!
GEMMA
O se non lo cambiassero saresti costretta ad arrossire, mentre qui fra donne…
FILIPPO
Brava, ed io?
GEMMA
Come, voi?
FILIPPO
Avete detto qui fra donne. E io cosa sono?
GEMMA
E oramai voi non contate più.
FILIPPO
Che ingratitudine! E poi si lagnano se gli uomini le lasciano in disparte.
ELENA
Non ci lasciano, ce ne stiamo.
FILIPPO
Coll'uscio aperto.
GEMMA
E chi ascolta?
FILIPPO
Le donne hanno sempre un orecchio teso ai discorsi lontani.
ELENA
Quando i vicini non interessano.
FILIPPO
Se è una malignità, non fa colpo; non m'avrò mai per male di cose dette da una donna.
ELENA
Neanche se vi dicessi che siete un impertinente?
FILIPPO
Di questo mi glorierei. (la serve di caffè).
ELENA
Sì, badate a versarmelo adosso.
FILIPPO
Marchesa, siete più nervosa del solito.
ELVIRA
È vero, lo tratti male.
GEMMA
Gli parli così asciutto.
ELENA
La… Filippo. (gli porge la mano).
FILIPPO (baciandola)
Mi piacciono i vostri nervi. Sono gli incerti del mio mestiere.
ELENA
Lo sentite? Mestiere! Con noi esercita il suo mestiere.
FILIPPO
Come devo dire? Arte? L'arte vuole una vocazione e non ne ho nessuna; non sono nel numero degli eletti io. Non c'è mai stata una donna innamorata di me.
ELENA
Chi lo direbbe? (ride).
GEMMA
Ingrato Filippo! (ride).
ELVIRA
È tanto giovine! (ride).
FILIPPO
È inteso, padrone, ridano, non domando di meglio. (serve Gemma) Ce n'ho messo tre pezzi grossi, e una goccia di Cognac.
GEMMA
Bravo.
FILIPPO
Ma intanto eccole tutte occupate dei fatti miei, mentre se ci fosse qui uno degli uomini che sono presi sul serio, tutte loro signore si studierebbero di mostrargli una grande noncuranza… salvo forse a ripagarlo…
ELENA
Oh… oh… oh!
FILIPPO
Parlo delle donne in genere. (serve Elvira) Contessa.
ELVIRA
Grazie.
FILIPPO
Ebbene io mi contento del mio piccolo successo palese… Non do ombra, mi lascio deridere, ad un altro direbbero: favorite di fare… a me si dice: fate. Ricevo ordini e li eseguisco, e servo di zimbello per attirare i tordi. Quando una signora vuole stimolare colla gelosia qualche Narciso ricalcitrante, mi fa l'occhietto dolce a me, quando vuole aver l'aria di fargli un sacrifizio mi manda a spasso; e a questo mestiere, mestiere, Marchesa, se non seggo a tavola, qualche briciola da raccattare, c'è sempre. Io sono il mendicante che raccatta le briciole.
ELENA
Voi siete un vanitoso che vuol far credere ai proprii successi.
FILIPPO
Infatti mi è più caro mi si attribuisca a torto l'amore di una donna, che possederlo davvero in segreto.
ELENA
Siete più sincero degli altri, dacchè lo dite. Ecco tutto.
FILIPPO
E aggiungerò che una certa società che giudica della vostra a distanza…
ELENA
Vi attribuisce su di noi tutti i trionfi immaginabili.
FILIPPO
Io nego sempre.
ELENA
S'intende, senza di ciò non lo crederebbero. Ma ce lo meritiamo. Noi ci pavoneggiamo degli uomini come di gioielli, è naturale ch'essi ci rendano la pariglia. Non c'è uno, dico, non uno degli uomini che abbiamo respinto, che creda alla nostra virtù. Diranno che non ebbero le circostanze a seconda, che siamo fatte di marmo, senza cuore e senza immaginativa.
FILIPPO
Quello che si dice di voi.
ELENA
Quello che si dice di me. Che volete che pensi dei fatti nostri, la gente che non ci conosce, se gli amici ne fanno questo giudizio! – Noi mettiamo ogni studio a dare il peggior concetto possibile dei nostri costumi. Tolleriamo in casa dei discorsi che ci farebbero arrossire a leggerli. Se in teatro si parlasse come parliamo noi, come parlo io molte volte, tutti griderebbero allo scandalo ed alla calunnia, io per la prima. La suprema eleganza è una suprema spavalderia di sicurezza. Riconduciamo a casa, la notte, nella nostra carrozza, seduto al nostro fianco, un uomo che passò la serata a dirci che siamo belle. È vero che ce lo dicono così male! L'uomo che ci era ignoto ieri, oggi lo chiamiamo amico, gli scriviamo un biglietto domani. Ostentiamo una dimestichezza universale, senza intimità, senza poesia, e quindi senza pericoli. La poesia poteva riuscire a turbarci il cuore, ora messe al sicuro, amiamo di scherzare col fuoco. In apparenza siamo cinicamente corrotte, lo siamo timidamente in realtà. In fondo siamo scoraggite. Parliamo d'amore ad ogni momento perchè non ci crediamo più. L'amore è morto e seppellito.
FILIPPO
Boum!!!
ELENA
Si vede che frequentate certi amici…
FILIPPO
E quali?
ELENA
Sapete dove va la sera uscendo di casa nostra? Va all'ufficio, alla direzione, so io come la chiamano, di un giornale…
FILIPPO
Ci sono stato ieri sera, la prima volta in vita mia. Mi ci ha portato un amico per vedere da vicino un uomo che sarà celebre un giorno, se campa.
MASINA
Chi?
FILIPPO
Un uomo che parte domani per il Polo-Nord. Pare che al Polo si debba trovare la soluzione di certi problemi di fisica. Uno scienziato.
GEMMA
Un vecchio?
FILIPPO
No, giovane, più giovane di me, e un bel giovane anche.
GEMMA
Dev'esser bello, se siete andato apposta per vederlo.
FILIPPO
Mi rincresce di non potervelo presentare.
ELENA
Oh guardate, sarà qui a momenti. Mio zio Teodoro gli ha dato appuntamento in casa mia, perchè gli deve consegnare una certa lettera di raccomandazione, e non osa farlo salire sino al Macao. Come vedete, a volerlo conoscere non ci occorre la vostra protezione.
FILIPPO
Sapete, Marchesa, perchè mi punzecchiate tanto? Perchè quei signori, fra cui c'è il mio amico Paolo, stanno di là a fumare invece di venir qui a farvi la corte.
ELENA
Giusto! tanto giusto che… guardate, (va alla porta a destra e chiama) Paolo!
GEMMA (a Filippo)
È lei che lo chiama.
FILIPPO
La Marchesa? lo può fare senza pericolo; è invulnerabile.
ELVIRA
Si capisce, la vedovanza le ha tolto la maggiore causa di debolezza che abbia una donna.
MASINA
Che è?
FILIPPO
Il marito.
ELENA (dopo aver chiamato Paolo è andata a scaldarsii piedi al caminetto a sinistra)
Badate che sento.
FILIPPO
Ci ho gusto. Ho detto che siete invulnerabile.
ELENA
È vero, e mi annoio.
SCENA II
Paolo e detti
PAOLO
Mi avete chiamato, Marchesa?
ELENA
Sì, mi pare mezz'ora fa.
PAOLO
D'Almèna raccontava una storia così lepida!
ELENA
È finita?
PAOLO
Sì.
ELENA
Allora rimanete qui.
PAOLO
Oh! ancora una sigaretta! Una sola. Ci avete dato un pranzo tanto delizioso!
ELENA
Grazie per il mio cuoco. Anzi guardate là, in quello stipetto, c'è una scatola di sigari che m'ha portato lo zio dall'Avana.
PAOLO
Questa?
ELENA
Sì, sono lunghi un palmo, durano tre quarti d'ora.
PAOLO
Ah troppo! (depone la scatola).
ELENA
D'Almèna avrà bene un'altra storia da raccontare.
PAOLO
Vi domando perdono, lasciatemi qui.
ELENA
Mi fate la grazia di prendere quella scatola e d'offrirne di là.
PAOLO
Obbedisco. (via colla scatola a destra).
SCENA III
Detti meno Paolo
ELENA
Filippo, riconosco che siete il fiore della cavalleria. Quello è un uomo che mi fa la corte.
GEMMA
Almeno si dice.
ELENA
È vero; a segno che mi hanno già fidanzata con lui più volte.
GEMMA
La voce è messa in giro da lui.
ELENA
Non lo credo.
ELVIRA
Il suo stesso contegno di or ora lo prova. Ha mostrato una scortesia affatto…
FILIPPO
Maritale.
SCENA IV
Detti, Paolo, Lorenzo, Enrico, D'Almèna, Del Sannio, Rulfi e Rubaconti
D'ALMÈNA (ad Elena)
Siete proprio in collera?
ELENA
Perchè in collera?
D'ALMÈNA
Perchè siamo stati di là tanto tempo.
ELENA
Oh!
PAOLO (mostrandole la scatola)
Ma la scatola è intatta, non se n'è preso uno.
ELENA
Questo è un tratto da cavaliere antico. Che discorso devo fare io per ringraziarvi d'aver risparmiati i miei sigari, e d'aver avuto pietà di noi? Se sapeste come languiva la conversazione! Un' altra volta ve ne preghiamo colle mani giunte, non private più la nostra società del suo più bell'ornamento.
D'ALMÈNA
Il più bell'ornamento siete voi.
ELENA
Ah! che madrigale! Pubblichiamolo subito. Signori e signore: D'Almèna mi ha detto una cosa gentile.
D'ALMÈNA
È così facile, Marchesa!
ELENA
E due. Fatemi la corte, D'Almèna, vi do perfino licenza di spargere la voce che sono disposta a sposarvi, come sembra abbia fatto il vostro amico Paolo.
PAOLO
Io?
ELENA
Non è vero?
PAOLO
Affatto! e non so chi abbia potuto dire…
ELENA
Queste signore… or ora.
ELVIRA
Ah! è un tradimento!
PAOLO
Come?
ELENA
Vedete? Non occorre far nomi. Sbrigatevela con lei.
PAOLO (va a sedere vicino ad Elvira)
Contessa, mi spiegherete! (discorrono).
ELENA (a D'Almèna)
Dunque?
D'ALMÈNA
Dunque?
ELENA
Mi fate la corte?
D'ALMÈNA
È bella e fatta.
ELENA
Sareste disposto a commettere delle pazzie per me?
D'ALMÈNA
Qualunque cosa facessi sarebbe un atto ragionevole. Una sola forse meriterebbe il nome di pazzia.
ELENA
Ed è?
D'ALMÈNA
L'innamorarmi seriamente di voi.
ELENA
Non sarebbe una pazzia, sarebbe un'assurdità.
D'ALMÈNA
Se m'accompagnate in capo al mondo ci vado.
ELENA
La pazzia la commetterei io. Bel merito!
D'ALMÈNA
Che colpa ci ho, se per guadagnarmi le vostre grazie non conosco nulla che mi costi fatica!
ELENA
Che miseria! Ecco un uomo di spirito che non sa immaginare un solo atto di sacrifizio per conquistare l'amore d'una donna.
D'ALMÈNA
Le donne non sanno più inspirare eroismi.
ELENA
Oh! datemi un uomo meno infiacchito di tutti voi e vedrete.
FILIPPO
È giusto! le sole pazzie meritorie sono quelle dei savi.
D'ALMÈNA
E dato quell'uomo forte, vi proporreste di fargli andare la testa in giro?
ELENA
Come una trottola; non fosse che per vendicarmi.
D'ALMÈNA
Di che?
ELENA
Della vostra presunzione che vi rende perfino scortesi.
SCENA V
Anselmo e detti
ANSELMO
La carrozza della Contessa di Francofonte, la carrozza della Baronessa Roveri. (via).
ELVIRA
Addio, Elena. (si alza).
ELENA
Che fretta!
ELVIRA
Alle nove vengono da me gli amici di mio marito, se tardo se ne vanno. Gli uomini non sanno più aspettare. Mi accompagnate, Rulfi?
ELENA
Oh vedrai che non potrà. Gli uomini si fanno pregare ora.
RULFI
Infatti devo andare all'Apollo. Stassera fanno il ballo prima dell'Opera.
ELENA
Allora si capisce.
ELVIRA
Voi D'Aspri?
PAOLO
Ho appuntamento all'Apollo anch'io: anzi, Contessa, dovreste metterci voi sino alla porta del teatro. L'allungate di così poco.
ELVIRA
Ma sì, figuratevi! Buona sera. (saluta. Elena accompagna Elvira fino all'uscio, chiacchere e risa, via Elvira, Paolo e Rulfi).
RUBACONTI (a Lorenzo)
Vieni?
LORENZO
Volevo proportelo, mi secco… io dopo pranzo…
RUBACONTI
Hai bisogno d'aria come me.
LORENZO
Aspetta, avverto mia moglie.
RUBACONTI
Fai…
LORENZO (va presso Gemma e le dice)
Io vado, sai?
GEMMA
Benissimo.
LORENZO (torna a Rubaconti)
Andiamo?
RUBACONTI
Guarda, s'alza la Baronessa. (Masina s'alza e saluta i vicini). Andiamocene nella confusione a modo della Corte. (si ecclissano senza esser veduti).
MASINA (in piedi ad Elena)
Vado anch'io.
ELENA
Buona sera.
MASINA
Ho un posto in carrozza. Chi viene dalle mie parti?
ENRICO
Io.
MASINA
Bravo. Ah! mentre mi ricordo, Elena, quella famosa ricamatrice non ha finito ancora?
ELENA
La colpa è d'Enrico che doveva disegnare le cifre.
ENRICO
Oh, guarda!
MASINA
Ve ne siete scordato?
ENRICO
Del tutto. Ma le disegnerò stassera, mi faccio un nodo al fazzoletto.
ELENA
Senza di che…
MASINA
E me le porterete domani?
ENRICO
Mi darete da pranzo?
MASINA
Sarà un doppio favore che mi fate. (a tutti) Addio. (va ad Elena) Rimani. (via Masina, Enrico, Lorenzo e Rubaconti).
SCENA VI
Elena, Gemma, Filippo, D'Almèna, Del Sannio, poi Teodoro
ELENA
Eh! che galanteria! tutti così.
D'ALMÈNA
E voi ve ne affliggete?
ELENA
Vorrei poter far del male a qualcheduno.
D'ALMÈNA
C'è Filippo per questo.
ELENA
Non basta. (entra Teodoro) Oh, zio!
TEODORO (la bacia in fronte poi saluta Gemma)
Contessa. Non è venuto ancora il mio protetto?
ELENA
No.
GEMMA
Ah! il viaggiatore! Come si chiama?
TEODORO
Il dottor Sarni. Gli ho detto alle nove e mezzo.
ELENA
Sono le nove.
TEODORO
Tu mi cederai un tuo salotto per riceverlo.
GEMMA
E perchè non in questo?
TEODORO
Non sarebbe caritatevole lasciargli indovinare le delizie del soggiorno di Roma, nel momento che sta per intraprendere un viaggio da cui è miracolo se torna.
ELENA
Ma se lo credi un viaggio così pericoloso, perchè lo aiuti ad andarci?
TEODORO
Io non sono il custode del genere umano, e tanto meno dei signori professori, dottori, scrittori, compositori, seccatori e compagnia bella: ci pensino da sè, che la sanno lunga. La spedizione è allestita dal governo Svedese che avea promesso un posto al dottor Sarni. Ma i posti sono pochi ed all'ultimo momento due ufficiali Russi sollecitano l'imbarco: se l'ottengono, il Sarni è scartato. La cosa sarà decisa fra otto giorni e il dottore sapendo che io fui ministro a Stoccolma e che sono amicissimo di quel Presidente del Consiglio, venne da me per una commendatizia un po' calorosa presso quest'ultimo. Ho promesso di scriverla e m'è venuto un fiore d'eloquenza. Nel mio mestiere ho imparato che bisogna sempre aver l'aria di dar molta importanza agli uomini di studio. Quando sapremo se esiste un mare chiuso piuttosto che un mare libero e che ragione hanno i fenomeni elettrici, non avremo rubato il bacino al barbiere e non occorrerà allo Stato nè uno scrigno di più, nè un carabiniere di meno. Ma gli uomini che hanno il coraggio di affrontare un simile viaggio è meglio che lo facciano. Rimanendo in patria, sarebbero capaci di vagheggiare Dio sa che progressi di civiltà e di metterci sossopra ogni cosa.
ELENA
Oh, oh, lo credi da tanto?
TEODORO
Avessi sentito con che fuoco perorava la sua causa! Neanche per andare a nozze. Con che serietà parlava del dovere che ha ogni uomo di giovare agli uomini e di mettere la vita per lo scoprimento di una verità. Non c'è che dire, è un uomo forte.
D'ALMÈNA
Oh! un uomo forte! sentite, Marchesa?
ELENA
E con ciò?
D'ALMÈNA
Un uomo forte. E il vostro proposito di poc'anzi di far andare la testa in giro al primo che aveste incontrato?
ELENA
Parte.
FILIPPO
Buon per voi che non siete esposta…
ELENA
Ad uno scacco? Oh sì che sarebbe così difficile!
GEMMA
Andiamo colle bravate! Ora ti vanteresti di non lasciarlo partire?
ELENA
Gran cosa! Che ne dite D'Almèna?
D'ALMÈNA
Non dico nulla.
ELENA
Non credete che se volessi?
GEMMA
Ma non vuoi.
ELENA (a Teodoro)
Quando parte il tuo dottore?
TEODORO
Posdomani.
ELENA
Presto. È ben deciso di partire?
TEODORO
Irrevocabilmente.
ELENA
Se riuscissi a trattenerlo, che ne direste, D'Almèna?
D'ALMÈNA
Non sarebbe il modo d'ispirargli l'eroismo.
ELENA
Ma vi mostrerei che si possono ottenere dei sagrifizi. Va la scommessa?
D'ALMÈNA
Scherziamo, eh?
TEODORO
Io ci avrei un gusto matto.
FILIPPO
E le vostre paure come agitatore?
TEODORO
Oh! in quelle mani…!
ELENA
Intendiamoci. È un uomo di mondo?
TEODORO
Conosco dei duchi che lo sono meno di lui.
ELENA
Quel viaggio non gli deve fruttar denaro?
TEODORO
Glie ne costa.
ELENA
Va la scommessa? Chi tiene?
GEMMA
Io…
ELENA
Tu? Tu sostieni che parte?
GEMMA
Certo.
D'ALMÈNA
La contessa è la sola persona qui che possa senza scortesia dubitare della riuscita.
ELENA
Oh, state pure dalla sua; non me n'ho per male. Va la scommessa?
FILIPPO
In che termini?
ELENA
Io sostengo che quel signore che deve venir qui ora, il Dottor… non rammento nemmeno il nome, guardate.
FILIPPO
Sarni.
ELENA
Il dottor Sarni, non partirà per il suo viaggio polare.
FILIPPO
Io sto per la Marchesa.
ELENA
No, no. Voglio esser sola. (a Gemma) Vada fra noi due.
GEMMA
Che va?
ELENA
La statua in bronzo della Tuffolina che mi volevano regalare il giorno della mia festa.
D'ALMÈNA
Ah! per la vita d'un uomo!
ELENA
Glie la salvo la vita.
GEMMA
È detta.
ELENA
Siate testimoni. (le due si stringono la mano). Zio, dammi la lettera commendatizia. (a Gemma) Ti do la mia parola d'onore che quella lettera… (a Teodoro) Quando hai detto che intende partire?
TEODORO
Posdomani mattina.
ELENA
Ebbene che prima di domani sera il sig. Sarni avrà quella lettera.
GEMMA
Va bene.
ELENA (a Teodoro)
Me la dài?
TEODORO
Eccola. (le consegna la lettera).
D'ALMÈNA
Oh, Marchese!
TEODORO
Detesto gli uomini superiori.
ELENA
E ora, zio, ti mando via.
TEODORO
Ah!
ELENA
Naturale, se ci sei tu non posso rimettere a domani la consegna della lettera.
TEODORO
Giusto.
ELENA
Le nove e tre quarti.
ANSELMO (entrando)
La carrozza della Contessa del Pallio.
GEMMA
Posso rimanere?
ELENA
Anzi vedrai che poche arti ci vogliono.
(ad Anselmo)
Anselmo, quando verrà un signore a cercare di mio zio lo farete passare.
ANSELMO
Sissignora. (via).
TEODORO
Addio.
ELENA
Ah! Sveglia Del Sannio e portalo con te. Non voglio che il tuo eroe possa credere che la nostra compagnia concilia il sonno. Almeno questo.
TEODORO
Giusto. (scuote Del Sannio) Oh giovinotto!
DEL SANNIO
Eh!
TEODORO
Andiamo?
DEL SANNIO
Subito. Chiudono? (mezzo insonnito va a prendere il cappello ed accenna ad avviarsi con Teodoro).
FILIPPO
Crede di essere al Club.
ELENA
Ciò vendica i nostri saloni.
TEODORO (a Del Sannio)
Non salutate?
DEL SANNIO
Oh diavolo! Cara Marchesa.
ELENA
Vi ringrazio della bella serata che ci avete fatto passare.
DEL SANNIO
Che dite?.. Sono io che…
TEODORO
Presto.
DEL SANNIO
Vengo. Contessa! (s'avvia, quando è vicino a Teodoro gli dice) Oh! Marchese, scusate, non vi avevo conosciuto.
TEODORO
La cimmeria nebbia, come dicono i classici.