Kitobni o'qish: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7»
CAPITOLO XXXVII
Origine, progresso ed effetti della vita monastica. Conversione de' Barbari al Cristianesimo, ed all'Arrianismo. Persecuzione de' Vandali nell'Affrica. Estinzione dell'Arrianismo fra' Barbari.
L'inseparabile connessione degli affari civili ed ecclesiastici mi ha dato motivo ed aiuto a riferire il progresso, le persecuzioni, lo stabilimento, le divisioni, il pieno trionfo e la successiva corruzione del Cristianesimo. Ma ho differito o bella posta l'esame di due religiosi avvenimenti, di conseguenza nello studio della natura umana, ed importanti nella decadenza e rovina del Romano Impero, cioè I. l'istituzione della vita monastica1; e II. la conversione de' Barbari Settentrionali.
I. La prosperità e la pace introdusse la distinzione fra' Cristiani volgari, e gli Ascetici2. La coscienza della moltitudine si contentava d'una larga ed imperfetta pratica di Religione. Il Principe o il Magistrato, il Soldato o il Mercante conciliarono il fervido loro zelo, e l'implicita fede loro coll'esercizio della propria professione, con la cura de' loro interessi, e colla condiscendenza delle passioni: ma gli Ascetici, che volevan osservare i rigorosi precetti dell'Evangelo, e talvolta ne abusavano, furono eccitati da quel selvaggio entusiasmo, che rappresenta l'uomo come un delinquente, e Dio come un tiranno. Essi rinunziarono seriamente agli affari, ed a' piaceri del secolo; rigettarono l'uso del vino, della carne e del matrimonio; gastigarono il proprio corpo, mortificarono le loro passioni, ed abbracciarono una vita di miseria come un prezzo dell'eterna felicità. Nel tempo di Costantino gli Ascetici fuggivano da un Mondo profano e degenerato, ad una perpetua solitudine o società religiosa. Come i primi Cristiani di Gerusalemme3 rinunziarono l'uso o la proprietà de' loro beni temporali; fondarono delle comunità regolari di persone del medesimo sesso, e d'uniforme disposizione; e presero i nomi d'Eremiti, di Monaci e di Anacoreti, esprimenti la solitaria lor vita in un deserto naturale, o artificiale. Essi acquistaron ben presto il rispetto del Mondo, che disprezzavano; e si fece il più alto applauso a questa Divina Filosofia4, che sorpassava, senza l'aiuto della scienza o della ragione, le laboriose virtù delle scuole Greche. In vero i Monaci potevan contendere con gli Stoici nel disprezzo della fortuna, del dolore, e della morte; si rinnovò nella servile lor disciplina il silenzio, e la sommissione de' Pittagorici; e sdegnarono con una fermezza uguale a quella de' Cinici stessi ogni formalità, e decenza della civil società. Ma i seguaci di tal divina filosofia aspiravano ad imitare un modello più puro, o più perfetto. Seguitavano le vestigia de' Profeti, che si erano ritirati nel deserto5; e fecero risorgere la vita devota, e contemplativa, che si era introdotta dagli Esseni, nella Palestina e nell'Egitto. L'occhio filosofico di Plinio aveva osservato con sorpresa un Popolo solitario, che abitava fra le palme vicino al Mar Morto, che sussisteva senza danaro, si propagava senza donne, e traeva dal disgusto e dal pentimento dell'uman genere, un perpetuo rinforzo di volontari associati6.
L'Egitto, fecondo padre di superstizione, somministrò il primo esempio della vita monastica. Antonio7, inculto8 giovane delle parti più basse della Tebaide, distribuì il suo patrimonio9, abbandonò la propria famiglia, e la casa nativa, e compì la sua monastica penitenza con originale ed intrepido fanatismo. Dopo un lungo e penoso noviziato fra' sepolcri, e in una torre rovinata, s'avanzò arditamente nel deserto per tre giornate di cammino all'oriente del Nilo; scoprì un luogo solitario, che aveva i vantaggi dell'ombra e dell'acqua, e fermò l'ultima sua dimora sul monte Colzim, vicino al Mar Rosso, dove un antico monastero tuttavia conserva il nome, e la memoria del Santo10. La curiosa devozione de' Cristiani lo seguitò fino al deserto; e quando fu costretto a comparire in Alessandria in faccia al Mondo, sostenne la sua fama con dignità, e discretezza. Ei godè l'amicizia d'Atanasio, di cui approvò la dottrina; e l'Egizio abitator delle selve rispettosamente evitò un rispettoso invito dell'Imperator Costantino. Il venerabile Patriarca (poichè Antonio giunse all'età di centocinque anni) vide la numerosa progenie, che si era formata, seguitando l'esempio e le lezioni di esso. Le prolifiche colonie de' Monaci si moltiplicarono con rapido progresso nelle arene della Libia, su' massi della Tebaide, e nelle città del Nilo. Al mezzodì d'Alessandria, la montagna ed il vicino deserto di Nitria eran popolati da cinquemila Anacoreti; ed il viaggiatore può tuttavia investigar le rovine di cinquanta monasteri, che furono fondati su quello sterile suolo da' discepoli d'Antonio11. Nella Tebaide Superiore fu occupata la vacante Isola di Tabenna12 da Pacomio, e da millequattrocento dei suoi confratelli. Questo Santo Abbate fondò successivamente nove Monasteri di uomini, ed uno di donne; e la festa di Pasqua riuniva tal volta cinquantamila religiose persone, che seguivano l'Angelica sua regola di disciplina13. La grande e popolata città d'Ossirinco, la sede dell'Ortodossia cristiana, avea destinato i tempj, i pubblici edifizi, e fino le mura a pii e caritatevoli usi; ed il Vescovo, che poteva predicare in dodici chiese, contò diecimila maschi, e ventimila femmine della professione monastica14. Gli Egizi, che si gloriavano di tal maravigliosa rivoluzione, eran disposti a sperare ed a credere, che il numero de' Monaci fosse uguale al resto del Popolo15; e la posterità potrebbe ripetere quel detto, che fu anticamente applicato agli animali sacri del medesimo paese, cioè, che in Egitto era meno difficile di trovare un Dio, che un uomo.
Atanasio introdusse in Roma la cognizione, e la pratica della vita monacale; ed i discepoli d'Antonio, che accompagnarono il loro Primate alla sacra soglia del Vaticano, aprirono una scuola di questa nuova filosofia. Lo strano e selvaggio aspetto di quegli Egizi a principio eccitò dell'orrore o del disprezzo, ma in seguito dell'applauso, ed un'ardente imitazione. I Senatori, e specialmente le matrone, trasformarono i palazzi e le ville loro in case religiose, ed il ristretto istituto di sei Vestali restò ecclissato da frequenti monasteri, che si edificarono sulle rovine degli antichi Tempj, ed in mezzo al Foro Romano16. Un giovane Siro, chiamato Ilarione17, infiammato dall'esempio d'Antonio, fissò l'orrida sua dimora in un arenoso lido, fra il mare ed una palude, circa sette miglia distante da Gaza. L'austera penitenza, nella quale persistè per quarantotto anni, sparse un simil entusiasmo negli altri; ed allorchè il sant'uomo visitava gl'innumerabili Monasteri della Palestina, aveva un seguito di due o tremila Anacoreti. La fama di Basilio18 è immortale nell'istoria monastica dell'Oriente. Con uno spirito, che avea gustato la dottrina e l'eloquenza di Atene, e con un'ambizione da potersi appena contentare dell'Arcivescovato di Cesarea, Basilio si ritirò in una deserta solitudine del Ponto: e si degnò, per un tempo, di prescriver le leggi alle spirituali colonie ch'egli abbondantemente sparse lungo la costa del Mar Nero. Nell'Occidente, Martino di Tours19, soldato, eremita, Vescovo e Santo, fondò i Monasteri della Gallia; duemila de suoi discepoli l'accompagnarono al sepolcro; ed il suo eloquente Istorico sfida i deserti della Tebaide a produrre, in un clima più favorevole, un campione d'ugual virtù. Il progresso dei Monaci non fu meno rapido, od universale, di quello del Cristianesimo stesso. Ogni provincia, ed in fine ogni città dell'Impero era piena de' loro ceti che andavan sempre crescendo: e le aspre e nude isole, che sorgono fuori del Mar Toscano, da Lerino a Lipari, si scelsero dagli Anacoreti, per luogo del loro volontario esilio. Un facile e continuo commercio per mare e per terra univa fra loro le Province del Mondo Romano; e la vita d'Ilarione mostra la facilità, con cui un indigente Eremita della Palestina potè attraversare l'Egitto, imbarcarsi per la Sicilia, fuggire nell'Epiro, e finalmente approdare all'Isola di Cipro20. I Cristiani Latini abbracciarono gl'istituti religiosi di Roma. I pellegrini, che visitavan Gerusalemme, difficilmente copiarono, ne' climi della terra più distanti fra loro, il genuino modello della vita monastica. I discepoli d'Antonio si sparsero di là dal Tropico, sotto l'Impero Cristiano dell'Etiopia21. Il monastero di Banchor22 in Flintshire, che conteneva più di duemila Monaci, diffuse una numerosa colonia fra' Barbari dell'Irlanda23; e Jona, una dell'Ebridi, che fu coltivata da' Monaci Irlandesi, sparse nelle regioni settentrionali un dubbioso raggio di scienza e di superstizione24.
Quest'infelici esuli dalla vita sociale, venivano mossi dall'oscuro ed implacabile genio della superstizione. L'esempio di milioni di persone d'ambedue i sessi, d'ogni età, e d'ogni grado serviva di mutuo sostegno ad altri per farli risolvere ad abbracciar quella vita, ed ogni proselito, ch'entrava in un Monastero, era persuaso ch'ei camminava per l'aspro e spinoso sentiero dell'eterna felicità25. Ma questi religiosi motivi operavano in varie maniere, secondo il Carattere, e la situazione delle persone. La ragione potea vincere, o la passione sospendere la loro forza; ma essi agivano più vigorosamente su' deboli spiriti de' fanciulli, e delle donne; si avvaloravano da segreti rimorsi, o da accidentali disgrazie; e potevano trarre qualche vantaggio da temporali riflessi di vanità, o d'interesse. Naturalmente si supponeva che gli umili e pii Monaci, che avevano abbandonato il Mondo per attendere alla lor salvazione, fossero i più adattati al governo spirituale de' Cristiani. Si tirava l'eremita ripugnante dalla sua cella, e collocavasi, fra le acclamazioni del popolo, sulla sede Episcopale, i Monasteri dell'Egitto, della Gallia, e dell'Oriente somministrarono una regolar successione di Santi e di Vescovi; e l'ambizione tosto scoprì la segreta strada che conduceva al possesso delle ricchezze, e degli onori26. I Monaci popolari, la riputazione de' quali era connessa con la fama e la prosperità dell'Ordine, continuamente cercavano di moltiplicare il numero degli schiavi loro compagni. Si insinuavano nelle nobili ed opulente famiglie, ed impiegavano le speciose arti dell'adulazione, e della seduzione per assicurarsi que' proseliti, che potevano apportar dignità, o ricchezze alla professione monastica. Lo sdegnato padre piangeva la perdita d'un figlio forse unico27; la credula fanciulla era indotta dalla vanità a violare le leggi della natura; e la Matrona aspirava ad un'immaginaria perfezione, rinunziando alle virtù della vita domestica. Paola cedè alla persuasiva eloquenza di Girolamo28; ed il titolo profano di Suocera di Dio29 tentò quell'illustre vedova a consacrar la verginità d'Eustochia, sua figlia. Per consiglio ed in compagnia della spirituale sua guida, Paola abbandonò Roma, ed il suo piccolo figlio; si ritirò al santo villaggio di Betlemme: fondò un ospedale, e quattro Monasteri; ed acquistò, mediante la sua penitenza ed elemosine, un eminente e cospicuo posto nella Chiesa Cattolica. Tali rari ed illustri penitenti venivano celebrati come la gloria, e l'esempio del loro secolo: ma i Monasteri s'empivano d'una folla di oscuri ed abietti plebei30, che nel chiostro guadagnavano molto più di quel che avessero sacrificato nel Mondo. I contadini, i servi e gli artefici potevan passare dalla povertà e dal disprezzo ad una sicura ed onorevole professione, gli apparenti travagli della quale venivano mitigati dall'uso, dall'applauso popolare, e dal segreto rilassamento della disciplina31. I sudditi di Roma, le persone e sostanze de' quali eran sottoposte a diseguali ed esorbitanti tributi, si ritiravano dall'oppressione del Governo Imperiale; ed il giovane pusillanime preferiva la penitenza d'una vita Monastica a' pericoli della milizia. Gli atterriti Provinciali d'ogni ceto, che fuggivano da' Barbari, vi trovavan rifugio e sussistenza; e delle intere legioni si seppellivano in que' religiosi santuari, e la medesima causa, che sollevava l'angustia degl'individui, diminuiva la forza, ed il vigor dell'Impero32.
La professione monastica degli antichi33 era un atto di volontaria devozione. L'incostante fanatico era minacciato bensì dell'eterna vendetta di quel Dio, che abbandonava; ma le porte del Monastero eran sempre aperte al suo pentimento. Que' Monaci, la coscienza de' quali era invigorita dalla ragione, o dalla passione, erano liberi di ripigliare il carattere di uomini e di cittadini, ed anche le spose di Cristo potevano ricevere i legittimi abbracciamenti d'un amatore terreno34. Gli esempi di scandalo, ed il progresso della superstizione suggerirono la convenienza di più forti legami. Dopo una sufficiente prova, si assicurava la fedeltà del novizio mediante un solenne e perpetuo voto, e veniva ratificato l'irrevocabil suo vincolo dalle Leggi della Chiesa, e dello Stato. Un reo fuggitivo era inseguito, arrestato o ricondotto alla perpetua sua prigione; e l'interposizione de' Magistrati opprimeva la libertà ed il merito, che aveva, in qualche modo, alleviato l'abietta schiavitù della disciplina monastica35. Eran dirette le azioni, le parole e fino i pensieri d'un Monaco da un'inflessibile regola36, o da un Superiore cappriccioso: lo mancanze più tenui si correggevano con la vergogna, con la prigionia, con digiuni straordinari, o con sanguinose flagellazioni, e la disubbidienza, il lamento, o l'indugio si risguardavano come i più odiosi delitti37. Una cieca sommissione agli ordini dell'Abbate, per quanto potessero sembrare assurdi, o tendenti al delitto, era il principio fondamentale e la prima virtù de' Monaci Egiziani; e spesso esercitavasi la loro pazienza co' più stravaganti sperimenti. Veniva ordinato loro di muovere un masso enorme, d'annaffiare continuamente un bastone secco piantato nel suolo, finattantochè al termine di tre anni vegetasse e germogliasse come un albero, d'entrare in una fornace ardente, o di gettare i loro figliuolini in un profondo stagno: e molti santi, o pazzi, hanno acquistato nella storia monastica una fama immortale per la loro inconsiderata e pronta ubbidienza38. La libertà dello spirito, ch'è la sorgente d'ogni generoso e ragionevole sentimento, era distrutta dall'abitudine della credulità e della sommissione; ed il Monaco, assuefacendosi a' vizi dello schiavo, devotamente seguiva la fede e le passioni dell'ecclesiastico suo tiranno. La pace della Chiesa orientale fu attaccata da uno sciame di fanatici, incapaci di timore, di ragione, o d'umanità e le truppe Imperiali confessavano senza vergogna, che temevano meno l'incontro de' più fieri Barbari39.
Spesso la superstizione ha formato, e consacrato i capricciosi abiti de' Monaci40: ma talvolta l'apparente loro singolarità nasce anche dall'uniforme attaccamento, che hanno ad una semplice o primitiva maniera di vestire, che le rivoluzioni della moda hanno poi resa ridicola agli occhi degli uomini. Il Padre de' Benedettini espressamente disapprova qualunque idea di particolarità, o distinzione, e sobriamente esorta i suoi discepoli ad abbracciare l'abito comune e proprio de' luoghi dove si trovano41. Le vesti monastiche degli antichi variavano col clima, e con la loro maniera di vivere; e prendevano coll'istessa indifferenza la pelle di pecora de' contadini Egizi, o il pallio de' Filosofi greci. Facevan uso del lino in Egitto, dove si lavorava comunemente, ed a poco prezzo: ma in Occidente rigettavano questo capo dispendioso di lusso forestiero42. I Monaci avevano il costume di tagliarsi, o di radersi i capelli, nascondevano il capo in un cappuccio, per evitare la vista degli oggetti profani; andavano con le gambe e co' piedi nudi, eccettuato il tempo dell'estremo freddo dell'inverno; ed i loro lenti e deboli passi erano sostenuti da un lungo bastone. L'aspetto d'un vero anacoreta era orrido e disgustoso: ogni sensazione dispiacevole all'uomo, si credeva gradita a Dio; e l'angelica regola di Tabenna condannava il salutevol costume di bagnarsi le membra nell'acqua, o d'ungerle con olio43. Gli austeri Monaci dormivano sulla terra sopra una dura stoia, o su rozzi panni; e l'istesso fascio di foglie di palma serviva loro per sedere il giorno, e di capezzale la notte. Le prime lor celle erano basse ed anguste capanne formate de' più tenui materiali che, mediante una regolar distribuzione di strade, facevano un grosso e popolato villaggio, il quale nel comune recinto conteneva una Chiesa, uno spedale, talvolta una libreria, alcune manifatture necessarie, un giardino ed una fontana, o conserva d'acqua fresca. Trenta, o quaranta fratelli componevano una famiglia, nel vitto e nella disciplina separata dalle altre, ed i grandi Monasteri dell'Egitto eran composti di trenta, o quaranta famiglie.
Nel linguaggio de' Monaci, piacere e delitto eran termini sinonimi, ed essi avevan conosciuto per esperienza, che i rigorosi digiuni, e l'astinenza nel cibo sono i più efficaci preservativi contro i desiderj impuri della carne44. Le regole d'astinenza, ch'essi stabilirono o praticarono, non erano uniformi, o perpetue; la lieta solennità della Pentecoste veniva bilanciata dalla straordinaria mortificazione della Quaresima; il fervore de' nuovi monasteri appoco appoco s'andò rilassando, ed il vorace appetito de' Galli non poteva imitare la paziente e temperata virtù degli Egizi45. I discepoli d'Antonio, e di Pacomio eran contenti della lor giornaliera porzione46 di dodici once di pane, o piuttosto di biscotto47, ch'essi dividevano ne' due frugali pasti del mezzogiorno, e della sera. Stimavasi un merito, e quasi un dovere, l'astenersi da' vegetabili cotti, che si davano al refettorio, ma la straordinaria bontà dell'Abbate alle volte accordava loro il lusso del formaggio, delle frutte, della insalata, e di piccoli pesci secchi del Nilo48. A grado a grado s'accordò, o si prese una maggior porzione di pesce di mare e di fiume: ma l'uso della carne fu per lungo tempo ristretto agli ammalati, ed a' viaggiatori; e quando questo appoco appoco prevalse nei Monasteri meno rigorosi d'Europa, vi s'introdusse una singolar distinzione, come se gli uccelli, o salvatici o domestici, fossero stati meno profani de' grossi animali de' campi. L'acqua era la pura ed innocente bevanda de' primitivi Monaci; ed il fondatore de' Benedettini disapprova la quotidiana porzione di mezza pinta di vino, che l'intemperanza del secolo49 l'aveva costretto a permettere. Le vigne d'Italia potevano facilmente somministrare tal misura; ed i suoi vittoriosi discepoli, che passarono le Alpi, il Reno, ed il Baltico, richiesero, in luogo del vino, un'adequata compensazione di birra, o di sidro.
Il candidato, che aspirava alla virtù della povertà Evangelica, si spogliava, nel primo suo ingresso in una comunità regolare, dell'idea e fino del nome di ogni esclusivo o separato possesso50. I fratelli si sostentavano per mezzo del lavoro delle proprie mani, ed il dovere di lavorare veniva caldamente raccomandato come una penitenza, come un esercizio, e come il mezzo più lodevole di procurarsi la quotidiana lor sussistenza51. Venivano diligentemente coltivati dalle lor mani i giardini ed i campi, che l'industria loro spesse volte avea tratto dalle foreste e dalle paludi. Essi facevano, senza ripugnanza, i più bassi ufizi di schiavi e di domestici; e si esercitavano dentro i recinti de' grandi Monasteri le varie arti ch'erano necessarie a provvederli di abiti, di utensili e di abitazioni. Gli studi monastici, per la maggior parte, son serviti ad accrescere, piuttosto che a dissipar la caligine della superstizione. Pure la curiosità, o lo zelo di alcuni eruditi solitari ha coltivato le scienze ecclesiastiche ed anche le profane: e la posterità dee riconoscer con gratitudine, che le loro instancabili penne, ci hanno conservato e moltiplicato i monumenti della Greca e Romana Letteratura52. Ma la più umile industria de' Monaci, specialmente d'Egitto, si contentava della tacita e sedentaria occupazione di fare de' sandali di legno, o d'intrecciare foglie di palme per farne stoie e panieri. Il lavoro superfluo, che non s'impiegava nell'uso domestico, serviva, mediante il commercio, a supplire a' bisogni della Comunità: i barchetti di Tabenna e degli altri monasteri della Tebaide, discendevano pel Nilo fino ad Alessandria; ed in un mercato cristiano, la santità degli artefici poteva dare un pregio maggiore all'intrinseco valore dell'opere.
Ma passò appoco appoco la necessità del lavoro manuale. Il novizio inducevasi a trasferire le sue sostanze ne' santi, in compagnia de' quali avea risoluto di consumare il rimanente della sua vita; e la perniciosa indulgenza delle leggi permetteva a lui di ricevere, per loro uso in futuro, qualunque accrescimento di legati, o d'eredità53. Melania donò loro la sua argenteria del peso di trecento libbre: e Paola contrasse un immenso debito, per sollievo de' favoriti suoi Monaci, che benignamente compartivano i meriti delle orazioni e penitenze loro ad una ricca e liberal peccatrice54. Il tempo accresceva di continuo, e gli accidenti rare volte facevan diminuire i beni de' Monasteri popolari, che si sparsero sulle addiacenti campagne e città: e, nel primo secolo della loro istituzione, il pagano Zosimo ha maliziosamente osservato, che, per vantaggio de' poveri, i Monaci cristiani avevan ridotto una gran copia di persone alla mendicità55. Finattantochè però mantennero il primitivo loro fervore, si fecero un dovere di esser fedeli ed amorevoli amministratori della carità, che veniva affidata alla loro cura. Ma la disciplina loro fu corrotta dalla prosperità: essi appoco appoco assunsero l'orgoglio de' ricchi, ed alla fine ammisero il lusso nel lor trattamento. Si sarebbe potuto scusare il pubblico loro lusso con la magnificenza del Culto religioso, e col decente motivo d'erigere durevoli abitazioni per una società immortale. Ma ogni secolo della Chiesa ha accusato la rilassatezza de' Monaci degenerati, che non si ricordavan più dell'oggetto del loro istituto, abbracciavano i vani e sensuali piaceri del Mondo, che avevano abbandonato56, e scandalosamente abusavano delle ricchezze, che si erano acquistate dalle austere virtù de' lor fondatori57. Il loro natural passaggio, da tal penosa e pericolosa virtù, a' vizi comuni dell'umanità, non ecciterà forse grande avversione o sdegno nella mente d'un Filosofo.
I primitivi Monaci consumavan la loro vita in penitenza e solitudine, senza esser disturbati dalle varie occupazioni, che impiegano il tempo, ed esercitan le facoltà degli enti ragionevoli, attivi e sociali. Quando veniva loro permesso di andare fuori del Monastero, due gelosi compagni erano sempre vicendevoli guardie, e spie delle azioni l'uno dell'altro; ed al loro ritorno erano condannati a dimenticare, o almeno a sopprimere tutto ciò, che avevan veduto, o udito nel Mondo. Si ricevevan ospitabilmente in un quartiere separato i forestieri, che professavan la fede ortodossa; ma non si permetteva la pericolosa loro conversazione, che ad alcuni scelti vecchi di approvata discretezza e fedeltà. Il Monastico schiavo non potea ricever le visite de' suoi amici, o congiunti, che in loro presenza; e si stimava sommamente meritorio, se affliggeva una tenera sorella, o un vecchio padre coll'ostinato rifiuto d'una parola, o d'uno sguardo58. I Monaci stessi passavan la loro vita, senz'alcun attacco personale, in mezzo ad una folla, che si era unita insieme per accidente, e si riteneva nella stessa prigione dalla forza e dal pregiudizio. De' solitari fanatici hanno poche idee, o sentimenti da comunicarsi: una special licenza dell'Abbate regolava il tempo, e la durata delle famigliari lor visite, ed alle loro tacite mense stavano nascosti ne' propri cappucci, inaccessibili, e quasi invisibili l'uno all'altro59. Lo studio è il conforto della solitudine: ma non aveva l'educazione preparati, e resi capaci d'alcuno studio liberale gli artigiani ed i contadini, che riempivano le comunità monastiche. Potevano lavorare: ma la vanità della perfezione spirituale era tentata a sdegnar l'esercizio del lavoro manuale; e dev'esser languida e debole quell'industria, che non è eccitata dal sentimento d'un personale interesse.
Secondo lo zelo e la fede loro, potevano impiegare il giorno, che passavano nelle proprie celle, in orazione vocale o mentale: s'adunavano la sera, ed erano svegliati la notte pel comune ufizio del Monastero. Se ne determinava il preciso momento dalle stelle, che rare volte son coperte dalle nuvole nel sereno cielo dell'Egitto; ed una trombetta, o corno pastorale, segnale della devozione, interrompeva due volte il vasto silenzio del deserto60. Anche il sonno, che è l'ultimo refugio degl'infelici, era misurato rigorosamente; le ore vacanti del Monaco scorrevano gravemente senz'occupazione, e senza piacere; e prima di giungere al fine del giorno, egli accusava più volte il noioso e tardo cammino del Sole61. In tal misero stato la superstizione perseguitava sempre e tormentava i suoi meschini devoti62. La quiete, ch'essi avevan cercato nel chiostro, veniva disturbata da un tardo pentimento, da profani dubbi, e da colpevoli desiderj e risguardando essi ogni naturale impulso come un imperdonabil peccato, tremavano continuamente sull'orlo d'un ardente ed infinito abisso. La pazzia, o la morte liberava talvolta quelle misere vittime da' penosi travagli dell'inquietudine e della disperazione; e nel sesto secolo fu eretto in Gerusalemme uno spedale per un piccolo numero di austeri penitenti, che avevan perduto l'uso della ragione63. Prima che giungessero a quest'ultimo, e indubitato termine di frenesia, le loro visioni hanno somministrato ampi materiali d'istoria soprannaturale. Erano pienamente persuasi, che l'aria da essi respirata, fosse popolata da nemici invisibili, da innumerabili demonj, che spiavano qualunque occasione, e prendevano qualunque forma per atterrire, e sopra tutto tentare, la loro virtù non guardata. L'immaginazione, ed anche i sensi erano ingannati dalle illusioni dello sregolato fanatismo; e l'eremita, la cui notturna orazione veniva interrotta da un involontario assopimento, poteva facilmente confondere i fantasmi d'orrore o di diletto, che avevano occupato i suoi pensieri nell'atto di dormire, con quelli della vigilia64.
I Monaci furon divisi in due classi, in Cenobiti, che vivevano sotto una comune e regolar disciplina, ed in Anacoreti, che seguitavano l'insociabile, e indipendente lor fanatismo65. I più devoti, o i più ambiziosi, fra gli spirituali fratelli, rinunziavano al convento in quella guisa, che avevano rinunziato al Mondo. I ferventi Monasteri dell'Egitto, della Palestina, e della Siria erano circondati da una Laura66, o largo cerchio di celle solitarie; e la stravagante penitenza degli Eremiti veniva stimolata dall'applauso e dall'emulazione67. Soccombevano sotto il penoso carico di croci e di catene; e l'emaciate lor membra erano strette da collari, da anelli, da guanti, e da calze di pesante e rigido ferro. Gettavano via con disprezzo qualunque superfluità di abiti; e furono ammirati alcuni Santi selvaggi di ambedue i sessi, i nudi corpi de' quali non eran coperti, che da' lunghi loro capelli. Aspiravano a ridursi a quello stato rozzo e meschino, in cui il bruto umano appena si distingue dagli animali suoi congiunti: ed una numerosa setta di Anacoreti traeva il nome dall'umile loro uso di pascere ne' campi della Mesopotamia con il gregge ordinario68. Spesse volte usurpavan la tana di qualche bestia selvaggia, a cui cercavano di assomigliarsi; si seppellivano in qualche oscura caverna, che l'arte o la natura avea scavato nel masso, e le cave di marmo della Tebaide portano tuttavia scritti i monumenti della lor penitenza69. Si suppone, che gli Eremiti più perfetti passassero molti giorni senza cibo, molte notti senza dormire, e molti anni senza parlare; e glorioso era l'uomo (io abuso di tal nome) che inventava una cella, o un luogo di tale particolar costruzione, che l'esponesse nella più incomoda positura all'intemperie delle stagioni.
Fra questi eroi della vita monastica si è reso immortale il nome ed il genio di Simeone Stilita70 per la singolare invenzione d'una penitenza aerea. All'età di tredici anni il giovine Siro abbandonò la professione di pastore, e si gettò in un rigido monastero. Dopo un lungo e penoso noviziato, in cui Simeone fu più volte salvato da un pio suicidio, stabilì la sua dimora sopra una montagna circa trenta o quaranta miglia all'Oriente d'Antiochia. Chiuso dentro lo spazio d'una Mandra, o cerchio di pietre, a cui si era attaccato con una pesante catena, salì sopra una colonna, che fu successivamente alzata dall'altezza di nove piedi fino a quella di sessanta da terra71. In quest'ultima ed alta sede l'anacoreta Siriaco resistè al caldo di trenta estati, ed al freddo di altrettanti inverni; l'abito e l'esercizio l'ammaestrarono a mantenersi in quella pericolosa situazione senza timore, o vertigini, ed a prendere appoco appoco le diverse positure di devozione. Alle volte pregava ritto con le braccia stese in forma di croce; ma ciò che faceva più comunemente era di piegare il suo magro scheletro dalla fronte fino a' piedi: ed un curioso spettatore, dopo d'aver contato 1244 repetizioni di tal atto, desistè finalmente da tal numerazione, che non avea termine. Una piaga, venutagli nella coscia72, potè abbreviare, ma non interrompere questa vita celeste, ed il paziente eremita spirò, senza scendere dalla sua colonna. Un Principe che capricciosamente condannasse a tali tormenti, sarebbe stimato un tiranno; ma oltrepasserebbe il poter d'un tiranno l'imporre una lunga e miserabil esistenza alle ripugnanti vittime della sua crudeltà. Questo volontario martirio doveva distruggere appoco appoco la sensibilità sì dello spirito, che del corpo; nè si può supporre, che i fanatici, che tormentano se medesimi sian suscettibili d'alcuna viva affezione per gli altri uomini. Una crudele insensibile indole ha distinto i Monaci d'ogni tempo, e d'ogni luogo; la dura loro indifferenza, che rare volte viene ammollita dall'amicizia personale, è accesa dall'odio religioso, ed il loro zelo senza pietà ha esercitato vigorosamente il sant'ufizio dell'Inquisizione.