Quasi perduta

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CAPITOLO QUATTRO

“Tranquilla, rilassati. Respira. Dentro, fuori, dentro, fuori”.

Cassie aprì gli occhi e si ritrovò a fissare le assi di legno massiccio del pavimento del terrazzo.

Era seduta sul morbido cuscino di una delle sedie in ferro battuto, con la testa poggiata sulle ginocchia. Delle mani ferme le reggevano le spalle, supportandola.

Era Ryan, il suo nuovo datore di lavoro. Le sue mani, la sua voce.

Cosa aveva combinato? Aveva avuto un attacco di panico e aveva fatto una figuraccia terribile. Si raddrizzò velocemente.

“Piano, fai con calma”.

Cassie ansimò. La testa le girava vorticosamente, e si sentì come se stesse vivendo un’esperienza extra corporea.

“Hai avuto un serio attacco di vertigini. Per un attimo ho temuto che stessi per cadere oltre il parapetto”, disse Ryan. “Sono riuscito a prenderti prima che svenissi. Come ti senti?”

Come si sentiva?

Gelida, con la testa leggera, e mortificata per l’accaduto. Voleva disperatamente fare una buona impressione e confermare le lodi che Ryan le aveva fatto. Invece, aveva rovinato tutto e avrebbe dovuto spiegarne le motivazioni.

Ma come poteva farlo? Se lui avesse saputo gli orrori che lei aveva passato, e che il suo ex datore di lavoro stava affrontando un processo per omicidio in quello stesso momento, avrebbe potuto cambiare idea nei suoi confronti e ritenere che Cassie fosse troppo instabile per potersi prendere cura dei suoi figli in un momento in cui avevano assoluto bisogno di stabilità. Anche un attacco di panico poteva essere motivo di preoccupazione.

Sarebbe stato meglio lasciarglielo credere - e dire che si era trattato di un attacco di vertigini.

“Mi sento molto meglio”, gli rispose. “Mi dispiace moltissimo. Mi sarei dovuta ricordare che soffro terribilmente di vertigini se non sono stata in luoghi alti per un po’ di tempo. Migliora col tempo. Tra un paio di giorni non avrò più alcun problema”.

“Buono a sapersi, ma nel frattempo cerca di stare molto attenta. Riesci a stare in piedi ora? Continua ad appoggiarti al mio braccio”.

Cassie si alzò, reggendosi a Ryan finché non fu certa che le gambe la sostenessero, e poi si diresse lentamente dentro il soggiorno.

“Sto bene ora”.

“Sei sicura?” Lui resse il suo braccio ancora per un momento prima di lasciarla andare.

“Prenditi tutto il tempo che ti serve per disfare i bagagli; riposati, sistemati, e io preparerò la cena per le sei e mezza”.

*

Cassie si prese il suo tempo per svuotare le valigie, assicurandosi che i suoi averi fossero sistemati ordinatamente nel bianco armadio antico, e che le sue medicine fossero riposte in fondo al cassetto della scrivania. Non credeva che un membro della famiglia sarebbe andato a guardare tra le sue cose mentre si trovava lì, ma non voleva trovarsi nella situazione di dover rispondere ad alcuna domanda imbarazzante riguardo ai suoi medicinali contro l’ansia, soprattutto dopo l’attacco di panico che aveva appena avuto.

Per lo meno ci aveva messo poco tempo a riprendersi da quell’episodio, perciò la sua ansia era sotto controllo. Decise di prendere le pillole per la notte prima di unirsi alla famiglia per cena, giusto per sicurezza.

Un delizioso aroma di aglio e carne in fase di cottura iniziò a diffondersi per la casa molto prima delle sei e mezza. Cassie attese fino alle sei e un quarto, poi indossò uno dei suoi top migliori, con delle perline intorno al collo, mise del lucida labbra e un tocco di mascara. Voleva che Ryan la vedesse al meglio. Disse a se stessa che doveva dare una buona impressione dopo l’attacco di panico che aveva avuto poco prima, ma quando ripensò a quei momenti sul terrazzo, si rese conto che la cosa che ricordava meglio era la sensazione delle braccia toniche e muscolose di Ryan che la reggevano.

Iniziò a sentirsi nuovamente stordita al pensiero di quanto fosse stato forte e gentile allo stesso tempo.

Quando uscì dalla sua stanza, Cassie quasi si scontrò con Madison, che si stava dirigendo verso la cucina con entusiasmo.

“La cena ha un odore delizioso”, la ragazzina disse a Cassie.

“È il tuo piatto preferito?”

“Beh, adoro gli spaghetti alla bolognese che fa papà, ma non mi piacciono quando li mangiamo al ristorante. Non li fanno allo stesso modo. Quindi direi che questo è il mio piatto casalingo preferito, il secondo è il pollo arrosto, e il terzo è il “Rospo nel buco”. Quando usciamo invece, adoro fish and chips, che puoi trovare ovunque qui intorno, e amo la pizza, mentre odio gli hamburger, che invece sono il piatto preferito di Dylan, ma secondo me gli hamburger al ristorante fanno schifo”.

“Cos’è il rospo nel buco?” Chiese Cassie con curiosità, intuendo che si trattasse di un piatto tipico inglese.

“Non l’hai mai mangiato? È una salsiccia cotta in una specie di tortino, fatto con uova latte e farina. Va mangiato con un sacco di salsa. E intendo davvero tanta. E con piselli e carote”.

La conversazione le aveva intrattenute fino alla cucina. Il tavolo di legno era apparecchiato per quattro persone, e Dylan era già seduto al suo posto, e si stava versando un bicchiere di succo d’arancia.

“Gli hamburger non fanno schifo. Sono il cibo degli Dei”, contraddisse la sorella.

“La mia insegnante dice che non sono altro che cereali e scarti di animali che non verrebbero mangiati altrimenti, tutto macinato insieme”.

“La tua insegnante si sbaglia”.

“Come potrebbe sbagliarsi? Sei uno stupido a dire queste cose”.

Cassie stava per intervenire, ritenendo che l’insulto di Madison fosse troppo personale, ma Dylan rispose a tono prima che potesse farlo.

“Ehi, Maddie”, Dylan le puntò un dito contro. “Sei con me o contro di me”.

Cassie non riuscì a capire cosa intendesse, ma Madison alzò gli occhi al cielo e gli fece una linguaccia prima di sedersi.

“Posso aiutarti, Ryan?”

Cassie si avvicinò ai fornelli, mentre il padrone di casa stava sollevando una pentola piena di pasta.

Lui le diede un’occhiata e sorrise.

“È tutto sotto controllo, spero. La cena è prevista tra trenta secondi. Forza, ragazzi. Prendete i piatti e riempiamoli”.

“Mi piace la tua maglia, Cassie”, le disse Madison.

“Grazie. L’ho presa a New York”.

“New York. Wow, mi piacerebbe un sacco andarci”, disse Madison con gli occhi spalancati.

“Gli alunni dell’ultimo anno di economia ci sono andata a giugno dello scorso anno”, disse Dylan. “Studia economia, e potresti andarci anche tu”.

“Si fa anche matematica?” chiese Madison.

Dylan annuì.

“Odio la matematica. È noiosa e difficile”.

“Beh, allora non ci andrai”.

Dylan rivolse l’attenzione al suo piatto, riempiendolo di cibo, mentre Ryan sciacquava gli utensili da cucina nel lavandino.

Notando che Madison appariva ribelle, Cassie cambiò argomento.

“Tuo padre mi ha detto che ami lo sport. Qual è il tuo preferito?”

“I miei preferiti sono la corsa e la ginnastica. Mi piace un po’ anche il tennis, abbiamo iniziato questa estate”.

“E tu sei un ciclista?” Cassie domandò a Dylan.

Lui annuì, ricoprendo il piatto di formaggio grattugiato.

“Dylan vuole diventare un professionista e vincere il Tour de France un giorno”, intervenne Madison.

Ryan si sedette al tavolo.

“Sarà più probabile che tu scopra qualche oscura legge matematica e ottenga un’intera borsa di studio per andare all’Università di Cambridge”, disse, osservando il figlio con affetto.

Dylan scosse la testa.

“Tour de France tutta la vita, papà”, insistette.

“Prima l’università”, replicò Ryan, con voce ferma, e Dylan si imbronciò in risposta. Madison intervenne, chiedendo altro succo, e Cassie glielo versò, mentre quel momento di disaccordo svaniva.

Lasciando che la loro conversazione le scivolasse addosso, Cassie mangiò il suo cibo, che era delizioso. Si rese conto di non aver mai conosciuto nessuno come Ryan. Era in gamba e affettuoso. Si chiese se i figli sapessero quanto fossero fortunati ad avere un padre che cucina per la sua famiglia.

Dopo cena, Cassie si offrì di sistemare, cosa che in realtà includeva soprattutto il riempire l’enorme ed incredibilmente costosa lavastoviglie. Ryan spiegò che ai bambini era concessa un’ora di televisione dopo cena, se avevano finito i compiti, e che quando era ora di andare a dormire, spegneva il Wi-Fi.

“Non fa bene a questi adolescenti dipendenti dalla tecnologia messaggiare al cellulare tutta la notte”, disse. “E lo farebbero, se ne avessero l’opportunità. Quando si va a dormire si dorme”.

Alle otto e trenta i bambini andarono a letto senza lamentarsi.

Dylan le diede una rapida buonanotte, e le disse che si sarebbe alzato presto al mattino per girare in bici per il paese con i suoi amici.

“Vuoi che ti svegli?” gli chiese Cassie.

Lui scosse la testa.

“No, grazie, faccio da solo”, le disse, prima di chiudere la porta della sua camera.

Madison parlò molto di più, e Cassie passò del tempo seduta sul suo letto, ascoltando le sue idee su ciò che avrebbero potuto fare l’indomani e su come sarebbe stato il tempo.

“C’è un negozio di dolci in paese e vendono queste barrette a strisce che sembrano dei bastoni da passeggio e sanno di menta piperita. Papà non ci fa andare molto spesso, ma magari ci farà andare domani”.

“Glielo chiederò”, promise Cassie, prima di assicurarsi che la bambina fosse a posto per la notte, portandole un bicchiere d’acqua e spegnendole la luce.

 

Mentre chiudeva gentilmente la porta di Madison, la ragazza si ricordò la sua prima notte al suo precedente lavoro. Come era crollata per il sonno, e come fosse arrivata tardi per consolare la bambina più piccola che stava avendo un incubo. Poteva ancora sentire il dolore e lo stupore che aveva provato quando si era guadagnata uno schiaffo doloroso come conseguenza. Se ne sarebbe dovuta andare subito dopo quell’episodio, ma non l’aveva fatto.

Cassie era certa che Ryan non avrebbe mai fatto una cosa simile. Non riusciva neanche ad immaginarselo mentre rimproverava qualcuno verbalmente.

Pensando all’uomo, le venne in mente il bicchiere di vino sulla veranda esterna, ed esitò. Era tentata di trascorrere più tempo con lui, ma non sapeva se fosse il caso.

Quando le aveva detto che sarebbe stata la benvenuta se si fosse voluta unire a lui era serio, o lo aveva detto solo per essere cortese?

Anche se era ancora indecisa su cosa fare, Cassie si ritrovò ad indossare la sua giacca più pesante. Poteva tastare il terreno, per vedere come avrebbe reagito Ryan. Se avesse capito che non voleva compagnia, poteva rimanere solo per un drink veloce e poi andare a letto.

Si diresse lungo il corridoio, ancora in preda all’indecisione. Essendo la dipendente di Ryan, forse bere un bicchiere di vino con lui dopo l’orario lavorativo non era un comportamento del tutto professionale - o sì invece? La cosa migliore probabilmente sarebbe stata andare a dormire. Ma il fatto che Ryan fosse stato così tollerante in merito al fatto che lei non avesse un visto e la promessa di pagarla in contanti avevano già fatto oltrepassare la linea della professionalità, e i confini erano già sfocati.

Era un’amica di famiglia. Era ciò che aveva detto Ryan. E bere un bicchiere di vino dopo cena era esattamente ciò che due amici avrebbero fatto.

Ryan sembrava felicissimo di vederla. Lei fu inondata di sollievo ed eccitazione quando vide il suo sorriso, cordiale e genuino.

Lui si alzò, la prese per un braccio e l’accompagnò attraverso la veranda, assicurandosi che fosse al sicuro su una sedia.

Con un sussulto al cuore, Cassie si accorse che Ryan aveva preparato un secondo bicchiere sul vassoio.

“Ti piace lo Chardonnay?”

Cassie annuì. “Lo adoro”.

A dire la verità, non sono un esperto di vino e il mio preferito di solito è un rosso grezzo, ma dopo un viaggio di pesca di successo, un cliente mi ha donato questa cassa eccellente come ringraziamento. Me la sto godendo man mano. Salute”.

Ryan si piegò in avanti e toccò il bicchiere di Cassie con il suo.

“Dimmi di più sul tuo lavoro”, disse Cassie.

“Ho fondato “Navigazione tra i venti meridionali” dodici anni fa, proprio dopo la nascita di Dylan. Quando nacque, iniziai a pensare al mio scopo nella vita, e a quello che avrei potuto offrire ai miei figli. Ho trascorso tre anni nella marina britannica dopo le scuole, e alla fine sono diventato un ufficiale di guardia della marina mercantile. Il mare mi scorre nelle vene, e non avrei mai preso in considerazione un lavoro o una vita nell’entroterra”.

Cassie annuì mentre lui proseguiva.

“Quando Dylan venne al mondo, in quest’area stava iniziando a fiorire il turismo, perciò ho dato le dimissioni - a quel tempo lavoravo come direttore in un cantiere a Cornwall - e ho comprato la mia prima barca. La seconda è arrivata poco dopo, e oggi possiedo una flotta di sedici imbarcazioni di diverse forme e dimensioni. Barche a motore, barche a vela, barche a remi - e il mio fiore all’occhiello è uno yacht a noleggio, popolare tra i clienti aziendali”.

“È fantastico!” disse Cassie.

“Si è trattato di un viaggio incredibile. Il lavoro mi ha dato davvero molto. Uno stipendio elevato, una vita meravigliosa, e una bellissima casa, che ho ideato seguendo un sogno che ho sempre avuto - anche se grazie al cielo l’architetto ne ha smorzato leggermente i dettagli più estremi, o la casa sarebbe probabilmente caduta dalla scogliera a questo punto”.

Cassie rise.

“La tua attività deve richiedere moltissimo lavoro”, osservò.

“Oh, sì”. Ryan posò il bicchiere sul tavolino e fissò il mare. “Come imprenditore bisogna fare costanti sacrifici. Si lavorano lunghe ore. È raro che abbia un fine settimana libero; oggi ho chiesto al mio manager di prendere il mio posto perché dovevo accoglierti. Credo sia il motivo per cui...”

Si girò verso di lei e incontrò il suo sguardo, con un’espressione seria.

“Credo questa sia stata la causa del fallimento del mio matrimonio”.

Cassie ebbe la sensazione che lui stesse per confidarle qualcosa a riguardo. Annuì affettuosamente, sperando che Ryan continuasse a parlare, cosa che accadde poco dopo.

“Quando i bambini erano più piccoli, era più semplice per mia moglie, Trish, capire che dovevo dare priorità al lavoro. Ma quando hanno iniziato a crescere e diventare più indipendenti, ha iniziato a volere che io, beh, rimpiazzassi la loro presenza nella sua vita, credo. Iniziò a chiedermi supporto emotivo, tempo e attenzioni in modo totalmente eccessivo. Lo trovavo sfiancante, e sono iniziati a sorgere i primi conflitti. Era una donna molto forte. Quello era ciò che avevo sempre trovato attraente in lei, ma le persone cambiano, e credo che sia successo anche a Trish”.

“È molto triste”, disse Cassie.

Il suo bicchiere era quasi vuoto, e Ryan lo riempì, prima di fare lo stesso con il proprio.

“Fu devastante. Non sono in grado di descrivere il brutto periodo che abbiamo passato. Quando ami qualcuno non lo lasci andare facilmente, e quando l’amore svanisce continui a cercarlo, sperando e pregando di poter riottenere qualcosa a cui davi tanto valore. Ci ho provato, Cassie. Ci ho provato con tutto me stesso, e quando è risultato chiaro che non stesse funzionando, mi sono sentito sconfitto”.

Cassie si rese conto che si stava sporgendo verso di lui.

“È davvero spaventoso pensare che possa succedere una cosa simile”.

“Hai scelto le parole giuste. È terrificante. Mi ha fatto sentire inadeguato e totalmente alla deriva. Non prendo impegni alla leggera. Per me, significa per sempre. Quando Trish se n’è andata, ho dovuto ridefinire la mia opinione su me stesso”.

Cassie sbatté le palpebre con forza. Poteva sentire la sofferenza nella sua voce. Il dolore che stava provando sembrava fresco e puro. Pensò che dovesse volerci un estremo coraggio a nasconderlo sotto una facciata scherzosa e spensierata.

Stava per dire a Ryan quanto lo ammirasse per la forza che stava dimostrando in quel momento difficile, ma si fermò giusto in tempo, rendendosi conto che quel commento sarebbe stato inappropriato. Conosceva appena quell’uomo, e non aveva il diritto di fare delle osservazioni tanto personali al suo datore di lavoro dopo solamente qualche ora in sua compagnia.

A cosa stava pensando? Anzi, probabilmente il problema era che non lo stesse proprio facendo.

Si rese conto che l’alcool iniziava a darle alla testa e che avrebbe dovuto scegliere le parole con molta attenzione. Il fatto che Ryan fosse così bello, intelligente e gentile, non era un motivo per comportarsi come un’adolescente emozionata quando gli stava intorno, perché ciò l’avrebbe solamente portata a comportarsi in modo terribilmente imbarazzante, se non peggio.

“Credo che sia meglio che ti lasci andare a dormire ora”, disse Ryan, posando il suo bicchiere vuoto. “Sarai esausta dopo aver guidato tante ore e aver conosciuto i miei due delinquenti. Grazie per avermi fatto compagnia qui fuori. È molto importante per me essere in grado di parlarti così apertamente”.

“È stata una bellissima conclusione per questa giornata, e un modo delizioso per rilassarsi”, fu d’accordo Cassie.

Non si sentiva per niente rilassata, però. Si sentiva su di giri per l’intimità di quella conversazione. Quando si alzarono per rientrare, non riuscì a smettere di pensare a quanto lui avesse condiviso con lei.

Quando fu in camera, diede una breve occhiata ai suoi messaggi, grata per il fatto che quella casa fosse connessa ad internet. Nel suo ultimo luogo di lavoro, non vi era segnale e ciò l’aveva portata ad essere totalmente isolata. Non si era mai resa conto fino a quel momento di quanto fosse spaventoso non poter comunicare con il mondo esterno in caso di necessità.

Sul telefono, Cassie vide alcuni messaggi di saluti e qualche meme divertente che le avevano inviato i suoi amici negli USA.

Poi vide un altro messaggio che le era arrivato qualche ora prima. Era stato inviato da un numero inglese sconosciuto, cosa che la fece allarmare non appena lo vide, e quando lo aprì sentì il terrore stringerle lo stomaco.

“Stai attenta”, diceva il breve messaggio.

CAPITOLO CINQUE

Cassie era certa che avrebbe dormito bene in quella camera confortevole, cullata dal solo rumore delle onde proveniente dall’esterno. Ne era sicura, prima di aver letto quel messaggio preoccupante che le era stato inviato da un numero sconosciuto mentre lei era seduta sulla veranda esterna con Ryan.

Il suo primo pensiero, presa dal panico, fu che si trattasse del processo del suo ex datore di lavoro; che in qualche modo l’avessero coinvolta e che qualcuno la stesse cercando. Provò a controllare le ultime notizie, ma si rese conto, delusa, che Ryan aveva già spento il Wi-Fi.

Continuò a rigirarsi nel letto, cercando di capire cosa volesse dire e chi lo avesse inviato, cercando di convincersi del fatto che probabilmente avessero sbagliato numero e il messaggio fosse per qualcun altro.

*

Dopo una notte insonne, Cassie riuscì finalmente a cadere in un sonno inquieto, e fu svegliata dal suono fastidioso dell’allarme del telefono. Lo prese in mano e, con sollievo, si accorse che vi era nuovamente segnale Wi-Fi.

Prima di alzarsi, cercò alcune informazioni sul processo.

Cassie scoprì che era stato richiesto un rinvio, e il processo sarebbe ricominciato dopo due settimane. Facendo ulteriori ricerche, capì che il motivo era dovuto al fatto che la difesa necessitava di maggior tempo per contattare ulteriori testimoni.

Si sentì male per la paura.

Guardò nuovamente lo strano messaggio, “Stai attenta”, chiedendosi se fosse il caso di rispondere. Durante la notte, però, il mittente doveva aver bloccato il suo numero, perché Cassie scoprì di non riuscire a inviargli messaggi.

In preda alla disperazione, provò a telefonare.

La linea cadde immediatamente, e lei si rese conto che il suo numero era stato completamente bloccato, anche per le chiamate.

Cassie sospirò frustrata. Il fatto di impedirle di poter avere una conversazione faceva sembrare il messaggio più una minaccia che un avvertimento. Decise che sicuramente chi lo aveva inviato aveva sbagliato numero, e quando se ne era accorto, aveva deciso di bloccarla.

Sentendosi leggermente meglio, la ragazza si alzò dal letto e andò a svegliare i bambini.

Dylan era già in piedi - Cassie intuì che fosse uscito in bici. Sperando che lui non vedesse la cosa come un’intrusione, entrò in camera, rifece il letto e raccolse i vestiti sparsi in giro.

Sulle mensole vi erano una miriade di libri, tra cui alcuni sul ciclismo. In cima alla libreria c’era una vasca con due pesci rossi, e su un tavolo vicino alla finestra vi era la gabbietta di un coniglio. Un coniglietto grigio stava mangiando lattuga per colazione e Cassie lo osservò felice per qualche minuto.

Quando uscì dalla stanza, bussò alla porta di Madison.

“Dammi dieci minuti”, rispose la ragazzina ancora mezza addormentata. Cassie perciò si diresse in cucina per iniziare a preparare la colazione.

Una volta entrata, vide che Ryan aveva lasciato un fascio di banconote sotto la saliera, con un messaggio scritto a mano. “Sono andato al lavoro. Esci coi ragazzi e divertitevi! Io torno stasera”.

Cassie mise le prime fette di pane nel tostapane con motivo floreale, e riempì il bollitore. Mentre stava preparando il caffè, Madison entrò, avvolta in un accappatoio rosa e in preda a qualche sbadiglio.

“Buongiorno”, la salutò Cassie.

“Buongiorno, sono felice tu sia qui. Tutti gli altri qui dentro si svegliano sempre prestissimo”, si lamentò.

“Vuoi del caffè? Tè? Succo?”

“Del tè, grazie”.

“Un toast?”

Madison scosse la testa. “Non ho fame per ora, grazie”.

 

“Cosa ti andrebbe di fare oggi? Vostro padre ha detto di andare da qualche parte”, disse Cassie, mentre versava a Madison del tè, come lei aveva chiesto, con un po’ di latte e di zucchero.

“Andiamo in paese!”, disse Madison. “È divertente nel fine settimana, ci sono un sacco di cose da fare”.

“Buona idea. Sai quando torna Dylan?”

“Di solito esce per un’oretta”. Madison avvolse la tazza con le mani e soffiò sul liquido bollente.

Cassie fu sorpresa da quanto sembrassero indipendenti i bambini. Di certo, non erano abituati ad essere superprotetti. Ritenne che il villaggio fosse abbastanza piccolo e sicuro, da poterlo considerare come un’estensione della propria casa.

Dylan fu di ritorno poco dopo, e per le nove furono tutti vestiti, e pronti per uscire. Cassie diede per scontato che avrebbero preso la macchina, ma Dylan le fece cambiare idea.

“Si fa fatica a trovare parcheggio nel fine settimana. Di solito andiamo a piedi - sono solo un paio di chilometri - e prendiamo poi l’autobus per tornare. Ne passa uno ogni due ore, perciò bisogna solo tenere l’orario sotto controllo”.

La passeggiata verso il villaggio non sarebbe potuta essere più panoramica. Cassie fu affascinata dalla vista, che si alternava continuamente tra il mare e le pittoresche case lungo la strada. Sentì le campane di una chiesa, da un punto indefinito in lontananza. L’aria era fresca e frizzante, e poter inspirare l’odore del mare era piacere puro.

Madison camminava davanti al gruppo, indicando tutte le case delle persone che conosceva, che sembrava essere quasi chiunque.

Alcune delle persone che passarono loro accanto salutarono con un cenno della mano, e una donna fermò il suo Range Rover per offrire loro un passaggio.

“No, grazie, Sig.ra O’Donoghue, camminiamo volentieri”, urlò Madison. “Però potremmo avere bisogno di lei sulla strada del ritorno!”

“Vi cercherò!” promise la donna con un sorriso, prima di ripartire. Madison spiegò che la signora e il marito vivevano più nell’entroterra, e possedevano una piccola fattoria organica.

“C’è un negozio in paese che vende i loro prodotti, e qualche volta hanno anche dei dolcetti crudi di cioccolato e burro, fatti in casa”, disse Madison.

“Ci andiamo di sicuro, allora”, promise Cassie.

“I suoi figli sono fortunati. Vanno in collegio a Cornwall. Vorrei poterlo fare anche io”, disse Madison.

Cassie aggrottò la fronte, chiedendosi perché Madison volesse trascorrere anche solo un minuto lontano da quella vita perfetta. A meno che il divorzio non l’avesse fatta sentire insicura e volesse circondarsi di una comunità più grande.

“Sei felice nella scuola dove vai ora?” chiese, per sicurezza.

“Sì, è stupenda, a parte per il fatto di dover studiare”, rispose Madison.

Cassie fu sollevata per il fatto che non paressero esserci altri problemi, come degli atti di bullismo.

I negozi erano pittoreschi, proprio come sperava. C’erano alcuni negozi che vendevano attrezzatura da pesca, abiti caldi e materiale sportivo. Ricordandosi di come fossero fredde le sue mani la sera prima, quando stava bevendo con Ryan, Cassie provò un bellissimo paio di guanti, ma decise che fosse meglio aspettare e comprarne uno più economico, vista la scarsità delle sue finanze e la mancanza di denaro disponibile.

L’odore di pane appena sfornato li attirò dall’altra parte della strada e dentro una pasticceria. Dopo alcune discussioni coi bambini, Cassie acquistò una pagnotta lievitata e una torta di noci da portare a casa.

L’unico lato negativo della mattinata fu il negozio di dolci.

Quando Madison marciò piena di aspettativa verso la porta, si fermò, con espressione avvilita.

Il negozio era chiuso, e c’era un appunto scritto a mano attaccato al vetro della porta, che diceva: “Cari clienti, siamo fuori città per un compleanno in famiglia! Saremo di ritorno martedì per servirvi i vostri dolci preferiti”.

Madison sospirò tristemente.

“Di solito quando vanno via c’è la figlia a gestire il negozio. Questa volta devono essere andati tutti a quella stupida festa”.

“Suppongo di sì. Non importa. Possiamo tornarci la settimana prossima”.

“Ma manca tantissimo”. Con la testa bassa, Madison si girò e Cassie si morse il labbro nervosamente. Voleva che quell’uscita avesse successo a tutti i costi. Si era immaginata il viso di Ryan illuminarsi a sentirli parlare della loro giornata, e aveva sperato che lui potesse guardarla con gratitudine e magari farle anche un complimento.

“Ci torniamo la settimana prossima”, ripetè, conscia del fatto che quella era una consolazione minima per una bambina di nove anni che credeva che nel suo prossimo futuro ci sarebbero stati bastoncini di menta piperita.

“E magari riusciamo a trovare dei dolci in altri negozi”, aggiunse.

“Dai, Madison”, Dylan disse con impazienza, e la prese per mano, facendola allontanare dalla porta chiusa. Poco più avanti, Cassie notò il negozio di cui Madison le aveva parlato, la cui proprietaria era la signora che aveva offerto loro un passaggio.

“Facciamo un’ultima fermata, e poi decidiamo dove pranzare”, disse.

Pensando alle cene salutari e agli spuntini che li aspettavano, Cassie scelse alcune buste di verdure affettate, un sacchetto di pere, e della frutta secca.

“Possiamo comprare delle castagne?” chiese Madison. “Sono deliziose quando le fai arrostire sul fuoco. Lo abbiamo fatto l’anno scorso con la mamma”.

Era la prima volta che uno qualunque di loro due avesse nominato la madre, e Cassie attese con ansia, in caso Madison fosse presa da un po’ di tristezza a causa di quei ricordi o nel caso quello fosse un segnale che indicasse che la bambina volesse parlare del divorzio. Con suo sollievo, Madison apparve molto calma.

“Certo che possiamo. È una bellissima idea”. Cassie aggiunse il sacchetto al cestino.

“Guarda, ci sono i dolcetti di cioccolato!”

Madison li indicò con eccitazione, e Cassie capì che il momento era passato. Ma visto che aveva nominato la mamma una volta, la bambina aveva rotto il ghiaccio e avrebbe potuto volerne parlare di nuovo in seguito. Cassie ricordò a se stessa che doveva essere in grado di cogliere ogni tipo di segnale. Non voleva perdere l’opportunità di aiutare uno qualunque dei bambini in quel periodo difficile.

I sacchetti di dolcetti erano in fila su un bancone accanto alla cassa, accanto ad altre leccornie. C’erano mele candite, dolcetti al cioccolato, caramelle alla menta, piccoli sacchetti di gelatine allo zucchero, e anche bastoncini di zucchero in miniatura.

“Cosa volete, ragazzi?” chiese.

“Una mela candita, per favore. E i dolcetti al cioccolato; e uno di quei bastoncini di zucchero”, disse Madison.

“Una mela candita, due bastoncini di zucchero, dolcetti al cioccolato e gelatine”, aggiunse Dylan.

“Credo che due dolci a testa siano sufficienti, o vi rovinerete il pranzo”, disse Cassie, ricordandosi che in quella famiglia non erano ammessi eccessi di dolci. Prese due mele candite e due sacchetti di dolcetti al cioccolato dalla vetrina.

“Credete che vostro padre voglia qualcosa?” Sentì il calore riempirla mentre parlava di Ryan.

“Gli piace la frutta secca”, disse Madison, e indicò alcuni anacardi arrostiti. “Quelli sono i suoi preferiti”.

Cassie aggiunse il sacchetto al suo cestino e si diresse verso la cassa.

“Buon pomeriggio”, salutò la commessa, una signora bionda e in carne, con un cartellino che diceva “Tina”.La donna sorrise loro e salutò Madison chiamandola per nome.

“Ciao, Madison. Come sta tuo padre? È uscito dall’ospedale?”

Cassie guardò Madison con sguardo preoccupato. C’era qualcosa che non le avevano detto? Ma Madison aggrottò la fronte, confusa.

“Non è stato in ospedale”.

“Oh, mi spiace, devo aver capito male. L’ultima volta che è stato qui, ha detto...” iniziò Tina. Madison la interruppe, fissando la cassiera mentre passava gli acquisti.

“Sei ingrassata”.

Terrorizzata dalla mancanza di tatto di quel commento, Cassie sentì che il suo volto stava diventando rosso quanto quello di Tina.

“Mi spiace tantissimo”, borbottò scusandosi.