Prima Che Senta

Matn
0
Izohlar
Parchani o`qish
O`qilgan deb belgilash
Shrift:Aa dan kamroqАа dan ortiq

CAPITOLO QUATTRO

Il primo pensiero di Mackenzie appena vide Langston Ridgeway fu che l’uomo somigliasse ad una mantide religiosa. Era alto e magro e quando parlava agitava le braccia in modo scoordinato, facendole somigliare a piccole chele. Non aiutava che gli occhi sembrassero uscire dalle orbite dalla rabbia, mentre sbraitava con chiunque tentasse di parlargli.

Lo sceriffo Clarke li aveva fatti entrare in una piccola sala riunioni in fondo al corridoio – la stanza non era molto più ampia del suo ufficio. Lì, con le porte chiuse, Langston Ridgeway si ergeva in tutta la sua statura, mentre Mackenzie ed Ellington sopportavano la sua furia.

“Mia madre è morta” si lamentò “e sono propenso a biasimare l’incompetenza del personale di quella maledetta casa. E dato che questa sottospecie di sceriffo si rifiuta di lasciarmi parlare con Randall Jones di persona, vorrei sapere cos’avete intenzione di fare voialtri tirapiedi dell’FBI.”

Mackenzie attese un istante prima di rispondere. Stava cercando di valutare il dolore dell’uomo per la perdita della madre. Dal suo comportamento era difficile dire se la sua rabbia fosse un modo per esprimere il dolore o se fosse di suo un uomo orribile a cui piaceva gridare ordini gli altri. Ancora non era riuscita a capirlo.

“Sinceramente” disse Mackenzie, “mi trovo d’accordo con lo sceriffo. In questo momento lei è ferito e arrabbiato, e mi sembra che stia cercando qualcuno da incolpare. Mi dispiace molto per la sua perdita, ma affrontare il direttore della struttura adesso sarebbe la cosa peggiore.”

“Incolpare?” chiese Ridgeway, evidentemente non abituato alle persone che non erano subito d’accordo con lui. “Se sono loro i responsabili di quello che è successo a mia madre, allora io...”

“Siamo già stati alla casa e abbiamo parlato con il signor Jones” disse Mackenzie senza dargli modo di terminare la frase. “Le posso assicurare che nella morte di sua madre sono entrati in gioco fattori esterni. E se anche ci fosse qualche responsabilità all’interno, il signor Jones sicuramente non ne sa nulla. Glielo posso assicurare con assoluta certezza.”

Mackenzie non capì se l’espressione scioccata sul volto di Ridgeway fosse dovuta al fatto che lei non fosse d’accordo con lui, o al fatto che l’avesse interrotto.

“E ha capito tutto da una sola conversazione?” chiese, chiaramente scettico.

“È così” disse lei. “Naturalmente le indagini sono ancora all’inizio, per cui non posso essere certa di niente. Quello che però posso affermare è che è molto difficile condurre indagini se ricevo chiamate che mi obbligano a lasciare la scena del crimine solo per ascoltare qualcuno che sbraita e si lamenta.”

Adesso la furia che emanava da lui era quasi palpabile. “Ho appena perso mia madre” disse, sussurrando ogni parola. “Voglio delle risposte. Voglio giustizia.”

“Benissimo” disse Ellington. “Vogliamo la stessa cosa.”

“Ma se vogliamo ottenere giustizia” disse Mackenzie “deve lasciarci lavorare. A quanto ho capito, lei ha una certa influenza da queste parti, ma francamente non mi importa. Abbiamo un lavoro da svolgere e non possiamo farci intralciare dalla sua rabbia, dolore o arroganza.”

Durante quella breve conversazione, lo sceriffo Clarke era rimasto seduto al piccolo tavolo, facendo del proprio meglio per reprimere un sorriso.

Ridgeway rimase in silenzio per un momento. Guardò alternativamente gli agenti e lo sceriffo Clarke. Annuì e, quando una lacrima gli rigò una guancia, Mackenzie pensò che il suo dolore fosse sincero. Tuttavia, riusciva ancora a scorgere la rabbia nei suoi occhi.

“Sono sicuro che siate abituati a comandare a bacchetta i poliziotti di provincia” disse Langston Ridgeway. “Ma lasciate che vi dica una cosa... se fate un buco nell’acqua con questo caso o se mi mancate ancora di rispetto, chiamerò Washington, parlerò con i vostri superiori e vi farò seppellire.”

La cosa triste è che crede davvero di poterlo fare, pensò Mackenzie. E forse è così, ma darei qualunque cosa per essere una mosca sul muro quando uno come Langston Ridgeway si metterà ad urlare contro a McGrath.

Piuttosto che aggravare la situazione, Mackenzie decise di rimanere zitta. Lanciò un’occhiata a Ellington al suo fianco e vide che stringeva e apriva ripetutamente i pugni... un trucchetto che metteva in pratica quando era sul punto di perdere le staffe.

Infine Mackenzie disse “Se ci lascerà svolgere il nostro lavoro in pace, non dovrà arrivare a tanto.”

Era chiaro che Ridgeway stesse cercando qualcos’altro da ribattere, ma alla fine si limitò a borbottare qualcosa, quindi girò i tacchi e uscì dalla stanza. A Mackenzie sembrava un bambino che faceva una scenata.

Dopo alcuni secondi, lo sceriffo Clarke sospirò piegandosi in avanti sul tavolo. “E adesso avete visto cosa mi tocca sopportare. Quel ragazzo crede che il sole giri intorno al suo culo viziato. E può continuare a lagnarsi di aver perso la madre finché vuole, ma in realtà è preoccupato che la stampa delle città più grandi scopra che aveva scaricato la madre in una casa di riposo... per quanto di lusso. Più di ogni altra cosa, è preoccupato per la propria immagine.”

“Sì, ho avuto la stessa impressione” disse Ellington.

“Crede che potrebbe metterci ancora i bastoni tra le ruote?” chiese Mackenzie.

“Non saprei, è imprevedibile. Farà tutto quello che crede possa servire a migliorare le proprie possibilità di ottenere l’attenzione pubblica, che in seguito si trasformerà in voti.”

“Bene, sceriffo” disse Mackenzie, “se ha un paio di minuti, perché non ci sediamo e ripassiamo tutto quello che sappiamo?”

“Non ci vorrà molto, perché non sappiamo granché.”

“Sempre meglio di niente” disse Ellington.

Clarke annuì e si alzò in piedi. “Andiamo nel mio ufficio, allora.”

Mentre percorrevano il corridoio, Mackenzie ed Ellington sussultarono quando Clarke all’improvviso gridò: “Ehi, Frances! Prepara del caffè, tesoro, ti dispiace?”

Mackenzie ed Ellington si scambiarono uno sguardo disorientato. Mackenzie stava cominciando a capire meglio lo sceriffo e il suo modo di gestire le cose. Anche se era un po’ rozzo, a Mackenzie non dispiaceva affatto, se si escludevano il linguaggio e il sessismo involontario.

Mackenzie ed Ellington sedettero alla scrivania di Clarke per riesaminare ila documentazione esistente sul caso, mentre fuori calava il buio.

CAPITOLO CINQUE

Poco prima che Frances arrivasse con il caffè, tornò l’agente Lambert. Adesso che non era più chino sul cellulare, Mackenzie si accorse che era giovane, doveva avere sui trent’anni. Trovava strano che fosse un altro agente a fare da braccio destro a Clarke, invece di un vicesceriffo, ma non diede peso alla cosa.

La città è piccola, si rammentò.

I quattro erano seduti alla scrivania di Clarke, intenti a riesaminare i documenti. Clarke sembrò più che contento di lasciare a Mackenzie il timone, che dal canto suo apprezzò il cambiamento nell’atteggiamento dello sceriffo... adesso la accettava come sua pari.

“Dunque, partiamo dal caso più recente” disse Mackenzie. “Ellis Ridgeway, cinquantasette anni. Come ho avuto modo di constatare di persona, ha un figlio estremamente arrogante ed egocentrico. A parte il fatto ovvio che era cieca, cos’altro potete dirmi su di lei?”

“In pratica è tutto” disse Clarke. “Era una signora dolce. Da quel che ho capito, tutti alla casa di riposo le volevano bene. Quello che mi spaventa di tutta questa storia è che l’assassino doveva avere confidenza con lei, giusto? Doveva sapere che sarebbe uscita dalla struttura per prenderla di mira.”

“Anch’io ci avevo pensato” disse Mackenzie. “Ma se queste morti sono collegate – e sicuramente lo sembrano – questo significa che se è stato qualcuno del posto che la conosceva ad ucciderla, di sicuro ha dovuto viaggiare parecchio. L’altra vittima era... a due ore e mezza da qui?”

“Quasi tre” confermò Clarke.

“Appunto” disse Mackenzie. “Sapete, per un po’ mi sono persino chiesta se potesse essere stato un altro ospite, ma Randall Jones mi ha assicurato che nessuno l’ha seguita ieri. A quanto pare è dimostrato dal filmato della videocamera, che però non abbiamo ancora visionato, grazie all’interferenza di Langston Ridgeway. In quanto agli ospiti o al personale, non ci sono prove che qualcuno sia uscito durante l’assenza della signora Ridgeway.”

“E poi, tornando al primo omicidio” disse Ellington, “dovremo andare a parlare con i parenti, presto. Cosa può dirci della prima vittima, sceriffo?”

“Be’, viveva in un’altra casa per non vedenti” disse. “E tutto ciò che so è nel fascicolo che avete anche voi. Come ho già detto, è a quasi tre ore da qui, praticamente nella Virginia occidentale. La struttura non è messa bene, a quanto ho capito. Più una scuola che una casa, credo.”

Fece scivolare verso Mackenzie il foglio con il breve verbale della polizia della prima scena del crimine. Era avvenuto in una città chiamata Treston, a circa quaranta chilometri da Bluefield, nella Virginia occidentale. Il trentottenne Kenneth Able era stato strangolato a morte. C’erano leggere abrasioni intorno agli occhi. Era stato trovato nascosto nell’armadio della stanza in cui passava la maggior parte del tempo nella struttura.

I fatti erano raccontati in modo robotico, senza dettagli. Anche se c’era scritto che le indagini erano in corso, Mackenzie dubitava che avessero preso sul serio il delitto.

Adesso però scommetto di sì, pensò.

Questa nuova morte era troppo lampante per negarla. Le vittime erano troppo simili, così come i segni di violenza sui corpi.

 

“Ho chiesto a Randall Jones di compilare una lista di dipendenti e persone connesse con la casa su cui nutre anche il minimo sospetto” disse Mackenzie. “Direi che la prossima mossa sia parlare con qualcuno a Treston per vedere se ci sono collegamenti.”

“Lo svantaggio è che Treston è maledettamente lontano” fece notare Ellington. “Anche se fila tutto liscio, dobbiamo mettere in conto il tempo necessario per spostarci. A quanto pare, non sarà possibile chiudere il caso così velocemente come l’illustre signor Ridgeway vorrebbe.”

“Quando arriverà il referto del medico legale?” chiese Mackenzie.

“Mi aspetto di sentire qualcosa entro poche ore” disse Clarke. “Anche se un esame preliminare non ha evidenziato niente di evidente. Né impronte digitali, né capelli o altro.”

Mackenzie annuì e tornò a guardare il fascicolo. Aveva appena iniziato a esaminarlo in modo più approfondito quando il suo cellulare squillò. Lo prese e rispose: “Qui agente White.”

“Sono Randall Jones. Come mi ha chiesto, ho quella lista di nomi. È piuttosto breve e comunque sono sicuro che tutti si dimostreranno estranei ai fatti.”

“Chi sono queste persone?”

“C’è un addetto alla manutenzione che non è molto affidabile. Ieri ha lavorato tutto il giorno, smontando poco dopo le cinque. Ho chiesto in giro e nessuno sembra averlo visto tornare. Poi c’è un altro uomo che lavora per i servizi sociali. A volte viene per fare giochi di società e passare un po’ di tempo con gli ospiti. Di tanto in tanto fa anche aiuta anche con le pulizie o a spostare mobili.”

“Potrebbe mandarmi nomi e recapiti per messaggio?”

“Ma certo” disse Jones, chiaramente non contento di dover considerare quegli uomini come sospettati.

Mackenzie terminò la chiamata e si voltò verso i tre uomini nella stanza. “Era Jones con due possibili sospettati. Un manutentore e un volontario che intrattiene gli ospiti. Sceriffo, a breve dovrebbero arrivarmi i nomi, le dispiace controllarli e...”

Il cellulare la avvisò che era arrivato il messaggio in questione. Lo mostrò allo sceriffo Clarke, che scrollò le spalle, scoraggiato.

“Il primo, Mike Crews, è il manutentore” disse. “So per certo che ieri sera non ha ucciso nessuno perché era con me a bere una birra al Rock’s Bar. E questo dopo essere stato a casa di Mildred Cann per aggiustare gratis il suo condizionatore. Quindi posso già dirvi che Mike Crews non è il vostro uomo.”

“E che mi dice dell’altro nome?” chiese Ellington.

“Robbie Huston. L’ho sempre visto soltanto di sfuggita. Se non sbaglio, lavora nei servizi sociali a Lynchburg. Da quel che so, alla Wakeman è considerato una specie di santo. Legge agli ospiti, è molto simpatico. Come dicevo, viene da Lynchburg, che si trova ad un’ora e mezza da qui, proprio sulla strada per Treston.”

Mackenzie tornò a guardare il messaggio di Jones e salvò il numero di Robbie Huston. Era una pista debole, ma almeno era qualcosa.

Guardò l’orologio e vide che erano quasi le sei. “Quando dovrebbero tornare il suo vice e gli altri agenti?” chiese.

“Presto. Comunque finora non mi hanno segnalato niente. Se intanto volete avviarvi, vi aggiorno se cambia qualcosa.”

“Per me va bene” disse Mackenzie.

Raccolse i fogli del fascicolo e si alzò in piedi. “Grazie per il suo aiuto.” disse allo sceriffo.

“Nessun problema. Vorrei solo poter fare di più. Se volete, posso chiedere alla polizia di stato di venire a darci una mano. Stamattina erano qui, ma se ne sono andati subito, però credo che alcuni agenti rimarranno in città per qualche giorno.”

“Le farò sapere se ce ne sarà bisogno” disse Mackenzie. “Buona serata, signori.”

Detto ciò, lei ed Ellington se ne andarono. La lobby era deserta e Frances a quanto pareva aveva finito il suo turno.

Nel parcheggio, Ellington esitò per un momento mentre prendeva le chiavi. “Hotel o viaggetto a Lynchburg?” chiese.

Mackenzie ci rifletté e, anche se la tentazione di proseguire le indagini fino a tardi era forte, pensò che contattare Robbie Huston telefonicamente sarebbe stata la stessa cosa che andare a Lynchburg di persona. Tra l’altro, iniziava a pensare che lo sceriffo Clarke sapesse il fatto suo e se lui non aveva sospetti su Huston, per il momento le poteva bastare. Era uno degli aspetti migliori del lavorare in una piccola città: quando tutti sapevano praticamente tutto di tutti, si poteva fare affidamento sulle opinioni della polizia del posto.

Però vale comunque la pena telefonargli una volta che ci siamo sistemati, pensò.

“Hotel” disse. “Se non sarò soddisfatta della telefonata, faremo tappa a Lynchburg domani.”

“Prima di andare a Treston? Sarà un lungo viaggio.”

Lei annuì. Avrebbero fatto avanti e indietro parecchio. Forse l’indomani sarebbe stato meglio separarsi. Ma potevano discutere di strategia dopo aver preso una stanza con l’aria condizionata.

Nonostante Mackenzie non fosse attratta dal lusso, l’idea di un condizionatore in quel caldo opprimente era troppo allettante. Entrarono nella macchina bollente, Ellington abbassò i finestrini e si diressero a ovest, verso il cuore di Stateton.

***

L’unico motel di Stateton era un edificio quadrato sorprendentemente curato, chiamato Stateton Inn. C’erano solo dodici stanze, nove delle quali erano libere quando Mackenzie ne chiese una. Adesso che McGrath sapeva della loro relazione, lei ed Ellington non si preoccupavano più di prendere due camere solo per salvare le apparenze. Presero una singola con letto matrimoniale e, dopo quella giornata stressante passata a guidare nell’afa, ne fecero buon uso appena chiusa la porta alle loro spalle.

Dopo, mentre Mackenzie si faceva la doccia, non poté fare a meno di apprezzare la dolce sensazione di sentirsi desiderata. C’era dell’altro, però; il fatto che avessero iniziato a spogliarsi nel primo istante in cui erano soli e avevano un letto a disposizione la faceva sentire dieci anni più giovane. Era una bella sensazione, ma si sforzava in ogni modo di tenerla a freno. Vero, si stava godendo le cose con Ellington e, comunque si volesse chiamare quello che c’era tra loro, era una delle più cose più eccitanti e promettenti che le capitavano da anni; però sapeva anche che, se non fosse stata attenta, avrebbe interferito con il suo lavoro.

Mackenzie intuiva che anche lui lo sapeva. I rischi per lui erano gli stessi: reputazione, derisione e un cuore infranto. Anche se ultimamente non era sicura che fosse preoccupato di quest’ultima cosa. Più lo conosceva, più era certa che Ellington non fosse il tipo da andare a letto con chiunque o che trattasse male le donne, però sapeva anche che era appena uscito da un matrimonio fallito e procedeva con molta cautela nella loro relazione, se così la volevano definire.

Aveva l’impressione che Ellington non sarebbe rimasto scosso più di tanto se le cose tra loro fossero finite. In quanto a lei... non sapeva come l’avrebbe presa.

Mentre usciva dalla doccia e si asciugava, Ellington entrò in bagno. Forse avrebbe voluto unirsi a lei sotto la doccia, ma era arrivato tardi. La guardò malizioso, come sempre, ma il suo sguardo era anche carico di qualcos’altro; lei la definiva la sua “espressione da lavoro.”

“Che c’è?” gli chiese scherzosamente.

“Domani... non vorrei, ma forse dovremmo dividerci. Uno di noi può andare a Treston, mentre l’altro rimane qui a lavorare con la polizia e il medico legale.”

Mackenzie sorrise quando si rese conto di quanto a volte fossero in sintonia. “Stavo pensando la stessa cosa.”

“Hai preferenze?” le chiese.

“Non direi. Posso andare io a Lynchburg e Treston. Guidare non mi dispiace.”

Pensò che avrebbe protestato, insistendo per mettersi lui in viaggio. Sapeva che Ellington non amava particolarmente guidare, ma non gli andava nemmeno a genio l’idea di saperla sola per strada.

“Per me va bene” disse invece. “Se a fine giornata saremo riusciti a raccogliere informazioni dalla casa di cura a Treston e dal medico legale qui, forse riusciremo davvero a risolvere il caso velocemente come tutti si aspettano tutti.”

“Sarebbe fantastico” gli disse, poi lo baciò sulle labbra e uscì dal bagno.

Tornata in camera, si affacciò alla sua mente un pensiero che la fece sentire quasi un’innamorata persa, ma che era innegabile.

E se lui non prova le stesse cose che io provo per lui?

Nell’ultima settimana l’aveva sentito un po’ distante e, anche se Ellington aveva fatto del proprio meglio per nasconderlo, lei se n’era accorta.

Forse si è reso conto di quanto tutto questo potrebbe influenzare il nostro lavoro.

Era una buona motivazione, a cui anche lei pensava spesso. Però non poteva preoccuparsi di quello adesso. Con il referto del medico legale che stava per arrivare, il caso poteva essere ad un punto di svolta. E sapeva che, se la sua mente rimaneva concentrata su Ellington e su quello che significavano l’uno per l’altra, forse le indagini non sarebbero riuscite a decollare.

CAPITOLO SEI

Quando si separarono la mattina seguente, Mackenzie notò con sorpresa che Ellington era particolarmente serio. La abbracciò un po’ più a lungo del normale nella stanza del motel e quando Mackenzie lo lasciò alla stazione di polizia di Stateton sembrava piuttosto depresso. Dopo averlo salutato agitando la mano dietro il parabrezza, Mackenzie tornò sulla strada principale per il viaggio di due ore e quaranta minuti che la aspettava.

In mezzo ai boschi la ricezione del cellulare era irregolare. Riuscì a telefonare al secondo potenziale sospetto indicato da Jones, Robbie Huston, solo quando fu circa quindici chilometri fuori da di Stateton. Quando infine riuscì a far partire la chiamata, l’uomo rispose al secondo squillo.

“Pronto?”

“Parlo con Robbie Huston?” gli chiese.

“Sì. Chi è?”

“Sono l’agente Mackenzie White, FBI. Mi chiedevo se stamattina avesse tempo di scambiare qualche parola con me.”

“Ehm... posso chiederle a proposito di cosa?”

La confusione e la sorpresa dell’uomo erano sincere, lo si intuiva persino al telefono.

“A proposito di un’ospite della Casa per Ciechi Wakeman che credo conosca anche lei. Non posso rivelarle altro per telefono, perciò le sarei grata se potesse dedicarmi cinque, massimo dieci minuti del suo tempo. Sarò a Lynchburg tra circa un’ora.”

“Certo” disse l’uomo. “Lavoro da casa, quindi se vuole può venire direttamente al mio appartamento.”

Dopo aver ricevuto l’indirizzo, Mackenzie terminò la telefonata. Impostando il navigatore, constatò sollevata che per raggiungere l’appartamento ci sarebbero voluti solo venti minuti in più di viaggio.

Mentre raggiungeva Lynchburg non riuscì a concentrarsi sul caso in corso, distratta dalle centinaia di domande senza risposta che riguardavano il vecchio caso di suo padre e la recente morte che lo aveva riportato alla luce. Per chissà quale motivo, chiunque avesse ucciso suo padre aveva ucciso anche qualcun altro in modo molto simile.

E, ancora una volta, l’omicida aveva lasciato sulla scena un criptico biglietto da visita. Ma perché?

Aveva passato settimane a cercare di scoprirne il significato. Forse il killer era semplicemente sfacciato, oppure i biglietti erano stati lasciati per depistare le indagini... quasi stesse giocando al gatto col topo. Sapeva che sul caso c’era ancora Kirk Peterson, un umile e scrupoloso detective privato in Nebraska che Mackenzie non conosceva abbastanza da potersi fidare completamente di lui. Aveva l’impressione che il puzzle fosse quasi completo, ma che qualcuno avesse nascosto di proposito un pezzo, determinato a rimetterlo in tavola all’ultimo istante.

Non si era mai sentita tanto demoralizzata in vita sua. Non si trattava più soltanto di consegnare alla giustizia l’assassino del padre, ma anche di risolvere una volta per tutte un mistero durato decenni. Mentre era ancora persa in quei pensieri, il suo cellulare squillò. Vide sul display il numero dello sceriffo e rispose sperando che avesse qualche indizio da riferirle.

“Buondì, agente White” disse Clarke. “Senta, come avrà notato, la ricezione qui a Stateton fa schifo. C’è qui con me l’agente Ellington che vorrebbe parlare brevemente con lei. Non è riuscito a chiamarla con il suo cellulare.”

Rimase in linea sentendo i rumori del telefono che veniva passato a Ellington.

 

“Allora” fece lui “ti senti persa senza di me?”

“Non direi” disse lei. “Tra poco meno di un’ora ho appuntamento con Robbie Huston.”

“Ah, fai progressi. A proposito, ho in mano il referto del medico legale. Fresco fresco. Ti faccio sapere se scopro qualcosa. Tra poco dovrebbe arrivare anche Randall Jones, voglio chiedergli di farmi parlare con alcuni ospiti della casa.”

“Mi sembra una buona idea. Io invece nelle prossime tre ore ho in programma di guidare tra pascoli e campi deserti.”

“Che vita mondana” scherzò lui. “Chiamami se hai bisogno.”

Detto ciò, chiuse la comunicazione.

Era il loro solito scambio di battute e questo la fece sentire una sciocca per essersi preoccupata di cosa pensasse Ellington di quello che si stava sviluppando tra loro.

Con la telefonata che aveva interrotto il filo dei pensieri sul vecchio caso di suo padre, Mackenzie riuscì a concentrarsi meglio su quello attuale. Il termometro sul cruscotto la informava che fuori c’erano già trentuno gradi... e non erano nemmeno le nove del mattino.

Gli alberi ai lati delle strade erano incredibilmente spessi e stavano curvi come un tendone. Anche se avevano qualcosa di misteriosamente bello nella debole luce del mattino, Mackenzie non vedeva l’ora di trovarsi sull’ampia autostrada a quattro corsie che l’avrebbe condotta da Lynchburg a Treston.

***

Robbie Huston viveva in un piccolo complesso di appartamenti alla moda vicino al centro di Lynchburg. Era circondato da librerie universitarie e caffetterie che probabilmente riuscivano ad andare avanti grazie alla grande università privata cristiana che incombeva sulla città. Quando Mackenzie bussò alla sua porta alle 9:52, l’uomo aprì quasi immediatamente.

Sembrava sulla trentina e aveva i capelli ispidi e scompigliati, e una carnagione che faceva pensare a Mackenzie che avesse sempre ed esclusivamente lavorato dietro una scrivania. Era piuttosto carino e sembrava eccitato o nervoso di avere un vero agente dell’FBI a casa sua.

La invitò ad entrare e Mackenzie vide che l’appartamento era bello e moderno anche all’interno. La zona soggiorno, la cucina e lo studio erano tutti in un’unica, ampia stanza, con i diversi ambienti delimitati da divisori decorati e inondata dalla luce del sole che si riversava nell’appartamento attraverso due finestroni sulla parete opposta.

“Ehm... posso offrirle del caffè?” le chiese. “L’ho fatto stamattina, è già pronto.”

“Sì, grazie, lo prendo volentieri” disse lei.

Lo seguì in cucina, dove le riempì una tazza. “Latte? Zucchero?”

“No, grazie” disse lei. Ne assaggiò un sorso, lo trovò buono e andò dritta al punto. “Signor Huston, lei fa spesso volontariato alla Casa per Ciechi Wakeman, giusto?”

“Sì.”

“Con quale frequenza?”

“Dipende da quanto lavoro ho, in realtà. A volte riesco ad andarci solo una o due volte al mese. Ci sono stati mesi dove sono riuscito ad andarci una volta a settimana.”

“E di recente?” chiese Mackenzie.

“Be’, questa settimana ci sono andato lunedì. La settimana scorsa di mercoledì e quella prima lunedì e venerdì, direi. Posso farle vedere la mia agenda.”

“Magari più tardi” disse Mackenzie. “Parlando con Randall Jones, ho imparato che fa giochi di società e a volte aiuta con le pulizie o a spostare mobili. È esatto?”

“Sì, è così. A volte leggo anche dei libri ad alta voce.”

“A chi in particolare? Quali ospiti ha intrattenuto nelle ultime due settimane?”

“Un paio. C’è un anziano che si chiama Percy, con cui gioco a Apples to Apples, il gioco dei paragoni. Ci vuole qualcuno che lo aiuti a giocare, che gli legga in un orecchio cosa c’è scritto sulle carte. La settimana scorsa poi ho chiacchierato con Ellis Ridgeway di musica. Ho anche letto per lei.”

“E saprebbe dirmi quand’è che ha trascorso tempo con Ellis?”

“Le ultime due volte che sono stato là. Lunedì le ho fatto ascoltare Brian Eno. Abbiamo parlato di musica classica e le ho letto un articolo online su come la musica classica viene usata per stimolare il cervello.”

Mackenzie annuì, sapendo che era giunto il momento di giocare la carta migliore. “Ecco, mi dispiace molto dover essere io a dirglielo, ma Ellis è stata trovata assassinata martedì sera. Stiamo cercando di scoprire chi sia stato e, come sono certa capirà, dovevamo indagare su chiunque avesse passato del tempo con lei di recente. Soprattutto i volontari che non sono fissi nella struttura.”

“Oh mio Dio” disse Robbie, sbiancando in volto.

“Prima della signora Ridgeway c’è stata un’altra vittima in una casa di cura a Treston, in Virginia. Lei è mai stato là?”

Robbie annuì. “Sì, ma solo due volte. Una era per i servizi sociali che facciamo attraverso Liberty, la mia università. Ho dato una mano a rimodernare la cucina e progettare i giardini. Un mese o due più tardi sono tornato per aiutare come potevo. Per lo più solo per aiutare gli ospiti a socializzare.”

“Quando?”

Lui ci rifletté, ancora scosso per la notizia del duplice omicidio. “Quattro anni fa, direi. Facciamo anche quattro e mezzo.”

“Ricorda di aver conosciuto un uomo di nome Kenneth Able quando era là? Anche lui è stato ucciso di recente.”

Parve di nuovo perso nei proprio pensieri. Gli occhi sembravano congelati. “Il nome non mi dice niente, ma questo non significa che non abbia mai parlato con lui mentre ero là.”

Mackenzie annuì, sempre più certa che Robbie Huston non fosse affatto un assassino. Non poteva esserne certa, ma le sembrò di vedere le lacrime velargli gli occhi, mentre finiva di bere il caffè che le aveva offerto.

Meglio essere prudenti però, pensò.

“Signor Huston, sappiamo per certo che la signora Ridgeway è stata uccisa a meno di un chilometro dalla Wakeman, tra le 19:05 e le 21:40 di martedì. Ha un alibi per quell’ora?”

Vide che per la terza volta si perdeva nei propri pensieri, poi però iniziò ad annuire lentamente. “Ero qui, nel mio appartamento. Ero impegnato in una conferenza telefonica con altre tre persone. Stiamo cercando di avviare una piccola organizzazione per aiutare i senzatetto qui e in altre città vicine.”

“Può provarlo?”

“Posso farle vedere da dove ho effettuato l’accesso. Credo anche che uno degli altri prenda un sacco di appunti sulle chiamate. Di sicuro avrà trascrizioni delle conversazioni con indicato l’orario e cose del genere.” Stava già andando verso il computer portatile che era su una scrivania davanti ad una delle finestre. “Ecco, se vuole le faccio vedere.”

Adesso Mackenzie era sicura che Robbie Huston fosse innocente, ma voleva accertarsene. Visto il modo in cui la notizia lo aveva sconvolto, voleva anche fargli sentire di essere stato utile. Così guardò da dietro la sua spalla mentre apriva il sito, effettuava l’accesso e apriva la cronologia delle ultime settimane. Vide che aveva detto la verità: aveva preso parte alla videoconferenza dalle 18:45 alle 22:04 di martedì.

Ci mise meno di cinque minuti a mostrarle gli appunti e le trascrizioni.

“La ringrazio davvero per il suo aiuto, signor Huston” gli disse.

Lui annuì, accompagnandola alla porta. “Due persone non vedenti...” disse cercando di capacitarsene. “Perché qualcuno dovrebbe fare una cosa simile?”

“È quello che sto cercando di scoprire” disse lei. “La prego di chiamarmi se le venisse in mente qualcos’altro di utile” aggiunse lasciandogli un biglietto da visita.

Lui lo prese, la salutò con un lento cenno della mano e chiuse la porta. Mackenzie si sentì come se avesse appena informato dell’omicidio i parenti della vittima, non un bravo ragazzo che sembrava avere davvero a cuore entrambe le vittime.

Quasi lo invidiava... provare sincero dispiacere per degli sconosciuti. Ultimamente vedeva i morti solo come cadaveri – ammassi di carne senza nome, ricchi di potenziali indizi.

Non era il modo migliore di vivere la sua vita, lo sapeva. Non poteva permettere che il lavoro cancellasse in lei la compassione. O la sua umanità.

Bepul matn qismi tugadi. Ko'proq o'qishini xohlaysizmi?