Kitobni o'qish: «Prima Che Fugga », sahifa 3

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CAPITOLO SEI

Il primo nome sulla lista di amici fornita da Clark Manners era un certo Marcus Early. Quando provarono a contattarlo, partì la segreteria telefonica. Allora tentarono con il secondo nome sulla lista, Bethany Diaggo, e la ragazza accettò di incontrarli subito.

La raggiunsero sul suo luogo di lavoro, uno studio legale dove stava praticando il tirocinio come previsto dal suo piano di studi alla Queen Nash. Poiché l’ora di pranzo era vicina, Bethany semplicemente uscì mezz’ora prima e si incontrò con loro in una delle piccole sale riunioni sul retro dell’edificio.

“Ci è stato riferito che la notte in cui Christine è stata uccisa si trovava all’appartamento di Clark Manners.” esordì Mackenzie. “Cosa ci può raccontare di quella sera?”

“Ci eravamo trovati solo per divertirci un po’. Abbiamo bevuto, forse un po’ troppo, abbiamo giocato a carte, guardato le repliche di The Office e basta, direi.”

“Perciò non ci sono stati litigi?” volle sapere Mackenzie.

“No. Però ho notato che Christine aveva iniziato ad arrabbiarsi con Clark. A volte, quando beve tende a esagerare. Christine non ha detto niente quella sera, ma si capiva che si stava irritando.”

“Sa se questo ha mai causato problemi tra loro in passato?”

“Non che io sappia. Credo che Christine semplicemente se ne fosse fatta una ragione. Sono abbastanza sicura che pensasse che la loro storia non sarebbe durata per sempre.”

“Bethany, conosce una ragazza che si chiama Jo Haley? Ha più o meno la sua età, e anche lei era una studentessa alla Queen Nash.”

“Sì. Non la conoscevo bene come Christine, ma eravamo in rapporti amichevoli. Era raro che uscissimo insieme, però se ci incontravamo in un locale, di solito finivamo per sedere allo stesso tavolo per chiacchierare.”

“Deduco che sappia che anche lei è stata uccisa qualche giorno fa, giusto?” intervenne Ellington.

“Sì. Per una specie di crudele ironia della sorte, è stata proprio Christine a darmi la notizia.”

“Sa come l’aveva imparato?” chiese Mackenzie.

“Non ne ho idea. Credo che avessero alcune lezioni in comune. Oh, e avevano anche lo stesso consulente accademico.”

“Consulente accademico?” ripeté Ellington. “È un altro modo per dire referente scolastico?”

“Più o meno” disse Bethany.

“Ed è sicura che Jo e Christine avessero lo stesso consulente?” chiese Mackenzie.

“Così sosteneva Christine. Me l’ha detto quando mi ha riferito che Jo era stata uccisa. Ha detto che il fatto era fin troppo vicino a lei.” Bethany si interruppe, forse intuendo per la prima volta l’inquietante senso premonitore di quel commento.

“Per caso ha il nome di questo consulente?” chiese Mackenzie.

Bethany ci pensò un momento, poi scosse la testa. “No, mi dispiace. Me l’ha anche detto quando mi ha raccontato di Jo, ma non me lo ricordo.”

Non è un problema, pensò Mackenzie. Basterà una telefonata all’università per scoprire questa informazione.

“C’è altro che ci possa dire su Jo o su Christine?” proseguì Mackenzie. “Qualunque dettaglio che possa aver dato a qualcuno il pretesto per volerle morte?”

“No, nessuno. Tutto questo non ha senso. Christine era molto concentrata sugli studi e si teneva lontana dai guai. Pensava solo alla scuola e ad iniziare subito una carriera lavorativa. Jo invece non la conoscevo abbastanza da poter dire qualcosa in merito.”

“Ho capito, grazie per il suo tempo” disse Mackenzie.

Mentre uscivano dall’ufficio e Bethany si preparava ad andarsene, Mackenzie tentò di immaginare le due ragazze uccise nella stessa aula, oppure incrociarsi nei corridoi dell’università. Magari si vedevano mentre una usciva dall’ufficio del consulente scolastico mentre l’altra entrava. Quell’idea era un po’ inquietante, ma Mackenzie sapeva fin troppo bene che cose del genere accadevano spesso quando c’era più di una vittima.

“Gli uffici universitari sono ancora chiusi per ferie” le fece notare Ellington mentre risalivano in auto. “Sicuramente riapriranno domani.”

“Sì, ma immagino anche che sul sito dell’università ci sia l’elenco del personale. A giudicare dai libri a casa di Christine, credo si possa presumere che il suo indirizzo di studi sia Scienze Politiche. Questo restringe il campo di ricerca.”

Prima ancora che Ellington avesse il tempo di dirle che era un’ottima idea, Mackenzie aveva già il cellulare in mano. Aprì il browser e andò al sito dell’università. Riuscì a trovare la sezione dei docenti, ma come immaginava i nomi non erano corredati di numeri di telefono personali; gli unici contatti rimandavano agli uffici dei referenti. Tuttavia, individuò i due consulenti che erano assegnati nello specifico al dipartimento di Scienze Politiche e lasciò un messaggio ciascuno, chiedendo di essere ricontattata non appena avessero sentito il messaggio.

Una volta fatto ciò, aprì la rubrica dei suoi contatti.

“E adesso che fai?” chiese Ellington.

“Ce ne sono solo due di consulenti. Vale la pena provare a ottenere qualche informazione sul loro passato, per vedere se c’è qualche segnale di pericolo.”

Ellington annuì, sorridendo al suo modo rapido di ragionare. Rimase in ascolto mentre lei faceva la telefonata. Mackenzie poteva sentire il suo sguardo posarsi su di sé di tanto in tanto, quasi con fare protettivo.

“Come ti senti?” le domandò poi.

Sapeva quello che intendeva, che non c’entrava con il caso ma stava chiedendo del bambino. Si strinse nelle spalle, non vedendo che senso avesse mentirgli. “Tutti i libri dicono che presto le nausee dovrebbero finire, ma io non ci credo. Anche oggi ho avuto un paio di episodi e, a dirla tutta, sono davvero stanca.”

“Allora forse dovresti tornare a casa” suggerì lui. “Detesto sembrare il marito autoritario, ma… ecco, preferirei evitare che tu o il bambino vi facciate male.”

“Lo so. Ma qui si tratta di una serie di omicidi in un campus universitario. Dubito che la situazione possa farsi pericolosa. Probabilmente è solo un ragazzo col testosterone alle stelle che riesce a spassarsela solo uccidendo le ragazze.”

“D’accordo, hai ragione” concesse Ellington. “Ma prometti di essere sincera con me e dirmi se inizi a sentirti debole o strana?”

“Te lo prometto.”

Ellington la guardò con sospetto ma allo stesso tempo con aria scherzosa, come se non fosse sicuro di potersi fidare di lei. Poi le prese la mano mentre guidava verso il centro della città per trovare un hotel per la notte.

***

Avevano a malapena avuto il tempo di sistemarsi nella stanza che il cellulare di Mackenzie squillò. Nonostante non conoscesse il numero, rispose subito. Nella sua mente aveva viva la richiesta di McGrath di fare presto, e le pareva di sentire l’orologio ticchettare. Aveva la sensazione che, se il caso non fosse stato risolto entro la ripresa delle lezioni la settimana successiva – anzi, mancavano cinque giorni – sarebbe stato molto più difficile portare avanti le indagini con il campus invaso di studenti.

“Pronto, qui agente White” disse al telefono.

“Agente White, sono Charles McMahon, consulente accademico alla Queen Nash University. Ho sentito il suo messaggio, così l’ho richiamata.”

“Ottimo, grazie per la celerità. Si trova all’università in questo momento?”

“No. Dato che ho molto lavoro, ho fatto deviare tutte le chiamate dal mio ufficio al mio cellulare.”

“Capisco. Bene, mi chiedevo se potesse rispondere a qualche domanda a proposito di un recente omicidio.”

“Immagino si riferisca a Jo Haley?”

“In realtà no. Si è verificato un altro omicidio, due giorni fa. La vittima è un’altra studentessa della Queen Nash. Una ragazza di nome Christine Lynch.”

“È terribile” disse con voce sinceramente scioccata. “Si tratta… insomma, due vittime in così poco tempo… crede che si tratti di un serial killer?”

“Ancora non lo sappiamo” disse Mackenzie. “Speravamo che potesse aiutarci con qualche pezzo mancante del puzzle. Ho visto sul sito dell’università che ci sono solo due consulenti assegnati al dipartimento di Scienze Politiche, e lei è uno dei due. Inoltre, so che Jo Haley e Christine Lynch avevano lo stesso consulente. Per caso si tratta di lei?”

McMahon fece una risatina nervosa. “No. E questo è uno dei motivi per cui ho così tanto lavoro in questo momento. L’altro consulente accademico del dipartimento, William Holland, si è licenziato tre giorni prima delle vacanze invernali. La maggior parte dei suoi studenti è passata a me… e probabilmente sarà così fino a che non sarà assunto qualcun’altro al suo posto. Ho un assistente che mi dà una mano, ma sono davvero sommerso di lavoro.”

“Per caso sa il motivo per cui Holland ha lasciato il posto?”

“Ecco, giravano voci che avesse una relazione con una studentessa. Per quel che ne so, non c’erano prove, così pensavo che fosse solo una diceria. Poi però si è licenziato all’improvviso, e questo mi dà da pensare.”

Già, anche a me, gli fece mentalmente eco Mackenzie.

“Per quel che ne sa, ha mai fatto altro che possa essere considerato ambiguo? Oppure questa notizia su di lui l’ha sorpresa?”

“Non posso darle una risposta certa. Insomma… lo conoscevo solamente perché lavoravamo insieme. Al di fuori del lavoro, però, non sapevo granché su di lui.”

“Perciò immagino che non abbia idea di dove abiti?”

“No, mi dispiace.”

“Già che ci siamo… signor McMahon, quando è stata l’ultima volta che ha parlato con Jo o con Christine?”

“Mai. Mi sono state entrambe assegnate insieme agli altri studenti di Holland, ma l’unica volta che le ho contattate è stato tramite un’e-mail di massa che ho inviato a tutti gli studenti per informarli.” Dopo una pausa, aggiunse: “Senta, visto quello che è successo, probabilmente riuscirei a farvi avere l’indirizzo di Holland. Devo solo fare un paio di telefonate.”

“Grazie, apprezzo il suo aiuto, ma non ce ne sarà bisogno. Anche io posso risalire a quell’informazione. Grazie per il suo tempo.”

Detto ciò, riattaccò. Ellington, seduto sul bordo del letto con ai piedi una sola scarpa, era rimasto in ascolto per tutta la conversazione.

“Chi è Holland?” chiese.

“William Holland.” Mackenzie lo aggiornò su quello che aveva appreso da McMahon. Anche lei si sedette sul letto e solo in quel momento si accorse di quanto fosse stanca.

“Ci penso io a chiedere il suo indirizzo” si offrì Ellington. “Se lavorava al campus, è probabile che viva nelle vicinanze.”

“Se è lui il nostro uomo, il mio messaggio sulla sua segreteria lo avrà probabilmente messo in allarme.”

“Allora dobbiamo agire in fretta.”

Mackenzie annuì e si accorse di essersi di nuovo posata la mano sul ventre. Adesso era quasi un’abitudine, come mangiucchiarsi le unghie o scrocchiarsi le dita.

C’è una vita, qui dentro, pensò. E se i libri hanno ragione, quella vita sta provando le mie stesse emozioni. La mia angoscia, la mia felicità, le mie paure…

Mentre ascoltava Ellington fare richiesta per ottenere l’indirizzo di William Holland, Mackenzie si domandò per la prima volta se avesse sbagliato a non dire a McGrath del bambino. Forse stava correndo un grosso rischio continuando a fare l’agente operativo.

Quando il caso sarà finito, glielo dirò, si ripromise. Mi concentrerò sul bambino e sulla mia nuova vita, e…

A quanto pareva si era persa nei suoi pensieri, perché Ellington la fissava come se aspettasse una sua risposta.

“Scusa, pensavo ad altro.”

Lui sorrise e disse. “Non fa niente. Ho l’indirizzo di William Holland. Abita qui in città, nel quartiere di Northwood. Te la senti di andare a fargli visita?”

In realtà non se la sentiva. La giornata non era stata eccessivamente estenuante, ma col fatto che era stata proiettata in un’indagine direttamente dal viaggio in Islanda e che non aveva dormito granché nelle ultime trentasei ore, la stanchezza si faceva sentire. Inoltre, sapeva che il bambino dentro di lei si nutriva delle sue energie, e quel pensiero la fece sorridere.

Ad ogni modo, se anche avessero dovuto interrogare questo tizio e prenderlo in custodia, probabilmente non ci sarebbe voluto molto. Così fece del suo meglio per avere un’espressione da dura e si alzò.

“Certo, andiamo a trovarlo.”

Ellington si mise davanti a lei, fissandola negli occhi. “Sicura? Mi sembri stanca. E meno di mezz’ora fa l’hai detto tu stessa.”

“Non ti preoccupare. Ce la faccio.”

Ellington la baciò in fronte e annuì. “Allora d’accordo, ti credo sulla parola.” Con un altro sorriso, allungò una mano ad accarezzarle la pancia, prima di andare verso la porta.

Si preoccupa per me, pensò. Ed è incredibile quanto già ami questo bambino. Sarà davvero un bravo papà…

Prima ancora di finire quel pensiero, erano già fuori dalla porta, diretti alla macchina. Agivano con tale velocità e determinazione che Mackenzie si ricordò che non avrebbe avuto tempo di pensare al loro futuro insieme, almeno finché il caso non fosse risolto.

CAPITOLO SETTE

Erano da poco passate le sette di sera quando Ellington parcheggiò davanti alla casa di William Holland. Si trattava di un piccolo edificio nascosto ai margini di un bel quartiere, di quelli che sembravano più un cottage fuori posto che una casa. Nel vialetto asfaltato c’era una sola macchina, e le luci in casa erano accese.

Ellington bussò alla porta con fare risoluto. Non si stava comportando sgarbatamente, semplicemente stava facendo capire a Mackenzie che, poiché si preoccupava per la sua salute, durante le indagini avrebbe condotto lui i giochi, che si trattasse di guidare, bussare alla porta o altro.

Ad aprire la porta fu un uomo dall’aspetto curato che sembrava avere tra i quarantacinque e i cinquant’anni. Indossava un paio di occhiali alla moda, un blazer e dei pantaloni kaki. A giudicare dalle zaffate che provenivano dalla porta alle sue spalle, doveva aver ordinato del cibo cinese da asporto.

“William Holland?” domandò Ellington.

“Esatto. E voi chi siete?”

Mackenzie fece un passo avanti ed entrambi mostrarono il distintivo contemporaneamente. “Agenti White ed Ellington, FBI. Ci è stato riferito che di recente ha abbandonato il suo ruolo alla Queen Nash.”

“È vero” disse Holland un po’ incerto. “Ma sono confuso. Perché questo dovrebbe provocare una visita dell’FBI?”

“Possiamo entrare, signor Holland?” chiese Ellington.

Holland rifletté un momento, poi acconsentì. “Sì, certo, entrate, ma non… insomma, che succede?”

Entrarono in casa senza rispondere. Quando Holland chiuse l’uscio alle loro spalle, Mackenzie notò che l’aveva fatto lentamente ma con decisione. Forse era nervoso, oppure spaventato – o ancora, cosa più probabile, entrambe le cose.

“Siamo qui in città per indagare su due omicidi” rispose infine Ellington. “Entrambe le vittime erano studentesse della Queen Nash e, a quanto abbiamo scoperto oggi, entrambe erano seguite proprio da lei.”

Erano entrati nel soggiorno e Holland non perse tempo e si lasciò cadere su una poltroncina. Li fissava come se davvero non capisse quello che gli era appena stato detto.

“Un attimo… ha detto due?”

“Esatto” intervenne Mackenzie. “Non lo sapeva?”

“Sapevo di Jo Haley. E l’unica ragione per cui l’ho imparato è perché il rettore ci informa nel caso uno studente muoia. Chi è l’altra ragazza?”

“Christine Lynch” disse Mackenzie studiandolo in cerca di una qualche reazione. Sul suo viso si accese un barlume di riconoscimento, seppur debole. “Riconosce questo nome?”

“Sì, però non… non ricordo il suo viso. Sa com’è, avevo più di sessanta studenti.”

“Ecco un altro punto interessante” disse Ellington. “Il verbo avevo, al passato. Abbiamo saputo che si è licenziato poco prima delle vacanze invernali. Questo ha forse qualcosa a che fare con le voci che avesse una relazione con una studentessa?”

“Oh, Gesù” esclamò Holland. Si accasciò allo schienale della poltrona e si sfilò gli occhiali, massaggiandosi gli occhi e sospirando. “Sì, è vero, sto frequentando una studentessa della Queen Nash. Sapevo che avevano iniziato a circolare voci su noi due e, prima che questo danneggiasse la mia carriera lavorativa o la sua carriera scolastica, mi sono licenziato.”

“Così, semplicemente?” domandò Mackenzie.

“No, non semplicemente” scattò Holland. “Erano mesi che ci vedevamo in segreto e io ne sono innamorato. Anche lei di me. Ne abbiamo discusso a lungo, tentando di decidere il da farsi. Solo che, nel frattempo, la nostra storia stava diventando di dominio pubblico, così non abbiamo avuto scelta. Ad ogni modo… cosa c’entra tutto questo con gli omicidi?”

“Niente, si spera” disse Ellington. “Ma si sforzi di vederla dal nostro punto di vista, per un istante. Abbiamo due studentesse uccise e l’unico solido collegamento tra le due è che avevano lo stesso consulente accademico, cioè lei. Se aggiunge che ha una relazione con una studentessa…”

“Perciò credete che io sia un sospetto? Che abbia ucciso io quelle ragazze?”

Mettere in parole quel pensiero sembrò provocargli la nausea. Si rimise gli occhiali sul naso e si tirò su a sedere, chinandosi in avanti.

“Non sappiamo ancora cosa pensare” disse Mackenzie. “Per questo siamo venuti a parlarle.”

“Signor Holland” riprese Ellington, “ha detto di non ricordare il viso di Christine Lynch. E cosa ci dice di Jo Haley?”

“Lei sì… a dire il vero, la conoscevo piuttosto bene. Era un’amica della ragazza che sto frequentando.”

“Quindi Jo Haley sapeva della vostra relazione?”

“Non saprei. Non credo che Melissa – la mia ragazza – glielo abbia detto. Abbiamo fatto di tutto per mantenere il segreto.”

Mackenzie si prese un momento per riflettere. Il fatto che la sua ragazza conoscesse una delle vittime – e che la vittima forse sapesse di quella relazione proibita – sicuramente non faceva che mettere Holland ancora più in cattiva luce. Mackenzie si chiese come mai avesse rivelato loro tutto questo di sua spontanea volontà e senza alcuna reticenza.

“Scusi se glielo chiedo” disse Mackenzie, “ma la sua ragazza, Melissa, è la prima studentessa con la quale ha mai avuto una relazione?”

Il volto di Holland si contrasse in un’espressione frustrata e all’improvviso scattò in piedi. “Ehi, ‘fanculo! Non potete…”

“Torni immediatamente a sedersi” intimò Ellington piazzandosi davanti a lui.

Holland parve accorgersi del proprio errore, e la sua espressione oscillava tra la rabbia e il pentimento, come se non sapesse bene cosa provare.

“Sentite, mi dispiace. Il fatto è che sono arcistufo di sentirmi giudicato per questo e non mi va di essere accusato di farmela con tutte le studentesse solo perché ho una storia con una di loro, che, tra parentesi, è maggiorenne.”

“Quanti anni ha, signor Holland?” volle sapere Mackenzie.

“Quarantacinque.”

“E Melissa?”

“Ventuno.”

“È mai stato sposato?” chiese Ellington, facendo un passo indietro e rilassando la propria postura.

“Una volta. È durata otto anni e, se proprio volete saperlo, è stato terribile.”

“Come mai il matrimonio è finito?”

Holland scosse il capo e raggiunse il piccolo disimpegno che separava il soggiorno dall’ingresso. “Direi che questa conversazione è terminata. A meno che non abbiate intenzione di accusarmi di qualcosa, potete sparire da qui. Sono sicuro che ci saranno altre persone al campus che potranno rispondere alle vostre domande.”

Mackenzie si avviò lentamente verso l’uscita, seguita da Ellington. Si voltò verso di lui, perché il suo istinto le diceva che c’era qualcos’altro.

“Signor Holland, lei capisce che rifiutandosi di collaborare non fa che peggiorare la propria situazione, vero?”

“Non fa che peggiorare da un mese a questa parte.”

“Dove si trova Melissa, al momento?” volle sapere Ellington. “Vorremmo parlare anche con lei.”

“Lei…” Holland si interruppe, scuotendo di nuovo la testa. “Anche lei è stata trascinata nel fango. Non voglio che la disturbiate per questo.”

“In altre parole” disse Ellington, “non ha intenzione di rispondere ad altre domande e si rifiuta di dirci dove si trova la prossima persona con cui dobbiamo parlare. È corretto?”

Assolutamente sì.”

Mackenzie aveva intuito che Ellington si stava spazientendo. Aveva notato la tensione nelle sue spalle e la postura più rigida. Allungò una mano e gli accarezzò il braccio, per calmarlo.

“Lo terremo presente” disse Mackenzie. “Se avremo nuovamente bisogno di parlare con lei riguardo il caso e non la troveremo in casa, la considereremo a tutti gli effetti un sospettato e la arresteremo. Ha capito?”

“Sicuro” replicò Holland.

Li fece avanzare verso l’ingresso e aprì la porta. Nell’istante in cui varcarono la soglia e furono sul portico, Holland sbatté l’uscio.

Mackenzie si avviò verso le scale del portico, ma Ellington era immobile. “Non credi che dovremmo insistere?”

“Forse. Però non credo che se fosse colpevole ci avrebbe rivelato tanti particolari di sua spontanea volontà. Inoltre… conosciamo il nome della sua fidanzata. Se necessario, non dovremmo avere problemi a scoprire anche il suo cognome. Invece, l’ultima cosa che ci serve è arrestare un consulente accademico che si trova già in una situazione precaria ed è al centro dei pettegolezzi.”

Ellington sorrise e la raggiunse alle scale. “Visto? Sono cose come questa che faranno di te una moglie magnifica. Mi impedisci sempre di fare qualche stupidaggine.”

“Immagino di poter dire che ho fatto parecchia esperienza negli ultimi anni.”

Salirono in macchina e, una volta seduta, Mackenzie si ricordò di quanto fosse stanca. Non lo avrebbe mai ammesso con Ellington, ma forse avrebbe davvero dovuto rallentare un po’.

Aspetta solo un giorno o due, piccolo, pensò rivolgendosi alla creatura che cresceva dentro di lei. Ancora qualche giorno, poi io e te potremo riposarci finché vogliamo.

Bepul matn qismi tugad.

85 865,83 soʻm
Yosh cheklamasi:
16+
Litresda chiqarilgan sana:
09 sentyabr 2019
Hajm:
232 Sahifa 4 illyustratsiayalar
ISBN:
9781094310831
Mualliflik huquqi egasi:
Lukeman Literary Management Ltd
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Ushbu kitob bilan o'qiladi