Kitobni o'qish: «Prima Che Dia La Caccia »
P R I M A C H E D I A L A C A C C I A
(UN MISTERO DI MACKENZIE WHITE — LIBRO 8)
B L A K E P I E R C E
TRADUZIONE DI
VALENTINA SALA
Blake Pierce
Blake Pierce è l’autore della serie di successo dei misteri di RILEY PAGE, che si compone (al momento) di undici libri. Blake Pierce è anche autore della serie dei misteri di MACKENZIE WHITE, composta (al momento) da otto libri; della serie dei misteri di AVERY BLACK, composta da sei libri; della nuova serie dei misteri di KERI LOCKE, che (al momento) si compone di cinque libri.
Avido lettore e appassionato da sempre di gialli e thriller, Blake riceve con piacere i vostri commenti, perciò non esitate a visitare la sua pagina www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare in contatto con l’autore.
Copyright © 2017 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. Ad eccezione di quanto consentito dalla Legge sul Copyright degli Stati Uniti del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, né archiviata in un database o un sistema di recupero senza aver prima ottenuto il consenso dell’autore. La licenza di questo e-book è concessa solo ad uso personale. Questo e-book non può essere rivenduto o ceduto a terzi. Se si desidera condividere il libro con altre persone, si prega di acquistare una copia per ciascun destinatario. Se state leggendo questo libro senza averlo acquistato, oppure senza che qualcuno lo abbia acquistato per voi, siete pregati di restituire questa copia e acquistarne una. Vi ringraziamo per il rispetto nei confronti del lavoro dell’autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, aziende, società, luoghi, eventi e fatti sono frutto dell’immaginazione dell’autore, oppure sono utilizzati in modo fittizio. Qualsiasi somiglianza a persone reali, in vita o decedute, è puramente casuale. Copyright immagine di copertina Will Amey, concessa su licenza di Shutterstock.com.
LIBRI DI BLAKE PIERCE
I MISTERI DI RILEY PAIGE
IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)
IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)
OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)
IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)
KILLER PER CASO (Libro #5)
CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)
MORTE AL COLLEGE (Libro #7)
UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)
UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)
IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)
LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)
VITTIME SUI BINARI (Libro #12)
I MISTERI DI MACKENZIE WHITE
PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)
UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)
PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)
PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)
PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)
PRIMA CHE SENTA (Libro #6)
PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)
PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)
I MISTERI DI AVERY BLACK
UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)
UNA RAGIONE PER CORRERE (Libro #2)
UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)
UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)
UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)
I MISTERI DI KERI LOCKE
TRACCE DI MORTE (Libro #1)
TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)
TRACCE DI PECCATO (Libro #3)
INDICE
CAPITOLO UNO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÈ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO UNO
L’aereo la stava portando in Nebraska.
Mackenzie sbatté le palpebre, senza riuscire a scacciare quel pensiero dalla mente.
Solitamente non aveva problemi a prendere sonno in aereo, ma stavolta era diverso. Aveva la sensazione ci fosse qualcosa, là fuori a ovest, che attirasse a sé il velivolo come un magnete. Inoltre, non avrebbe fatto ritorno a Washington finché non avesse risolto il caso recente che si collegava ad un altro, di vent’anni prima: l’omicidio di suo padre.
Quel caso la chiamava ormai da anni. Mackenzie aveva fatto di tutto per dare prova di sé, e finalmente McGrath le aveva dato il via libera a prendere parte alle indagini. Ora non si trattava più soltanto dell’omicidio irrisolto di suo padre diciassette anni prima. Si stavano verificando nuovi omicidi, tutti collegati da un indizio che nessuno era ancora riuscito a decifrare: il biglietto da visita di un negozio inesistente, l’Antiquariato Barker.
Mackenzie pensò a quei biglietti da visita mentre osservava fuori dal finestrino. Il cielo pomeridiano era terso. Al di sotto delle vaporose nuvole bianche, riusciva a intravedere le strade che si diramavano come vene nel Midwest. Il Nebraska era vicino, con i suoi campi di granoturco e le sue pianure a meno di quaranta minuti di distanza.
“Tutto bene?”
Mackenzie sbatté le palpebre e distolse lo sguardo dal finestrino, voltandosi alla propria destra, dove Ellington sedeva nel posto accanto al suo. Sapeva che anche lui era nervoso. Lui sapeva quanto quel caso significasse per lei e si stava mettendo troppo sotto pressione. Infatti stava nervosamente giocherellando con la linguetta della lattina dell’aperitivo che aveva finito dieci minuti prima.
“Sì, sto bene” rispose infine. “Ad essere sincera, non vedo l’ora di cominciare.”
“Hai già un piano?” le chiese lui.
“Sì.”
Mentre ripassava mentalmente il suo piano d’attacco, si rese conto che quello era uno dei motivi per i quali si era innamorata di lui. Ellington sapeva che Mackenzie aveva bisogno di parlare, ma che allo stesso tempo si sarebbe chiusa a riccio se glielo avesse chiesto di punto in bianco. Così invece di chiederle come si sentiva sul piano emotivo, aveva dirottato l’attenzione su quello lavorativo. Mackenzie aveva capito il suo trucchetto, ma andava bene così. Il modo in cui Ellington aggirava le sue difese era affascinante e premuroso.
Così gli espose il suo piano di attacco, la cui prima mossa prevedeva un incontro con la polizia del posto e con la piccola squadra di agenti FBI che stavano lavorando al caso. Aveva anche intenzione di coinvolgere Kirk Peterson, l’investigatore privato che per un periodo aveva seguito le indagini da vicino. Anche se l’ultima volta che l’aveva visto era in uno stato abbastanza pietoso, era la persona che aveva più da offrire riguardo al caso.
Il passo successivo sarebbe stato trovare e parlare con un certo Dennis Parks. Le sue impronte erano state identificate sul cadavere di Gabriel Hambry, un tizio che era stato sfruttato per depistare le indagini una settimana prima. Mackenzie era perfettamente consapevole che anche Parks si sarebbe potuto rivelare un diversivo, ma il fatto che l’uomo avesse conosciuto suo padre rendeva tutto più rilevante. Il collegamento era debole: Parks l’aveva conosciuto quando aveva lavorato come poliziotto per un anno, prima di cambiare lavoro e diventare agente immobiliare.
Suo padre, del resto, sembrava la prima vittima di una lunga serie di delitti apparentemente casuali commessi nell’arco di due decenni.
Dopo aver parlato con Dennis Parks, Mackenzie aveva intenzione di incontrare i famigliari di un uomo che era stato ucciso parecchi mesi prima: Jimmy Scotts. Scotts era morto in circostanze praticamente identiche a quelle di suo padre ed era stato proprio quel caso a far riprendere le indagini sull’omicidio del padre.
Mackenzie si fermò lì nell’esposizione del piano, anche se c’era altro. Tuttavia non era qualcosa che si sentiva pronta ad affrontare, né tantomeno a condividere con Ellington.
Prima o poi avrebbe dovuto affrontare il proprio passato. Ci era già andata vicina, quando era tornata nella casa della sua infanzia, ma era stato un momento fugace. Lì per lì non se n’era resa conto, ma tornare in quella casa l’aveva terrorizzata. Era stato come entrare consapevolmente in una casa infestata e chiudersi dentro gettando la chiave.
Stavolta non si sarebbe potuta tirare indietro, ed era già difficile ammetterlo con se stessa, figurarsi sentire il parere di Ellington in proposito.
Mentre gli aveva esposto la sua strategia, Ellington si era limitato ad annuire, senza interromperla. Durante un incontro con McGrath si erano già divisi sommariamente gli incarichi. Un elemento importante in quel caso complesso erano i recenti omicidi dei senzatetto. Le vittime erano arrivate a quattro e su ognuna era stato lasciato un biglietto da visita dell’antiquariato Barker. Ellington si era offerto volontario di occuparsi di questo, mentre Mackenzie si sarebbe dedicata alle indagini sulle morti di suo padre, Jimmy Scotts e Gabriel Hambry, che sembravano il fulcro di tutto.
“Lo sai” commentò Ellington quando Mackenzie ebbe finito di parlare, “se riusciamo a risolvere questo caso, credo proprio che la tua carriera nell’FBI schizzerà alle stelle. Sei già uno dei migliori agenti del Bureau. Spero che ti piaccia stare dietro una scrivania e avere a che fare con scartoffie e pratiche burocratiche, perché è quello che si ottiene arrivando in cima.”
“Ah davvero?” replicò lei. “Allora perché tu non sei già relegato dietro una scrivania?”
Ellington sogghignò. “Mi ferisci, White.”
Quando le prese una mano tra le sue, Mackenzie avvertì della tensione nella sua stretta, ma allo stesso tempo la solita sensazione di conforto che trovava in lui.
Era grata che fosse lì con lei. Per quanto le piacesse affrontare tutto da sola, persino Mackenzie doveva ammettere che le sarebbe servito il supporto morale ed emotivo che solo Ellington era in grado di darle, se voleva avere qualche speranza di risolvere il caso.
Continuò a stringergli la mano mentre il Midwest scorreva sotto di loro e il Nebraska si avvicinava sempre più. L’aereo sembrava attirato dalla stessa forza magnetica che spingeva Mackenzie verso il proprio passato.
CAPITOLO DUE
L’ufficio operativo di Omaha aveva un aspetto gradevole. Aveva dimensioni più ridotte rispetto al quartier generale a Washington, il che significava meno brusio. Inoltre l’aria non era sempre carica di tensione come se stesse per succedere qualcosa, come invece accadeva nella sede principale. Insomma, era un luogo rilassante.
Mentre firmavano il registro delle presenze alla reception, Mackenzie notò un uomo diretto verso di loro. Aveva il passo determinato e un sorriso tirato sulle labbra. Il suo volto le era familiare, ma non riusciva assolutamente a ricordare come si chiamasse.
“Agente White, è un piacere rivederla” disse l’uomo quando li ebbe raggiunti. Era sul metro e ottanta di altezza e aveva un portamento sicuro. Nonostante avesse un fisico asciutto, riusciva ugualmente a incutere soggezione. I capelli pettinati all’indietro lo facevano sembrare più vecchio.
“Anche per me” rispose stringendogli la mano.
Per sua fortuna Ellington ricordava il nome dell’uomo. “Agente Penbrook” disse salutandolo, “è un piacere.”
Adesso ricordava: l’agente Darren Penbrook era a capo delle indagini quando lei si era precipitata lì sperando di arrestare Gabriel Hambry, per poi scoprire meno di un’ora dopo che era stato ucciso.
“Venite con me” disse Penbrook. “Non sarà una vera e propria riunione, ma ci sono alcuni sviluppi su cui dovreste essere aggiornati... alcuni molto recenti.”
“Quanto recenti?” volle sapere Mackenzie.
“Delle ultime ventiquattro ore.”
Mackenzie sapeva come funzionavano le cose al Bureau, e immaginò che non ci fossero grosse differenze tra Washington e Omaha. In quel momento non aveva senso fare domande così, mentre salivano con l’ascensore al secondo piano e percorrevano il corridoio che li avrebbe portati alla sala riunioni, i tre si limitarono a scambiarsi convenevoli, parlando del volo, del tempo e di come andavano le cose nella sede di Washington.
Nell’istante in cui Penbrook li fece entrare nella sala riunioni, le chiacchiere furono messe da parte. La stanza era ampia e al centro c’era un elegante tavolo rifinito, dove era già pronto un proiettore.
“Allora, quali sono gli aggiornamenti?” chiese Mackenzie.
“Dunque, avete presente il quarto barbone ammazzato?” domandò Penbrook.
“Sì. È successo ieri, no? Nel pomeriggio.”
“Esattamente” confermò Penbrook. “È stato ucciso con la stessa pistola degli altri tre. Solo che stavolta il killer gli ha infilato il biglietto da visita tra le labbra. Abbiamo fatto i rilevamenti ma non abbiamo trovato impronte. Il senzatetto non era di qui. L’ultimo indirizzo dove ha abitato si trova in California, ma risale a quattro anni fa. Abbiamo cercato parenti o persone che abbiano lavorato con lui, ma era come andare a caccia di fantasmi. Come per la maggior parte di questi clochard. Tuttavia, siamo riusciti a trovare suo fratello. Anche lui è un barbone e, stando al suo fascicolo, non deve avere tutte le rotelle a posto.”
“C’è altro?” si informò Ellington.
“Sì, il peggio deve ancora arrivare. Quest’ultimo sviluppo ci ha mandati nel pallone e siamo di nuovo fermi con le indagini. Ricordate le impronte che avevamo trovato sul corpo di Gabriel Hambry?”
“Certo. Appartenevano a Dennis Parks, un uomo che ha conosciuto mio padre.”
“Precisamente. Sembrava una pista promettente, vero?”
“Devo dedurne che si è rivelata un buco nell’acqua?” chiese Mackenzie.
“Non abbiamo avuto neanche modo di appurarlo. Dennis Parks è stato trovato morto nel suo letto questa mattina. Con un colpo alla nuca. Anche la moglie è stata uccisa. Per quanto ne sappiamo, anche lei è stata uccisa a letto, però il cadavere è stato trasferito sul divano.”
Penbrook ed Ellington si voltarono contemporaneamente verso Mackenzie. Sapeva cosa pensavano. Il killer ha allestito la scena per renderla uguale a quella dell’omicidio di Jimmy Scotts... e di mio padre.
Penbrook approfittò del momento di silenzio per proiettare una slide della scena del delitto. Si vedeva Dennis Parks sdraiato a faccia in giù sul letto, con la parte posteriore della testa distrutta. L’effetto era fin troppo agghiacciante per Mackenzie. Se non avesse conosciuto l’identità della vittima, avrebbe potuto benissimo pensare che si trattasse di una foto dell’omicidio di suo padre.
La diapositiva successiva mostrava la moglie sul divano, con gli occhi spenti rivolti leggermente all’insù. Su un lato del viso aveva del sangue secco.
“È stato trovato un biglietto da visita sulla scena?” chiese Mackenzie.
“Sì, sul comodino” rispose Penbrook, quindi proseguì. “L’ultima foto è del quarto barbone ucciso, giusto per completezza.”
Quando l’immagine proiettata cambiò, Mackenzie vide un uomo riverso su un marciapiede. La testa era una massa sanguinolenta e contrastava fortemente con l’immacolato biglietto da visita infilato tra le labbra del morto.
“A me sembra che il killer a questo punto si stia solo divertendo” commentò Ellington.
Aveva ragione. Mackenzie era certa che l’assassino avesse infilato il biglietto da visita in bocca alla vittima a mo’ di scherno. Se si aggiungeva che si divertiva anche a mettere sui biglietti le impronte digitali di altre vittime per depistarli, significava che avevano a che fare con un assassino determinato, scaltro e morboso.
Crede di essere divertente, pensò Mackenzie osservando la foto della vittima.
“Ma perché uccide i barboni?” disse poi ad alta voce. “Se ha ripreso a uccidere dopo tutti questi anni, perché prendere di mira i senzatetto? C’è forse qualche collegamento tra i vagabondi e Jimmy Scotts o Gabriel Hambry?”
“Non abbiamo trovato niente per ora” disse Penbrook.
“Allora forse lo sta facendo solo per prendersi gioco di noi” ipotizzò Mackenzie. “Magari pensa che l’omicidio di un barbone non abbia per l’FBI la stessa priorità dell’omicidio di un comune cittadino. Se è così, lo sta facendo davvero solo per sbatterceli in faccia.”
“Stavo pensando alla comunità dei senzatetto” disse Ellington. “Crede che scopriremmo qualcosa se andassimo in giro a chiedere informazioni ad altri clochard della zona?”
“Oh, ci abbiamo provato” disse Penbrook. “Ma non parlano. Temono che se diranno qualcosa potrebbero essere i prossimi sulla lista del killer.”
“Dobbiamo parlare con il fratello dell’ultima vittima” disse Mackenzie. “Dove potrebbe essere? Vive nei paraggi?”
“Più o meno” fu la risposta di Penbrook. “Come il fratello, anche lui vive per strada. Anzi, viveva. Adesso si trova in un istituto correzionale. Non ricordo come mai è finito lì, forse per ubriachezza molesta. Ha un sacco di precedenti per piccoli reati che di tanto in tanto gli fanno passare una settimana o due dietro le sbarre. Non è l’unico, sapete? Alcuni lo fanno solo per avere qualche giorno di vitto e alloggio gratis.”
“Per lei è un problema se andiamo a parlare con lui?” chiese Mackenzie.
“Niente affatto” disse Penbrook. “Farò una telefonata per annunciare la vostra visita.”
“Grazie.”
“Sono io che dovrei ringraziarla” replicò Penbrook. “Siamo entusiasti di averla finalmente a collaborare al caso.”
Finalmente, pensò. Tuttavia non disse niente ad alta voce.
La verità era che anche lei era eccitata di avere infine l’opportunità di risolvere quel caso assurdo che affondava le radici nella sua infanzia ed era strettamente collegato a suo padre.
CAPITOLO TRE
L’Istituto Carcerario Delacroix sorgeva su un anonimo appezzamento di terra non visibile dall’autostrada. Era l’unico edificio su quei cinquecento acri di terreno e, per quanto non sembrasse una prigione, non era sicuramente un luogo in cui una persona di passaggio avrebbe desiderato passare più tempo del dovuto.
Mackenzie ed Ellington furono fatti passare al cancello presidiato e, dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio per dipendenti sul retro, si presentarono al check-in. Da lì vennero accompagnati in una piccola sala d’attesa, dove una donna era già lì ad attenderli.
“Agenti White e Ellington?” chiese.
Mackenzie fu la prima a stringerle la mano presentandosi. La donna si chiamava Mel Kellerman. Nonostante la bassa statura e il leggero sovrappeso, dava l’impressione di una che aveva passato momenti difficili ma ne era uscita con una risata.
Mentre li accompagnava fuori dalla sala s’aspetto, Kellerman spiegò loro brevemente come funzionava il posto.
“In quanto Responsabile della Sicurezza” disse la donna, “posso assicurarvi che l’uomo che volete vedere è innocuo. Si chiama Bryan Taylor, ha cinquant’anni ed è un tossicodipendente in cura. A volte parla con persone invisibili. Ha solo piccoli precedenti, ma lo teniamo d’occhio perché questo è il quarto reato minore che commette in un anno. Anche se crediamo che lo faccia solo per avere vitto e alloggio gratis.”
“Qual è stato l’ultimo reato che ha commesso?” si informò Mackenzie.
“Ha fatto pipì contro la ruota posteriore di un autobus di linea in pieno giorno.”
Ellington ridacchiò. “Era ubriaco?”
“No” disse Kellerman. “Dice che gli scappava.”
Li accompagnò oltre un piccolo atrio, quindi attraverso un angusto corridoio. Arrivati in fondo, aprì la porta di una stanza al cui interno si trovavano soltanto un tavolo e cinque sedie. Una di queste era occupata da un uomo dall’aspetto trasandato; un’altra da un agente della sicurezza in divisa. Appena il gruppetto entrò, la guardia scattò in piedi.
“Il signor Taylor sta dando problemi?” si informò Kellerman.
“No, però ha iniziato a sproloquiare. Ce l’ha di nuovo con i russi e con Trump.”
“Ah, uno dei miei numeri preferiti” commentò Kellerman, poi si rivolse a Mackenzie ed Ellington. “Sarò nella stanza qui accanto se avete bisogno di me. Anche se non credo.”
Detto ciò, Kellerman uscì dalla stanza, seguita dalla guardia.
“Salve, signor Taylor” disse Mackenzie sedendosi di fronte all’uomo. “Le hanno detto il motivo della nostra visita?”
Taylor annuì mestamente. “Sì. Volete sapere di mio fratello... della sua morte.”
“Esatto” disse Mackenzie. “Le faccio le mie condoglianze.”
Taylor si limitò a stringersi nelle spalle. Tamburellava le dita sul tavolo spostando lo sguardo alternativamente da Mackenzie a Ellington.
“Allora, io sono l’agente White e questo è il mio partner, l’agente Ellington” disse Mackenzie.
“Sì, lo so. Siete dell’FBI” disse alzando gli occhi al cielo.
“Signor Taylor... mi dica... suo fratello aveva nemici? Persone che potevano avercela con lui per qualche motivo?”
Taylor rispose quasi all’istante. “No. Solo la mamma, ma lei è morta da sette anni ormai.”
“Lei e suo fratello eravate in buoni rapporti?”
“Non eravamo esattamente amici per la pelle, però andavamo abbastanza d’accordo. Lui però frequentava dei tipi loschi. Degli Illuminati. Sinceramente non mi ha stupito più di tanto che l’abbiano fatto fuori. Gli Illuminati ce l’hanno con i senzatetto. E anche con le celebrità. Lo sapete vero che sono stati loro a uccidere il presidente Kennedy?”
“Sì, l’ho sentito” disse Ellington, riuscendo a stento a non ridere.
Mackenzie gli pestò il piede sotto il tavolo e si sforzò di andare avanti.
“Qualcun altro dei suoi amici è stato ucciso di recente?” gli chiese.
“Non direi. Comunque non è che io frequenti un gruppo fisso. Quando vivi per strada, avere molti amici significa solo avere molte persone che ti fregano.”
“Solo un’altra domanda, signor Taylor” disse Mackenzie. “Ha mai sentito parlare di un biglietto da visita di un negozio chiamato Antiquariato Barker?”
Anche stavolta non dovette riflettere prima di rispondere. “No, direi proprio di no. Non ho mai messo piede in un negozio di antiquariato. Non ho soldi da buttare in vecchi relitti polverosi. Solo i ricchi possono avere negozi del genere. O comprare lì.”
Mackenzie annuì e fece un sospiro. “Beh, grazie per il suo aiuto, signor Taylor. Per favore, se le viene in mente qualcosa a proposito di suo fratello che potrebbe aiutarci a scoprire chi l’ha ucciso, lo dica a qualcuno, in modo che ci contatti.”
“Va bene, lo farò. Ehi... potreste andare in Nevada. Scommetto che lì troverete delle risposte.”
“Perché in Nevada?” chiese Mackenzie.
“L’Area 51. Il Lago Groom. Anche se non c’entrano gli Illuminati, tutti sanno che sono i luoghi top secret dove il governo da sempre spedisce i senzatetto. È là nel deserto che fanno su di loro test ed esperimenti.”
Mackenzie si voltò prima che Taylor potesse vederla sorridere. Non poteva farne a meno, sapendo che era un po’ svitato. Ellington invece riuscì a mantenere un atteggiamento professionale.
“Grazie della dritta, signor Taylor. Sicuramente indagheremo.”
Mentre raggiungevano l’uscita, Mackenzie lo toccò con un gomito e si avvicinò sussurrandogli: “Sei stato crudele.”
“Perché mai? Cercavo solo di fargli credere di aver dato un contributo significativo alle indagini.”
“Andrai all’inferno” gli disse Mackenzie ridacchiando.
“Eh, lo so. Insieme agli Illuminati.”
***
Mentre tornavano alla macchina, Mackenzie aveva già un’idea di quale sarebbe stato il prossimo passo. Sembrava una mossa sensata, ma allo stesso tempo capiva perché il Bureau non l’avesse ancora presa seriamente in considerazione.
“Lo sai, Taylor ha detto una cosa giusta” disse Mackenzie.
“Ah sì?” replicò Ellington, “devo essermela persa.”
“Ha accennato al fatto che alcune comunità di senzatetto siano piuttosto chiuse. Credo che il Bureau sia stato così impegnato a cercare di trovare un collegamento tra i barboni da non aver invece tentato di trovarne uno tra loro e gente come Jimmy Scotts e Gabriel Hambry.”
Salirono in macchina e stavolta Ellington si mise al posto di guida. “Non è così. Hanno contattato i rifugi e le mense per senzatetto per verificare se uno di loro avesse qualche legame con quei posti.”
“Appunto” insisté Mackenzie. “È stato dato per scontato che avessero a che fare con i senzatetto da una posizione più avvantaggiata. Invece forse c’è altro sotto.”
“Tipo cosa? Vorresti dirmi che Scotts e Hambry ad un certo punto sono stati dei barboni?”
“Non ne ho idea. Ma mettiamo che sia così. Questo ci fornisce un collegamento e ci farebbe capire che il killer, per un motivo o per l’altro, sta dando la caccia unicamente ai senzatetto.”
“Vale la pena tenerlo in considerazione” disse Ellington. “Ma questo non risponde alla domanda più importante: perché?”
“Intanto voglio accertarmi di non stare correndo troppo.”
“In che modo?”
“Da quello che ho letto sul suo dossier, Gabriel Hambry non ha famiglia. Gli unici parenti sono i nonni, che vivono nel Maine. Invece Jimmy Scotts ha una moglie e due figli a Lincoln.”
“Quindi è là che vuoi andare?” dedusse Ellington.
“Beh, considerando che l’altro posto in cui voglio andare è a sei ore di distanza... sì, direi che dovremmo iniziare da lì.”
“Sei ore? Dove accidenti è che vuoi andare? Dall’altra parte del paese?”
“In effetti sì. Nella contea di Morrill, in un paesino chiamato Belton.”
“Cosa c’è là?”
Cercando di reprimere un brivido, Mackenzie rispose: “Il mio passato.”