Kitobni o'qish: «Il Volto dell’Omicidio»
IL VOLTO
DELL’OMICIDIO
(Un Thriller di Zoe Prime—Volume 2)
B L A K E P I E R C E
TRADUZIONE ITALIANA A CURA DI
ANTONIO CURATOLO
Blake Pierce
Blake Pierce è autore bestseller secondo USA Today della serie mistery RILEY PAIGE, che include sedici libri (e altri in arrivo). Blake Pierce è anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE, che comprende tredici libri (e altri in arrivo); della serie mistery AVERY BLACK, che comprende sei libri; della serie mistery KERI LOCKE, che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie mistery KATE WISE, che comprende sei libri (e altri in arrivo); del sorprendente mistery psicologico CHLOE FINE, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); dell’emozionante serie thriller psicologica JESSIE HUNT, che comprende cinque libri (e altri in arrivo); della serie thriller psicologica che vi farà stare con il fiato sospeso, AU PAIR, che comprende due libri (e altri in arrivo); e della serie mistery ZOE PRIME, che comprende due libri (e altri in arrivo).
Avido lettore e fan da sempre dei generi mistery e thriller, Blake adora sentire le vostre opinioni, quindi non esitate a visitare il sito www.blakepierceauthor.com per scoprire di più su questo autore e mettervi in contatto con lui.
Copyright © 2020 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright Tavarius, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.
LIBRI DI BLAKE PIERCE
THRILLER DI ZOE PRIME
IL VOLTO DELLA MORTE (Volume#1)
IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Volume #2)
IL VOLTO DELLA PAURA (Volume #3)
LA RAGAZZA ALLA PARI
QUASI SCOMPARSA (Libro #1)
QUASI PERDUTA (Libro #2)
QUASI MORTA (Libro #3)
THRILLER DI ZOE PRIME
IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)
IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)
IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)
I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT
LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)
IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)
LA CASA PERFETTA (Libro #3)
IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)
LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)
IL LOOK PERFETTO (Libro #6)
I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE
LA PORTA ACCANTO (Libro #1)
LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)
VICOLO CIECO (Libro #3)
UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)
RITORNA A CASA (Libro #5)
I GIALLI DI KATE WISE
SE LEI SAPESSE (Libro #1)
SE LEI VEDESSE (Libro #2)
SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)
SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)
SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)
SE LEI TEMESSE (Libro #6)
GLI INIZI DI RILEY PAIGE
LA PRIMA CACCIA (Libro #1)
IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)
ADESCAMENTO (Libro #3)
CATTURA (Libro #4)
PERSECUZIONE (Libro #5)
I MISTERI DI RILEY PAIGE
IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)
IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)
OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)
IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)
KILLER PER CASO (Libro #5)
CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)
MORTE AL COLLEGE (Libro #7)
UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)
UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)
IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)
LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)
MORTE SUI BINARI (Libro #12)
MARITI NEL MIRINO (Libro #13)
IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)
IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)
OMICIDI CASUALI (Libro #16)
IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)
UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE
UNA LEZIONE TORMENTATA
I MISTERI DI MACKENZIE WHITE
PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)
UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)
PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)
PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)
PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)
PRIMA CHE SENTA (Libro #6)
PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)
PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)
PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)
PRIMA CHE ANELI (Libro #10)
PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)
PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)
PRIMA CHE INSEGUA (Libro #13)
I MISTERI DI AVERY BLACK
UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)
UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)
UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)
UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)
UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)
UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)
I MISTERI DI KERI LOCKE
TRACCE DI MORTE (Libro #1)
TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)
TRACCE DI PECCATO (Libro #3)
TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)
TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)
PROLOGO
Il professor Ralph Henderson sospirò, si massaggiò il ponte del naso e frugò nelle tasche del suo cappotto alla ricerca delle chiavi dell’auto. Aveva trascorso una lunga serata a correggere i compiti d’Inglese, e i casi erano due: o i suoi studenti stavano diventando sempre più stupidi oppure era lui a essere sempre più stanco del suo lavoro. Era decisamente intenzionato a mettersi a letto con un bicchierino di whiskey e uno dei suoi classici.
Il parcheggio della Georgetown era quasi vuoto, la maggior parte degli altri docenti aveva avuto il buon senso di andare a casa già da un bel po’. Il tempo era freddo e cupo, le luci dei lampioni tremavano ogniqualvolta una falena andava a sbattervi con intento suicida. Henderson tagliò attraverso le piazzole vuote, prendendo una scorciatoia per dirigersi verso la propria auto. Si gingillò brevemente con l’idea di fermarsi da qualche parte sulla strada del ritorno per prendere un caffè da asporto. Ma forse sarebbe stato meglio tornare semplicemente a casa il prima possibile, alla sicurezza e al calore del proprio focolare.
I suoi passi risuonarono nel garage con una lugubre eco, il soffitto e il pavimento di cemento permettevano ai suoni di rimbalzare da una parte all’altra. In notti come questa, il garage si trasformava in un altro tipo di bestia. Un luogo dove loschi figuri avrebbero potuto nascondersi nell’ombra, pronti a sferrare il proprio attacco. Impossibile allontanare quel pensiero, nonostante continuasse a ripetersi di essere una persona adulta e di doverla piantare di sentirsi impaurito dal buio.
Sia chiaro, questa sera c’era un valido motivo per sentirsi nervosi. Nel campus giravano voci di un omicidio che era stato commesso proprio lì, sotto i loro nasi. Uno studente che Henderson aveva conosciuto. Forse era questa la ragione della pelle d’oca che provava mentre percorreva il garage, e il motivo per il quale non poteva fare a meno di lanciare occhiate furtive e di spalancare gli occhi, cercando di capire se ci fosse qualcuno nascosto nel buio.
Cercò di distrarsi. C’era altro a cui pensare. Aveva dovuto respingere un ragazzo dal suo corso per aver sbagliato un altro compito. Era così frustrante insegnare, vedere questi ragazzi con così tanto potenziale farsi coinvolgere dalle feste e non prendere seriamente i propri studi. Henderson lo aveva bocciato con rammarico, ma dopo aver ricevuto un’e-mail dallo studente, si sentiva molto più che giustificato.
L’e-mail era piena di astio, al limite del minaccioso. A quanto pare, il ragazzo non aveva preso bene il fatto di essere stato bocciato e voleva accertarsi che Henderson lo sapesse. Come se un gesto del genere potesse in qualche modo reintegrarlo nel corso. Come no! Il ragazzo aveva un sacco di cose da imparare a proposito della vita e di come le persone reagivano al modo in cui venivano trattate.
Henderson raggiunse l’auto e armeggiò con le chiavi, le sue dita erano rigide e lente per aver scritto un sacco di note mentre valutava le prove degli studenti. Imprecò contro se stesso, un tremore prese il sopravvento sulle sue mani, spinto dall’isolamento del garage di sera. Si stava comportando da sciocco. Era un uomo adulto, santo cielo, e di giorno attraversava questo garage senza neanche pensarci.
Ad ogni modo, pensò cupamente, se qualcuno lo avesse seguito sarebbe stato sicuramente quello studente arrabbiato. E lui non era abbastanza intelligente da pedinare un professore nell’oscurità di un garage. Era il tipo di ragazzo che inviava e-mail arrabbiate e lasciava una traccia. Nulla di cui doversi preoccupare seriamente. Henderson avrebbe fatto rapporto al preside domattina, e sarebbe finita lì.
Cos’era quel rumore? Erano passi? Qualcosa non quadrava. Finora aveva respinto le proprie paure, ma adesso si sentiva meno sicuro. La sensazione di pelle d’oca sulla nuca di Henderson si intensificò, una sorta di premonizione, ma prima che potesse voltarsi la sua testa fu sbattuta con estrema violenza contro il finestrino dell’auto.
Henderson ebbe a malapena il tempo di rendersene conto e di avvertire il dolore travolgente che proveniva dal suo naso, prima che la mano che lo teneva fermo dalla nuca la sbattesse nuovamente contro la fiancata dell’auto. Si stava lasciando andare sempre di più, sopraffatto dallo shock e dalle ferite, il suo corpo diventava fiacco. Cercò di divincolarsi un po’, facendo cadere la valigetta a terra, ma non riuscì a opporsi al colpo successivo, né a quello dopo. La sua testa continuò a colpire il telaio rosso dell’auto: la tempia, la parte superiore di un’orbita oculare, la mascella, appena sotto l’orecchio.
Avvertì le ferite con una sorta di shock distante. Il rumore di un osso che si spezzava. Il pensiero dei lividi che gli spuntavano sul viso, poi dei tagli e delle escoriazioni, quindi di qualcosa di più grave. Tutto ciò che riuscì a pensare, stupidamente, fu che la sua faccia ne sarebbe uscita rovinata. Tutto ciò che ebbe tempo di pensare prima della fine.
La mano che lo teneva stretto allentò la presa e Henderson si afflosciò impietosamente a terra, sbattendo una spalla. Lo sentì a stento, rispetto a tutto il resto. Ora la sua posizione gli permetteva di girare la testa e guardare, nonostante fosse intontito e avesse la vista offuscata. Forse dipendeva dai colpi ricevuti, o forse dal sangue che colava davanti ai suoi occhi. O, probabilmente, dal fatto che la sua orbita oculare doveva essere ormai frantumata.
Chi era quello? Una forma vaga, soltanto un sospiro, come se davanti a lui ci fosse un fantasma piuttosto che un uomo. Ma si trattava di un uomo, doveva esserlo. Se soltanto fosse riuscito a capire chi … ma i sensi di Henderson stavano scivolando via da lui come sabbia attraverso le dita, e alla fine non riuscì più a resistere. Qualcosa lo stava abbandonando, lasciandolo freddo e vuoto. Sapeva che era quasi finita. Il mondo attorno a lui stava diventando oscuro, la figura eterea che lo sovrastava guardava in silenzio.
L’ombra si allungò sopra di lui e sollevò la sua testa un’ultima volta, sbattendola violentemente sull’asfalto, un impatto di cui Henderson si rese conto a malapena prima di precipitare nell’oscurità.
Il lavoro era stato portato a termine.
Non si sarebbe mai più risvegliato.
CAPITOLO UNO
Zoe seguì le crepe sul bracciolo della poltrona in pelle, notando come il loro schema rivelasse una storia di invecchiamento, di tutte quelle mani e quelle braccia diverse che si erano poggiate proprio su quel punto. Non riusciva a capire se si trattasse di una cosa confortevole, di un indice di esperienza o se fosse semplicemente una cosa disgustosa. Chissà quali germi si annidavano all’interno del tessuto.
“Zoe?” la dottoressa Lauren Monk la richiamò all’attenzione, da una sedia altrettanto confortevole posizionata di fronte a lei.
Zoe alzò lo sguardo con aria colpevole. “Mi scusi, avrei dovuto risponderle?”
La dottoressa Monk sospirò, battendo la penna su un blocchetto d’appunti che aveva in mano. Nonostante la presenza di un registratore sulla scrivania durante tutte le loro sedute, sembrava che la dottoressa Monk fosse ancora un’amante dei metodi tradizionali. “Cambiamo approccio per un momento,” disse. “Ormai abbiamo svolto insieme diverse sedute, non è così Zoe? Noto che a volte hai qualche problema con i segnali sociali.”
Ah. Quello. Zoe minimizzò, cercando di assumere un’aria di indifferenza. “Non sempre riesco a capire le reazioni delle persone.”
“O i modi in cui si aspettano che tu reagisca?”
Zoe scrollò nuovamente le spalle, il suo sguardo si spostò alla finestra. Quindi si sforzò di concentrarsi di più: avrebbe dovuto prendere parte attivamente a queste sedute, non comportarsi come un’adolescente complessata. “La mia logica è diversa dalla loro.”
“Perché pensi che lo sia?”
Zoe sapeva perché, o almeno pensava di saperlo. I numeri. I numeri che erano ovunque guardasse, in qualsiasi momento della giornata. Persino adesso le stavano rivelando la gradazione degli occhiali indossati dalla dottoressa (abbastanza forti da richiedere a malapena un qualche tipo di aiuto), il fatto che c’era mezzo millimetro di polvere sulle cornici dei certificati appesi alle pareti ma solo un quarto di millimetro sulla cornice della laurea in psicologia (che indicava un forte senso di orgoglio per aver raggiunto quel risultato rispetto a tutti gli altri), e che finora la dottoressa Monk aveva scritto esattamente sette parole durante la loro conversazione.
Desiderava dirglielo, o almeno una parte di lei lo voleva. Non aveva ancora ammesso alla dottoressa Monk di avere una capacità che, a quanto pare, nessun altro possedeva. Nessuno a parte il serial killer occasionale, se il caso al quale aveva lavorato un mesetto fa le aveva insegnato qualcosa.
Ma c’era un’altra parte di lei, quella tuttora prevalente, che non aveva intenzione di ammettere proprio un bel niente.
“Sono semplicemente nata così,” rispose Zoe.
La dottoressa Monk annuì, ma stavolta non scrisse nulla. A quanto pare la risposta non era abbastanza significativa. “Come ti senti quando non cogli questi segnali sociali? Ti infastidisce?”
Forse fu il fatto che ormai avevano svolto abbastanza sedute da far svanire l’imbarazzo iniziale. Forse soltanto la libertà di parlare con qualcuno con cui non aveva un vero e proprio legame professionale o personale. Ad ogni modo, e senza il suo permesso consapevole, la bocca di Zoe si lasciò sfuggire una verità che la sua mente aveva tenuto celata fino a quel momento. “Per Shelley è così facile.”
Zoe si maledisse un istante dopo. Per quale accidenti di motivo aveva detto una cosa del genere? Ora avrebbero trascorso il resto della seduta a scavare nella gelosia che covava verso Shelley, piuttosto che lavorare sui veri problemi. E, fino a quel momento, non era neanche stata conscia di quell’invidia.
“L’Agente Shelley Rose,” disse la dottoressa Monk, consultando i suoi appunti, presi durante una precedente seduta nel suo studio. “In passato, mi hai detto di sentirti più a tuo agio con lei che con i tuoi ex colleghi. Ma sei gelosa di lei. Puoi spiegarti meglio?”
Zoe fece un respiro. Certo che poteva, ma non voleva farlo. Fissò le proprie dita, ritenendo suo malgrado che fosse meglio vuotare il sacco. “Shelley ci sa fare con le persone. Le induce ad ammettere le cose. E lei piace alla gente. Non soltanto ai sospettati. A chiunque.”
“Ritieni di non piacere alle persone, Zoe?”
Zoe si agitò, sentendosi a disagio. Era tutta colpa sua. Non avrebbe dovuto lasciarsi sfuggire quella frase. Ammettere una debolezza era un palese invito ad approfondire. Era per questo che non aveva ancora parlato dei numeri. Il fatto che questa terapista le fosse stata consigliata dalla dottoressa Applewhite, la sua più fidata amica e mentore, non voleva dire che Zoe potesse confidarle il suo più profondo e oscuro segreto. “Non ho molti amici. I colleghi solitamente chiedono il trasferimento pur di non lavorare più con me,” ammise.
“Credi che questo abbia a che fare con la tua difficoltà con i segnali sociali?”
La donna le stava rivolgendo una domanda scontata. “Quello e altre cose.”
“Quali cose?”
La domanda scontata. Zoe gemette tra sé e sé. Si era preparata per quella trappola. “Il mio lavoro è difficile. Sono spesso via. Non ho molto tempo per mettere radici.”
La dottoressa Monk annuì gentilmente. Stava sorridendo in modo incoraggiante, come se Zoe stesse davvero facendo progressi. La parte di lei che desiderava l’attenzione positiva e l’affetto che non aveva mai ricevuto da sua madre ne fu entusiasta, nonostante lei non lo volesse. Finora, la terapia aveva soltanto messo in risalto tutti i suoi difetti. “Cosa mi dici di Shelley? Lei ha messo radici?”
Zoe annuì, ingoiando il rospo. “Ha un marito e una figlia piccola. Amelia. Parla un sacco di lei.”
La dottoressa Monk portò la penna alle labbra, picchiettandola significativamente per tre volte. “Vuoi anche tu una famiglia.”
Zoe alzò bruscamente lo sguardo, quindi ricordò che non c’era da sorprendersi che una terapista riuscisse a distinguere i pensieri più sinceri che si celavano dietro qualsiasi altra cosa venisse detta. “Sì,” rispose semplicemente. Non c’era alcun motivo di negarlo. “Ma sono decisamente lontana da quel punto.”
“Quando ci siamo incontrate per la nostra prima seduta, mi hai detto di aver avuto un appuntamento.” Alla dottoressa Monk non fu necessario controllare i suoi appunti per ricordarsene, notò Zoe. “Lui ti ha contattato, giusto? Gli hai risposto?”
Zoe scosse la testa, negando. “Mi ha inviato alcune e-mail e ha cercato di chiamarmi. Non gli ho mai risposto.”
“Per quale motivo?”
Zoe scrollò le spalle. Non lo sapeva con esattezza. Allungò consapevolmente una mano per toccare alcune ciocche dei suoi capelli castani, tagliati corti per praticità piuttosto che per moda. C’erano molte cose di lei che forse non erano attraenti in modo convenzionale, e lei lo sapeva, anche se non capiva esattamente in che modo gli altri la vedessero. “Forse perché il primo appuntamento è stato imbarazzante. Ero troppo distratta. Non riuscivo a concentrarmi su quello che stava dicendo. Ero noiosa.”
“Ma non è quello che ha pensato lui, no? Questo …?”
“John.”
“Questo John sembra interessato. Continua a cercarti. È un buon segno.”
Zoe annuì. Non c’era nient’altro da aggiungere. Il discorso della dottoressa Monk era sensato, anche se odiava ammetterlo.
“Lascia che ti dica cosa vedo,” continuò la dottoressa Monk. “Mi hai fatto capire che Shelley ha il tipo di vita che desideri. Lei è felicemente sposata e ha una figlia, la sua carriera va a gonfie vele e ha abilità che tu non hai. Saremo sempre gelosi di chi può fare cose che a noi sono precluse. Fa parte della natura umana. La cosa importante è non lasciare che questo ti consumi, e focalizzarti piuttosto sui risultati che puoi raggiungere.”
Prima di continuare, attese che Zoe annuisse nuovamente per essere certa che stesse ascoltando.
“Le cose non accadono da sole. O, in altri termini, è improbabile che tu possa sposarti se eviti qualsiasi appuntamento. Ti suggerisco di chiamare John e di concedergli una seconda possibilità. Forse non andrà bene, o forse andrà incredibilmente bene. L’unico modo per scoprirlo è provarci.”
“Crede che dovrei sposare John?” Zoe aggrottò la fronte.
“Credo che dovresti uscire con lui.” La dottoressa Monk sorrise. “E se lui non dovesse andar bene, credo che dovresti uscire con qualcun altro. È così che agisci per raggiungere i tuoi obiettivi. Un passo alla volta.”
Zoe non era del tutto convinta, ma annuì ugualmente. Inoltre, aveva qualcosa di importante di cui occuparsi, adesso. “Credo che il nostro tempo sia scaduto.”
La dottoressa Monk scoppiò a ridere. “Questo dovrei dirlo io,” disse, alzandosi per accompagnare alla porta Zoe. “E non pensare che sia così facile confondermi. La prossima volta torneremo sulla faccenda dei segnali sociali e sul fatto di vedere le cose in maniera differente rispetto agli altri. Ne verremo a capo, anche se non sei ancora pronta per essere completamente sincera con me.”
Zoe evitò lo sguardo della terapista mentre si dirigeva fuori dallo studio, non volendo tradire il fatto di sperare ancora che la dottoressa se ne dimenticasse davvero.