Faqat Litresda o'qing

Kitobni fayl sifatida yuklab bo'lmaydi, lekin bizning ilovamizda yoki veb-saytda onlayn o'qilishi mumkin.

Kitobni o'qish: «Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3»

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CAPITOLO XXVIII

Alessandria. – Antichità

Potrebbesi formare facilmente una piccola biblioteca dei viaggi in Egitto e delle descrizioni di questo paese, il quale quantunque conosciutissimo, lo fu assai meglio dopo che tanti letterati francesi i quali accompagnavano l'armata che l'occupò in sul finire dell'ora decorso secolo, ebbero modo di esaminare in tre anni tutto quanto può meritare l'attenzione d'un osservatore. Forse più nulla rimane a dirsi di nuovo intorno alla patria di Sesostri, ma non è possibile di trovarsi in così celebre contrada, e di allontanarsene come un'ombra fuggitiva e muta, senza pagarle qualche tributo d'ammirazione. La posizione geografica d'Alessandria è di 31° 13′ 5″ di latitudine settentrionale, e di 27° 35′ 30″ di longitudine meridionale dell'osservatorio di Parigi.

È noto che l'antica Alessandria, uno de' più grandi emporii di commercio, e soggiorno della splendida corte de' Tolomei, era una immensa città che conteneva più di un milione d'abitanti. La sua dogana produceva in quei felici tempi enormi somme, che potrebbero valutarsi a circa sessantacinque milioni di franchi all'anno, il di cui valore relativo in ragione del presente abbassamento di prezzo dell'argento, può essere considerato equivalente a sei milliardi di franchi. Adesso non produce che un mezzo milione all'incirca.

Riferiscono gli Storici che quando gli Arabi conquistarono questo paese ai tempi del Califfo Omfor, Alessandria contava quattromila palazzi, altrettanti bagni pubblici, quattrocento mercati, e quarantamila Giudei tributarj. Tutti questi edificj più non esistono, ed appena si sa quale sia il luogo che occupavano.

Gli Storici ricordano un infinito numero di giardini e di orti che abbellivano i contorni della città: oggi non è circondata che da sterili deserti.

Finalmente questa magnifica città, opera del Magno Alessandro, doviziosa capitale de' Tolomei, non è più che l'ombra della sua passata grandezza. Un immenso ammasso di ruine in gran parte coperte da banchi di sabbia, la colonna di Pompeo, gli obelischi di Cleopatra, le cisterne, le catacombe, ed alcune colonne intiere o spezzate qua e là sparse sopra una superficie di alcune leghe, sono i soli testimonj del suo antico splendore. Un recinto di alte e larghe mura di circa due leghe con torri in parte ruinate, e molti casolari sparsi tra i rottami di caduti edificj occupano questo spazio: e questi sono i miseri avanzi dei mezzi tempi, ossia della seconda età d'Alessandria quando passò in potere dell'islamismo. Una popolazione di circa cinquemila abitanti d'ogni colore, d'ogni nazione, d'ogni culto, collocata sopra un'angusta lingua di terra che si prolunga entro al mare, senz'altri prodotti che quelli d'un commercio senz'attività, e che in quest'anno per colmo di sue sventure ha perduta l'unica acqua bevibile che possedeva: tale è lo stato della moderna Alessandria.

La massa principale degli abitanti è composta di Arabi, vale a dire di uomini generalmente ignoranti e grossolani: ma che invece d'essere indocili e cattivi verso i Cristiani, li servono, e soffrono perfino i loro capricci ed ingiustizie come se fossero loro schiavi. Io penso che in addietro questo popolo, anche per il solo motivo de' suoi pregiudizj religiosi, fosse assai meno affabile verso i Cristiani; ma la spedizione de' Francesi fece loro credere che il Cristiano non abbia in orrore il Musulmano, perchè avendo allora bastanti forze per farla da padrone, li trattava come fratelli: e queste circostanze produssero una fortunata rivoluzione nello spirito di questa gente. Gl'immensi vantaggi della civiltà, della tattica militare, dell'organizzazione politica, delle arti e delle scienze delle nazioni Europee ch'ebbero opportunità di notare, e le idee filantropiche comuni a tutte le classi della società ch'ebbero abbastanza tempo di apprezzare, loro ispirarono una specie di rispettosa ammirazione per nazioni che possedono così vantaggiose qualità sopra gli Arabi ed i Turchi.

Alcuni piccoli orti posti entro l'attuale recinto d'Alessandria, e sopra lo spazio che occupava l'antica città, non hanno che palme assai belle, e pochi altri alberi fruttiferi stentati perchè non possono inaffiarsi che coll'acqua de' pozzi. Per andare a passeggiare in questi giardini, e per passare da un canto all'altro della città adoperansi certi asini di così piccola razza, che appena bastano perchè il cavaliere non tocchi il suolo; ma la piccolezza è largamente compensata dalla loro vivacità e velocità del movimento, equivalendo l'ordinario loro passo al trotto forte di un cavallo. Vedonsi questi animali carichi di un uomo, e talvolta di enormi pesi correre continuamente da una all'altra parte della città come fossero cavalli di posta. I loro condottieri vanno sempre a piedi correndo quanto possono per poterli seguire, lo che spesse volte serve di piacevole intrattenimento agli spettatori. Io misurai l'altezza di questi interessanti animali, e trovai che il termine medio era di trentanove pollici di Francia, e taluno pure non ne ha più di trentasette. Quanto utili sarebbero questi animali nelle grandi città dell'Europa! Il loro giornaliero mantenimento non arriva al quarto di ciò che consuma un cavallo o un mulo, e i servigi che prestano sono egualmente grandi.

I cavalli che si vendono in Alessandria sono di razze diverse dell'Egitto, dell'Arabia, della Siria, dell'Affrica, ma tutti assai mediocri, ed i pochi buoni vi si vendono carissimi. Le staffe più grandi di quelle che si costumano a Marocco hanno alcuni angoli acuti che servono per spronare il cavallo. Qui come in Cipro quando uno è sceso da cavallo, non ha più nulla a pensare: il domestico lo prende per la briglia, e lo fa lentamente passeggiare per un quarto d'ora, onde l'animale passi gradatamente dallo stato di violento movimento a quello di riposo.

Trovansi in città molte persone che fanno professione di seguire il cavallo a piedi, e di averne cura, e sono chiamati di sàiz. Quando si acquista o si vende un cavallo, questi fanno le veci di cozzone; e quando si sorte a cavallo il sàiz cammina avanti con un bastone rosso o verde lungo sette in otto piedi, che tiene perpendicolarmente in una mano. I Pascià, ed i grandi sono preceduti da molti sàiz, che allora camminano due a due; e per poco che tale corteggio sia numeroso rassomiglia a certe processioni da me vedute in Europa.

Alessandria manca di scuole per le scienze, e perfino l'arte dello scrivere è ridotta in pessimo stato, perchè non venendo i maestri di scuola sottoposti a verun esame, formano ì caratteri della scrittura a capriccio; alterando ognuno a modo suo le lettere dell'alfabeto. I Cofti, i Greci, i Giudei, e dirò ancora ogni tribù hanno tratti e gradazioni insensibili; onde non basta la vita d'un uomo per imparare a leggere speditamente. Coloro che vogliono imparare le scienze vanno al Cairo.

Gli avanzi degli antichi edificj fatti di pietre, e coperti dall'arena, sono le cave ove gli abitanti della nuova Alessandria prendono i materiali per fabbricare le loro case. Tutto questo spazio è inoltre seminato di cisterne, alcune delle quali ornate da più ordini di colonne con archi gli uni sopra gli altri. Vi si vedeva anticamente una moschea detta moschea dalle mille colonne.

Molte colonne dissotterrate in questo luogo erano state in varie epoche condotte sulla riva del mare, di dove volevansi trasportare in diversi paesi di Europa; ma trovandosi un giorno in porto una flotta turca, e spiacendo ai capitani che la comandavano di non avere un comodo sbarco, fecero gettare in acqua tutte le colonne, ammonticchiandole le une sulle altre; ed in tal modo sorse ad un tratto un molo di preziosissimi materiali, rapiti un'altra volta e forse per sempre al lusso europeo.

Gli obelischi, detti ancora guglie di Cleopatra, trovansi in sull'estremità del porto di levante, presso ad una grossa torre chiamata la torre lunga. Sono due, una in piedi e l'altra rovesciata in terra, ambedue di granito rosso di tegola, e coperte di geroglifici assai ben conservati sopra alcuni lati, in altri quasi affatto cancellati. Si fecero alcuni scavamenti per discoprirli del tutto; e perchè i dotti europei ne hanno fatta un'accurata descrizione, come pure della colonna di Pompeo, e delle catacombe reali, ne ho copiato i loro disegni. La base dell'obelisco in piedi è appoggiata sopra tre scaglioni di marmo bianco cocleare.

La colonna Pompea, colosso forse unico nel suo genere, dello stesso granito degli obelischi fu pure esattamente descritta. È questa composta di quattro blocchi1 che formano il piedestallo, la base, il fusto ed il capitello: il fusto è lungo sessantatrè piedi un pollice e tre linee, sopra otto piedi due pollici e due linee di diametro nella parte inferiore. Quanto mai sono fallaci i sensi degli uomini! In distanza di cinquanta passi da questo monumento, l'occhio ancora non s'accorge della grandezza del colosso che gli sta d'avanti; e l'immaginazione anche a brevissima distanza non è altrimenti colpita da così enorme mole. Ciò procede dal trovarsi la colonna sopra una piccola altura senza avere in vicinanza verun oggetto di ordinaria dimensione, che faccia le funzioni di scala di agguaglio. I sensi rappresentanci una grande colonna, e nulla più, ma quando s'arriva in distanza di soli dieci o dodici passi, allora, come ci cadesse tutt'ad un tratto una benda dagli occhi, vediamo tutta la grandiosità del monumento. Noi impariamo a vedere toccando, e qui l'occhio non dà la misura dell'oggetto che quando siamo vicini a toccarlo, o in istato almeno di agguagliare alcune delle sue parti col nostro corpo: allora un lampo di luce viene a sorprendere la nostra immaginazione scoprendoci la maravigliosa mole che abbiam sotto gli occhi. Io sperimentai più volte questo fenomeno dell'ottica, che le persone dell'arte hanno dottamente spiegato. Il capitello forato in più luoghi ci fa conoscere che altra volta sosteneva una statua. Ignorasi affatto l'epoca della colonna e degli obelischi; ed i nomi di Cleopatra e di Pompeo non possono risguardarsi che quali moderne intitolazioni, mentre questi monumenti sono più antichi de' personaggi da cui ebbero il nome. Quello di Severo dato da taluni alla colonna è ancora più assurdo perchè non ha altro fondamento che l'ignoranza della lingua araba. Questi popoli la chiamano el Souari, vocabolo che significa colonna, e che nella imperfezione della scrittura araba scrivesi cogli stessi caratteri o lettere che il vocabolo Severo; lo che diede luogo all'errore.

Alcuni Arabi più istruiti pensano che la colonna sia opera d'Alessandro, da loro detto Scander: ma io ho trovato fra i dotti del paese una più rispettabile tradizione, e più analoga alla natura ed alla grandezza dell'oggetto; questa vuole che la colonna fosse inalzata a' tempi di Ercole, ch'essi dicono Scander-el-Carnéinn, ossia Alessandro dai due secoli, perchè la traduzione lo fa vivere due secoli; e non Alessandro dalle due corna, come alcuni autori tradussero questo nome. Carn significa secolo, e carneinn, duale di carn, due secoli.

Le catacombe o grotte che formano l'antica Necropoli, (città de' morti) sono un altro oggetto degno dell'attenzione del viaggiatore. Molte sono cavate nella roccia a guisa di camere più o meno grandi, con uno, due e tre ranghi di nicchie destinate a ricevere i corpi. Presso alla casa di un marabotto detto Sidi-el-Pabbari vedesi una specie di strada tutta composta di catacombe poste a' piedi di due côlli l'uno in faccia all'altro. Da una banda quasi tutte le catacombe sono chiuse dalla sabbia, ad eccezione di una grandissima che contiene tre sale ed un infinito numero di nicchie. Dall'altro lato numerai undici catacombe in generale assai ben conservate, le quali hanno tre ranghi di nicchie.

Ma le più magnifiche grotte sono quelle al S. O., due miglia distanti dalla città. Sembra che queste fossero destinate ai re d'Egitto; ed oggi sono ridotte ad estremo deperimento; onde non tutte sono praticabili. Prima d'inoltrarvisi convien tirare alcuni colpi di fucile o di pistola per atterrire le bestie feroci che d'ordinario ricoveransi in questi lugubri soggiorni, come per mettere l'aria in movimento. Si entra poscia con più fiaccole, e muniti d'una corda che serve di guida per il ritorno, attaccandone una estremità all'ingresso.

Per l'eccessivo calore che vi regna si suda come in un bagno a vapore, talchè prima d'uscire fummo forzati d'intrattenerci mezz'ora nel primo salone, mettendoci gradatamente al livello dell'esterna temperatura. Le tenebre sono così dense, che più fiaccole riunite appena bastano per distinguere alcuna cosa assai da vicino, anche dopo esservi rimasti un'ora, e quando la pupilla dell'occhio ha già acquistato tutto il dilatamento di cui è capace. Le bestie feroci che abitano queste catacombe vi portano le loro prede per divorarle, onde il suolo è pieno di ossa d'ogni specie d'animali, alcune delle quali recentemente spogliate. Non sonovi pipistrelli come in quelle di Amatunta, ma in vece un infinito numero di falene, ossiano farfalle notturne, e mosche di vivaci colori come le cantaridi. Vi si trovano pure molti rospi i di cui buchi s'internano nel suolo, ove trovano l'acqua a poca profondità: la loro pelle d'un bianco grigio sembra coperta di polvere. Tali sono i presenti abitatori di questo soggiorno della morte, che l'uomo preparò con tanto lusso onde perpetuare l'esistenza delle mortali sue spoglie. I corpi postivi dalla vanità, ridotti da più secoli in polvere, non lasciarono veruna traccia, ed ignoriamo i nomi di tutti coloro che fecero scavare questi monumenti.

A pochi passi all'ovest delle catacombe vedonsi i bagni di Cleopatra, i quali sono composti di tre camere cavate nella roccia, di forma quasi quadrata di circa undici piedi da ogni lato. L'acqua del mare può entrarvi per tre aperture alcuni piedi più alte del suolo. Bagni accanto alle case della morte?.. Per chi, ed in qual tempo furon fatti?.. Nulla, assolutamente nulla sappiamo di tutto questo. Oh perdita irreparabile della biblioteca d'Alessandria…! Ma io rispetto la decisione del Califfo del maggior de' profeti.

Seguendo la riva del mare una lega più all'O. si trova l'abitazione d'un marabotto detto Sid iel-Ajami. È questo il luogo in cui sbarcò l'armata francese.

CAPITOLO XXIX

Abitanti d'Alessandria. – Corrispondenza. – Clima. – Notizie storiche.

La mescolanza degli abitanti d'Alessandria è cagione che vi si parlino tutte le lingue del mondo; ma tutte male, perchè in questa moderna Babele si dimentica poc'a poco il linguaggio materno per parlare i diversi idiomi di coloro, dai quali desideriamo di essere intesi. I fanciulli imparano nello stesso tempo senza maestro tre o quattro lingue senza che mai ne sappiano una perfettamente.

I Cofti discendenti, come ognun sa, dagli antichi abitanti d'Alessandria e dell'Egitto sono adesso ridotti ad un migliajo d'individui o poco più, quasi tutti commercianti. Avevano altra volta pel loro culto un magnifico tempio, che fu spianato per iscoprire il fuoco della piazza.

Di Greci stabilmente domiciliati in Alessandria non vi sono quaranta famiglie; ma sempre vi sono molti Greci di passaggio, perchè la maggior parte de' bastimenti che vi approdano o sono greci o con equipaggio greco. Il patriarca d'Alessandria, uomo rispettabile e dotto, risiede col vescovo nel convento di questa religione. Sonovi inoltre alcuni cattolici della Siria, che fanno un piccolo commercio eventuale.

Si contano in Alessandria più di trecento Giudei occupati del commercio, e dell'usura, i quali mantengono una vivissima corrispondenza con Livorno. Adesso non hanno che alcune sinagoghe provvisorie, perchè la loro grande sinagoga corse il destino della chiesa de' Cofti.

I Cristiani ed i Giudei del paese vestono all'orientale, senza verun segno che li distingua dagli altri; sono ben trattati dai Turchi e dagli Arabi: perciò fanno i loro affari, celebrano le loro feste, professano la propria religione, e spiegano tutto il lusso che loro piace con tutta libertà, e senza timore d'avanie.

I Franchi, ossia Europei di qualunque nazione, e le loro donne vestono all'europea con tutto il lusso, e secondo la moda giornaliera. Abitano tutti in un quartiere che rassomiglia perfettamente ad una città d'Europa. Uomini e donne escono dalle case loro di giorno e di notte, suonano e cantano per le strade senza che giammai un musulmano commetta contro di loro la più piccola scortesia. Questa libertà stendesi ancora a' semplici protetti dei consolati, i quali vestiti all'europea godono degli stessi diritti degli Europei, quantunque siano giudei del paese. Quale differenza con Marocco!

I Cattolici possedono in Alessandria una chiesa ed un convento posti sotto la protezione della Francia, come lo sono tutti gli stabilimenti religiosi di Levante, d'ordinario poi sono mantenuti dalla Spagna.

Le donne del paese cristiane ed ebree sortono velate, e vivono ritirate come le musulmane, mentre le europee godono della stessa libertà che hanno in Europa. Tra le cristiane e le ebree non sono rare le belle: ma se della bellezza delle musulmane dobbiamo giudicarne da' loro fanciulli, non potressimo formarcene una vantaggiosa idea, perchè tutti hanno forme ributtanti, ventre grosso, gambe corte e cagnesche, testa sproporzionata, occhi affetti d'oftalmia e cisposi, colore citrino verdognolo: mentre i figli delle europee nati ed ellevati in Alessandria sono belli e ben fatti come nella patria de' loro genitori. Quanto diversi sono i fanciulli musulmani di Féz, che frequentemente ci mostrano delle figure angeliche!

In vista dell'estesissimo commercio di questa città parrà strano che non siavi alcuno stabilimento pubblico per diramare le lettere, e perciò la corrispondenza si eseguisce per mezzo dei patroni de' batelli che vengono frequentemente da Smirne, da Costantinopoli, e da altri luoghi. Arrivati in Alessandria scorrono le strade e le case colle lettere avviluppate in un fazzoletto, e chiunque aspetta lettere, domanda il sacco, e visita tutte le lettere perchè d'ordinario il portatore non sa leggere, onde la corrispondenza rimane esposta all'indiscrezione, o all'interesse speculatore di qualche negoziante.

Benchè il clima d'Alessandria sia caldo non lo è per altro in ragione della sua posizione geografica. I venti di mare vi regnano tutta l'estate, e vi mantengono l'aria umida, di modo che il mio igrometro segnava un alto grado d'umidità in uno de' più caldi giorni ch'io vi provassi nel luglio e nell'agosto; ed il termometro all'ombra non si alzò mai oltre i ventidue gradi di Reaumur.

L'oftalmia risguardata come la sola malattia endemica del paese, parmi procedere da una causa affatto meccanica: essendo senza dubbio l'effetto di alcuni grani di sabbia impalpabile, di cui l'atmosfera è sempre ingombra. Penetrando questa nell'occhio, vi eccita una specie di prurito, che provoca a strofinarsi. Siccome l'organo è d'ordinario irritato dal riverbero del sole e della polvere salina, la più leggiera confricazione allorchè la sabbia è penetrata nell'occhio lacera la pellicola, e produce l'infiammazione. Poche persone sfuggono a questa malattia. Convinto di questa verità allorchè mi sentivo qualche corpo straniero nell'occhio resistevo costantemente al prurito, e tale precauzione mi salvò dall'oftalmia.

Fui meno antiveggente pei cambiamenti di temperatura in autunno; i quali sono in questo così improvvisi, che nello spazio di tre o quattr'ore provansi più variazioni di caldo e di freddo; onde vi soffersi una leggiera indisposizione.

Benchè la storia de' paesi da me visitati possa sembrare straniera all'itinerario de' miei viaggi, la singolare situazione politica dell'Egitto, paese privo di sovrano territoriale, e che gode d'una specie d'indipendenza anarchica domanda una particolare attenzione.

Dietro le notizie che ho potuto procurarmi sul luogo, darò dunque un cenno intorno alla sua situazione dalla spedizione francese fino al giorno della mia partenza per la Mecca.

È noto che un branco de' Francesi che occupavano l'Egitto dovettero cedere agli sforzi riuniti di un'armata inglese di 23,400 uomini, comandata dal generale Abercrombis; di un'armata turca di 6,000 sbarcata ad Aboukir, sotto gli ordini di Hassan Pascià, Capitano Pascià della porta Ottomana; di un'altra armata inglese di 6,000 diretti dal general Beird sbarcato a Suez, e di una quarta armata turca di 28,300 uomini, proveniente dalla Siria comandata dal Gran Visir; che uniti a 27,000 marinaj ed impiegati forma un totale di 70,700 uomini. Col mezzo di questa forza l'Egitto rimase in potere degl'Inglesi e de' Turchi.

Alcun tempo dopo in forza del trattato d'Amiens gl'Inglesi evacuarono il paese, Hassan Pascià si ritirò, ed il governo d'Egitto rimase tra le mani di Mehemed Pascià che aveva un corpo di truppe turche ai suoi ordini, composte in gran parte d'Albanesi e d'Arnauti. Ben tosto gli Albanesi si ribellarono contro il Pascià turco, e chiamarono i Mamelucchi che vivevano ritirati nell'alto Egitto. Questi non tardarono ad averne l'esclusivo comando, e gli Arnauti rimasti semplici soldati al servizio dei Bey, non soffrirono a lungo la loro signoria, si rivoltarono, e ne fecero perir molti; gli altri si salvarono nell'alto Egitto. Quando cominciò la sollevazione del Cairo, il bravo Osman Bey Bardissi trovavasi in casa con una ventina al più di Mamelucchi. Attaccato da alcune migliaja d'Arnauti, fa tranquillamente sellare i cavalli, indi tutt'ad un tratto facendo aprire le porte piomba come un fulmine sugli Arnauti, attraversa le loro file, e si ritira nell'alto Egitto ove trovasi anche al presente2. È verosimile che questa sollevazione fosse organizzata da Koursouf Pascià, governatore d'Alessandria, e che i scheich del Cairo non vi fossero stranieri.

Koursouf si recò subito al Cairo, e prese il comando dell'Egitto: ma gli Arnauti sempre inquieti, ed altronde tormentati dai scheih del Cairo abbassarono Koursouf, e gli sostituirono Mehemed Alì attuale Pascià.

Mentre i Mamelucchi erano al Cairo, la Porta aveva nominato governatore d'Alessandria l'inquieto Alì Pascià ch'erasi di già fatto conoscere nella rivoluzione di Tripoli di Barbaria, ov'era stato alcun tempo Pascià intruso. Venne in Alessandria con istruzioni d'indebolire la potenza degli Arnauti e de' Mamelucchi, per rimettere l'Egitto sotto l'immediata ubbidienza della Porta. Era seguito da un corpo di truppe di lui degne: l'indisciplina, il disordine, la licenza loro erano giunte a tale, che non facevansi riguardo di tirare dei colpi di fucile contro le persone che incontravano per istrada, e che gli prendeva voglia d'uccidere senza veruna ragione. Gli Europei e le loro case non erano sicure da tanta licenza, e le case de' consoli non erano in verun modo rispettate. Dal suo canto Alì Pascià ch'era il più crudel uomo che immaginare si possa, non lasciava passare un solo giorno senza fare strozzare qualche vittima, facendone poi gettare i corpi nel mare; mentre altre ne faceva assassinare segretamente nelle catacombe. Tale era l'uomo che la Porta incaricava di rimenare l'Egitto sotto le sue leggi.

Infruttuosi riuscirono i reclami de' Consoli Europei al Pascià per metter fine agli eccessi delle sue truppe, onde risolsero di andare colle loro famiglie a bordo di una fregata che trovavasi in porto, e di là spedirono le loro rimostranze ai rispettivi ambasciatori a Costantinopoli.

Alì Pascià intimidito da questo passo dei Consoli gl'invitò a trattare con lui; e finalmente accettarono la proposizione di ritornare alle loro case dopo avere solennemente capitolato col Pascià.

Terminata questa vertenza, ottenne da' Mamelucchi e dagli Arnauti di poter recarsi senza truppe al Cairo. Ma appena vi fu arrivato, facendo avanzare le sue truppe, furono sorprese e disfatte in sulla strada. In conseguenza Alì Pascià ebbe ordine di sortire dal Cairo e dal paese, prendendo la strada della Siria. Il terzo giorno il corpo de' Mamelucchi che lo scortava, rimasto addietro, fece fuoco contro di lui, che ne rimase ucciso con tutta la sua gente.

Mentre ciò accadeva in Egitto, la politica andava preparando per quel paese e pel commercio europeo del Levante un'assai più importante rivoluzione, che andò poi fallita.

Quando gl'Inglesi evacuarono l'Egitto, il Mamelucco Elfi Bey schiavo ed erede di Murat Bey partì con loro alla volta di Malta con intenzione di recarsi a Londra. Ma perchè le circostanze politiche variavano ad ogni istante, e l'importanza della persona d'Elfi Bey ne seguiva le vicende; stanco della poca considerazione in cui dagl'Inglesi era tenuto a Malta, pensò di entrare in trattative colla Francia; ed era già pronto ad imbarcarsi per andarvi, quando gl'Inglesi gli offrirono una nave per passare a Londra; ove appena sbarcato concertò tutto quanto poteva ad un tempo convenire alla propria ambizione, ed agl'interessi della Gran Brettagna. Gli furono in conseguenza assegnati fondi e mezzi per ingrandirsi, e convenuto il piano di condotta che doveva tenersi verso l'Egitto.

Ricolmo di doni e di ricchezze fu Elfi ricondotto in Egitto sopra una fregata inglese: ma Osman Bey Bardissi, il più valoroso ed influente di tutti i Bey adombrato del ritorno d'Elfi, e temendone l'ingrandimento, dispose di disfarsene ad ogni costo. Quando seppe ch'era sbarcato in Egitto, trovò chi si prese l'incarico di avvelenarlo, e temendo che non bastasse il veleno, gli tese insidie per assassinarlo sulla strada.

Elfi dubitò, o fu segretamente avvisato del pericolo che gli sovrastava, e fuggì a cavallo a traverso al deserto, solo, senza danaro, e privo di tutto. Si racconta, che entrato senza saperlo nella tenda di un Bedovino suo nemico mentre non eravi che la sua sposa, palesò il proprio nome per ottenere qualche soccorso. Spaventata la donna del suo pericolo, gli diede viveri ed acqua, pregandolo a fuggir subito onde non essere sorpreso dal marito che mortalmente l'odiava. Elfi approfittò del consiglio. La donna raccontò al marito l'accadutole, il quale non dimenticando in quel primo impeto di collera i generosi sentimenti che lo animavano: donna, gli rispose, se io l'avessi trovato qui non so quello che avrei fatto… forse l'avrei ammazzato… ma… io t'avrei egualmente uccisa, se tu gli avessi rifiutata l'ospitalità, ed i necessarj soccorsi. Tratto maraviglioso di cui non trovansi frequenti esempi nella storia.

Tutti gli effetti preziosi ch'Elfi aveva portati da Londra furono dopo la sua fuga spezzati, saccheggiati, e venduti. Unitosi ad alcuni Mamelucchi suoi partigiani si stabilì nel deserto; e col danaro ch'ebbe dagl'Inglesi non tardò ad ingrossare il suo partito, e sentendosi abbastanza forte, dopo avere sottomesso alcuni dovar, e tribù, venne a bloccare la città di Damanhour poco distante da Alessandria. Ma gli abitanti ch'eransi dichiarati contro di lui, si difendono già da due anni con una piccola guarnigione di Arnauti.

Intanto gl'Inglesi, e gli agenti d'Elfi ottennero firmani dal Gran Signore che lo dichiaravano Schèih-el-Beled, ossia principe feudatario dell'Egitto. Per far eseguire questi firmani la Porta spedì il Capitano Pascià con tutta la squadra ottomana, e spedì inoltre con alcune truppe Mussa Pascià di Salonicchi, come governatore del Cairo: ma Mehemed Alì ed i Scheih di questa città si opposero a tale disposizione, e dopo alcune trattative col capitano Pascià, e colla corte di Costantinopoli, ottennero nuovi firmani in favore di Mehemed Alì. Il capitano Pascià e Mussa Pascià ritiraronsi senza aver fatto nulla il 18 ottobre 1806; ed Elfi Bey rimase solo ed abbandonato nel deserto. Fu questi senza dubbio un fatal colpo per gl'Inglesi, che perdettero i frutti di tanti sacrificj, ed i vantaggi che loro assicurava l'esclusivo commercio dell'Egitto. Ciò è quanto mi fu raccontato, ma io non guarentisco che la verità di ciò che ho veduto io stesso, e quantunque il capitano Pascià e Mussa Pascià mi dassero non equivoche testimonianze di considerazione e di amicizia, portato dai mio carattere più alla contemplazione dalla natura che agl'intrighi degli uomini, mi tenni sempre lontano da simili affari.

Rimasi diciannove giorni accampato fuori d'Alessandria con tutta la mia gente, nel qual tempo raccolsi molte piante marine, e disegnai la veduta d'Alessandria. Avanti di partire da Alessandria il capitan Pascià ebbe la delicatezza di presentarmi, senz'averla richiesta, una lettera commendatizia per Mehemed Alì, un'altra per il Pascià di Damasco, ed un firmano pel Sultano Scheriffo della Mecca.

1.Termine usato universalmente dagli artisti per dinotare un pezzo di marmo grezzo.
2.Dopo l'epoca di cui parla il nostro viaggiatore Osman Bey fu avvelenato. (Nota dell'Editore Francese)
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28 may 2017
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