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Bollettino del Club Alpino Italiano 1895-96

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Egli vide durante le sue frequenti gite che gli albergatori delle nostre valli sono generalmente buona gente del paese, pieni di volontà, ma che non essendo mai usciti dal loro guscio non hanno idea del come devono condursi, consiglia quindi questi volonterosi, a mandare i loro figli a servire nei grandi alberghi, specialmente in quelli delle montagne svizzere, onde vedano ed imparino a vantaggio loro e del paese.

Vorrebbe che il proprietario dell’albergo illuminasse i viaggiatori su tutto quanto può interessarli e li mettesse in guardia contro le inciviltà di certi tali, che non pensano che a sfruttarli, invece di vedere in essi dei veri benefattori che vengono a spendere danaro in casa loro.

Alla questione degli alberghi alpini egli strettamente collegava quella della costruzione di rifugi nelle alte valli, sulla strada delle grandi ascensioni, o sui colli più frequentati. Scrisse in merito un lungo e pregevole articolo sull’Utilità pratica dei rifugi alpini, dove si lagna che non siasi ancora capito quanti vantaggi importantissimi arrechino queste capanne, non solo a chi esplora le montagne, ma ben anco per il numero grandissimo di turisti che attireranno e che ne faranno meta di gite interessanti.

Insiste pure sull’idea che in alcuni di essi, i quali per la posizione loro meglio si prestano, venga stabilito servizio d’osteria, sotto la sorveglianza del Club, a cui spetta il porsi a capo di tale movimento, sussidiando quei volonterosi che si presteranno alla sua attuazione od anche assumendolo a proprio carico nei primi tempi, poichè la sola iniziativa privata potrà da noi, per ora, difficilmente addossarsi un tale peso. Spiega poi come e dove tali servizi si potrebbero stabilire, dando a prova di tutte le sue asserzioni i risultati ottenuti specialmente in Austria.

Ed oggi tale idea va da noi svolgendosi per opera di benemerite sezioni e, può dirsi ormai non lontana l’epoca nella quale avrà completa attuazione.

Il suo nome, dal giorno in cui, nel 1865, comparve nella prima sottoscrizione apertasi al nostro Club per costruire una grotta sui fianchi del Cervino, figurò sempre su tutte le liste degli oblatori, non solo per cospicue somme, ma anche per oggetti da servire all’arredamento di detti rifugi.

«Lo studio dei monti—diceva Egli—è uno studio fecondo di grandi idee, grandi quindi saranno le nazioni che vi si dedicano». Ma affinchè queste idee trovassero terreno pronto a farle fruttare, a svolgerle, avrebbe voluto che ogni alpinista fosse dotato d’una soda ed ampia coltura. Nè con ciò intendeva di vedere in ognuno di essi uno scienziato, od uno specialista di questa o di quella dottrina, ma che, pur mantenendosi semplici alpinisti, fossero in grado di notare nelle loro relazioni quelle osservazioni che una mente colta può facilmente fare sui fenomeni naturali osservabili durante un’escursione, affinchè gli studiosi possano trarre dati utili a chiarire punti ignorati o mal conosciuti dalla scienza.

Quindi si doleva allorchè nelle pubblicazioni alpine vedevano la luce degli scritti unicamente o troppo alpinistici, ed anche quando trattavano di una sola regione, perchè Egli non credeva cosa buona che i nostri Clubs dovessero solamente illustrare i paesi nei quali erano stati fondati, poichè per lui l’alpinismo non aveva confini.

I primi articoli che trattano di grandi ascensioni e che videro la luce nelle pubblicazioni nostre, furono in gran parte da lui tradotti da giornali del C. A. Inglese e da quelli Tedeschi, e subito accanto ad essi altri ne vediamo di varietà e geografici, quali i Viaggi ed ascensioni in Norvegia, in cui ci descrive questo singolare paese «così bello ed attraente per gl’immensi ghiacciai, per le innumerevoli cascate, per le folte foreste, per le montagne pur grandiose, malgrado la non grande elevazione, ma sopratutto per l’incomparabile incanto dei magnifici fjords»; quelli sulle Società di geografia ed i Clubs Alpini, sull’Oberland ed i suoi ghiacciai, sulla catena del Suffaid Koh e sulla regione di Jellalabad nell’Afghanistan, sulle Esplorazioni nelle grandi Ande dell’Equatore, il sunto del libro del professore Albert Heim di Zurigo sui terremoti ed il loro studio scientifico, nel quale succintamente ci dà le norme da seguirsi affinchè qualunque persona, anche non munita di strumenti, possa riuscire a fare osservazioni; la descrizione del termografo stato collocato sul Faulhorn, occasione propizia a lui per muovere invito agli italiani di fare anche loro qualche cosa di simile su quelle vette ove non è possibile stabilire osservatorî; un lungo scritto sul nuovo metodo per lo studio dei ghiacciai, ecc.

È a lui, conoscitore di parecchie lingue, che si deve lo svolgimento preso dalla «Bibliografia» nel nostro «Bollettino» prima e nella «Rivista Mensile» poi, ove ci tenne continuamente al corrente di quanto accadeva e si pubblicava oltr’alpe, portando a conoscenza nostra ciò che praticavano i potenti Clubs d’Inghilterra, di Germania e Austria, di America, ecc.

Nè mancava mai di dar risalto ai punti dai quali avevamo qualcosa di buono da imparare, qualcosa di utile da imitare, ed affinchè ci servisse di sprone e di norma sicura e non rimanessimo indietro agli altri, iniziò nel 1874 la compilazione della Rivista generale dei Clubs e delle Società Alpine, che mantenne al corrente sino alla sua morte.

Mentre poi ci segnalava quanto di meglio facevano gli altri, non appena anche da noi qualcosa si era ottenuto, lo rendeva noto agli stranieri, esaltando l’opera nostra, onde ce ne venisse stima maggiore.

Le nostre pubblicazioni ebbero da lui un impulso vigoroso, e senza tema di errare può dirsi che, fra tutti i soci, fu quello che maggiormente contribuì con consigli e con pregevoli e numerosissimi scritti a dar loro l’importanza che oggi hanno. I suoi articoli che trattano d’un infinito numero di soggetti, attinenti all’alpinismo, nei primi tempi erano contraddistinti colle segnature: «Un membre étranger du C. A. I.; Un Inglese amico delle montagne» ecc.; e più tardi colle sole iniziali R. H. B., od anche col nome in disteso.

Tutti riuniti, i suoi scritti formerebbero certamente diversi volumi di molta importanza, specialmente se fosse possibile radunare anche quelli pubblicati sui periodici nostrani e stranieri. Vedrebbero allora gli Alpinisti Italiani qual mole enorme di utile lavoro, quante nobili iniziative, quante opere generose, Egli ha predicate, che ancor non hanno potuto avere completa attuazione nelle nostre Alpi; quanto potente fosse l’amore che quest’uomo portava alla nostra Istituzione, il cui progresso fu scopo di tutta la sua vita.

Allorchè il Padre Denza si fece iniziatore degli Osservatori meteorologici in montagna, Egli tosto accorse a sostenere, ad aiutare quella ardita iniziativa, offrendo generosamente e l’opera e l’obolo suo, sì che l’illustre scienziato non dimenticò mai di segnalare nei suoi scritti e nei suoi discorsi, l’aiuto che il generoso Inglese gli aveva dato nell’impianto delle stazioni di Belluno, di Casteldelfino, di Valdobbia, di Domodossola ed altre.

Ed il senatore Torelli al Congresso Alpino tenutosi a Bormio nel 1873, rendeva grazie egli pure al Budden, d’essere stato dei primi ad aiutare l’impianto dell’Osservatorio Meteorologico alla IVª Cantoniera dello Stelvio.

Nè minor fortuna ebbe il padre Filippo Cecchi, direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze, quando a lui si rivolse, per stabilire nell’Appennino Toscano una rete di tali osservatorî che in breve volger di tempo, mercè l’aiuto che Egli ne diede e come privato e come Presidente della Sezione Fiorentina, poterono iniziare utili studi.

Amante sincero d’ogni progresso scientifico, quando seppe che il Padre Denza voleva tradurre in lingua italiana un libro del Whymper sui barometri aneroidi, e che difficoltà finanziarie facevano ostacolo a quel progetto, pagò del suo i diritti d’autore onde rendere possibile la traduzione, che per la morte dell’insigne scienziato non potè portarsi a compimento.

Così Egli proclamava coi fatti come la scienza debba essere sorella all’alpinismo e che le associazioni alpine debbono avere uno scopo eminentemente educativo, onde lo vediamo darsi a tutt’uomo per l’impianto delle Biblioteche del Club, recar buon numero di volumi alla prima filiale della nostra istituzione in Aosta e sollecitarne l’invio dai suoi connazionali; altri portarne all’Ospizio del Piccolo S. Bernardo, a Cogne, a Valtournanche, ai principali alberghi di montagna, alle guide, ecc....., mentre arricchiva di opere pregevolissime e di valore quelle della Sede Centrale, della Sezione di Firenze, di Agordo, ecc....., facendo sempre qualcosa anche per altre Sezioni nel lungo volger d’anni, dalla fondazione del Club ad oggi.

Animo educato al bello ed al buono, se per lui la scienza doveva essere compagna dell’alpinismo, non dimenticava però l’arte che considerava ausiliaria potente. Entusiasta dei monti, innamorato dei ghiacciai, di quelle immense distese di nevi, le quali, benchè non fossero state campo alle sue gesta, per lui non avevano segreti, avendole ammirate un infinito numero di volte, in ogni ora del giorno, inondate di luce, o coll’infuriar della bufera, all’alba ed al tramonto, silenziose o solcate da tuonanti valanghe, rimpiangeva soventi che i nostri artisti non studiassero quelle scene potenti, perchè riteneva sarebbero stati d’aiuto alla nostra causa. Più d’una volta in numerosi scritti insistette perchè principiassimo ad occuparci seriamente di quest’importante argomento, trovava anzi «un fatto piuttosto strano che in questo ramo d’attività il C. A. I. siasi lasciato prendere il passo dai Clubs Alpini Inglese, Austriaco e Svizzero, e che in nessuno dei diversi congressi si sia tentato di riunire una collezione di quadri alpini, affine di coltivare in tal senso la passione delle montagne nel pubblico, creando una vera scuola d’artisti che ci rendessero in modo vero i monti, mettendo al bando quella pittura di fantasia che ce li ha spesso rappresentati sotto aspetti imaginari» e combattendo così anche l’eccessivo verismo di questi tempi.

 

Lavoratore instancabile, fino agli ultimi suoi giorni era solito dedicare tutte le ore del mattino a compilare articoli per le nostre pubblicazioni, per quelle dei Clubs esteri, o pei giornali quotidiani, e nel pomeriggio si dedicava alla lettura, specialmente di libri e giornali stranieri.

Nelle opere sue si scorge come Egli avesse dell’apostolo l’ampiezza delle idee e la pertinacia nel predicarle, nel sostenerle, com’Ei vedesse tutto possibile quando con buona volontà e costanza ci fossimo accinti al lavoro, e non si sgomentasse mai allorchè le sue proposte venivano ritenute speranze da sognatore, anzi proseguisse imperterrito con ardore di neofita il suo cammino, riescendo in questi ultimi anni a vedere attuato parte del suo vastissimo programma e molte altre sue proposte avviarsi esse pure per la buona strada.

Benchè da tanto tempo avesse posto dimora fra noi, pure conservava intenso, vivissimo l’affetto alla patria sua e non lasciava passare occasione per informarci di quanto i suoi connazionali compivano d’utile, di buono, ed in che fossero a noi superiori.

Era solito dire che l’alpinismo aveva avuto la virtù di farlo diventare oratore, ed in tutti i congressi, nelle assemblee, ai pranzi sociali, la simpatica e franca sua parola risuonava gradita sempre, portatrice d’idee pratiche, d’alto criterio, d’entusiasmo per quanto riusciva a decoro del Club.

Originalissime erano le sue concioni, ognuna delle quali rappresentava un’idea che voleva ribadirci in capo, dette con una cadenza di voce, con una pronuncia tutta speciale che tradivano la sua origine, ma davano alle sue parole un non so che di vibrato, di squillante, d’energico. Caratteristica indimenticabile di molti suoi discorsi erano certi scatti curiosi d’informe ma franca eloquenza, che gli permettevano di spiattellarci a bruciapelo, curando solo che ben comprendessimo quanto voleva dirci, verità crude, crude, che da altri dette, che non fosse l’apostolo dell’Alpinismo, avrebbero urtata la suscettibilità di non pochi.

Carattere adamantino, sempre eguale, elevato sempre, solo rare volte e quando si sentiva fortemente contrariato s’indispettiva ed allora, rosso in viso, con fierezza, battendo il piede in terra soleva esclamare: «Sono inglese!» per farci comprendere che tosto o tardi voleva riuscire nel suo intento.

Entrato a far parte del C. A. I. nei suoi primordi (1865), veniva nel 1866 eletto a membro del Consiglio Direttivo, carica che, salvo breve intervallo, mantenne sino alla morte.

Nel 1866 propugnò ed aiutò l’impianto della Sezione di Aosta, ne sorresse i primi passi, ed allorchè colla morte del canonico Carrel e di tanti altri volonterosi essa minacciava di cadere, Egli accorse, ne promosse la fusione col «Cabinet littéraire» e con dono di quadri e di libri ne abbellì le sale e v’iniziò una specie di museo, destinato a raccogliere i prodotti minerali e delle principali industrie della vallata. Alle sedute che allora presiedette sospinse calorosamente giovani e vecchi ad aiutare con tutte le loro forze il risorgere della più vecchia Sezione del Club, ch’Ei voleva destinata a rendere servizi importanti a tutta l’estesa regione che la circonda. Fu in quelle memorande sedute, che risorta a nuova vita, la Sezione d’Aosta proclamava il Budden suo Presidente Onorario.

Presiedette pure il comitato formatosi per attuare il progetto di riparare la mulattiera e tracciare un sentiero che salisse al Col Fenêtre in Valpellina, comitato che ottenne dalle Autorità svizzere, il compimento dell’opera sul versante di Val di Bagnes.

Ai suoi aiuti morali e finanziari è dovuta la esecuzione del sentiero che attraversa il Colle di Valcornera, quello del Tournalin, la costruzione di un «pavillon» sul Pic Sismonda e di tutte le capanne della Sezione, la pubblicazione di un album ove sono illustrate la Valpellina, la Valgrisanche e le Valli di Cogne e Rhême, fattasi per sottoscrizione, in capo alla quale Egli figura per lire 200, la fondazione della Scuola di Agricoltura, della Scuola per le Piccole Industrie e della nuova Società d’Apicoltura, ecc. ecc., tanto che il Comizio Agrario di Aosta che aveva avute da lui sì larghi incoraggiamenti nel 1871 lo nominava suo Presidente Onorario e l’anno successivo il Consiglio Comunale di detta Città credette dover suo concedergli la cittadinanza onoraria1.

Nel 1869 con Felice Giordano, Giovanni Battista Rimini ed Igino Cocchi fondava in Firenze un’altra Sezione del Club Alpino, che presiedette poi sino ai suoi ultimi giorni e che sotto di lui ha compiute importantissime opere, quali la pubblicazione di Annuari, di un Catalogo della biblioteca sezionale, delle Guide dei Bagni di Lucca, delle dimore estive in Toscana, del Casentino, di Vallombrosa, di Montepiano, ecc., la costruzione di sentieri, al Callare di Matanna ed al Procinto, fra la Garfagnana e la Versilia, il rimboschimento al Capo d’Arno, e di larghe estensioni di terreno in diverse regioni dell’Appennino Toscano e delle Alpi Apuane, l’impianto di alberghi, il collocamento di migliaia di pesci nei torrenti, la fondazione delle Stazioni Alpine di Stia, di Lucca, di Prato, la costruzione del Ricovero Dante sul Monte Falterona e quello al Lago Scaffaiolo nella montagna Pistoiese. Diede inoltre largo sviluppo alle gite sociali ed alle escursioni scolastiche, contribuendo così a far ampiamente conoscere il Casentino, Vallombrosa, Montepiano, il Mugello, le montagne Pistoiesi e Lucchesi, le Alpi Apuane e la Lunigiana.

Fu sotto la sua presidenza ed auspici, che nel giugno 1876 la Sezione di Firenze tenne in Pistoia, con felicissimo esito, il IXº Congresso Alpino, e nel 1893 ebbe luogo la Riunione intersezionale al Procinto (Alpi Apuane), in occasione della quale benchè avesse allora ormai raggiunti 68 anni, Egli salì con una ventina di soci sulla vetta di quel monte curioso, vera torre di roccia, per calcare il cui vertice dovette affrontare il pericolo di salire per una scala di legno alta 8 metri poggiata contro la parete a picco, ed oltr’essa innalzarsi su per 265 scalini tagliati nella viva roccia. Quel giorno venne inaugurata lassù in onore del Budden una lapide con medaglione-ritratto di Lui, scolpito in marmo statuario di Carrara.

Nel 1879 di passaggio a Genova con Damiano Marinelli, in occasione di una gita al Monte di Portofino, gettava le basi di quella Sezione Ligure, oggi floridissima.

Sapendo quanto l’iniziativa personale e la buona volontà servissero a dar incremento alle Sezioni, ne visitava or l’una or l’altra ed avrebbe voluto e propose che la Sede Centrale inviasse tutti gli anni qualcuno dei suoi membri a vedere quelle che avevano maggior bisogno d’incoraggiamento, di consiglio, onde rianimarle, metterle sul giusto cammino.

Rappresentò il Club Alpino Italiano ai Congressi del Club Alpino Svizzero tenutisi a Sion (1874) ed a Ginevra (1879), a quelli del Club Tedesco-Austriaco in Villach ed a Innsbruck, a quelli del Club Alpino Francese tenutisi a Parigi in occasione dell’Esposizione universale del 1878 e nell’agosto 1889, al Mont Dore (1882) ed a Sixt e Chamonix (1883), e presiedette la riunione degli Alpinisti Francesi ed Italiani tenutasi sul Colle del Moncenisio nell’anno 1875.

In occasione del Congresso tenutosi in Torino nell’agosto 1874, Quintino Sella fece speciale menzione delle benemerenze del Budden verso la nostra Istituzione e nell’assemblea del 1889 i delegati di tutta Italia lo proclamavano Socio Onorario.

Era pure Socio Onorario dell’Alpine Club di Londra, del Club Alpino Francese, della Società Alpina Friulana, della Società Alpina dei Tatry (Ungheria), del Club Alpino Polacco di Cracovia, socio corrispondente dell’Appalachian Mountain Club di Boston, socio effettivo di gran parte degli altri Clubs e Società Alpine di Europa, Delegato della Sezione di Napoli del nostro sodalizio, membro di molti Comitati e Commissioni speciali nelle quali in sì lungo volgere di anni la sua parola assennata, i suoi consigli pratici furono sempre ascoltatissimi.

Ci legò e mantenne in buoni rapporti con tutti i Clubs Alpini esteri coi quali, come coi più eminenti alpinisti stranieri, era in continua corrispondenza facendo, come argutamente egli ci disse all’ultima festa tenutasi in suo onore al Monte dei Cappuccini in Torino, da ministro degli esteri del Club Alpino Italiano.

Di Lui, fornito non solo di sublimi doti di mente e di cuore, ma ben anco di largo censo, rimarrebbe ora a dire quanto l’animo suo grande e generoso lo condusse a compiere per i poverelli, se la sua modestia eccezionale non avesse nascosto con un velo quasi impenetrabile le infinite sue opere di pietà. Sarebbe questa certamente la pagina più gloriosa di tutta la sua esistenza.

Condusse sempre vita modesta, non adeguata alla cospicua fortuna di cui disponeva, destinando ad opere di beneficenza, a lenire miserie, senza la minima ostentazione, quanto non eragli strettamente necessario, secondo le norme del Vangelo, di cui era fervente osservatore. E nello stesso modo che può dirsi come nessun infortunio che abbia colpito gli abitanti delle Alpi o degli Appennini sia stato da lui dimenticato, così è da asserire che nessun povero si è mai rivolto invano a lui che, allorquando per avventura le generose sue elargizioni avevano esaurite le somme disponibili, non esitava punto a privarsi degli oggetti personali di prima necessità, pur di venire in loro aiuto.

L’animo suo benefico, il suo carattere dolce, la sua timidezza che lo portava a nascondere ogni suo atto, a far quanto poteva onde si parlasse il meno possibile di Lui, facevano strano contrasto colla tenacia eccezionale della sua fibra, colla sua ferrea volontà, che lo sorresse sempre nel lento e continuo lavoro di rigenerazione ch’Egli voleva compiere.

Sposata la causa dell’Alpinismo nei giovani anni, vi dedicò tutti i suoi giorni, informò ad essa tutti i suoi atti, predicando incessantemente onde si comprendesse qual campo immenso essa abbraccia, quanti benefici frutti apporterà alla nostra patria. Egli vedeva in essa un elevatissimo problema, dalla cui soluzione si deve attendere, fisicamente, moralmente ed economicamente, frutti d’inestimabile valore.

 

«Tale era l’uomo, che piangiamo estinto, tale il collega che perdemmo irreparabilmente. Ma uomini che, come il Budden, sono l’incarnazione dei più alti ideali dell’umanità, non muoiono; essi sopravvivono allo sfacelo della materia nei loro ideali stessi, che sono immutabili. Se l’Apostolo dell’Alpinismo abbandonò le sue forme terrene, rimane fra noi imperituro il suo vangelo. E nella venerazione degli Alpinisti Italiani, nel Pantheon dei benemeriti della nostra Istituzione il posto di Riccardo Enrico Budden è accanto a Quintino Sella e a Bartolomeo Gastaldi.»2

A tener desta la sua memoria che sarà sprone a tutti gli alpinisti a proseguire sulla via da lui tracciata, nel gruppo del Gran Paradiso una vetta alta 3687 m. porta il suo nome, che venne pur dato ad un Colle delle Alpi Pennine ed al rifugio costruito dalla Sezione di Aosta sulla Becca di Nona (Pic Carrel), e che l’amico suo abate Stoppani registrò a lettere d’oro nel libro «Il bel Paese.» Monumenti questi, coll’opere sue, degni dell’Apostolo dell’Alpinismo Italiano.

Nicola Vigna    
1A questo proposito ci sembra opportuno riferire testualmente la deliberazione Consigliare presa in data 20 maggio 1872, la quale enumera i preclari titoli di benemerenza del Budden a riguardo della Valle d’Aosta. «Considérant que M.r Budden n’a cessé, depuis qu’une bonne étoile et son goût du beau le conduisirent dans nos montagnes, de vouer un intérêt particulier à la Vallée et principalement à cette Ville où il a établi une Succursale du Club Alpin, de laquelle il est le digne Président honoraire et l’âme vivante; qu’il cherche sans cesse à faire connaître la beauté de nos sites et la majesté de nos pics gigantesques et à nous attirer les touristes et les voyageurs, tant par ses nombreuses relations particulières que par la voie du journalisme; que, dans ce but, il est toujours là à suggérer de bonnes directions à nos hôtels et des conseils pratiques à nos guides; qu’à son initiative ed à sa persévérante bonne volonté sont dues les améliorations au pavé et aux promenades de Courmayeur, la construction de la grotte d’abri au Mont-Cervin, la prochaine construction d’une cabane au Col Sismonda, le chemin du Tournalin, etc.; «Qu’il ne se contente pas d’étudier et de nous communiquer avec une amitié constante tous les moyens propres à nous attirer les étrangers et les amis de la belle, riche et variée nature de nos montagnes, mais qu’aux conseils, il joint toujours l’aide puissant de ses libéralités, témoin la belle part qu’il prend à toutes le souscriptions, le prix qu’il a établi pour l’inventeur du meilleur système de reboisement de nos forêts, cette collection d’ouvrages, de cartes géographiques, d’itinéraires, de dessins, de lithographies et ce beau portrait en grand de notre compatriote regretté M.r le Chanoine Georges Carrel qui ornent et embellissent notre salle du Club; «Que tous ces mérites sont des titres à notre reconnaissance et constituent le vrai citoyen; «Ce Conseil, voulant consacrer, par un acte légal, la manifestation de l’opinion publique et de ses propres sentiments, «A délibéré, à l’unanimité des suffrages, de conférer à M.r le chevalier Budden le titre honorifique de Citoyen de la Ville d’Aoste et de charger la Junte Municipale de lui délivrer le diplome relatif, avec une copie de la présente délibération. «Préalable lecture, la présente a été signée comme suit. «Signés: Le Président Dalbard Le Conseiller ancien V. Rosset avocatRivaz Jean-Baptiste».
2Vedi “Riv. Mens.„ vol. XIV (1895) pag. 459.