Kitobni o'qish: «Bramata », sahifa 2

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La ragazza si fermò improvvisamente.

Lui stava lì, a guardarla, come in attesa.

Era il nuovo ragazzo.

Sage.

CAPITOLO TRE

Scarlet se ne stette lì, alla fine del suo vialetto, a guardare. Riusciva a malapena a crederci. Lì, sul marciapiede, a pochi metri di distanza, c'era il nuovo ragazzo. Sage la guardava con i suoi intensi occhi grigri,

Che cosa ci faceva lì, di fronte casa sua? Da quanto tempo ci stava? Aveva osservato la sua casa? Stava sorvegliando il suo marciapiede? O era soltanto di passaggio?

Ma di passaggio per dove? Scarlet viveva in una tranquilla strada di periferia, e a stento si poteva incontrare qualcuno che camminasse lì intorno. Ma, in fondo, distava soltanto due isolati dalla città, e, presumibilmente, lui poteva essere diretto da qualche parte. Ma era poco probabile.

Il pensiero che lui fosse lì, a guardare la sua casa, o si stesse avvicinando, la innervosì. D'altra parte, non poteva negare di essere eccitata al vederlo. Eccitata non era la parola giusta. Era più …paralizzata. Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. La pelle liscia, la forte mascella, gli zigomi e il naso dal tratto nobile, gli occhi grigi, le lunghe ciglia — non aveva mai incontrato un ragazzo neppur remotamente paragonabile a lui. Così nobile, orgoglioso. Sembrava essere fuori luogo lì, come se fosse uscito da un palazzo del secolo XVI.

Lei sentiva le farfalle nello stomaco, mentre lo guardava. Ed era una sensazione che non voleva avere. Dopotutto, Maria, la sua migliore amica, aveva chiarito di avere una vera ossessione per lui. Quanto sarebbe stato sbagliato per Scarlet prenderlo per sé? Maria non l'avrebbe mai perdonata. E lei non avrebbe mai perdonato se stessa. Inoltre, lei aveva Blake. Oppure no?

Ripensò di nuovo al post di Vivian, al fatto che Blake l'avesse scaricata. Blake glielo aveva davvero detto? O era stata Vivian a costruire tutto? Ad ogni modo, lei era abbastanza sicura che Blake fosse uscito per sempre dalla sua vita.

“Um … ciao,” lei disse, senza sapere che cosa aggiungere. Dopotutto, non erano nemmeno stati presentati.

“Non intendevo spaventarti,” lui le rispose.

Lei adorava la sua voce. Era dolce e gentile, ma potente al contempo. Aveva un tono dolce, sebbene il suo tono fosse in qualche modo autoritario. Avrebbe potuto ascoltare per sempre la sua voce.

“Sono Sage,” lui disse, tendendole la mano.

“Lo so,” lei disse, mentre gliela stringeva.

Il tocco della sua pelle fu elettrizzante. Nel momento in cui lui strinse la mano ghiacciata di lei nella sua, che era invece calda, una scossa partì dal braccio ed attraversò tutto il corpo di Caitlin.

“E' una piccola città,” la ragazza aggiunse, cercando una spiegazione, sebbene si sentisse in imbarazzo. Quello fu un gesto stupido; non avrebbe dovuto ammettere di conoscere il suo nome: questo la fece sembrare disperata.

Ma, un attimo, lei pensò. Perché stava facendo questi pensieri? Dopotutto, era l'uomo di Maria. Oppure no?

“La tua mano è così fredda,” Sage disse, mentre le guardava il palmo.

Scarlet lo ritirò, autoconsapevole.

“Scusa,” gli disse, alzando le spalle.

“Non mi hai detto il tuo nome,” lui disse.

“Oh, mi dispiace, pensavo che lo sapessi,” lei disse, poi aggiunse, “non che io sia famosa, popolare o qualcosa del genere. E' solo che … ecco è una piccola città, sai?”

Stava già impaperandosi e peggiorava ad ogni frase. Si comportava sempre così quando diventava nervosa di fronte ai ragazzi.

“Comunque, mi chiamo Scarlet. Scarlet Paine.”

Lui sorrise.

“Scarlet,” ripeté.

Amava il suono del suo nome pronunciato da lui.

“Il colore di molte cose. Vino, sangue o rose. Naturalmente, io preferisco l'ultimo,” Sage aggiunse con un sorriso.

Scarlet gli sorrise anche lei. Chi si esprimeva in quel modo? si chiese. Era come se provenisse da un'altra epoca, da un altro luogo. Lei stava morendo dalla voglia di saperne di più su di lui.

“Che cosa ci fai qui?” chiese, poi si rese conto di essere sembrata troppo aggressiva. “Non per essere aggressiva. Ma voglio dire, che cosa stai facendo di fronte alla mia casa?”

Lui apparve stordito per un istante.

“Sì,” lui disse. “Tempismo singolare, no? Ero in città, e ho pensato di fare un giro. Sono nuovo del posto, e ho pensato di vedere dove conducono queste strade. Non pensavo che portassero a te.”

Scarlet si sentì meglio. Almeno, non stava sorvegliando la sua casa o una cosa simile.

“Ecco, non c'è molto da vedere. Questa città si estende solo per pochi isolati in ogni direzione. Ancora pochi isolati di là, ed ecco tutto.”

Lui sorrise. “Sì, stavo cominciando a rendermene conto da solo.”

Improvvisamente, Ruth corse verso di lui e gli saltò addosso, leccandogli la mano.

“Non saltare,” Scarlet la rimproverò.

“Non preoccuparti,” lui disse.

Sage s'inginocchiò e accarezzò gentilmente Ruth sul capo con il palmo della mano, grattandola dietro le orecchie. Ruth si abbassò e gli leccò una guancia. La cagna cominciò a guaire e Scarlet poté dire che a lei il ragazzo piaceva davvero. Era scioccata. Ruth era sempre così protettiva con lei, e non l'aveva mai vista comportarsi così con un estraneo.

“Che bella bestia. Non è così, Ruth?” lui disse.

Ruth si alzò e lo leccò di nuovo, e lui la baciò sul naso.

Scarlet era stupita.

“Come sapevi che il suo nome è Ruth?”

Lui si alzò, colto di sorpresa.

“Um … l'ho letto. Sulla targhetta del suo collare.”

“Ma la targhetta è rovinata,” lei disse. “Voglio dire, riesco a malapena a leggerla.”

Lui alzò le spalle e sorrise.

“Mi hanno sempre detto che ho una buona vista,” replicò.

Ma Scarlet non ne era convinta. La targhetta era rovinata, e la scritta non si leggeva quasi più: non riusciva a capire come lui avesse potuto leggerla. Questo la spaventò. Come sapeva il nome della cagna?

Ma, allo stesso tempo, si sentiva a proprio agio intorno a lui. E, dato lo stato in cui si trovava, le piaceva avere compagnia. Non voleva che se ne andasse. Ma al contempo, pensò a Maria e a quanto sarebbe stata arrabbiata se fosse passata e l'avesse vista con lui. Sarebbe stata così gelosa. Probabilmente l'avrebbe odiata per il resto della sua vita.

“Tu rappresenti un mistero qui in città,” Scarlet disse. “Il nuovo ragazzo. Nessuno sa molto di te. Ma molte persone muoiono dalla voglia di farlo.”

“Davvero?” lui alzò le spalle.

Scarlet attese, ma lui non aggiunse altro.

“Allora … ecco … qual'è la tua storia?” lei gli chiese.

“Immagino che tutti ne abbiano una, giusto?” ribattè Sage, poi si voltò e guardò verso l'orizzonte, come se stesse riflettendo su che cosa dirle.

“Immagino che la mia sia noiosa,” osservò. “La mia famiglia … si è trasferita qui di recente. Perciò, eccomi qua, a terminare il mio ultimo anno di liceo.”

“Ho sentito che hai … una sorella?”

Un sorriso si formò all'angolo della sua bocca.

“Le voci si spargono qui, non è vero?” chiese con un gran sorriso.

Scarlet arrossì. “Mi dispiace,” lei esclamò.

“Sì, ne ho una,” le rispose, senza però andare a fondo.

“Scusa, non intendevo farmi i fatti tuoi” lei disse.

Sage la guardò e i loro sguardi si fusero — e, per un istante, Scarlet sentì tutto il mondo cominciare a sciogliersi. Per la prima volta quel giorno, tutte le sue preoccupazioni abbandonarono la sua mente. Si sentì trasportata.

Lei voleva smettere di guardarlo, tenere i propri sentimenti sotto controllo, voleva richiamare i pensieri relativi a Maria e costringersi a cacciare il giovane dalla sua mente. Ma non riusciva a farlo. Era bloccata.

“Sono lusingato che tu l'abbia fatto,” Sage esclamò.

Continuò a fissarla, poi dopo un istante, aggiunse, “Ti andrebbe di fare una passeggiata con me?”

Il cuore cominciò a batterle forte. Lei voleva passeggiare con lui. Lo desiderava più di ogni altra cosa al mondo. Ma una parte di lei era spaventata. Era ancora sconvolta per il tempo trascorso con Blake. Non si fidava di se stessa, dei suoi stessi sentimenti, del suo corpo, delle sue reazioni. E temeva di tradire la sua migliore amica — anche se, in realtà, Maria non aveva alcun diritto su Sage. Soprattutto, non si fidava di se stessa. Qualunque cosa fosse accaduta tra lei e Blake, quell'impulso di nutrirsi poteva ancora ripresentarsi. Per quanto desiderasse saperne di più, sentiva il bisogno di proteggerlo.

“Mi dispiace,” lei disse. “Non posso.”

Scorse la delusione nello sguardo del ragazzo, mentre annuiva. “Capisco.”

Improvvisamente Scarlet sentì sbattere le porte all'interno della sua casa, poi udì due voci che diventavano via via più forti. Erano i suoi genitori che litigavano. Ora poteva sentirli persino da lì. Un'altra porta sbatté, e lei si voltò preoccupata a guardare in direzione della casa.

“Mi dispiace, ma devo tornare dentro ora” disse, girandosi verso Sage per salutarlo.

Ma non vi era alcun segno di Sage. Da nessuna parte. Ne rimase scioccata.

La ragazza guardò in entrambe le direzioni, percorse l'intero isolato, ma non c'era nulla. Era incomprensibile. Era come se fosse appena svanito nel nulla.

Si chiese come potesse essere riuscito ad andarsene via tanto in fretta. Era impossibile.

E dove poteva essere andato? Era ancora in tempo per raggiungerlo? Perché, ora, sentiva un fortissimo desiderio di stare con lui, di parlargli. Capì in un attimo che aveva appena compiuto il più stupido errore della sua vita, rifiutando quell'invito a passeggiare. Ora che se n'era andato, ogni atomo di lei lo desiderava. Era stata una vera sciocca. Si odiava per questo.

Aveva perso la sua occasione per sempre?

CAPITOLO QUATTRO

Ancora scossa dal suo incontro con Sage, Scarlet entrò in casa persa nel suo mondo.

Ma fu richiamata bruscamente alla realtà, trovandosi proprio nel bel mezzo del litigio dei suoi genitori. Non riusciva a crederci. In tutta la sua vita, non li aveva mai visti litigare! Ora, invece, sembrava che non facessero altro.

Scarlet si sentì in colpa, pensando che la cosa avesse a che fare con lei. Una sensazione la dominava: sembrava che qualcosa di malvagio fosse apparso nelle loro vite, qualcosa che non intendeva scomparire e che sembrava farsi strada sempre di più, giorno per giorno. E non poteva fare a meno di pensare che era tutta colpa sua.

“Stai andando troppo oltre,” Caleb urlò a Caitlin dietro la porta chiusa. “Seriamente. Che cosa ti è preso?”

“Che cosa è preso a te?” Caitlin gli rispose, urlando. “Mi hai sempre appoggiato, sei sempre stato al mio fianco. Ora è come se ti rifiutassi di farlo.”

“Rifiutassi?” il marito scattò.

Scarlet non riuscì più a sopportarlo. Come se la sua giornata non fosse andata abbastanza male — doveva assistere a quelle scene: tutto la stava spingendo ad una crisi di nervi. Voleva solo che smettessero di litigare. Voleva solo che la loro vita tornasse alla normalità.

Fece alcuni passi e aprì la porta del soggiorno, sperando che la sua presenza li avrebbe fatti smettere.

Si fermarono entrambi a metà del litigio, voltandosi e guardandola, come cervi inquadrati improvvisamente dalla luce dei fari di un'auto.

“Dov'eri?” il padre scattò contro di lei.

Scarlet era sconvolta: suo padre non le aveva mai inveito contro prima di allora, e non aveva mai neppure utilizzato quel tono. Il suo volto era ancora rosso per il litigio, e lei lo riconobbe a malapena.

“Che cosa vuoi dire?” lei disse, sulla difensiva. “Ero soltanto fuori con Ruth.”

“Per un'ora?”

“Di che cosa stai parlando?” replicò, chiedendosi che cosa intendesse. “Sono stata fuori soltanto pochi minuti.”

“No. Sono andato di sopra a controllare la tua stanza, poi ti ho visto uscire, ed è stato un'ora fa. Dove sei andata?” l'uomo insisté, camminando intorno alla tavola verso di lei. “Non mentirmi.”

A Scarlet sembrò che lui avesse totalmente perso la testa. Non solo sua madre era pazza, ma lo era anche suo padre. Sentì il mondo sprofondarle sotto i piedi.

“Non so di che cosa stai parlando,” scattò la figlia, alzando il tono di voce. Ma stava cominciando a chiedersi se, in qualche modo, avesse perso la cognizione del tempo. Forse le stava accadendo qualcosa. Magari era andata da qualche parte e non lo ricordava. Quel pensiero le fece battere forte il cuore, mentre cominciava a innervosirsi silenziosamente. “Non sto mentendo. E non mi piace che mi accusi del contrario.”

“Hai una vaga idea di quanto fossimo preoccupati per te? Stavo per chiamare di nuovo la polizia.”

“Mi dispiace!” lei urlò. “Non ho fatto niente!”

Lei tremava dentro di sé per la rabbia che le bruciava, e non poteva restare un solo istante di più. Si voltò e lasciò bruscamente la stanza, scoppiando in lacrime, e corse su per le scale.

Non ne poteva più dei suoi genitori. Era davvero troppo. Ora, persino suo padre non la capiva. E lui era sempre stato, per tutta la vita, al suo fianco, in ogni occasione.

“Scarlet, torna qui!” lui le gridò.

“NO!” lei gli rispose urlando, tra le lacrime.

Lei potè sentire i passi di suo padre, che la seguiva per le scale, mentre lei accellerava il passo. Scarlet si precipitò lungo il corridoio, verso la sua stanza, e sbatté la porta dietro di lei.

Un istante dopo, l'uomo batté i pugni contro la porta.

“Scarlet. Apri la porta. Mi dispiace. Voglio parlare. Ti prego. Mi dispiace.”

Ma Scarlet spense le luci e saltò sul letto, e vi si raggomitolò piangendo.

“Vattene via!” la ragazza urlò.

Finalmente, dopo quella che era sembrata un'eternità, sentì i passi allontanarsi.

Era troppo presto per dormire e Scarlet si sentiva troppo intorpidita per fare altro.

Rimase a lungo immobile, poi si tirò su e prese il telefono. Le sue notifiche sembravano schizzare alle stelle — la sua pagina su Facebook pullulava di nuovi post e messaggi. Questo la fece solo sentire peggio e chiuse la pagina.

Per molto tempo giacque lì, stesa su un fianco, guardando gli alberi e tutti i differenti colori, che splendevano all'ultima luce del giorno, attraverso la finestra. Osservò diverse foglie staccarsi dagli alberi davanti ai suoi occhi e cadere al suolo.

Si sentì sopraffatta dalla tristezza. Blake non voleva stare con lei; Vivian aveva fatto schierare l'intera scuola contro di lei; le sue stesse amiche non la capivano; non sapeva che cosa stava accadendo al suo corpo. E, soprattutto, aveva gettato via la sua possibilità di parlare con Sage. Tutto stava andando male. E non riusciva a smettere di ripensare al momento trascorso con Blake, vicino al fiume, e a tutto quanto le stava accadendo. Chi era lei veramente?

Allungò ujna mano, prese il suo diario e la sua penna preferita e cominciò a scrivere.

Non comprendo più la mia vita. E' surreale. Ho appena incontrato il ragazzo più incredibile di sempre. Sage. Non voglio ammetterlo, perché piace a Maria, ma non riesco a smettere di pensare a lui. E' come se, in qualche modo, lo conoscessi da sempre. Abbiamo parlato a malapena, sebbene io senta una tale connessione con lui. Maggiore di quella che ho con Blake.

Ma se n'è andato così velocemente, e l'ho rifiutato stupidamente. Vorrei non averlo fatto. Ci sono così tante domande che muoio dalla voglia di porgli. Come su chi sia. Che cosa ci faccia qui. E perché si trovasse di fronte a casa mia. Ha detto che era solo di passaggio, ma in qualche modo, non gli credo. Penso che mi stesse cercando.

Non so più chi sono i miei genitori. Ogni giorno, tutto cambia. Non so nemmeno chi sono io. E' come se tutto il mondo, che una volta conoscevo, il mondo che mi era così familiare e sicuro sia svanito, sostituito da un altro mondo. E sento che, domani, tutto cambierà ancora.

Temo il domani. Tutti mi odieranno? Blake mi ignorerà? Vedrò Sage?

Non posso nemmeno immaginare che cosa mi porterà il prossimo giorno.

*

Scarlet aprì gli occhi, svegliata da un campanello. Guardò fuori, e rimase stupita nel constatare che era già mattina presto e che la luce del sole inondava la stanza. Si rese conto di essersi addormentata ancora vestita, sopra le coperte. Afferrò la sveglia e lesse l'ora: 8:30. Il cuore le si colmò di panico. Era in ritardo per la scuola.

Il campanello suonò di nuovo, e Scarlet saltò in piedi. Data l'ora, credeva che i genitori fossero già andati a lavoro, così spettava a lei aprire la porta. Chi poteva suonare a quell'ora del mattino?

Fu tentata di ignorarlo, limitandosi a prepararsi per la scuola, ma quello suonò di nuovo.

Ruth abbaiò e abbaiò, e, infine, Scarlet la lasciò uscire dalla stanza e la seguì lungo le scale, fino al soggiorno e poi alla porta.

Ruth si posizionò di fronte ad essa, abbaiando fortissimo.

“Ruth!”

Finalmente, Ruth si acquietò, mentre Scarlet si recò alla porta. La aprì lentamente.

Il cuore le si fermò.

Lì, a guardarla, c'era Sage. Teneva una rosa nera dal lungo stelo, con entrambe le mani.

“Mi dispiace di essere piombato qui così,” lui disse. “Ma sapevo che ti avrei trovata a casa.”

“Come?” lei chiese, totalmente confusa.

Lui si limitò a guardarla.

“Posso entrare?” il ragazzo le chiese.

“Um …” Scarlet esordì.

Una parte di lei desiderava disperatamente farlo entrare, ma un'altra la infastidiva alquanto. Che cosa ci faceva lì? Perché le aveva portato una rosa nera?

Ma poi ancora, non riuscì a mandarlo via.

“Certo,” lei esclamò. “Entra pure.”

Sul volto di Sage comparve un sorriso radioso, mentre faceva un grande passo verso l'ingresso.

In quello stesso istante, con grande stupore di Scarlet, improvvisamente lui affondò nel pavimento. Sprofondò sempre di più, come se fosse inghiottito da sabbie mobili, e sollevò una mano, gridando.

“Scarlet!” urlò. “Aiutami!”

Scarlet si allungò e gli afferrò la mano, provando a tirarlo fuori. Ma, improvvisamente, anche lei fu inghiottita dal buco, sprofondando con il volto all'ingiù. Urlò con tutte le forze, mentre finì per volare a piena velocità, dirigendosi verso le viscere della terra.

Scarlet si svegliò gridando. Si guardò intorno, nella stanza, con il cuore in gola. I primi raggi del sole mattutino filtravano attraverso la finestra. Guardò l'orologio. Erano le 6:15.

Si era addormentata ancora vestita. Respirò affannosamente e realizzò che si era trattato soltanto di un sogno.

Il cuore le batteva fortissimo. Era sembrato così reale.

La ragazza si alzò, andò in bagno e si spruzzò un po' d'acqua fresca sul viso per diverse volte, provando a svegliarsi. Mentre si specchiava, i suoi timori si materializzarono: il suo riflesso. Era diverso. Lei era lì, ma il suo riflesso era traslucido, come se lei fosse un fantasma. Come se stesse svanendo. All'inizio, pensò che la luce si stesse prendendo gioco di lei. Ma accese la luce artificiale, e il riflesso restò sempre uguale.

Scarlet era così infastidita, che le veniva quasi voglia di piangere. Non sapeva che cosa fare. Aveva bisogno di aggrapparsi a qualcosa di concreto. Di qualcuno con cui parlare. Qualcuno che le dicesse che tutto sarebbe andato BENE. Che non stava diventando pazza. Che non stava cambiando. Che era la stessa vecchia Scarlet.

Per qualche ragione, Scarlet pensò all'offerta della madre, relativa al prete. Ora sentiva di avere davvero bisogno di lui. Forse avrebbe potuto aiutarla a farla stare meglio.

Uscì nel corridoio e poi vide sua madre percorrerlo, mentre si vestiva per andare a lavorare.

“Mamma?” lei chiese.

Caitlin si fermò e si voltò, ostentando un'espressione sorpresa.

“Oh tesoro, non sapevo che fossi già sveglia a quest'ora,” lei disse. “Stai bene?”

Scarlet annuì, timorosa di scoppiare in lacrime, camminò lungo il corridoio e abbracciò sua madre.

La madre ricambiò, abbracciandola forte, e la cullò, ed era così bello stare tra le sue braccia.

“Mi manchi tesoro,” Caitlin disse. “E ti voglio tanto bene.”

“Anch'io ti voglio bene,” Scarlet disse, il capo reclinato sulla spalla, e cominciò a piangere.

“Che cosa c'è che non va?” la donna le chiese, e si staccò dall'abbraccio.

Scarlet si asciugò una lacrima, all'angolo dell'occhio.

“Ricordi la tua offerta dell'altro giorno? Di vedere il prete?”

La madre annuì.

“Mi piacerebbe andarci. Possiamo andarci insieme? Oggi dopo la scuola?”

La madre si aprì in un sorriso, sembrando sollevata.

“Certo che possiamo, tesoro.”

Abbracciò Scarlet di nuovo. “Ti voglio bene. Non dimenticarlo mai.”

“Anch'io ti voglio bene, mamma.”

57 650,63 soʻm
Yosh cheklamasi:
16+
Litresda chiqarilgan sana:
10 oktyabr 2019
Hajm:
202 Sahifa 5 illyustratsiayalar
ISBN:
9781632912961
Mualliflik huquqi egasi:
Lukeman Literary Management Ltd
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