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Kitobni o'qish: «Libro segreto», sahifa 6

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CAPITOLO IV

L’arrivo di una coda

I mercanti chiudono le botteghe, gli impiegati desertano dagli uffizi, gli operai cessano dal lavoro.

Già da un’ora la piazza è gremita di curiosi…

Suona il mezzogiorno… Fra pochi minuti la vettura del Ciccino deve tornare da Milano; con quella vettura giungerà il cavaliere Lodovico Albani e la sua… coda.

– È dunque vero? chiede il calzolaio al suo compare falegname.

– Caspita, se è vero!.. Il matrimonio è andato in fumo, e la marchesa ha dato ordine al portinaio che il signor Lodovico non debba metter piede in palazzo.

– Ma questa coda, chi l’ha veduta? chi l’ha toccata? domanda la moglie del parrucchiere.

– C’è chi l’ha veduta, c’è chi l’ha toccata, c’è chi l’ha misurata, risponde una vecchia. E una coda lunga tre braccia… Bisogna giuocare il tre di primo estratto… ovvero il settantaquattro (coda) e il ventisette (età del signor Lodovico).

Il medico del paese passeggia gravemente tra la folla in compagnia del sindaco, arrestandosi di tratto in tratto per rispondere alle interpellanze.

– Che ne dice lei di questa coda, signor dottore? S’è mai dato un fenomeno più strano, più sorprendente?

– Io non trovo nulla di strano, nulla di sorprendente a che un uomo abbia la coda. La natura è varia ed infinita nelle sue produzioni. Chi conosce le cause, non può meravigliarsi degli effetti. Io respingo l’opinione di quei dotti naturalisti, i quali pretenderebbero che l’uomo ab origine fosse animale codato, e che, degenerando le razze, egli abbia insensibilmente perduto questo accessorio parassita. Ma come in cielo fra milioni e milioni di astri scodati, vediamo a certe epoche apparire delle comete con una coda incommensurabile, così non trovo ragione a sorprendermi che il signor Lodovico Albani riproduca nella specie umana questo grande fenomeno, che più volte vedemmo ripetersi nelle regioni celesti.

Mentre il vecchio Galeno della borgata spaccia, a chi degnasi interrogarlo, siffatte teorie, e spiega le misteriose influenze degli appetiti o voglie femminine, le cause degli aborti e delle mostruosità; il contino Tiburzio trapassa rapidamente dall’uno all’altro gruppo, tutto lieto del proprio trionfo. Per istornare ogni sospetto, egli interroga, sorride, crolla la testa, da la baia a questi e a quello, perfino a donna Marta Passeroni, che in tutta confidenza gli ha mostrato il dispaccio del signor Frigerio.

Don Cecilio Speranza e Don Domenico Crescenzi hanno anch’essi le loro buone ragioni per mostrarsi increduli. Il secondo è venuto sulla piazza, ma si tiene in disparte, evitando d’immischiarsi alle conversazioni. Il parroco è trattenuto in chiesa da donna Letizia Novena, la quale ha voluto consultare il suo direttore spirituale per un brutto sogno che ha fatto la notte a proposito della coda.

Ma un grido sorge dalla massa… poi silenzio solenne… Tutti gli occhi si convertono verso il fondo della contrada, ove la vettura del Ciccino entra rumorosamente. Perchè mai questa folla? chiede a sè stesso Lodovico Albani, mettendo il capo agli sportelli della carrozza. – Questa buona gente vuoi forse darmi una prova di simpatia… Eh! non vi è dubbio!.. Si grida: viva lo sposo!.. Grazie… bravi e buoni popolani… Io non credeva meritare sì cortese dimostrazione…

La vettura entra nell’albergo del Pavone… Tutti i viaggiatori discendono… Lodovico Albani, leggiero come un daino, balza di serpa in un salto…

Sbalordito dalla stanchezza, dal sonno, dall’appetito, il giovine fidanzato non si accorge della ironica espressione dei volti.

Egli non può udire gli epigrammi sommessi dei circostanti… Se qualche strana parola gli ferisce l’orecchio, è ben lungi dall’immaginare che a lui sia diretta.

Nello scendere dalla vettura, la mente del giovane sposo fu però contristata da una grave sorpresa. Perchè mai donna Fabia non è venuta ad incontrarlo? Dov’è l’amabile Virginia? Ella sapeva del mio ritorno. Come avviene che ella non si trovi qui a farmi festa, mentre tutto il paese si è mosso? Ma ecco l’amico Tiburzio… Egli forse potrà darmi novelle… Ben trovato, mio caro contino…

– Ben trovato, cavaliere!

I due titolati si danno di braccio, e insieme attraversano la folla, mentre da ogni parte crescono le risate e i motteggi.

– Vedete come egli cammina! dice il calzolajo… Eh! non deve essere molto comodo il portarsi attorno tre braccia di quella mercanzia!

– Ei deve trovarsi meglio di presente che non poco dianzi nella vettura…! dice un altro.

– Io non so comprendere – osserva il barbiere – io non so comprendere dov’egli possa collocare tutta quella roba… Probabilmente è una coda a criniera come l’hanno i cavalli.

– Scommetto che ei la striglia ogni mattina e la riduce a gomitolo…

– Eh! non v’ha dubbio, dice il sartore. Se ben gli guardate, vedrete, che il paletot gli fa una piega molto pronunziata presso la spaccatura.

– Povero Lodovico! sospira la Passeroni. Quel giovine ora mi interessa più che mai… Sì elegante! sì bello!.. Io poi… non avrei tanta paura di una coda… io!

Lodovico saluta colla mano e col sorriso quanti gli occorrono per via, ma egli è troppo interessato a chiedere notizie della sua Virginia, per comprendere il senso di quelle strane conversazioni.

– Tu dunque non sei più tornato in casa della marchesa? chiede Lodovico al contino.

– Durante la tua assenza, ho creduto mio dovere l’astenermi…

– Ma in paese non sarebbe corsa qualche sinistra notizia?

– No… ch’io mi sappia… Ma ieri e ier l’altro io sono stato a cacciare nelle paludi di Ticino in compagnia di alcuni amici… A dir vero, anch’io mi sono meravigliato di non vedere la tua Virginia presso la vettura…

Usciti dalla folla, al primo svolto di contrada, il conte trovò un pretesto per allontanarsi da Lodovico. Questi raddoppiò il passo, e pieno il cuore di tristi presentimenti, si diresse alla propria abitazione.

Sulla porta stava ad attenderlo una donna, Clementina, la cameriera di donna Fabia, la confidente di Virginia, altre volte messaggiera d’amore, ed ora di sventura.

Il volto di Clementina annunziava disastri.

– Mio Dio!.. che sarà mai?

– Entriamo! che niuno ci vegga parlare insieme, disse la fida ancella. – Io sarei perduta.

– Vieni nella mia camera, Clementina…

– Non posso… Non ho tempo… Povera signora Virginia!

– Che è dunque avvenuto?..

– È avvenuto, signore… che qualche birbone… qualche vostro nemico ha scoperto ogni cosa… Voi mi intendete… signor Lodovico!.. La marchesa sa tutto! La signora Virginia sa tutto! Il signor curato sa tutto! In tutto il paese non si parla che di questo brutto affare…

– Ma… spiegati, mio Dio!.. Cosa si è saputo?..

– Eh! via! non stiamo a fare delle scene… Io non ho tempo da perdere… La mia povera padroncina è là che piange, che si dispera, che si strappa i capelli…

– Oh! presto! corriamo da lei…! esclama Lodovico, muovendo per uscire.

– Ci mancherebbe altro, signor cavaliere, per accrescere lo scandalo!.. Io sono espressamente qui per avvertirvi di non provocare altri guai… Il portinaio ha avuto ordine di non lasciarvi più entrare in casa della marchesa… Se voi vi presentaste, nascerebbe una scena… e al punto in cui siamo bisogna evitare nuove pubblicità!..

– Ma vorrai tu spiegarmi una volta, che vogliano dire tutte queste novità, tutti questi misteri?..

– Voi lo saprete questa notte… signor Lodovico. Virginia avrà forse il coraggio di parlare… Io non ho potuto resistere alle lagrime, alla disperazione di quella poverina. Ella dice che non è possibile… Ella sostiene che qualche vostro, o suo nemico vi ha calunniato… per mandar a monte il matrimonio…

– Ah! trattasi dunque di una calunnia! sclama Lodovico… Ma che possono aver detto sul mio conto di tanto grave, che la marchesa mi chiuda l’accesso alla sua casa e mi tolga il mezzo di giustificarmi? In questo paese io non ho nemici… Io non ho mai fatto male ad alcuno…

– Eh!.. lo sappiamo che finora non avete fatto male ad alcuno… Ma potreste farne… e molto… del male… alla signora Virginia!.. signor Lodovico… Le ho detto che non ho tempo da perdere… Dunque, sbrighiamoci… Punto primo: non uscire di casa durante la giornata, e sopratutto guardarsi bene dal metter piede nel palazzo della signora marchesa. Punto secondo: questa notte, alle ore undici precise, trovarvi presso la porticiuola del giardino che mette al sagrato… Virginia verrà ad aprirvi… Io sorveglierò perchè nessuno interrompa il vostro colloquio… Voi vedete ch’io rischio di compromettermi per voi… Non domando altro compenso che un po’ di sincerità da parte vostra… Guardatevi dall’ ingannarla, quella povera figliuola!.. Franchezza! Schiettezza!..Coraggio!.. Se non l’avete, tanto meglio… se l’avete, tanto vale una confessione sincera… Badate di non alterare la misura; poichè, braccio più, braccio meno, il matrimonio non avrebbe effetto…

Quella inesplicabile conclusione pose il colmo allo stupore di Lodovico…

Clementina non attese risposta, e disparve.

CAPITOLO V

Non v’è più dubbio

Virginia Santacroce, la fidanzata di Lodovico Albani, ha di poco oltrepassato il terzo lustro, ed è bella come un angioletto.

Non è sorprendente – a sedici anni poche ragazze son brutte. Ciò che forse recherà meraviglia è il sapere che Virginia Santacroce ha oltrepassato il terzo lustro nella ignoranza completa di certi misteri naturali, che oggidì la più parte delle fanciulle all’età di dodici anni hanno già indovinato per istinto.

È ben vero che Virginia non fu educata in collegio; che nei primi anni ella non venne affidata alla tutela di una badessa pinzocchera; che vivendo in una borgata, ove per caso non erano altre fanciulle di nobile casato, potè scansare le pericolose amicizie e la comunanza non meno pericolosa de’ primi sollazzi infantili.

Non di meno il fatto è meraviglioso, tanto più che alla tavola della marchesa pranzavano sovente il reverendo parroco don Cecilio Speranza e il di lui degno coadiutore don Domenico Crescenzi, morigerati entrambi e prudentissimi a tutte l’ore del giorno, fuor che nell’ora della digestione.

La semplicità, l’innocenza della giovinetta avevano più che la bellezza affascinato il cavaliere Albani. Nè più intimi colloqui colla fanciulla, Lodovico non si era permesso mai una di quelle parole, uno di quei motti ambigui, di che sembrano compiacersi i giovani fidanzati alla vigiglia delle nozze. Quand’anche gli fosse sfuggita inavvedutamente una allusione meno sentimentale, Virginia non l’avrebbe compresa.

Senza tali premesse, il lettore si troverebbe molto imbarazzato a indovinare per quale accidente il notturno colloquio di Virginia e Lodovico riuscisse fatale ad entrambi.

Oh! perchè non ci è dato assistere a quella scena di sublime tenerezza, a quell’ingenuo abbandono di due anime santamente innamorate! Perchè non ci è dato riprodurre il dialogo vivo, animato, interrotto da lagrime, da sorrisi e baci più eloquenti d’ ogni parola?

Ma i due amanti erano celati dietro un cespuglio, e parlavano a voce sì bassa, che la fedele Clementina, stando di sentinella a poca distanza, non riusciva a comprendere un motto.

Il colloquio dei due amanti durò tre quarti d’ ora… E verosimile che l’ingenua e timida fanciulla provasse una istintiva ripugnanza a profferire la parola in cui si racchiudeva la spiegazione del grande mistero…

La situazione era molto difficile… Una marchesa di sedici anni, una creatura poetica, innamorata, inebbriata di sublimi e caste illusioni, dover chiedere all’amante, all’essere adorato: è vero o non è vero che tu abbia la coda?!

Io mi appello a voi, o giovinette dall’anima pura ed ingenua – ditemi – non vi trovereste molto imbarazzate nel formulare una domanda di tal genere?..

La sventurata Virginia, dopo aver lottato per tre quarti d’ora contro sè stessa, finalmente ebbe il fatale coraggio…

Immaginate la sorpresa, lo stupore di Lodovico.

– Ella osa… chiedermi… se io abbia la coda?..

Tutta la poesia, tutte le illusioni, che da parecchi mesi alimentavano nel giovane la fiamma dell’amore, svanirono al suono di quella orribile parola.

Poco dianzi mi sono appellato alle fanciulle dall’anima pura ed ingenua; – ora mi appello a voi, o giovani dall’anima ardente. – Che avreste fatto, come avreste agito nel caso di Lodovico?

Una tale domanda mi dispensa da ogni spiegazione. Come si comportasse il giovine fidanzato, nessuno potè mai indovinarlo. Fatto è che Virginia, balzando poco dopo dal frondoso ricovero, qual se avesse toccata una serpe, gettossi fra le braccia di Clementina mandando un grido di dolore, mentre Lodovico si involava per la porticella segreta.

Il grido di Virginia fu udito.

La marchesa donna Fabia, che stava in quel punto alla finestra cogli occhi fissi alla luna e la mente assorta nella coda, si riscosse, abbassò lo sguardo, e vide fra i platani del giardino correre una figura bianca… Il cuore materno indovinò che quella bianca figura non poteva essere che Virginia.

Sciagurata ragazza…! Ella avrà voluto abboccarsi col signor Lodovico… sapere da lui se… Ma quale imprudenza!.. Quel grido mi ha commosso le viscere… Oh! bisogna ch’io sappia sul momento…

E la marchesa uscì da’ suoi appartamenti per correre alla stanza di Virginia…

La povera fanciulla si era gettata sul letto come persona affranta… E nondimeno, vedendo entrare la madre, ella ebbe la forza di levarsi, di correrle incontro e di gettarsele ai piedi per disarmarne la collera…

– Oh! che hai tu fatto… figliuola mia?.. A quest’ora!.. in giardino!.. con un uomo… che forse non è uomo…!

– Per pietà… non rimproverarmi, non affliggermi d’avvantaggio, mia buona madre!.. Confesso che io mi ebbi torto… e te ne chieggo perdono. Quando tu lo dicevi… avrei dovuto credere… senza bisogno di altre conferme… Mi era venuto un dubbio… Mi pareva tanto inverosimile che il mio Lodovico…

– Ed ora?..

– Ora non v’è più dubbio!

– Dunque egli stesso ha confermato?..

– Ma se ti dico, mamma… che non v’è più dubbio!

E all’indomani, per mezzo della solita messaggiera, Virginia inviò a Lodovico una lettera di formale congedo. Quella lettera non ammetteva repliche.

Due giorni dopo, il cavaliere Lodovico Albani lasciava la borgata di L.

CAPITOLO VI

La calunnia

Scorsa una settimana, in sul sagrato della chiesa, il contino Tiburzio, incontrando il molto reverendo sacerdote don Cecilio Speranza, ebbe con lui il seguente dialogo:

– Sapete voi, don Cecilio, che è proprio un caso da rimanerne trasecolati?

– Io non ho la fortuna di comprendervi, signor conte!..

– Voglio alludere alla storia del povero Lodovico… all’affare della coda…

– Ebbene? vi par strano che la signora Virginia abbia ricusato di di sposare un mostro, un animale di genere neutro… un essere intermedio fra l’ uomo e la bestia?

– Non è il rifiuto di Virginia che mi sorprende, colendissimo e reverendissimo signor curato… Ciò che mi reca meraviglia è il sapere che Lodovico abbia realmente una coda…

– Che? non eravate voi sicuro prima d’ora?

– Io vi giuro, signor don Cecilio, che quando vi ho narrato quella sciagurata istoria della coda, io aveva intenzione di celiare… di fare una burla innocente… Non ho dunque ragione di sorprendermi in veder realizzato un fenomeno, che io non credeva esistesse fuorchè nella mia imaginazione?

Il reverendo cavò di tasca la tabacchiera – fiutò una presa di rapè, levando gli occhi al firmamento – poi, traendo il contino presso il vestibolo della casa parrocchiale:

– Mio buon signore – gli disse con voce melata – se è vero quanto asserite, che la coda del signor Lodovico fu da voi inventata per celia innocente, conviene ammirare in questo fatto la mano sagace della provvidenza, la quale talvolta si serve di un errore per condurre i miseri mortali alla scoperta del vero… Il signor Lodovico era un uomo pericoloso… Le sue massime, i suoi principii potevano scandolezzare gli onesti abitanti della borgata… È bene ch’egli abbia dovuto ritirarsi… Sarà prudente non riparlare dell’accaduto, e lasciar correr l’acqua pel suo letto. Ciò che è fatto è fatto… Ricordatevi bene, signor contino – e don Cecilio fiutò una seconda presa di tabacco – ricordatevi bene, che quando noi preti ci mettiamo la coda, nè anche il diavolo può impedire che essa produca il suo effetto.

Il contino si inchinò profondamente, e, tornando alla propria abitazione, gli ricorse alla mente un testo latino ch’ gli aveva appreso in collegio dai reverendi padri gesuiti: calumniare! aliquid semper manet. – Il qual testo parafrasato verrebbe a dire: quando volete rovinare un galantuomo, inventate pure le più incredibili calunnie – e il mondo crederà sempre!

Yosh cheklamasi:
12+
Litresda chiqarilgan sana:
30 noyabr 2017
Hajm:
91 Sahifa 2 illyustratsiayalar
Mualliflik huquqi egasi:
Public Domain

Ushbu kitob bilan o'qiladi