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Kitobni o'qish: «Libro segreto», sahifa 5

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UN UOMO COLLA CODA

CAPITOLO I

Due dita di coda

Il contino crollò leggermente la testa, e proseguì di tal guisa:

– Non c’è che dire: Lodovico Albani è un perfetto gentiluomo. Peccato ch’egli abbia quel difettuccio! Ma poichè infino ad ora qui nella borgata nessuno se n’e accorto!..

– Chè! il signor Lodovico Albani avrebbe dunque… com’ella dice, un difetto…?

– Mi sono espresso con poca esattezza… Non si tratta in questo caso di un difetto… sibbene di un accessorio, di un ornamento, di un vezzo… che so io…?

– Via! signor contino… Via..! parli liberamente… Ella sa bene che noi…!

Il parroco e il coadiutore ingrossavano gli occhi e allungavano il collo come avrebbero fatto dinanzi ad un cappone arrostito con ripieno di salsiccia.

È d’uopo sapere che don Cecilio Speranza e don Domenico Crescenzio, parroco l’uno, l’altro coadiutore nella borgata di L… detestavano con fervore cattolico il cavaliere Lodovico Albani.

Quali erano i torti del cavaliere Lodovico Albani rispetto ai due uomini di Dio? – Molti e gravi.

Lodovico Albani era cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, e si era meritato il titolo onorifico coi suoi talenti, colle sue opere letterarie e scientifiche, con generosi sacrifizi di patriottismo. – I preti hanno poca simpatia pei cavalieri dei SS. Maurizio e Lazzaro, per gli uomini di spirito e pei patrioti.

Dippiù, il signor Lodovico, venuto di recente ad abitare la borgata, si era introdotto nella casa di donna Fabia Santacroce, ed era riuscito ad istillare nella antica bigotta qualche idea libertina. A dispetto dei due reverendi, la marchesa aveva accordata al signor Lodovico la mano dell’unica sua figliuola. Già s’erano fatte due pubblicazioni; il fidanzato era ito a Milano per comperare i regali da nozze – al di lui ritorno la cerimonia dovea compiersi senza indugio.

Tutte le pratiche del parroco e del coadiutore per impedire questo pericoloso connubio, erano riuscite vane.

Lodovico Albani, colla sua condotta incensurabile, avea completamente trionfato delle cabale e dei raggiri… In paese egli era citato a modello di onestà. Generoso coi poveri, affabile, modesto, anche in casa della marchesa, egli sapeva uniformarsi alle pratiche devote, alle abitudini alquanto rigide della vecchia bigotta, adoperandosi però lentamente a combatterne i pregiudizi. Dietro consiglio del futuro genero, la marchesa aveva già introdotte nella famiglia non poche riforme. I due reverendi non eran più invitati a prendere la cioccolata ogni mattina… I pranzi divenivano meno frequenti… Don Cecilio e don Domenico in casa della marchesa perdevano ogni giorno qualche residuo del loro potere temporale.

Guardati, o lettore dall’odio di un prete: dall’odio di due preti non può guardarti che Dio!

Dopo tali premesse, è facile comprendere con quale ansia, con quale impazienza febbrile, il parroco ed il coadiutore attendessero le rivelazioni del contino Tiburzio.

Ma, chi è il contino Tiburzio?

In poche parole ve lo presento.

Il contino Tiburzio è un nobile della massa, mediocremente brutto, mediocremente ignorante, mediocremente maligno. Un bel giorno, credendo amare la marchesina Virginia egli la chiese in moglie a donna Fabia, ma in grazia del signor Lodovico, egli ebbe una chiara e formale ripulsa.

La marchesina, consultata del suo voto, avea recisamente respinto il pretendente, colla sentenza inappellabile: è troppo brutto.

Il contino Tiburzio si sentì trafitto nel profondo del cuore… e giurò vendicarsi.

Bisognava perseguitare il rivale… combatterlo… schiacciarlo… perderlo nella opinione del mondo.

Pensa, medita, studia. Che si fa? L’arte cattolica dei due reverendi aveva abortito… Che poteva ripromettersi un uomo del secolo?

Ma l’amore è più scaltro, più maligno dell’odio. Questa volta la fantasia del contino ebbe un lampo di ispirazione. Scoperta la brecccia e concepito il piano di attacco, egli scelse i due preti per alleati.

Io credo che il lettore non abbia d’uopo d’altre spiegazioni… Ripigliamo il dialogo interrotto.

– Dunque, signor contino; questo difetto?..

– Per carità, don Domenico, non mi fate parlare…! Temo aver già detto di troppo… Non dimentichiamo che Lodovico è alla vigilia delle nozze… Poichè finora il difetto è rimasto occulto… lasciamo correre l’acqua pel suo letto… I maligni credono che io mi abbia in uggia quel bravo giovine, perchè madamigella Virginia ebbe il capriccio di accordargli una preferenza che io non ho mai vivamente ambita… nè sollecitata… Egli mi ha salvato da un abisso, ed io gliene son grato di cuore. Che altro infatti è il matrimonio se non un abisso coperto di fiori, ove l’uomo precipita inavvedutamente… e per sempre?

– Signor contino… Ella sa con chi ha da fare… Noi siamo avvezzi a serbare il segreto in casi ben più gravi che non quello di cui ora si tratti… Questo difetto del signor cavaliere Lodovico non sarà di tal natura da portargli pregiudizio, ove fosse divulgato. A quanto pare, si tratta di una imperfezione fisica, poco rilevante…

– Ah! gli abiti ne celano molte delle magagne!.. Se le fanciulle, prima di scegliersi un marito, potessero penetrare collo sguardo il fitto velame degli abiti, sono d’avviso che più tardi non avrebbero luogo tante delusioni, tanti scandali coniugali e tante separazioni. C’è a scommettere, signor don Domenico, che se alcuno susurrasse all’orecchio della marchesina il segreto che io solo conosco, queste nozze andrebbero in fumo, e il mio povero amico dovrebbe allontanarsi da L… come ebbe, anni sono, ad andarsene da Pavia.

– Il caso è molto più grave che io non avrei immaginato, disse don Domenico, torcendo le pupille al firmamento.

– Gli è un caso di coscienza! soggiunge gravemente don Cecilio Speranza. La perdoni s’io mi permetto di farle un po’ di morale, signor contino; ma io credo che nella sua qualità di uomo d’onore, nella sua qualità di amico della marchesa, ella sia in obbligo di prevenire lo scandalo, di salvare una povera innocente creatura dall’abisso in cui sta per cadere, di impedire una unione fatale…

– Vi confesso che qualche volta mi è passato per la mente un tal scrupolo… disse il contino Tiburzio, coll’accento della più viva compunzione… Povera marchesina! Sì ingenua! Sì bella..! Sì buona! Vi giuro che ne sento pietà.

– Signor conte!.. disse don Domenico, levandosi in piedi…

– Don Tiburzio! soggiunse don Cecilio, andando a chiudere la porta…

– Bisogna salvare quella brava fanciulla.

– Ella lo deve.

– Ella non può esimersi…

– La chiesa parla chiaro: Chi sapesse esservi fra’ contraenti, impedimenti, ecc., ecc., è tenuto a notificarlo a noi… quanto prima…

– In caso diverso, incorrerebbe la pena della scomunica.

– Si affidi a noi, signor conte…

– Ci lasci fare…

Il contino esitava:

– Se, come dicon loro, signori reverendi, io sono tenuto per dovere di coscienza…

– E per dovere di religione…

– E per ingiunzione dei sacri canoni…

I due preti si fecero a brontolare vari testi latini. Ad ogni parola, ad ogni frase, don Tiburzio inarcava le ciglia, ed annuiva col capo simulando la maggior compunzione.

Le argomentazioni e le citazioni sacre e profane dei due reverendi erano troppo incalzanti… E il contino Tiburzio si lasciò strappare dalle labbra il terribile segreto…

– Ebbene! la responsabilità della mia indiscrezione ricada su loro, sclamò il contino, atteggiandosi da vittima… Il nostro ottimo amico cavaliere Lodovico Albani, ha… nel… fondo… della schiena…

– Nel fondo della schiena? ripetono i due preti spalancando le bocche…

– Nel fondo della schiena il nostro amico ha una escrescenza anormale…

– Una escrescenza anormale!.. ripete don Cecilio, enfiando le gote…

– Un’appendice osseo–muscolosa, ricoperta di pelo e lunga circa due dita…

– Una coda!!! sclamano ad una voce i due reverendi, rizzandosi sulla punta dei piedi…

– Voi l’avete detto! conclude il contino ripiegando la testa all’indietro. Il cavaliere Lodovico Albani… il fidanzato della marchesina Virginia Santacroce… ha una coda lunga circa due dita!

CAPITOLO II

La coda si prolunga

Sono le dieci del mattino.

La marchesa donna Fabia Santacroce è seduta nella gran sala di ricevimento.

– C’è là fuori una visita, dice Clementina, posando sulla tavola una guantiera d’argento…

– Una visita a quest’ora?

– È don Cecilio Speranza.

– Un’altra chicchera di cioccolatta… e il reverendo venga introdotto!.. Questi reverendi sanno cogliere il momento! Essi non possono rinunziare alle buone abitudini!

Il reverendo parroco di L… appena entrato nella sala, fece un profondo inchino, e baciando la mano alla marchesa, lanciò una occhiata furtiva al cioccolatte.

– Qual buon vento, signor don Cecilio?.. Presto, Clementina! Una chicchera per il nostro degno curato!.. Spero che la reverenza vostra vorrà accettare…

– Tutto che viene dalla gentilissima… ed onorandissima signora marchesa…

– Sempre disposta… ai vostri servigi…

– Obbligatissimo alle vostre grazie, colendissima signora marchesa…

Don Cecilio Speranza avea già fatto mezza dozzina di profondissimi inchini. Appena la fanticella rientrò nella sala per versargli la cioccolata, il reverendo si assise, tolse dalla guantiera un biscottino, e immergendolo devotamente nella bevanda profumata, prese a parlare di tal guisa:

– Non è il caso, o il solo piacere di farvi una visita, che oggi mi ha condotto da voi, colendissima signora marchesa… Io debbo parlarvi di un’ affare assai grave, debbo svelarvi un segreto, dal quale dipende il decoro della vostra casa, l’avvenire della vostra famiglia, l’onore, la pace, la tranquillità della vostra amabilissima figliuola in questo mondo, e la sua salute eterna nell’altro… Siete voi ben sicura che nessuno possa spiare le nostre parole?..

La marchesa suonò il campanello.

Clementina ricomparve.

– Bada che nessuno deve entrare in questa sala, nè tampoco avvicinarsi alle porte, disse la marchesa alla cameriera in tono solenne. Io debbo conferire col signor don Cecilio di affari molto importanti…

La cameriera fece un inchino, girò intorno uno sguardo scrutatore, uscì dalla sala, fece traballare l’anticamera con quattro salti rumorosi, poi leggiera, leggiera, sulla punta de’ piedi, tornò presso la porta, e pose l’orecchio al buco della serratura.

Don Cecilio Speranza, con voce pecorina riprese a parlare:

– Voi non ignorate, signora marchesa, quanto amore io porti alla vostra nobile e generosa famiglia, quanto mi stia a cuore il vostro decoro, e qual sentimento di predilezione paterna mi leghi a quella cara e buona fanciulla che è la marchesina Virginia. Io l’ho battezzata, io l’ho iniziata alla prima comunione, l’ho diretta fino dai primi anni co’ miei consigli, colle mie esortazioni, sia in casa, sia nel sacro tribunale di penitenza… La vostra Virginia mi ha sempre ascoltato… mi ha sempre obbedito… Grazie agli aiuti della divina provvidenza, ella è cresciuta nel santo timor di Dio… In una parola, ella è degna figlia di una madre, che noi abbiamo sempre citata come modello di tutte le virtù.

La marchesa crollò leggermente la testa, facendo un sorrisetto di compiacenza.

– Era a desiderarsi, che a complemento di tante belle doti, quella santa fanciulla prediletta da Dio vivesse mai sempre fra le dolcezze della verginale innocenza… Ma questa vocazione delle anime elette non è oggidì molto comune alle fanciulle… All’età di sedici anni quasi tutte propendono verso il sesso più forte… La vostra buona ed amabile Virginia in ciò seguì l’esempio delle altre…

– E di sua madre, interruppe la marchesa sorridendo.

– Il che prova, soggiunse don Cecilio inchinandosi, che anche nello stato coniugale si può vivere santamente… purchè la donna sia tanto avventurata da trovare un degno marito…

– Io vedo a che tendono questi vostri preliminari, disse la marchesa con qualche impazienza… Trovereste forse a che dire sulla scelta da noi approvata? Avreste mai qualche dubbio sul carattere e sulla onestà del signor cavaliere Lodovico, il fidanzato di nostra figlia?..

– Iddio mi guardi dal nutrire il menono sospetto sulle doti morali di quell’ottimo giovine! rispose don Cecilio premendo la mano al petto; ed è appunto perchè io l’amo assai, e lo stimo, e vorrei dissipare ogni ombra di dubbio…

– Vedete dunque ch’io ho colto nel segno, disse la marchesa alquanto turbata. Qualcuno ha cercato insinuare nel vostro animo…

– Non nego… Il caso ha voluto che giungessero al mio orecchio certe voci…

– Ebbene, che hanno trovato a dire i maligni sul conto di questo amabile cavaliere? chiese la marchesa con vivacità. Badate, don Cecilio, che io sono una ammiratrice entusiasta del signor Lodovico. Se alcuno osasse dubitare della sua onoratezza…

– E chi mai l’oserebbe, signora marchesa? Io vi assicuro che, quanto al morale, io vi starei garante pel vostro futuro genero. Ma vi hanno, o signora marchesa (e don Cecilio immerse un altro biscottino nella cioccolatta), vi hanno certi difetti organici.. leggeri… di nessun conto, che facilmente si possono dissimulare…

– Oh! sta a vedere che qualcuno è venuto a dirvi che il signor Lodovico Albani ha il gozzo o la gobba?.. Egli! il più avvenente, il più perfetto gentiluomo, che abbia mai posto piede nelle mie sale!

– Di tale avviso pochi mesi or sono erano tutti gii abitanti di Pavia, dove quell’eccellente amico era stato inviato dal Governo come segretario di Intendenza. Colà pure il signor Lodovico in breve tempo era divenuto l’idolo delle società eleganti e sopratutto delle donne…

– Lo sappiamo…

– Colà pure… egli aveva amato una giovinetta di casato nobile e ricco, alla quale stava per unirsi in matrimonio…

– Lo sappiamo…

– Ebbene, lo credereste, signora marchesa? Quando si venne a sapere che il signor Lodovico Albani aveva una certa imperfezione fisica… un certo prolungamento…

– Un prolungamento! ripetè la marchesa credendo comprendere. Ma siete voi certo, che il signor Lodovico Albani abbia un prolungamento?

– Perdonate, signora marchesa, se io debbo scendere a certi particolari che per avventura devono offendere il vostro orecchio delicato. La coscienza e il dovere soltanto mi spingono a parlare… Quanto vi narro mi fu riferito da persone degne di fede… da uomini onesti e prudenti… Il signor Lodovico Albani, come poco dianzi io vi diceva, avrebbe dunque un muscolo superfluo…

– Che orrore! Ma chi dunque ha potuto sapere?..

– Relata refero… Non appena in Pavia si ebbe sentore che il signor Lodovico era in trattative di matrimonio colla figlia di un ricco negoziante di formaggi, una rivale gelosa, la quale probabilmente era stata in intimi rapporti col nostro gentiluomo, divulgò il fatale segreto… In meno di una giornata tutta la città seppe che il segretario del regio Intendente… aveva la coda!

– La coda!!!

– Sì, una coda lunga quattro dita; disse il reverendo; facendo il segno della croce.

– Quattro dita di coda! ripetè la marchesa giungendo le mani.

La cameriera, che stava alla porta origliando, si alzò lestamente, scese le scale, venne in cucina, adunò il cuoco, i camerieri ed i guatteri… e fattasi in mezzo al circolo:

– Sapete che c’ è di nuovo?..

– Che c’è, Clementina?..

– Lo sposo della signora Virginia…

– Il signor Lodovico Albani!..

– Il signor Lodovico… Albani… Ma, silenzio… che nessuno lo sappia, per carità!.. Io l’ho udito poco dianzi per caso da don Cecilio Speranza…

– Ebbene!

– Il signor Lodovico… Albani… ha la coda…

– La coda!!! gridarono il cuoco, i camerieri ed i guatteri…

– L’ha detto don Cecilio Speranza alla marchesa: Il signor Lodovico Albani, lo sposo di madamigella Virnia… ha una coda lunga un braccio!

CAPITOLO III

Due braccia di coda

La marchesa donna Fabia e il molto reverendo parroco don Cecilio Speranza si intrattennero un buon paio d’ore a discutere sulle code in generale, e in particolare sulla coda del cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro.

Esaurita la questione, la marchesa fece un solenne giuramento che essa non avrebbe consentito mai che un animale codato sposasse l’unica sua figliuola. Potete imaginare come il reverendo parroco si partisse edificato dalla sala della marchesa.

– Ma come trovare un pretesto per sciogliere questo matrimonio?.. Come avrò io il coraggio di dire al signor Lodovico Albani: voi non potete divenire mio genero, voi non potete sposare la mia bella Virginia… perchè in fondo della schiena…? Quale orrore!!! E come si fa a persuadere Virginia? Che dirle?.. Ella ama tanto il suo Lodovico! Ella è sì contenta di queste nozze!..

Mentre donna Fabia passeggia per la sala in preda alla più viva agitazione, Clementina viene ad annunziarle due visite.

Sono due amiche del cuore, donna Letizia Novena, ed una vedova bigotta di circa sessant’anni, la contessa Marta Passeroni, donna attempata e carnosa, ma fresca, gioviale, burlona, che non ha rinunziato alle galanti avventure.

Le due visitatrici non hanno che a scambiare colla marchesa i primi complimenti, per accorgersi ch’ella è preoccupata da un grave turbamento.

– Che hai tu, mia buona amica? Che vuol dire quell’insolito pallore?..

Donna Fabia risponde con un sospiro.

– Quali novità?.. Non tenerci in pena più a lungo; dice la contessa. Saresti forse ammalata?

– No!.. grazie al cielo… io sto bene di salute…

– Forse la tua cara Virginia…

– Povera Virginia! sospira la marchesa, crollando la testa coll’espressione del più vivo dolore.

– Malata?..

– Peggio!

– Qualche ostacolo… qualche impedimento alle nozze?..

– Hai proprio indovinato, mia buona amica. Queste nozze sono divenute impossibili!..

Donna Letizia Novena torce gli occhi verso la soffitta, mormorando una giaculatoria in latino.

– L’ho sempre detto io, prorompe la contessa; l’ho sempre detto che quando nel mondo si incontrano due esseri come il cavaliere Albani e la tua Virginia, fatti l’uno per l’altra, creati per intendersi, per amarsi, per adorarsi, per esser felici… sul più bello il diavolo ci mette la coda!..

– Pur troppo, mia buona amica!.. Il diavolo questa volta ci ha messo proprio la coda… ma una coda vera… reale… una coda mostruosa… spaventevole!

E qui donna Fabia si fa a ripetere parola per parola quanto le venne rivelato dal reverendo parroco, non mancando, per amore dell’effetto, di allungare altre due dita alla coda dell’infelice fidanzato.

Chi potrebbe indovinare quali diaboliche fantasie si destassero nella mente di donna Letizia Novena in udir proferire la parola: coda! Ella fu sul punto di svenire…

– Oh! ma s’ha da sentirne ancora! sclama la vecchia bigotta coprendosi il volto colle palme. I preti hanno ragione di predire che il finimondo è vicino! Un uomo colla coda dev’essere indubitatamente l’ anticristo.

– Io non credo alle baje del finimondo e dell’anticristo, soggiunse la contessa, ma credo che un uomo colla coda non abbia diritto di chiamarsi uomo…

– E voi comprenderete, mie buone amiche, prosegue la marchesa coll’accento della disperazione, che io non potrò mai permettere a mia figlia… di avere commercio con un animale privilegiato di un organo, che suol essere il distintivo dei bruti…

– Capperi! hai ragione! La povera Virginia morrebbe di spavento!..

E le tre donne stettero parecchi minuti a guardarsi l’una l’altra in silenzio…

La mente umana, e più spesso la mente femminina, si lascia talmente soverchiare dalle inattese impressioni, che in luogo di esaminare i fatti ed i principii, trascorre immediatamente alle conseguenze, balzando così dall’abisso all’abisso. La contessa Passeroni, dopo breve silenzio, riportò la questione sul vero terreno. – È egli possibile che un uomo abbia la coda? E quando ciò fosse possibile, avete voi qualche prova che il signor Lodovico Albani goda veramente di questo privilegio?

Donna Letizia Novena avrebbe creduto peccare investigando tali misteri. Ella si tacque, e cercò distrarre il pensiero dallo scandaloso argomento, meditando una parabola del vangelo.

La marchesa cominciò a riflettere seriamente…

– Mia buona amica, prese a dire donna Marta… A me pare che prima di rompere le trattative di matrimonio, innanzi di contristare la buona Virginia e di suscitare uno scandalo in paese, convenga accertarsi del fatto, e averne qualche prova. Forse don Cecilio Speranza fu tratto in inganno da qualche malevolo… Questa coda nessuno l’ha veduta… nessuno l’ha toccata… Hai detto che il signor Lodovico Albani ha dovuto fuggire da Pavia in grazia della coda… Ebbene! si scriva per telegrafo a Pavia! Io conosco il signor Frigerio, socio del club repubblicano, un novelliere, un chiaccherone che non ha il suo pari… Egli potrà informarci d’ ogni cosa… Fra pochi minuti avremo una risposta… Se coda esiste, a monte il matrimonio!

– Questa è proprio una buona ispirazione, dice la marchesa. – Presto!.. Si spedisca il dispaccio… Il cavaliere Albani deve tornare domattina… Prima ch’egli rimetta il piede nella mia casa, avremo nelle mani le prove di fatto…

La marchesa suonò il campanello, ed ordinò a Clementina di chiamare il maggiordomo.

Questi, che già sapeva l’istoria della coda, entrò nella sala con quell’aria di falsa compunzione, che i domestici sanno fingere tanto bene quando ai padroni tocca una sciagura.

– Canella: va all’ufficio del telegrafo, disse la marchesa, e spedisci questo dispaccio… Trattasi d’ uno scherzo, d’ una burla che si vuoi fare al signor Albani… Sopratutto il massimo silenzio…

Il maggiordomo, appena uscito dalla sala, si arrestò nella camera per leggere lo scritto.

– Dunque Clementina non si è ingannata… Dunque c’è proprio di mezzo una coda! il dispaccio parla chiaro:

Signor Frigerio – Persone interessate chiedono se cavaliere Lodovico Albani abbia sei dita coda. Risposta subito.

Contessa Marta Passeroni

E il maggiordomo corse all’ufficio del telegrafo come avesse le ali…

La risposta si fece attendere tre quarti d’ora… Donna Letizia Novena, malgrado i suoi scrupoli, malgrado il profondo orrore ch’ella avea manifestato per lo scandaloso avvenimento, offrendo al signore un sacrificio di insolita pazienza, rimase immobile sul suo seggiolone…

La marchesa guardava ad ogni tratto il pendolo dorato che stava sul camino… Contava i minuti… imprecava alle lentezze del telegrafo.

La Passeroni, meditando in segreto sulla natura del nuovo fenomeno, avea concepito una specie di simpatia per la coda del signor Albani. Ella avrebbe speso mille franchi per vedere co’ propri occhi qual sia l’effetto d’una coda applicata ad un essere ragionevole…

Finalmente i tre quarti d’ora trascorsero… Il maggiordomo rientrò nella sala col dispaccio suggellato…

Donna Fabia lo aperse tremando…

Attratte al medesimo centro per impulso di curiosità magnetica, le teste delle tre donne si urtarono…

Lorenzo Frigerio, il fiero repubblicano di Pavia, interpretando a suo modo il dispaccio della contessa, avea succintamente risposto:

Albani Lodovico due braccia coda – perciò segretario Intendenza, presto deputato.

– Due braccia di coda! sclamò il maggiordomo.

La marchesa balzando impetuosamente dal seggiolone, sfogò i primi impeti della sua collera contro il curioso subalterno, apostrofandolo delle più violenti invettive.

– Povera marchesa! esclamò donna Marta, giungendo le mani. – Oramai non vi è più dubbio… Conviene rassegnarsi, ed agire…

Donna Letizia Novena uscì dalla sala inorridita.

– Due braccia di coda!!! Ma costui non può essere che il diavolo!

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30 noyabr 2017
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