Faqat Litresda o'qing

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Kitobni o'qish: «L'arte di far debiti», sahifa 5

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SCENA VIII

Gacinto – Deianira

Giac. (tornando presso Deianira) Che avete…?

Deian. (appoggiandosi al braccio di Giacinto) Nulla…! un capogiro… una leggiera indisposizione a cui vado soggetta…

Giac. – Venite, baronessa…! entriamo nelle sale…!

Deian. – No…! no!.. Lʼaria aperta mi farà bene… Ecco! mi sento già meglio… Va pure…! Tu hai da fare nella locanda… e sarebbe indiscrezione lo intrattenerti…

Giac. – Ma… io…

Deian. – Ti chiamerò se mi occorrerà qualche servigio – il tuo nome?..

Giac. – Giacinto…

Deian. – Giacinto! Uno di quei nomi che non si obliano… Va pure…! richiamerò se abbisogna…

Giac. (scostandosi) Come aggrada alla signora baronessa…

Deian. – Aspetta…! Qualche volta delle singolari fantasie attraversano il nostro cervellino di donna… Saresti abbastanza amabile da soddisfare ad un mio capriccio… ad una mia curiosità innocentissima?.. (riprendendolo a braccio con famigliare civetteria) Non si tratta che di rispondere a questa semplice domanda: sei tu innamorato?..

Giac. (ingenuamente) Perchè?..

Deian. – Tu mi interroghi in luogo di rispondere – ma il tuo rossore… la tua esitanza mi dicono più che non amerei sapere… Tu sei fidanzato, non è vero?..

Giac. – Infatti… mio padre… mio zio… la cugina…

Deian. (bruscamente) Va… dunque!..

Giac. (da sè, guardandola sorpreso) Sembra sdegnata!..

Deian. (levando dalla borsa un biglietto) Quando ti recherai a Parigi pel tuo viaggio da nozze, non mi sarà discaro il rivederti… Non verresti volentieri a Parigi?

Giac. – Ah! baronessa!.. Parigi è il mio sogno… Parigi!.. Io non invidio altra fortuna al mondo fuor quella di poter vivere nella grande capitale…! (In questo punto, una carrozza si arresta al di là del cancello. Roberto si avanza col cameriere, mentre Frontino e Armellina si accostano alla carrozza deponendovi un sacco da viaggio).

Deian. – La mia carrozza…!

SCENA IX

Roberto – Frontino – Armellina
un Cameriere e detti

Cam. (a Giacinto) Ecco la chiave del gabinetto (si inchina e parte).

Rob. (inchinandosi) Gli ordini della signora baronessa vennero eseguiti… Ed ora, se la signora baronessa volesse permetterci di pranzare…

Deian. – Certamente… (collʼaria di chi muta improvvisamente di pensiero) Ma poichè quel scimunito di cocchiere ha anticipato la sua venuta – io credo che una breve scarozzata nei dintorni della città non mi farà male… Pocʼanzi ho avuto un assalto della solita emicrania (volgendosi a Giacinto) Se il nostro amabilissimo signor Giacinto volesse darmi il braccio… fino alla carrozza…

Giac. (offrendole il braccio) Di tutto cuore, signora baronessa…

Deian. – Vieni, Armellina!

Front. – E noi… altri?..

Deian. (scherzosa) Voi altri pranzate pure, poichè avete tanta premura.

Rob. – No! no! ci fate torto, baronessa…! (a Giacinto) Si sospenda il servizio del pranzo fino al nostro ritorno…!

Giac. – Sta bene…

Deian. – Torneremo fra mezzʼora – non è vero?..

Rob. (aprendo gli sportelli della carrozza) Signora baronessa!..

Deian. (staccandosi da Giacinto per salire nella vettura) Questa notte dormiremo qui… Vorrei che nella mia stanza mi aspettasse uno di quei bei fiori, pieni di fraganza, che si chiamano giacinti…

(sale nella carrozza dove tosto vanno a collocarsi Roberto, Frontino e Armellina)

Rob. – A rivederla, signor Giacinto!

Front. – Servo umilissimo del signor Giacinto!

Giac. (inchinandosi e salutando mentre la la carrozza si allontana) Felice ritorno, signor Giacinto… cioè… voleva dire… imbecille!

SCENA X

Giacinto, che sarà rimasto alcun tempo presso il cancello come impietrito guardando verso la strada.

Quali occhiate!.. quali parole!.. Ed io, bestia… impietrito… mutolo… incapace… di ideare un complimento…! Ecco ciò che può chiamarsi una donna. – E dicono che certi tipi non si trovano che sulle fotografie e nei romanzi! – Una parigina! Ora comprendo come a Parigi si commettono tanti delitti per amore…! E stassera verrà ad alloggiare nellʼalbergo…! E mi ha pregato di collocare un giacinto nella sua stanza…! Ho inteso dire… e credo anche di aver letto che queste dame di alto rango hanno certi capricci… Ma no! Sarebbe troppo…! Non ho avuto il coraggio di profferirle una galanteria. – Ah! siamo pure imbecilli… noi altri della provincia! – Non ardirei toccarle una mano. E perchè? Alla fine, io sono giovane… un bel giovane, tutti lo dicono; e qui a Beaucarie ho già veduto molte ragazze spasimare peʼ miei begli occhi… Ma qui non è il caso di spasimi… Con queste parigine bisogna andar per le corte… Se bevessi dellʼassenzio! È un liquore che esalta… che infonde coraggio… Poi… questa sera… vado nella sua stanza da letto… depongo il candeliere sulla tavola da notte… e se ella mi guarda, come faceva poco dianzi, col bianco dellʼocchio – se mi fa capire con quel suo garbo assassino che le abbisogna… un giacinto – eccomi! le grido, cadendole alle ginocchia – se questo può bastarvi prendetelo… laceratelo… calpestatelo… fatene lʼuso che vi piace – ma non dimenticate, o baronessa, non dimenticate… – Che cosa?.. No! Due bicchierini di assenzio non basteranno… nè berrò tre… quattro… tutta una fiaschetta… Voglio farmi onore… altrimenti ella sarebbe ben capace di cantarmi quella vecchia aria di Vaudeville:

 
Col nome di Giacinto
Tʼhan battezzato invano,
Ognuno per istinto
Ti chiama tulipano!
 
(cantarellando)
 
Giacinto… bel Giacinto
Sei proprio un tulipano!
 

SCENA XI

Marco, Tommaso, Clementina
e detti

Marco (a Clementina) – Lo senti? Senti come canta?.. Il merlo è innamorato.

Giac. (volgendosi) Oh!.. Ben tornati!

Tomm. (a Marco) Lasciamoli qui ad intendersela fra loro… Noi vecchi pensiamo agli affari…

Marco (a Tommaso) Eh via!.. Cʼè tempo… Non sarebbe meglio andare a tavola?

Tomm. Amerei si aggiustassero i nostri conti…

Marco Che furia!.. Li aggiusteremo a pancia piena…

Tomm. No… no… fratello; gli affari avanti tutto… Andiamo…!

(Lo trascina nellʼalbergo).

SCENA XII

Giacinto, Clementina

Clem. (timidamente in atto di allontanarsi) Se vi disturbo, cugino…

Giac. (imbarazzato) Oh! al contrario, signora cugina…

Clem. Perchè avete cessato di cantare?..

Giac. Ah!.. Voi mi avete udito? (osservando Clementina e parlando fra sè) Qual differenza collʼaltra!

Clem. Sapete, cugino, chʼio vado pazza per la musica!.. Tralascerei di pranzare per poter andare allʼopera!.. (fra sè) Come mi guarda!

Giac. Davvero! (fra sè, osservandola) Vedi che maniera di abbigliamento! Le nostre ragazze di provincia mancano affatto di gusto!

Clem. (fra sè) Ma perchè mi guarda in quel modo?..

Marco (di dentro) Giacinto!.. Giacinto!..

Tomm. Al ladro!.. Al ladro!..

Giac. Quali grida!..

Clem. Ah! Gesummaria!.. (correndo verso suo padre che entra con Marco) Papà! papà! cosʼè accaduto?

SCENA XIII

Marco, Tommaso e detti
Garzoni dʼosteria, forestieri, guatteri

Tomm. (gridando) Al ladro!.. Al ladro!..

Clem. Insomma! si può sapere?..

Tomm. La, mia borsa da viaggio!.. Cinque milla franchi perduti!..

Tutti. Cinquemila franchi!!!

Tomm. (fra sè) Non erano che mille!.. ma… tanto fa… mio fratello ha garantito per la somma totale…

Marco (venendo in mezzo a tutti) Giacinto!.. disgraziato!

Giac. Papà…!

Marco Rispondi, imbecille! La chiave del gabinetto è uscita o non è uscita dalle tue mani?

Giac. Ma io… la baronessa… il segretario… il portafogli…

Marco (investendolo) Ah!.. Miserabile! Ah! ladro!..

Clem. (interponendosi) Fermatevi!.. calmatevi!..

Giac. Oh! vedi un poʼ che invece di pigliarsela con quelli che hanno rubato…

Forestiero. – È dunque vero?.. Che fate qui? Il ladro non può essere lontano!.. convien far presto!.. Con vostro permesso, io corro ad avvertire i carabinieri…!

Tomm. (al forestiero) Grazie! obbligatissimo!.. (il forestiero esce per la porta che dà sulla via). E noi… vediamo di tenere la testa a segno… (a Marco) Infine non si tratta che di seimila franchi… Me ne duole per te… che hai garantito… ma in ogni modo ci accomoderemo.

Marco – Seimila!.. (senti, come crescono!..)

Tomm. – Siamo o non siamo fratelli? (volgendosi a Giacinto e a Clementina) Questi poveri ragazzi hanno il viso bianco come un panno lavato!.. Vieni, Marco!.. Te lo ripeto: fra noi ci intenderemo… (a voce alta) Tutti conoscono la tua probità; tutti sanno che quando ti fai mallevadore di una somma a te confidata, si può in ogni caso contarci sopra, si trattasse di millioni! (entrano nello studio).

SCENA XIV

Un Garzone, un Guattero e un Piccolo

Il Garzone. (correndo) Quel signore che pranzava nel salottino?..

Il Guattero. – È uscito per andar in cerca dei carabinieri…

Garz. – Vale a dire… ha profittato del parapiglia per svignarsela senza pagare il conto…

Il Piccolo. (in disparte, dopo aver ascoltato) Quandʼè così, posso in tutta coscienza vuotare il quintino che quel signore mi avea ordinato (beve, ed entra nelle sale).

Garz. – Seimila franchi – che ne dici?..

Guatt. – Un bel colpo!..

Garz. – Seimila franchi non fanno la fortuna di un uomo.

Guatt. – È vero. – Se si trattasse di ventimila…!

Garz. – Poco ancora…

Guatt. – Ecco!.. centomila! non ti pare? è una somma rotonda che farebbe al caso nostro…

Garz. (allontanandosi) Centomila!.. A poterla far franca… una volta tanto!..

(entra nelle sale zuffolando).

Guatt. – Oh, certo! tutto sta a poterla far franca!.. Ma io, lo confesso, mi accontenterei di assai meno… Non sono aristocratico… io… (entra nella locanda).

SCENA XV

Un Sergente e due carabinieri

Sergente – Tenete dʼocchio quanti escono dalle sale. Non fate caso degli abiti o delle apparenze – sopratutto non dimenticate questo assioma di polizia pratica: che lʼuomo nasce ladro e che gli istinti naturali sono più forti in lui di ogni principio… acquisito dalla educazione o imposto dal terrore della legge. Non vi disarmi rispetto di età, di sesso, di condizione sociale o di riputazione illibata. La persona sulla quale porrete le mani potrà essere innocentissima del reato che costituisce pel momento lʼoggetto delle vostre indagini, ma in ogni modo lʼarrestato sarà un deliquente. Non vi inganni quella che suol chiamarsi la calma serena di una coscienza incolpevole. Diffidate sempre. I più impassibili sono dʼordinario coloro che si tengono certi di poter eludere la giustizia e uscir netti dalla procedura per mancanza di prove. Se mai vi accadesse, dietro una assoluta evidenza di incolpabilità, di dover rilasciare qualcheduno sul quale abbiate già poste le mani o le manette, fategli, come dʼobbligo, le vostre scuse; ma a fior di labbro, ondʼegli abbia a capire che la vostra deferenza è momentanea, ed esclusivamente relativa allʼincidente da cui fu motivato lʼarresto. Badate di esprimergli con un arguto sorrisetto: «se oggi non hai rubato, non sei però men ladro degli altri, e bada che qualche giorno ci ricadrai nelle ugne per davvero!» Tali avvertimenti non sempre si perdono infruttosi. Poichè gli uomini son ladri, facciamo chʼessi rubino il meno possibile. Tale è lʼalta missione che Dio ci ha affidato. Ed ora, ciascuno ai suo posto!

(Il sergente entra nelle sale, e i carabinieri si appostano in fazione alle due porte del cortile).

FINE DELLʼATTO PRIMO

ATTO SECONDO

SCENA I

Appartamento sotterraneo in Parigi. – Nessuna porta visibile. – Scala a chiocciola che comunica collʼappartamento superiore. – A destra, sovra un rialzo, un tavolo con tappeto verde e grande seggiola a bracciuoli. – In faccia al tavolo, più basso, doppia fila di sedie. – Sulla parete di fondo, un cartello colla iscrizione: ALTA SCUOLA DI COMMERCIO E DI INDUSTRIA. – Ai due lati, piccoli cartelli colle epigrafi: Emancipazione dal lavoro! – Guerra al capitale… altrui!..

Roberto indi Frontino

Rob. (guardando verso la soffitta) Ecco il segnale! (va in fondo alla scena, preme un bottone di ferro che sporge dalla parete; la soffitta si apre dal lato che comunica colla sala) Esattissimo, questo Frontino!

Front. (che sarà sceso dalla scala dopo aver rinchiusa la porticela) Eccomi! (tirando lʼorologio dal taschino del gilet) Le quattro e due minuti.

Rob. – Come andò la giornata?

Front. – A meraviglia!.. (mostrando lʼorologio) Non ti sei accorto del nuovo acquisto?..

Rob. (osservando lʼorologio) Stupendo! E lʼhai avuto?..

Front. – Dalla mia destrezza…

Rob. – Il tempo non è denaro, ma questo misuratore del tempo può valere da trecento a quattrocento lire… Te ne faccio dono.

Front. – Tante grazie!..

Rob. – È venuta gente alla Agenzia?..

Front. – Nè troppa nè poca. Fra gli altri, un giovanetto della provincia per chiedere lʼindirizzo della baronessa De-Cristen, al mondo Deianira.

Rob. – Lʼhai riconosciuto?

Front. – Il viso non mi era nuovo…

Rob. – Ebbene: senza averlo veduto, io ti dirò chi è. Quello era il figlio dellʼalbergatore di Çette, dove abbiamo operato lo scorso mese…

Front. – Verissimo… Ora mi sovvengo…! proprio lui in persona…

Rob. – E gli hai dato lʼindirizzo di… madama la baronessa?

Front. – Dopo averlo fatto tornare quattro volte, e dietro una tassa di lire quaranta.

Rob. – Deianira saprà cavargli ben altro – A proposito: il sarto?

Front. – II sarto ha portato il magnifico abito da monsignore che gli hai ordinato… Il temerario ha avuto lʼardire di domandarmi un a conto…

Rob. – Era il caso di saldare.

Front. – È ciò che ho fatto. Ho riflettuto che quel ladro, partendo a mani vuote, avrebbe potuto adombrarsi… della ordinazione bizzarra che gli abbiamo fatta… e tirarne delle conseguenze poco omogenee.

Rob. – Riflessione giustissima. – Del resto, non temete, Frontino!. – La casa che noi abbiamo scelta a teatro delle nostre grandi strategie commerciali, non potrebbʼessere più acconcia e più sicura. Chi lʼha fatta costruire devʼesser stato uno strategico di prima forza. LʼAgenzia e lʼUfficio di indizii del piano terreno sono più che sufficienti a tutelare lʼAlta Scuola di Commercio stabilita nel grembo della gran madre. Tutte le religioni delle umanità han sempre dovuto, al loro nascere, rifugiarsi nelle catacombe. – Ciò che importa è di star sul chi vive, onde lʼocchio della vigile non oltrepassi mai quella barriera (addita la porticella attigua alla scala).

Front. (rabbrividisce).

Rob. – Ancora delle paure?..

Front. – È da molto che non consulti… lʼamico?

Rob. – Il codice?.. Oramai lo so a mente.

Front. – Hai tu mai riflettuto che la nostra ultima tratta di Çette, unitamente a quella che andremo a stendere fra unʼora, ci verrebbe scontata alla banca delle Assise in quattordici anni di lavori forzati…?

Rob. – Ragione per cui bisogna assolutamente che i nostri titoli si scontino altrove.

Front. – Eppure: la è una brutta prospettiva, quattordici anni di lavori forzati!

Rob. – Converrai meco che quella dei lavori forzati a vita è una prospettiva assai meno lusinghiera…

Front. – Ne convengo…

Rob. – Orbene: ad eccezione dei pochissimi a cui le ladrerie del bisavolo o del padre han procacciato una rendita sufficiente a campare la vita, tutti gli individui della famiglia umana non rappresentano che altrettanti condannati al lavoro perpetuo. Frontino: vuoi tu smettere di fare il ladro? Entra nella galera degli uomini onesti: lavora dieci ore al giorno, e crepa inosservato e disprezzato sotto il tuo abito da fatica.

Front. – Anche disprezzato…! e tu credi?..

Rob. – La società non accorda la sua stima al lavoratore, se non il giorno in cui questi collʼopera sua abbia adunato tal patrimonio da poter dire: io non ho più bisogno di lavorare per vivere. – Orbene: credi tu che questa stima non sia comunemente accordata anche a quelli che, dopo aver guizzato parecchi anni fra gli uscieri ed i birri, ed aver scroccate ai procuratori delle assolutorie molto equivoche, si adagiano trionfalmente sovra un bel trono di banconote, guardando di alto in basso quelle milliaja di imbecilli che sudano per morire di fame? – Non vi è per la società che una sola classe di uomini disprezzabili – quelli che non hanno denaro. Il giorno in cui tu, mio povero Frontino, uscissi nella strada cogli abiti logori e le scarpe corrose per muovere al ricupero della tua patente di uomo onesto, i ricchi ed i poveri, i superbi e i cortesi, quanti infine ti occorreranno per via, si tireranno in disparte, lanciandoti una occhiata di disprezzo e quasi di abbonimento. – Alla miseria non vʼè alcuno che perdoni. Però ti consoli il pensiero, che allorquando ti avverrà di dover attraversare una piazza sovra un sudicio carretto, colle mani legate, in mezzo a due rappresentanti della tirannide; tutti gli onesti esclameranno una parola di compassione pel povero catturato, e qualcuno ti getterà una moneta mormorando: peccato! lasciarsi prendere!..

Front. (abbracciando Roberto) Mi fai piangere di tenerezza…

Rob. (cavandogli lʼorologio dai taschini del gilet) Rasciugagli occhi… e andiamo a pranzo! – questa notte il tuo genio ed il mio saranno messi ad una gran prova…

Front. – Mi farò onore, te lo prometto!

Rob. – Sai dirmi che ora abbiamo?

Front. (si tocca e non trova, lʼorologio) Diamine!

Rob. (riconsegnandogli lʼorologio) Prendi…! A tutto rigore di diritto, sarebbe mio – ma voglio incoraggiarti – te lo dono una seconda volta!

Front. (con entusiasmo, prendendo lʼorologio) Ammirabile!

(salgono insieme per la scaletta).

SCENA II

Gran sala splendidamente illuminata. – Quattro porte laterali. – Altre due nel fondo. – In una delle sale attigue si vede un pianoforte. – In altra sala un tavolino da giuoco.

Armellina e Giacinto

Arm. (introducendo Giacinto) Entrate, signore!

Giac. – Grazie! (fra sè, guardandosi intorno) Che splendide sale!..

Arm. (da sè, osservando Giacinto) Questa figura non mi è nuova!..

Giac. (fra sè) Quanto lusso!.. (timidamente in atto di andarsene) Quasi… quasi…

Arm. – Voi venite?..

Giac. – Da Çette… una oscura città della provincia…

Arm. (tra sè) Ah! mi sovvengo di questo gaglioffo! – (a Giacinto) Mio caro signore, non arrivate in buon punto…! La contessa… cioè volevo dire… la baronessa…

Giac. – Se non mʼinganno voi eravate a Çette in compagnia della signora baronessa allʼapertura della fiera?..

Arm. (da se) Quale imbarazzo!.. (a Giacinto) Perdonate! vado ad annunziarvi alla mia nobile padrona.

(esce dalla porta a sinistra).

SCENA III

Giacinto solo

Non so più in che mondo io mi sia!.. Quanta luce!.. Quanti fiori!.. Cʼè da restarne abbagliati!.. Sento che non avrò la forza di articolare due monosillabi… È meglio che me ne vada…! (fa per andarsene, poi si ferma) Vergogna, Giacinto! Manomettere il denaro di tuo padre… fuggir di casa… venir a Parigi in cerca di una donna… e adesso che lʼhai trovata, adesso che stai per vederla, fuggir via come un imbecille!.. Ma cosa hanno dunque, queste diavolesse, che più le desiderate… più tremate di vederle!.. (depone il cappello su una seggiola) Eccola!.. Sento il fruscio del suo abito di seta!.. Come mi batte il cuore…!

SCENA IV

Armellina, Deianira, Giacinto

Deian. (entra in abito alla Pompadour – parla ad Armellina senza volgersi a Giacinto) Brava! e tu introduci e vieni ad annunziarmi dei visitatori senza informarti dal loro nome e dei loro titoli!

Arm. – Al vederlo mi è sembrato di conoscerlo… e voi pure baronessa…

Deian. (volgendosi a Giacinto) Vediamo dunque!.. Va pure, Armellina!

(Armellina esce).

SCENA V

Giacinto, Deianira

Giac. – Signora baronessa…

Deian. (inchinandosi) Signore…! Mi sembra infatti…

Giac. – Come?.. Non mi conoscete più?..

Deian. – Perdonate!.. (guardandolo fissamente con civetteria).

Giac. – Io sono Giacinto… quel giovane di Çette… il figlio dellʼalbergatore…

Deian. (con trasporto) Voi!.. saria dunque possibile?..

Giac. – Non mi avevate detto?.. non vi aveva promesso?..

Deian. – Di venire a Parigi pel vostro viaggio da nozze? Hai dunque preso moglie, scellerato!

Giac. – No…! non ancora! non sono così bestia… come sembro…

Deian. (con trasporto) Giacinto!..

Giac. – Vi sovvenite dei mio nome! mi riconoscete?

Deian. (come sopra) Se ti riconosco! Ingrato…! non ti ho sempre portato nel mio cuore?..

Giac. – Ah!.. Baronessa!.. Non posso credere…

Deian. (con affettazione) Tu non sai dunque cosa sia il cuore di una donna!.. Tutti così, questi ingrati! Ignorano o fingono ignorare che nel nostro povero cuore tutto passa, tutto si cancella… tranne la prima impressiome di un volto… di una voce… di uno sguardo…

Giac. – Ah! baronessa…!

Deian. (prendendogli la mano) Continuerai tu sempre ad umiliarmi… con questo fatuo titolo?

Giac. (tra sè) Signora… perdonate… Noi altri di laggiù siamo tanti… come si suol dire… minchioni… Si vorrebbe parlare!.. si vorrebbe fare… ma poi manca la voce, mancano le forze… Desiderava tanto di vedervi…! e adesso… vedete!.. mi tremano le gambe… e tutto il resto… Basta…! a poco, a poco prenderò coraggio… Se sapeste come mi fanno bene le vostre parole… Se sapeste cosa ho fatto per rivedervi!.. Il desiderio di venire a Parigi assorbiva tutti i miei pensieri… Ma – che volete? – si hanno dei genitori – o questi sono sempre un poʼ stitici, quando si tratta di metter fuori quattrini… Ho dovuto… – vedete a che spinge lʼamore! ho dovuto, per aver del denaro…

Voci Interne – Vogliamo passare!..

Una voce più forte – Ho già fatto la strada dieci volte!..

Deian. (interrompendo Giacinto) Scusate…! Che diavolo di baccano là fuori?..

Giac. (tra sè) Maledetti gli importuni!.. Proprio adesso che la mia lingua cominciava a snodarsi…

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28 oktyabr 2017
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