Kitobni o'qish: «Una Ragione per Uccidere », sahifa 4

Shrift:

CAPITOLO SETTE

Alle sei e tre quarti circa del mattino la stanchezza si abbatté su Avery, mentre saliva in ascensore al secondo piano della stazione di polizia. Tutta l’energia e l’impeto che aveva tratto dalle rivelazioni di quella mattina erano culminati in una giornata ben spesa, ma in una notte di inesauribili domande senza risposta. La sua pelle chiara era bruciacchiata dal sole, aveva i capelli in disordine, la giacca che aveva indossato in precedenza era stesa su un braccio. La sua camicia era sporca e sfilata dai pantaloni. Ramirez invece sembrava persino più fresco di quella mattina: i capelli pettinati all’indietro, l’abito quasi perfettamente stirato, gli occhi vigili e solo qualche goccia di sudore sulla fronte.

“Come fai ad avere ancora questo aspetto?”

“È la mia discendenza ispano-americana,” spiegò lui con orgoglio. “Posso andare avanti per ventiquattro, quarantotto ore e rimanere sempre splendido.”

Una rapida e schizzinosa occhiata ad Avery e gemette: “Già. Tu fai proprio schifo.”

Il rispetto riempì il suo sguardo.

“Ma ce l’hai fatta.”

Il secondo piano di notte era solo mezzo pieno, la maggior parte degli agenti era a casa o a lavoro per le strade. Le luci della sala conferenze erano accese. Dylan Connelly era all’interno e camminava avanti e indietro, ovviamente agitato. Alla loro vista, aprì la porta di scatto.

“Dove diavolo siete stati?!” esplose. “Volevo un rapporto sulla mia scrivania alle cinque in punto. Sono quasi le sette. Avete spento i walkie-talkie. Tutti e due,” sottolineò. “Me lo sarei aspettata da te, Black, ma non da te, Ramirez. Nessuno mi ha chiamato. Nessuno rispondeva al cellulare. Anche il capitano è incazzato, quindi non andate a piangere da lui. Avete la minima idea di cosa che è successo qui? Che accidenti stavate pensando?”

Ramirez alzò le mani.

“Abbiamo chiamato,” disse. “Le ho lasciato un messaggio.”

“Hai chiamato venti minuti fa,” sbottò Dylan. “Io vi sto chiamando ogni mezz’ora dalle quattro e mezza. È morto qualcuno? Stavate inseguendo l’assassino? È sceso dal Cielo Dio Onnipotente per aiutarvi con il caso? Perché questi sono gli unici motivi accettabili per la vostra palese insubordinazione. Dovrei togliervi immediatamente il caso.”

Indicò la sala conferenze.

“Portate il culo lì dentro.”

Le scenate erano sprecate con Avery. La rabbia di Dylan era un rumore di fondo che poteva filtrare con facilità. Aveva imparato a farlo molto tempo fa. In Ohio, quando quasi ogni notte era stata costretta ad ascoltare suo padre che urlava e gridava a sua madre. All’epoca si era chiusa le orecchie con le mani e aveva cantato canzoni e sognato del giorno in cui sarebbe finalmente stata libera. Ora c’erano questioni più importanti che catturavano la sua attenzione.

Il giornale del pomeriggio era steso sul tavolo.

Sulla prima pagina c’era una foto di Avery Black, apparentemente sorpresa che qualcuno le avesse sbattuto una macchina fotografica davanti alla faccia. Il titolo diceva: ‘Omicidio a Lederman Park: l’Avvocato Difensore dei Serial Killer sul caso!’ Accanto all’immagine a tutta pagina c’era una foto più piccola di Howard Randall, l’anziano e avvizzito serial killer degli incubi di Avery, con i suoi occhiali a fondo di bottiglia e il volto sorridente. Il titolo sopra la sua foto diceva: ‘Non fidatevi di nessuno, avvocati o polizia.’

“Lo hai visto?” ringhiò Connelly.

Sollevò il giornale e lo risbatté sul tavolo.

“Sei sulla prima pagina! Il tuo primo giorno alla Omicidi e sei una notizia da prima pagina… di nuovo. Ti rendi conto di quanto sia poco professionale? No, no,” disse davanti all’espressione di Ramirez. “Non provare neanche a parlare. Avete fatto entrambi una cazzata. Non so con chi abbiate parlato questa mattina, ma avete scatenato un casino. Come hanno fatto ad Harvard a sapere della morte di Cindy Jenkins? C’è un memoriale per lei nel sito della Kappa Kappa Gamma.”

“Colpo di fortuna?” disse Avery.

“Vaffanculo, Avery! Sei fuori dal caso. Mi hai sentito!?”

Il capitano O’Malley entrò nella sala.

“Aspetti,” contestò Ramirez. “Non può farlo. Non sa che cosa abbiamo trovato.”

“Non mi importa che avete trovato,” ruggì Dylan. “Non ho ancora finito. Andiamo di bene in meglio. Un’ora fa mi ha chiamato il sindaco. A quanto pare, gioca a golf con il padre della Jenkins e voleva sapere perché un avvocato della difesa fallito, che ha fatto rilasciare un serial killer di prigione, si sta occupando dell’omicidio della figlia di un suo caro amico.”

“Calmati,” disse O’Malley.

Dylan si voltò di scatto, rosso in faccia e con la bocca aperta. Alla vista del suo capitano, un uomo più basso e tranquillo, ma che sembrava teso e pronto a esplodere, si fece indietro.

“Per qualche ragione,” disse con voce tranquilla O’Malley, “questo caso è esploso. Quindi vorrei sapere che cosa avete fatto tutto il giorno, se per te va bene, Dylan?”

Connelly borbottò qualcosa sotto voce e si voltò dall’altra parte.

Il capitano annuì verso Avery.

“Dammi una spiegazione.”

“Non ho detto a nessuno il nome della vittima,” disse Avery, “ma ho parlato con una ragazza della Kappa Kappa Gamma, la migliore amica di Cindy Jenkins, Rachel Strauss. Deve aver fatto due più due. Mi dispiace,” disse con espressione onestamente contrita verso Dylan. “Le chiacchiere non sono il mio punto forte. Stavo cercando delle risposte e le ho ottenute.”

“Diglielo,” la incoraggiò Ramirez.

Avery si spostò intorno al tavolo delle conferenze.

“Abbiamo un serial killer tra le mani.”

“Oh, andiamo!” si lamentò Dylan. “Come può dirlo? Sta lavorando sul caso da un giorno. Abbiamo una sola ragazza morta. Non è possibile.”

“Vuoi stare zitto?” gridò O’Malley.

Dylan si morse le labbra.

“Questo non è un normale omicidio,” disse Avery. “Me lo ha detto lei stesso, Capitano, e lo devi aver capito anche tu,” aggiunse a Dylan. “La vittima è stata fatta sembrare viva. Il nostro killer la adorava. Non ci sono lividi sul suo corpo, nessuna penetrazione forzata, per cui possiamo escludere le bande o la violenza domestica. La scientifica ha confermato che è stata drogata con un anestetico potente e probabilmente di origine naturale che potrebbe aver creato il killer stesso, estratti di fiori che paralizzano immediatamente e uccidono lentamente. Supponendo che tenga queste piante sotto terra, ha bisogno di luci, un sistema di irrigazione e concime. Ho fatto qualche telefonata per scoprire come vengono importati questi semi, dove si vendono, e come mettere le mani sull’equipaggiamento. Inoltre voleva la vittima viva, almeno per un po’. Non ero sicura del motivo, fino a quando non lo abbiamo trovato su un video di sorveglianza.”

“Cosa?” sussurrò O’Malley.

“Lo abbiamo beccato,” disse Ramirez. “Non entusiasmatevi troppo. Le immagini sono sgranate e difficili da vedere, ma tutto il rapimento è visibile da due diverse telecamere. La Jenkins ha lasciato la festa un po’ dopo le due e mezza di domenica mattina per andare a casa del suo ragazzo. Lui vive a cinque isolati dalla casa della Kappa Kappa Gamma. Avery ha seguito la stessa strada che secondo lei doveva aver preso la Jenkins. Ha notato un vicolo. Chi sa che cosa l’ha spinta a farlo, ma ha avuto l’intuizione di controllare la telecamera di sorveglianza di uno smoke shop lì vicino.”

“C’è bisogno di un mandato per quello,” si intromise Dylan.

“Solo se viene richiesto,” rispose Avery. “E a volte un sorriso amichevole e una piacevole conversazione possono aiutare. L’anno scorso il negozio è stato vandalizzato una decina di volte,” continuò. “Di recente hanno installato una telecamera esterna. Ora, il negozio è dal lato opposto del vicolo e circa a mezzo edificio di distanza, ma si riesce a vedere chiaramente una ragazza, che io credo sia Cindy Jenkins, che viene avvicinata sotto gli alberi.”

“È a quel punto che mi ha chiamato,” subentrò Ramirez. “Seriamente, io ho pensato che fosse impazzita. Davvero, ho visto il video e non gli avrei dato una seconda occhiata. Black invece mi ha fatto chiamare la scientifica e portare tutta la squadra solo per quella roba. Come potete immaginare, ero incazzato. Ma,” continuò con espressione eccitata, ”aveva ragione lei. C’è un’altra telecamera in una zona di carico dietro al vicolo. Abbiamo chiesto all’azienda proprietaria di farci vedere che cosa aveva ripreso. Hanno accettato e bum,” disse e spalancò le braccia. “Un uomo esce dal vicolo tenendo la nostra vittima. Stesso vestito. Stesse scarpe. È di corporatura snella, più basso di Cindy, e ballava. La abbracciava e ballava. Lei era chiaramente drogata. Con i piedi ciondoloni e tutto il resto. A un certo punto lui ha persino guardato verso la telecamera. Quel bastardo perverso ci ha sfidato. L’ha messa sul sedile davanti di un minivan e si è allontanato come niente fosse. L’auto è una Chrysler, blu scuro.”

“La targa?” chiese Dylan.

“È finta. L’ho già cercata. Deve avere una targa fasulla. Sto compilando una lista di tutti i minivan della Chrysler di quel colore venduti negli ultimi cinque anni nel raggio di cinque contee. Ci vorrà un po’, ma forse con più informazioni possiamo restringere la lista. E lui comunque doveva portare un travestimento. Si riesce a malapena a vedere la sua faccia. Aveva i baffi, forse una parrucca, degli occhiali. Tutto quello che riusciamo a determinare è la sua altezza, un metro e sessanta o settanta, e il suo probabile colore di pelle, bianco.”

“Dove sono i video?” chiese O’Malley.

“Al piano di sotto con Sarah,” rispose Avery. “Ha detto che potrebbe volerci un po’ ma per domani proverà ad avere l’identikit del killer in base a quello che si vede. Non appena avremo l’identificazione facciale, possiamo confrontarla con i nostri sospettati e passarla al database per vedere cosa viene fuori.”

“Dove sono Jones e Thompson?” chiese Dylan.

“Spero bene che stiano ancora lavorando,” disse Avery. “Thompson è incaricato della sorveglianza al parco. Jones sta cercando di rintracciare l’auto del vicolo.”

“Quando ce ne siamo andati,” aggiunse Thompson, “Jones aveva trovato almeno sei diverse telecamere nel raggio di dieci isolati dal vicolo che potrebbero aiutarci.”

“Anche se perdiamo l’auto,” disse Avery, “possiamo almeno delimitare la direzione. Sappiamo che ha svoltato a nord fuori dal vicolo. Con questo, e qualsiasi cosa Thompson trova al parco, possiamo triangolare la zona e andare di porta in porta, se necessario.”

“E la scientifica?” chiese O’Malley.

“Niente nel vicolo,” rispose Avery.

“È tutto?”

“Abbiamo anche qualche sospettato. Cindy era a una festa la notte del rapimento. Un uomo chiamato George Fine era lì. A quanto pare segue Cindy da anni: frequenta le sue stesse lezioni, sembra incontrarla casualmente agli eventi. Ha baciato Cindy per la prima volta e ha ballato con lei tutta la notte.”

“Avete parlato con lui?”

“Non ancora,” disse e guardò direttamente verso Dylan. “Volevo la sua approvazione prima di una potenziale perquisizione all’Università di Harvard.”

“Meno male che un qualche senso del protocollo ce l’hai,” borbottò Dylan.

“C’è anche il fidanzato,” aggiunse rivolta a O’Malley. “Winston Graves. Cindy doveva andare a casa sua quella notte. Ma non c’è mai arrivata.”

“Quindi abbiamo due potenziali sospettati, le riprese dell’evento e un’auto da rintracciare. Sono impressionato. E che mi dite del movente? Ci avete pensato?”

Avery distolse lo sguardo.

Le riprese che aveva visto, oltre al posizionamento della vittima e il modo in cui era stata trattata, tutto suggeriva un uomo che amava il suo lavoro. Lo aveva già fatto in precedenza e l’avrebbe fatto di nuovo. Doveva essere motivato da un qualche genere di delirio di potere, perché si non preoccupava della polizia. L’inchino verso la telecamera nel vicolo glielo aveva confermava. Ci voleva del coraggio, o della stupidità, e niente nell’abbandono del corpo o nel rapimento indicava mancanza di giudizio.

“Sta giocando con noi,” disse. “Gli piace quello che fa, e vuole farlo ancora. Direi che ha un qualche tipo di piano. Non è ancora finita.”

Dylan sbuffò e scosse la testa.

“Ridicolo,” sibilò.

“Va bene,” disse O’Malley. “Avery, domani potrai parlare con i vostri sospettati. Dylan, contatta Harvard e avvisali. Stasera chiamo il capo e gli faccio sapere che cosa abbiamo. Posso anche cercare di procurarmi un mandato globale per le telecamere. Teniamo Thompson e Jones sull’attenti. Dan, so che hai lavorato tutto il giorno. Un ultima sforzo e puoi andartene a casa. Trova l’indirizzo di questi due ragazzi di Harvard, se non li hai già. Facci un giro mentre torni a casa. Assicurati che siano sotto le coperte. Non voglio che qualcuno scappi.”

“Me ne posso occupare io,” disse Ramirez.

“Ok.” O’Malley batté le mani. “Diamoci una mossa. Ottimo lavoro, voi due. Dovete essere orgogliosi di voi. Avery e Dylan, rimanete qui per un secondo.”

Ramirez indicò Avery.

“Vuoi che passi a prenderti domani mattina? Alle otto? Veniamo qui insieme?”

“Certo.”

“Insisto con Sarah su quell’identikit. Forse avrà qualcosa.”

L’improvviso desiderio del suo partner di aiutare, in autonomia e senza bisogno di incoraggiamento, per Avery era una novità. Tutti gli altri a cui era stata affiancata, sin dal momento in cui si era arruolata, avrebbero preferito lasciarla morta in un fosso.

“Va benissimo,” disse.

Non appena Ramirez se ne fu andato, O’Malley fece sedere Dylan a un lato del tavolo per le conferenze e Avery dall’altro.

“Ascoltate, voi due,” disse con voce calma ma decisa. “Oggi il capo mi ha chiamato e mi ha chiesto che cosa mi fosse venuto in mente, ad affidare il caso a un noto ex avvocato difensore caduto in disgrazia. Avery, gli ho detto che eri l’agente giusto per il lavoro e che confermavo la mia decisione. Il tuo lavoro di oggi dimostra che avevo ragione. Ma sono quasi le sette e mezza e io sono ancora qui. A casa ho una moglie e tre figli che mi aspettano e voglio disperatamente tornare, vederli e dimenticarmi per un po’ di questo posto miserabile. Ovviamente, nessuno di voi condivide le mie preoccupazioni, quindi forse non capite cosa sto dicendo.”

Lei lo fissò, perplessa.

“Andate d’accordo e piantatela di scocciarmi con le vostre cazzate!” esplose lui.

Un silenzio teso scese sulla stanza.

“Dylan, inizia a comportarti come un supervisore! Non chiamarmi per ogni inutile dettaglio. Impara a gestire da solo la tua squadra. E tu,” disse ad Avery, “farai meglio a darci un taglio con le battutine e l’atteggiamento menefreghista, e a cominciare a comportarti come se ti importasse qualcosa, per una volta, perché io so che è così.” La fissò a lungo. “Dylan e io ti abbiamo aspettata per ore. Vuoi spegnere la radio? Non rispondi al cellulare? Forse ti aiuta a pensare? Buon per te. Fai pure. Ma quando un tuo superiore ti chiama, tu rispondi. La prossima volta che succede una cosa del genere, ti tolgo il caso. Hai capito?”

Avery annuì, sentendosi intimorita.

‘“Capito,” rispose.

“Capito.” Dylan annuì.

“Bene,” disse O’Malley.

Si raddrizzò e sorrise.

“Ora, avrei dovuto farlo prima, ma non c’è momento migliore del presente. Avery Black, ti voglio presentare Dylan Connelly, padre divorziato di due figli. La moglie l’ha lasciato due anni fa perché non tornava mai a casa e beveva troppo. Ora loro vivono nel Maine e lui non riesce mai a vedere i suoi figli, quindi è sempre incazzato.”

Dylan si irrigidì e fece per parlare, ma non disse nulla.

“E Dylan? Ti presento Avery Black, ex avvocato difensore che ha fatto una cazzata e ha liberato uno dei peggiori serial killer del mondo sulle strade di Boston, un uomo che ha ucciso di nuovo e ha distrutto la sua vita. Ha lasciato un lavoro multimilionario, un ex marito e una ragazzina che le parla a malapena. E, come te, di solito annega i suoi dispiaceri nel lavoro e nell’alcool. Vedete? Avete in comune molto più di quanto pensiate.”

Divenne mortalmente serio.

“Non mettetemi di nuovo in imbarazzo, o tolgo il caso a entrambi.”

CAPITOLO OTTO

Da soli nella sala conferenze, Avery e Dylan rimasero seduti una di fronte all’altro per qualche momento di assoluto silenzio. Nessuno dei due si muoveva. Dylan era a capo chino. Una smorfia gli piegava il volto e sembrava stesse meditando qualcosa. Per la prima volta, Avery provò un po’ di simpatia per lui.

“So come è…” iniziò lei.

Dylan si alzò tanto in fretta e rigidamente che la sua sedia scivolò all’indietro e andò a sbattere contro la parete.

“Non pensare che questo cambi qualcosa,” disse. “Tu e io non siamo affatto simili.”

Anche se il suo minaccioso linguaggio corporeo indicava rabbia a distanza, i suoi occhi dicevano qualcosa di diverso. Avery era certa che fosse sull’orlo di un esaurimento. Qualcosa che il capitano aveva detto lo aveva colpito, proprio come aveva colpito lei. Entrano entrambi danneggiati, emarginati. Soli.

“Senti,” riprese, “pensavo solo.”

Dylan si voltò e aprì la porta. Il suo profilo mentre usciva confermò i timori di Avery: c’erano lacrime nei suoi occhi arrossati.

“Maledizione,” sussurrò lei.

La notte era il momento peggiore per Avery. Non aveva più un solido gruppo di amici, nessun hobby vero e proprio a esclusione del lavoro, ed era così stanca che non riusciva a pensare di darsi ancora da fare. Da sola al largo tavolo giallo, chinò la testa e tremò al pensiero di cosa sarebbe successo.

Il percorso per uscire dall’ufficio fu come ogni altro giorno, solo che nell’aria c’era un’eccitazione, e molti poliziotti erano incoraggiati dalla sua storia in prima pagina.

“Ehi, Black,” qualcuno la chiamò e indicò la sua foto in copertina. “Bella faccia.”

Un altro poliziotto picchiettò sull’immagine di Howard Randall.

“Questa storia dice che eravate molto intimi, Black. Sei una gerontofila? Sai cosa significa? Significa che ti piace farti i vecchi.”

“Voi ragazzi siete proprio spassosi.” Sorrise e sparò dalle dita come con una pistola.

“Fottiti, Black.”

***

Nel garage era parcheggiata una BMW bianca, comprata cinque anni prima, sporca e logora. Avery l’aveva comprata all’apice del suo successo come avvocato difensore.

Che cosa stavo pensando? si chiese. Perché mai comprare un’auto bianca?

Il successo, si ricordò. La BMW bianca era stata splendida e vistosa, e lei aveva voluto far sapere a tutti che era la migliore. Ormai era un ricordo della sua vita fallita.

L’appartamento di Avery si trovava su Bolton Street, a South Boston. Aveva un piccolo appartamento con due camere da letto al livello più alto di un palazzo a due piani. Era un passo indietro rispetto all’attico nel grattacielo dove viveva prima, ma era spazioso e ordinato, con un bel terrazzo dove poteva sedersi a rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro.

Il soggiorno era un open space dalla folta moquette marrone. La cucina era sulla destra rispetto alla porta d’ingresso, e separata dal resto della stanza da due larghe isole. Non c’erano piante o animali. L’esposizione a nord assicurava che l’appartamento fosse per lo più al buio. Avery gettò le chiavi sul tavolo e si liberò delle altre cose: pistola, fondina, walkie talkie, distintivo, cintura, telefono e portafoglio. Mentre si dirigeva verso la doccia si spogliò.

Dopo essere rimasta a lungo sotto l’acqua per elaborare gli eventi della giornata, indossò l’accappatoio, prese una birra dal frigo, poi il telefono e andò in terrazzo.

Sul cellullare c’erano quasi venti chiamate perse, oltre a dieci nuovi messaggi. La maggior parte era di Connelly e O’Malley. Si sentivano molte urla.

A volte Avery era tanto concentrata e assorta da rifiutarsi di rispondere a chiunque non fosse essenziale al suo compito, specialmente quando tutti i pezzi del puzzle non erano ancora andati al loro posto; quello era uno di quei giorni.

Controllò gli ultimi numeri chiamati, e tutte le persone che avevano chiamato lei nel mese precedente. Nessuno era di sua figlia, o del suo ex marito.

All’improvviso sentì la mancanza di entrambi.

Pigiò alcuni pulsanti.

Il telefono squillò.

Un messaggio rispose: “Ciao, sono Rose. Non posso rispondere alla tua chiamata, ma se mi lasci un breve messaggio, il tuo nome e il tuo numero, ti risponderò il prima possibile. Grazie mille.” Bip.

Avery riappese.

Intrattenne brevemente con l’idea di chiamare Jack, il suo ex. Era un brav’uomo, il fidanzato dai tempo del college con un cuore d’oro, una persona davvero per bene. Quando aveva diciotto anni avevano avuto una torrida storia d’amore, e lei, con il suo ego mostruoso dopo aver ottenuto il lavoro dei suoi sogni, aveva rovinato tutto.

Per anni aveva incolpato altre persone per la loro separazione e per lo screzio con la figlia: Howard Randall per le sue bugie, il suo ex capo, i soldi, il potere, e tutte le persone che aveva dovuto intrattenere e abbindolare per rimanere sempre un passo avanti rispetto alla verità; poco a poco, i suoi clienti erano diventati meno affidabili, e lei aveva voluto ugualmente continuare, ignorare la verità, piegare la giustizia in un modo o nell’altro, solo per vincere. Solo un altro caso, si era spesso detta. La prossima volta, difenderò qualcuno di veramente innocente e pareggerò i conti.

Howard Randall era stato quel caso.

Sono innocente, aveva pianto al loro primo incontro. Gli studenti sono la mia vita. Perché dovrei far loro del male?

Avery gli aveva creduto e per la prima volta dopo molto tempo, aveva iniziato a credere in se stessa. Randall era un professore di psicologia di fama mondiale che lavorava ad Harvard, sulla sessantina, senza alcun movente o passato di convinzioni personali squilibrate. Per di più sembrava debole e spezzato, e Avery aveva sempre voluto difendere i deboli.

Quando lo aveva fatto scarcerare, era stato il culmine della sua carriera, il suo risultato migliore, o per lo meno, lo era stato fino a quando non aveva ucciso di nuovo e appositamente per dimostrare che era un’imbrogliona.

Tutto ciò che Avery aveva voluto sapere era stato: perché?

Perché lo hai fatto? gli aveva chiesto una volta nella sua cella. Perché hai mentito e mi hai incastrato, solo per andare in prigione per il resto della tua vita?

Perché sapevo che potevi essere salvata, aveva risposto Howard.

Salvata, pensò Avery.

È questa la salvezza? si chiese e studiò ciò che la circondava. Qui? Adesso? Senza amici, senza famiglia? Con una birra in mano e una nuova vita passata a dare la caccia agli assassini per fare ammenda per il suo passato? Prese un sorso e scosse la testa. No, questa non è la salvezza. Almeno, non ancora.

I suoi pensieri si rivolsero al killer.

Un’immagine aveva iniziato a prendere forma nella sua mente: tranquillo, solitario, con un disperato bisogno di attenzione, uno specialista in erbe e cadaveri. Escluse un alcolizzato o un drogato. Era troppo attento. Il minivan faceva pensare a una famiglia, ma le sue azioni indicavano che una famiglia era ciò che voleva, non ciò che aveva.

Con la mente affollata di pensieri e immagini, Avery mandò giù altre due birre prima di cadere addormentata all’improvviso nella sua comoda poltrona da esterno.

Yosh cheklamasi:
16+
Litresda chiqarilgan sana:
10 oktyabr 2019
Hajm:
241 Sahifa 2 illyustratsiayalar
ISBN:
9781640290426
Mualliflik huquqi egasi:
Lukeman Literary Management Ltd
Формат скачивания:
epub, fb2, fb3, ios.epub, mobi, pdf, txt, zip

Ushbu kitob bilan o'qiladi