Kitobni o'qish: «Prima Che Fugga », sahifa 2

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CAPITOLO TRE

Si rendeva perfettamente conto che era semplicemente dovuto al cambiamento di scena, ma il sesso nella selvaggia natura islandese, proprio sotto il maestoso vorticare dell’aurora boreale, era fenomenale. La prima notte, dopo che lei ed Ellington avevano concluso i festeggiamenti, Mackenzie aveva dormito bene come non le capitava da parecchio tempo. Si era addormentata felice, fisicamente appagata e con la sensazione di una vita che cresceva dentro di sé.

Il mattino seguente si svegliarono e bevvero un caffè amarissimo davanti ad un piccolo falò nell’accampamento. Si trovavano nella parte nord-orientale del paese, a circa dodici chilometri dal Lago Mývatn, e Mackenzie aveva l’impressione che fossero le uniche due persone sulla faccia della Terra.

“Che ne diresti di mangiare del pesce per colazione?” chiese Ellington di punto in bianco.

“Direi che vanno bene fiocchi d’avena e caffè” rispose.

“Il lago è a soli dodici chilometri da qui. Potrei pescare un paio di pesci, così mangeremmo un vero pasto da campeggio.”

“Sai pescare?” fece lei, sorpresa.

“Prima ci andavo spesso” disse lui. Negli occhi aveva uno sguardo distante, che Mackenzie ormai sapeva significare che quello di cui stava parlando faceva parte del suo passato, probabilmente legato al suo primo matrimonio.

“Questa la voglio proprio vedere” disse Mackenzie.

“È scetticismo che sento nella tua voce?”

Mackenzie non disse altro, alzandosi e raggiungendo il fuoristrada che avevano preso a noleggio. “Il pesce mi sembra un’ottima idea” disse infine.

Salirono in macchina e si avviarono diretti al lago. Mackenzie ammirò gli spazi immensi e i fiordi; il paesaggio pareva uscito da una fiaba. Tutto in netto contrasto con il trambusto di Washington, a cui ormai aveva fatto l’abitudine. Si voltò a guardare Ellington, che era al volante. Aveva un aspetto meravigliosamente rude, con i capelli ancora scompigliati per aver passato la notte nella tenda. Quella sera avevano in programma di prendere una stanza in un piccolo hotel, in primo luogo per potersi fare una doccia prima di tornare all’accampamento, ma Mackenzie doveva ammettere che vederlo così poco curato aveva un che di affascinante. Vederlo così, in qualche modo, le rendeva molto più semplice immaginare di passare il resto della vita insieme a lui.

Venti minuti dopo avevano raggiunto il lago, ed Ellington era seduto su un vecchio molo traballante con in mano una canna da pesca presa a noleggio. Mackenzie si limitò a osservarlo, scambiando con lui solo poche parole. Le piaceva vederlo fare qualcosa che non si sarebbe mai nemmeno immaginata potesse fare con piacere. Questo le fece realizzare che c’era ancora così tanto su di lui da scoprire, e quel pensiero era preoccupante, dato che era l’uomo che aveva sposato appena due giorni prima.

Quando prese il primo pesce, Mackenzie si stupì molto. Quando i pesci nel secchio furono tre, fu altrettanto stupita di scoprirsi attratta da quel lato di lui. Si domandò quali altre attività all’aperto in cui Ellington se la cavava le avesse nascosto.

Tornarono al campeggio, con la Jeep impregnata dell’odore dei tre pesci che sarebbero diventati la loro colazione. Una volta a destinazione, Mackenzie constatò che la sua bravura si fermava a tirare fuori i pesci dall’acqua. Quando si trattava di pulirli era un po’ impacciato. Anche se alla fine riuscirono a gustarsi quel pesce delizioso, era ridotto quasi a brandelli.

Fecero il programma per la giornata, che includeva andare a cavallo, visitare le cascate e raggiungere un piccolo albergo appena fuori Reykjavíc per farsi una doccia e consumare un pasto decente, prima di tornare nella magnifica campagna dove erano accampati per la notte.

Le pareva tutto un sogno, ma al tempo stesso un modo molto intenso di iniziare la loro vita insieme. C’erano momenti, quando lo teneva stretto a sé o lo baciava sotto quel paesaggio incredibile, che sapeva avrebbe ricordato per tutta la vita, magari fino al suo ultimo respiro. Non si era mai sentita così felice in vita sua.

Tornarono al campeggio, dove riattizzarono il falò. Puliti e con lo stomaco pieno, si ritirarono nella tenda e passarono una lunghissima notte.

***

Quando mancavano soltanto due giorni alla fine della luna di miele, fecero una visita guidata privata dei ghiacciai nel Cerchio d’Oro. Fu l’unica giornata in cui Mackenzie soffrì di nausee mattutine, così dovette rinunciare a scalare il ghiacciaio. Tuttavia, restò ad osservare Ellington affrontare l’impresa. Le piaceva vederlo carico come un bambino, impaziente di dimostrare di potercela fare. Era un aspetto di lui che aveva intravisto altre volte, ma mai così bene come adesso. In quel momento realizzò che non avevano mai passato così tanto tempo insieme al di fuori del lavoro. Era una specie di piccolo paradiso e le fece capire di amarlo tantissimo.

Mentre Ellington e la guida iniziavano la discesa, Mackenzie sentì il cellulare vibrarle in tasca. Da quando erano saliti sull’aereo, entrambi avevano tolto il volume della suoneria ai cellulari ma, visto il loro lavoro, non avevano potuto spegnerli completamente. Per tenersi occupata mentre aspettava che Ellington scendesse, prese il telefonino e controllò chi fosse.

Quando vide sul display il nome di McGrath, il cuore le sprofondò. Negli ultimi giorni si era sentita al settimo cielo, ma vedendo quel nome ebbe l’impressione che tutto sarebbe presto finito.

“Pronto, qui agente White” rispose, per poi pensare subito: Maledizione… ho perso la mia prima occasione di chiamarmi agente Ellington.

“Sono McGrath. Allora, com’è l’Islanda?”

“Bella” rispose. Poi, senza curarsi di mostrarsi vulnerabile con il capo, aggiunse. “Fantastica, davvero stupenda.”

“Allora sono sicuro che mi odierete per questa telefonata.”

Quando le rivelò il motivo della chiamata, Mackenzie pensò che aveva pienamente ragione. Una volta chiusa la comunicazione, era effettivamente arrabbiata con lui.

Il suo presentimento si era rivelato corretto. Così, all’improvviso, la loro luna di miele era finita.

CAPITOLO QUATTRO

La transizione era stata piuttosto semplice. Tutto quello scapicollarsi per prendere il primo volo notturno per Washington aveva fatto gradualmente svanire la magia della luna di miele, riproiettandoli nella vita reale. Mackenzie, tuttavia, constatò soddisfatta di avvertire ancora un po’ di quella magia tra di loro, soprattutto quando realizzò che, anche se adesso erano tornati negli USA ed erano di nuovo al lavoro, erano ancora sposati. Certo, l’Islanda era stata magica, ma non era stato l’unico elemento a legarli in quei pochi giorni.

Quello che invece non si sarebbe aspettata fu quanto distintamente avvertisse la fede nunziale che portava al dito mentre lei ed Ellington entravano nell’ufficio di McGrath, appena quattordici ore dopo che quest’ultimo aveva interrotto la loro luna di miele. Non era così ingenua da pensare di essere una persona completamente diversa, adesso; tuttavia, lo considerava un segnale del fatto che fosse cambiata, che fosse in grado di crescere. E se si poteva dire della sua vita privata, perché non anche della sua vita lavorativa?

Magari sarà così dopo che avrai detto al tuo superiore che sei incinta di quindici settimane, si rammentò.

Con quel pensiero in mente, realizzò anche che il caso per cui erano stati chiamati sarebbe probabilmente stato l’ultimo prima di dover rivelare della gravidanza – nonostante il pensiero di dare la caccia a un assassino con un bambino in grembo la facesse sorridere.

“Vi ringrazio per essere arrivati tanto alla svelta” esordì McGrath. “E voglio inoltre congratularmi con voi per le nozze. Naturalmente, non mi piace l’idea di una coppia sposata che lavora insieme, ma voglio che questo caso sia risolto il prima possibile, perché in caso contrario potrebbe scatenare il panico in un campus universitario. E sappiamo che è innegabile che voi due lavorate bene insieme, perciò eccoci qui.”

Ellington si voltò verso di lei sorridendo per quel commento. Mackenzie si sentiva quasi disarmata per l’intensità di quello che provava per lui. Era una bella cosa, ma la metteva anche leggermente a disagio.

“L’ultima vittima è una studentessa del secondo anno alla Queen Nash University di Baltimora. Christine Lynch. È stata uccisa nella cucina di casa sua, a tarda sera. Non aveva indosso la maglietta, che è stata trovata sul pavimento. È palese che è stata strangolata. Da quanto ho appreso, non c’erano impronte digitali sul collo, il che indica che l’assassino portava dei guanti.”

“Perciò si tratta di omicidio premeditato, non colposo” commentò Mackenzie.

McGrath annuì e passò loro tre fotografie della scena del crimine. Christine Lynch era un’attraente ragazza bionda e nelle foto aveva il viso rivolto verso destra. Era truccata e, come aveva anticipato McGrath, era senza maglietta. Sulla spalla spiccava un piccolo tatuaggio, che Mackenzie identificò come un passero. L’uccellino sembrava guardare in alto, verso la zona dove iniziava il livido intorno al collo della ragazza, chiaramente visibile persino in foto.

“La prima vittima” proseguì McGrath aprendo un’altra cartellina, “è una ventunenne di nome Jo Haley. Anche lei studentessa alla Queen Nash. È stata trovata nella sua stanza, a letto e completamente nuda. Il corpo era rimasto lì per almeno tre giorni, prima che la madre contattasse allarmata la polizia. Anche sul suo collo c’erano segni di strangolamento, seppur non feroci come quelli su Christine Lynch. La Scientifica ha trovato tracce di attività sessuale poco prima della morte, incluso un incarto vuoto di preservativo.”

Passò loro le foto della scena del crimine, che ritraevano Jo Haley e le ecchimosi sul collo. Anche lei, come Christine Lynch, era piuttosto attraente. Inoltre, era molto magra e minuta.

“Perciò l’unico elemento concreto che abbiamo è che due ragazze carine della Queen Nash sono state uccise durante o subito dopo un rapporto sessuale?” riassunse Mackenzie.

“Esatto” confermò McGrath. “Data la presunta ora della morte di Jo Haley, calcolata dal medico legale, sono state uccise a meno di cinque giorni l’una dall’altra.”

“Sappiamo i movimenti delle vittime la notte in cui sono state uccise?” chiese Mackenzie.

“No, non abbiamo nulla di certo. Però sappiamo che Christine Lynch è stata vista nell’appartamento del suo ragazzo fino all’una di notte di mercoledì. Il suo cadavere è stato scoperto dal ragazzo il giorno dopo, quando è andato da lei al suo appartamento.”

Ellington studiò l’ultima fotografia, poi le restituì a McGrath. “Signore, con tutto il rispetto, adesso che sono un uomo sposato non posso più andare su un campus universitario e avvicinare giovani ragazze.”

McGrath alzò gli occhi al cielo e guardò Mackenzie. “Buona fortuna con lui” disse indicando Ellington con un cenno. “Scherzi a parte… Voglio il caso chiuso il prima possibile. Le vacanze invernali finiranno la prossima settimana e non voglio che si scateni il panico tra gli studenti quando torneranno al campus.”

Come se qualcuno avesse premuto un interruttore della personalità, Ellington tornò ai modi professionali. “Prendo i dossier del caso e ci mettiamo subito al lavoro.”

“Grazie. E dico sul serio… godetevi questo caso come partner. Non credo sia una buona idea che continuiate a lavorare insieme, adesso che siete sposati. Potete considerare questo caso come il mio regalo di nozze.”

Mackenzie, incapace di trattenersi, disse: “Ecco, signore, avrei preferito di gran lunga una caffettiera.”

Quasi incredula, vide il lampo di un sorriso increspare le labbra di McGrath, che subito si ricompose. Mackenzie ed Ellington uscirono dal suo ufficio con il loro primo caso come marito e moglie e, di conseguenza, il loro ultimo caso come partner.

CAPITOLO CINQUE

Seguendo l’abituale metodo di Mackenzie, iniziarono dalla scena del crimine più recente. Era come osservare un cadavere ancora caldo che, rispetto ad uno ormai freddo da tempo, avrebbe potuto avere molti più indizi da offrire. Durante il viaggio in auto verso il Maryland, Mackenzie aveva letto ad alta voce i documenti del caso, mentre Ellington era impegnato alla guida.

Una volta giunti all’appartamento di Christine a Baltimora, furono accolti dal vicesceriffo del dipartimento locale di polizia. Era un uomo in là con gli anni, probabilmente prossimo alla pensione e a cui venivano affidati casi simili.

“Piacere di conoscervi” disse stringendo loro la mano con un’allegria che lo rendeva quasi antipatico. “Sono il vicesceriffo Wheeler. Si può dire che abbia supervisionato io il caso.”

“Agenti White ed Ellington” disse Mackenzie, accorgendosi ancora una volta di non sapere bene come riferirsi a se stessa. Era qualcosa di cui lei ed Ellington non avevano ancora parlato, nonostante sul certificato di matrimonio comparisse come Mackenzie Ellington.

“Cosa ci può dire dal suo punto di vista?” chiese Ellington mentre entravano nell’appartamento di Christine Lynch.

“Ecco, io e il mio collega siamo arrivati qui e siamo entrati insieme al ragazzo della vittima. Lei era proprio lì, sul pavimento della cucina. La maglia era per terra di fianco a lei. Aveva ancora gli occhi aperti. Era chiaro che fosse morta strangolata e non c’erano segni di colluttazione.”

“Nevicava la notte in cui è successo” disse Ellington. “Non c’erano orme bagnate nel corridoio?”

“No. Da quanto abbiamo appreso, il suo ragazzo è venuto qui solo il pomeriggio seguente. Da quando è stata uccisa a quando l’ha trovata devono essere passate tra le dieci e le sedici ore.”

“Perciò era una scena pulita?” chiese Mackenzie.

“Già. Niente indizi, come orme bagnate o simili. Niente di rilevante.”

Mackenzie ripensò a quanto aveva letto nel dossier, in particolare una nota piuttosto personale che il medico legale aveva aggiunto non più di sei ore prima. Nel togliere le mutandine di Christine per preparare il cadavere all’autopsia, erano stati trovati segni di eccitazione sessuale. Naturalmente poteva essere il risultato della serata passata con il ragazzo. Ma se si aggiungeva che era stata trovata in cucina senza maglia… faceva pensare che forse si fosse vista con qualcun altro, dopo aver lasciato l’appartamento del ragazzo. Forse non avevano voluto perdere tempo per andare in camera da letto.

“La polizia ha già fatto richiesta di visionare i filmati delle telecamere di sicurezza?” domandò Mackenzie. “Ne ho notate almeno due sulla fiancata dell’edificio, quando siamo arrivati.”

“Se ne sta già occupando qualcuno” disse Wheeler. “Secondo l’ultimo aggiornamento che ho ricevuto, più o meno un paio d’ore fa, nei filmati non c’è niente di rilevante. Se volete, però, potete visionarli anche voi.”

“Forse lo faremo” disse Mackenzie uscendo dalla cucina ed entrando nel soggiorno.

Christine aveva condotto una vita ordinata. I volumi nella piccola libreria sulla destra erano ordinatamente impilati e disposti in ordine alfabetico; per lo più si trattava di biografie e libri di testo di scienze politiche. Sui tavolini ai lati del divano e appese alle pareti c’erano delle fotografie. Quasi tutte ritraevano Christine insieme a una donna che era evidente fosse la madre.

Si spostò nella camera da letto e si mise a dare un’occhiata in giro. Il letto era fatto e la stanza era ordinata come il soggiorno. Gli unici oggetti sparsi sul comodino e sulla scrivania rivelavano ben poco: penne, qualche moneta, il caricabatterie di un iPhone, l’opuscolo di un esponente politico locale e un bicchiere con un dito d’acqua rimasto all’interno. Era chiaro che non fosse successo niente in quella stanza la notte in cui Christine era morta.

Questo faceva nascere molte domande e molte conclusioni, su cui Mackenzie ragionò mentre tornava in cucina.

Qualcuno è venuto qui da lei dopo che è tornata dall’appartamento del suo ragazzo. Lei lo aspettava o è stata una sorpresa?

Il fatto che il cadavere sia stato trovato dentro casa e fosse senza maglia probabilmente significa che, a prescindere da questo, ha invitato l’assassino ad entrare. L’ha invitato senza avere idea di essere in pericolo?

In cucina vide che Ellington stava prendendo appunti mentre parlava con il vicesceriffo Wheeler. Quando la vide, si scambiarono un cenno del capo. Era uno dei molti modi in cui avevano imparato a coordinarsi sul lavoro – un linguaggio non verbale che risparmiava interruzioni e momenti imbarazzanti.

“Bene, vicesceriffo Wheeler, direi che abbiamo concluso qui” disse Ellington. “Per caso si è occupato lei anche dell’omicidio di Jo Haley, pochi giorni fa?”

“No, ma conosco abbastanza dettagli da potervi aiutare, se avrete bisogno di me.”

“Perfetto, in quel caso la contatteremo.”

Wheeler sembrò soddisfatto e rivolse loro un gran sorriso mentre uscivano dall’appartamento di Christine Lynch. Una volta fuori, Mackenzie osservò il marciapiede, dove non c’era quasi traccia che fosse nevicato. Fece un sorrisetto tirato nel realizzare che, probabilmente, mentre quella povera ragazza veniva uccisa lei ed Ellington si stavano preparando al matrimonio.

Christine Lynch non avrà mai il privilegio di sposarsi, pensò Mackenzie con una fitta di dispiacere per la vittima. Il dispiacere si intensificò quando realizzò che c’era un’altra gioia femminile che non avrebbe mai sperimentato.

Avvolta dalla tristezza, Mackenzie si posò una mano sul ventre appena sporgente, come a voler proteggere quello che c’era all’interno.

***

Dopo una chiamata al Bureau, Mackenzie ed Ellington scoprirono che anche il ragazzo di Christine studiava alla Queen Nash. Aveva un impiego part-time in un ufficio di sanità pubblica, per fare pratica per la futura carriera che lo attendeva dopo la laurea. Non fu al lavoro che lo trovarono, bensì al suo appartamento; a quanto pareva, aveva preso la perdita di Christine molto peggio di un tipico fidanzatino universitario.

Quando arrivarono al suo appartamento, Clark Manners era intento a pulire casa, nonostante fosse già linda. Era evidente che non dormisse bene da un po’; aveva lo sguardo annebbiato e camminava come spinto da una forza invisibile. Ciononostante, sembrò entusiasta di farli entrare, impaziente di scoprire cosa fosse successo.

“Sentite, non sono stupido” disse mentre si accomodavano nel soggiorno immacolato. “Chiunque sia stato a ucciderla… aveva intenzione di violentarla, no? Per questo era senza maglia, no?”

Mackenzie si era chiesta la stessa cosa, ma le foto della scena del crimine raccontavano un’altra storia. Cadendo a terra, Christine era finita sulla maglia. Questo faceva pensare che fosse stata tolta senza difficoltà e lasciata cadere sul pavimento. Mackenzie avrebbe scommesso che fosse stata la stessa Christine a togliersela per l’uomo che aveva fatto entrare in casa – e che poi l’avrebbe uccisa. Inoltre… Mackenzie non era tanto sicura che l’assassino avesse intenzione di stuprarla. Se fosse stata quella la sua intenzione, avrebbe potuto farlo. No… Mackenzie credeva che fosse andato da lei con il chiaro intento di ucciderla e basta.

Ma non c’era motivo che il povero Clark lo sapesse.

“È troppo presto per dirlo” disse invece Mackenzie. “La cosa potrebbe essere andata in vari modi. Speravamo che forse lei avrebbe potuto fornirci qualche elemento utile per capire cosa sia successo.”

“Ma certo, ma certo” disse Clark. Aveva chiaramente bisogno di riposo e di meno caffè. “Farò tutto ciò che posso.”

“Ci può descrivere la sua relazione con Christine?” chiese Ellington.

“Stavamo insieme da circa sette mesi. Lei era la prima vera ragazza che io abbia avuto – la prima che sia durata più di due o tre mesi. La amavo… l’ho capito dopo il primo mese.”

“Eravate già arrivati ad avere rapporti fisici?” chiese Mackenzie.

Clark annuì con espressione distante. “Sì, ci siamo arrivati abbastanza in fretta.”

“La notte in cui è stata uccisa” riprese Mackenzie “a quanto ho capito era appena tornata dopo essere stata qui, nel suo appartamento. Si fermava spesso a dormire qui?”

“Sì, un paio di volte a settimane. A volte anch’io mi fermavo da lei. Proprio un paio di settimane fa mi aveva dato le chiavi dell’appartamento, per passare quando volevo. Ecco come ho fatto a entrare… quando l’ho trovata…”

“Perché quella notte non è rimasta a dormire qui?” volle sapere Ellington. “Era tardi quando se n’è andata. Avevate litigato?”

“No, cielo, no. Praticamente non litigavamo mai. No… avevamo tutti bevuto e io avevo davvero esagerato. Le ho dato il bacio della buonanotte quando era ancora qui con alcuni miei amici, poi visto che mi sentivo male sono andato a letto e sono crollato. Ero sicuro che sarebbe rimasta, invece quando la mattina dopo mi sono svegliato, lei non c’era.”

“Crede che qualcuno dei suoi amici potrebbe averle dato un passaggio?” chiese Mackenzie.

“L’ho chiesto a tutti, ma dicono di no. Si erano offerti, ma Christine ha rifiutato. In fondo abitiamo a soli tre isolati di distanza e a lei piace il freddo… le piace camminare all’aria aperta. Lei è della California, quindi la neve è quasi magica per lei, sapete? Ricordo persino… che quella sera era eccitata perché le previsioni davano neve. Aveva anche scherzato dicendo di voler andare a fare una passeggiata sotto la neve.”

“Quante persone c’erano qui, quella sera?”

“Compresa Christine, eravamo in sei. Per quel che so, se ne sono andati tutti poco dopo di lei.”

“Ci può fornire i loro nomi e recapiti?” chiese Ellington.

“Certamente” disse Clark recuperando il cellulare e cercando i contatti.

“Le capita spesso di avere gente in casa una sera infrasettimanale?” chiese Mackenzie.

“No. Ci eravamo trovati per una specie di ultimo festeggiamento prima della fine delle vacanze invernali. Le lezioni riprendono la settimana prossima. Tra gli impegni di lavoro e in famiglia, quella era l’unica sera in cui potevamo riunirci.”

“Christine aveva altri amici al di fuori di questo gruppo?”

“Alcuni, ma era un’introversa. Per lo più usciva con me e un paio dei miei amici, ma questo è quanto. Inoltre lei e sua madre erano molto unite. Credo che sua madre avesse in programma di venire qui prima della fine del semestre – nel senso che voleva proprio trasferirsi.”

“Ha parlato con la madre da quando è successo?”

“Sì, ed è stato parecchio strano, perché è stata la prima volta che ho parlato con lei. L’ho aiutata con…”

In quella si interruppe e, per la prima volta, i suoi occhi stanchi si velarono di lacrime.

“…con i preparativi per il funerale. La farà cremare qui in città, credo. È arrivata l’altra sera e alloggia in albergo.”

“C’è qualche familiare insieme a lei?” si informò Mackenzie.

“Non saprei.” Clark si chinò in avanti fissando il pavimento. Appariva al tempo stesso esausto e triste, un mix che sembrava aver avuto infine la meglio su di lui.

“Per ora la lasceremo in pace” disse Mackenzie. “Se non le dispiace, ci può dire in quale albergo alloggia la signora Lynch?”

“Certo” disse riprendendo il cellulare. “Un momento.”

Mentre recuperava il recapito, Mackenzie si voltò a guardare Ellington. Come sempre, Ellington era sull’attenti, intento a osservare la stanza per essere sicuro di non lasciarsi sfuggire qualcosa di ovvio. Mackenzie si accorse anche nel frattempo giocherellava con la fede nunziale, rigirandosela lentamente intorno al dito.

Riportò la propria attenzione su Clark Manners. Era quasi certa che lo avrebbero interrogato di nuovo, probabilmente molto presto. Il fatto che stesse ossessivamente pulendo l’appartamento dopo la morte della ragazza aveva senso da un punto di vista psicologico, ma poteva anche essere interpretato come un tentativo di cancellare delle prove.

Tuttavia, Mackenzie aveva già visto persone distrutte dal dolore per la perdita di una persona cara e l’istinto le diceva che con tutta probabilità Clark era innocente. Nessuno sarebbe stato in grado di simulare il suo dolore e l’incapacità di dormire. Avrebbero però dovuto parlare anche con i suoi amici, prima o poi.

Clark passò il cellulare a Mackenzie, che si annotò le informazioni per contattare la signora Lynch. Scrisse anche i nomi e i numeri di telefono degli amici di Clark che erano stati a casa sua la notte dell’omicidio di Christine. Mackenzie si accorse che anche lei stava giocherellando con la fede. Ellington, che l’aveva notata, riuscì a rivolgerle un breve sorriso, nonostante le circostanze. Quando prese il telefono da Clark, smise di toccare l’anello.

***

Margaret Lynch era l’esatto opposto di Clark Manners. Appariva calma e controllata, e accolse Mackenzie ed Ellington nell’atrio dell’hotel Radisson con un sorriso. Tuttavia mostrò il primo segno di debolezza quando li accompagnò su un divanetto nel retro della hall.

“Se mi metto a piangere, preferirei non farlo davanti a tutti” dichiarò accomodandosi sul divano, quasi fosse certa che darebbe successo esattamente così.

“Vorrei iniziare domandandole quanto conosce Clark Manners” esordì Mackenzie.

“Ecco, ho parlato con lui per la prima volta due giorni fa, dopo che è successo tutto questo. Ma Christine mi aveva parlato di lui al telefono in un paio di occasioni. Era molto presa da lui, credo.”

“Ha dei sospetti?”

“No. Naturalmente non conosco il ragazzo di persona, ma stando a quello che mi diceva Christine, non credo sia stato lui.”

Mackenzie si accorse che la signora Lynch faceva di tutto per evitare parole come uccisa o assassinata. Immaginò che il motivo per cui quella donna riuscisse a mantenere il controllo fosse che era riuscita a distanziarsi dalla situazione. A facilitare il tutto, probabilmente, c’era anche il fatto che madre e figlia vivevano in stati diversi da qualche tempo, ormai.

“Cosa ci può dire della vita di Christine qui a Baltimora?” proseguì Mackenzie.

“Dunque, aveva iniziato il college a San Francisco. Voleva diventare avvocato, ma la scuola e gli indirizzi di studio… non facevano per lei. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata sul fatto che avesse intenzione di fare domanda alla Queen Nash University. Una lunga chiacchierata. Suo padre morì che lei aveva undici anni, e da allora siamo sempre state sole, io e lei. Niente zii e zie. La nostra è sempre stata una piccola famiglia. Ha ancora la nonna, ma soffre di demenza e si trova in una struttura vicino a Sacramento. Non so se lo sapete già, ma Christine sarà cremata qui a Baltimora. Non ha senso farla portare fino in California per fare la stessa cosa. Non abbiamo particolari legami con la zona, inoltre le piaceva molto stare qui, perciò…”

Questa povera donna rimarrà completamente sola, pensò Mackenzie. Era sempre consapevole di cose del genere quando interrogava le persone, ma quel pensiero sembrò investirla con il peso di un macigno.

“Ad ogni modo, fu ammessa e nel giro di un semestre aveva deciso che le piaceva un sacco. Lo diceva sempre in tono di scuse, preoccupata che la sua anziana madre dovesse vivere da sola senza di lei. Si teneva in contatto con me, chiamandomi un paio di volte a settimana. Mi raccontava delle lezioni e anche, come dicevo prima, di Clark.”

“Cosa raccontava di lui?” volle saper Ellington.

“Solo che era un tipo carino e molto spiritoso. A volte mi diceva che poteva essere un po’ noioso e che aveva la tendenza ad alzare un po’ il gomito quando era in compagnia,”

“Ma niente di negativo?”

“Non che riesca a ricordare.”

“Perdoni la domanda” disse Mackenzie, “ma sa se loro due avessero un rapporto esclusivo? Quello che intendo è, crede fosse possibile che Christine frequentasse qualcun altro allo stesso tempo?”

La signor Lynch ci rifletté per un momento. Non sembrava offesa per quella domanda; rimase calma come quando li aveva accolti nella hall. Mackenzie si domandò quanto tempo sarebbe passato prima che la poveretta infine cedesse.

“Non mi ha mai accennato ad altri pretendenti” disse la signora Lynch. “E credo di sapere perché me l’ha chiesto. Mi è stata descritta la scena del ritrovamento… incluso il fatto che fosse seminuda. Io avevo semplicemente immaginato…”

Si interruppe prendendosi qualche secondo per ricomporsi. Quello che stava per dire aveva risvegliato le emozioni dentro di lei, ma riuscì a reprimerle prima di farsi sopraffare. Quando riprese a parlare, il suo volto pareva di pietra.

“Avevo semplicemente immaginato che si trattasse di uno stupro finito male. Che forse l’uomo per qualche motivo fosse troppo nervoso e non sia riuscito a portare a termine il piano. Ma immagino che esista anche la possibilità che ci fosse un altro uomo nella sua vita. Se era così, io semplicemente non ne ero a conoscenza.”

Mackenzie annuì. Anche lei aveva pensato al tentato stupro, ma il modo in cui la maglia sembrava essere stata gettata sul pavimento e il fatto che Christine ci fosse sdraiata sopra… la cosa non quadrava con quella possibilità.

“Bene, signora Lynch, non vogliamo disturbarla più dello stretto necessario” disse Mackenzie. “Per quanto tempo ha intenzione di restare in città?”

“Ancora non lo so. Forse un giorno o due dopo il funerale.” Alla parola funerale, la voce le si incrinò appena.

Ellington le porse un biglietto da visita, alzandosi dal divanetto. “Se per caso le viene in mente qualcosa, o se sente qualcosa durante il funerale, la prego di farcelo sapere.”

“Naturalmente. Grazie di occuparvi del caso.” la signora Lynch aveva un’aria sconsolata mentre Mackenzie ed Ellington si allontanavano. Ci credo bene, pensò Mackenzie. È sola in una città che non conosce e deve occuparsi della figlia deceduta.

La signora Lynch li seguì con lo sguardo, salutandoli con la mano. Una volta in macchina, Mackenzie realizzò per la prima volta di avere gli ormoni impazziti per via della gravidanza. Provava una profonda compassione per la signora Lynch, ed era quasi sicura che non sarebbe stata così intensa se non avesse saputo di aspettare un bambino. Mettere al mondo una vita, farla crescere solo per vedersela strappare via in modo così brutale… doveva essere straziante. Mackenzie si sentiva angustiata per la signora Lynch, mentre lei ed Ellington si immettevano nel traffico.

All’improvviso, Mackenzie fu invasa da un’ondata di determinazione. Aveva sempre avuto la passione per raddrizzare i torti – per consegnare assassini e uomini e donne malvagi alla giustizia. Che fossero gli ormoni oppure no, si ripromise che avrebbe trovato l’assassino di Christine Lynch, se non altro almeno per offrire un senso di chiusura a Margaret Lynch.

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Yosh cheklamasi:
16+
Litresda chiqarilgan sana:
09 sentyabr 2019
Hajm:
232 Sahifa 4 illyustratsiayalar
ISBN:
9781094310831
Mualliflik huquqi egasi:
Lukeman Literary Management Ltd
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Ushbu kitob bilan o'qiladi

Sotuv xitlari
4,3
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