Prima Che Brami

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CAPITOLO QUATTRO

Lasciarono Quantico subito dopo pranzo. Mentre Bryers guidava, diretto a sud-ovest, Mackenzie sentì di stare scampando alla noia, solo per essere portata dritta verso il pericolo.

“Allora, cosa puoi dirmi di questo caso?” chiese infine.

“Un corpo è stato rinvenuto a Strasburg, in Virginia. Il cadavere era in un parco statale, in condizioni molto simili a quelle del corpo scoperto più o meno nella stessa zona circa due anni fa.”

“Credi che i casi siano collegati?”

“Dev’essere così, se vuoi la mia opinione. Stessa zona, stessa brutalità. Se vuoi darci un’occhiata, i dossier sono nella mia cartellina, sul sedile posteriore.”

Mackenzie si allungò verso il sedile posteriore e recuperò la cartellina a soffietto che Bryers aveva sempre con sé quando c’erano delle indagini da svolgere. Ne estrasse un fascicolo, facendo intanto altre domande.

“Quando è stato scoperto il secondo cadavere?” chiese.

“Domenica. Finora non abbiamo nessuna traccia che ci indichi come proseguire. Non abbiamo una pista come l’altra volta. Abbiamo bisogno di te.”

“Perché proprio di me?” chiese lei, curiosa.

Lui ricambiò lo sguardo.

“Adesso sei un’agente, e sei anche brava” disse. “La gente parla già di te; persone che non sanno chi fossi prima di arrivare a Quantico. Anche se non è comune che un nuovo agente sia assegnato a un caso del genere, be’, tu non sei esattamente un tipico agente, no?”

“È una buona o una cattiva cosa?” chiese Mackenzie.

“Dipende dai risultati che otterrai, immagino” disse lui.

Mackenzie lasciò cadere il discorso, rivolgendo la propria attenzione al fascicolo. Bryers la sbirciò un paio di volte mentre esaminava i contenuti – per vedere come reagiva, o per vedere a che punto fosse arrivata. Mentre scorreva i fogli, le raccontò del caso.

“Ci sono volute solo poche ore prima di essere praticamente certi che l’omicidio fosse collegato ad un altro cadavere scoperto a circa cinquantacinque chilometri di distanza, due anni fa. Le foto che vedi in quel fascicolo sono di quel corpo.”

“Due anni fa” disse Mackenzie sospettosa. Nella foto, vide un corpo orrendamente mutilato. Era così terribile che dovette distogliere lo sguardo per un momento. “Cosa vi ha permesso di collegare con tanta facilità i due omicidi con l’enorme lasso di tempo intercorso tra loro?”

“Entrambi i corpi sono stati ritrovati nello stesso parco statale, ed entrambi erano mutilati. E lo sai cosa pensiamo delle coincidenze all’FBI, no?”

“Che non esistono?”

“Esattamente.”

“Strasburg” disse Mackenzie. “Non lo conosco affatto. È un paesino, giusto?”

“Mh, più un paese di medie dimensioni. La popolazione si aggira sui seimila abitanti. Una di quelle cittadine del sud ancora aggrappata alla Guerra Civile.”

“E c’è un parco statale lì?”

“Eh già” disse Bryers. “Anch’io mi sono stupito. Non poco. Il Parco Statale di Little Hill. All’incirca centodieci chilometri di terra in tutto. È proprio al confine con il Kentucky. È molto popolare per pescare, fare campeggio e arrampicate. Ci sono molte foreste inesplorate.”

“Come sono stati scoperti i corpi?” chiese Mackenzie.

“Un campeggiatore ha trovato il secondo sabato notte” disse Bryers. “Invece nel caso del primo cadavere, la scena era piuttosto raccapricciante. Il corpo è stato rinvenuto a settimane di distanza dall’omicidio. Era già in putrefazione e gli animali selvatici ne avevano mangiato alcune parti, come puoi vedere nelle foto.”

“C’è qualche indizio chiaro su come siano state uccise le vittime?”

“Non siamo riusciti a trovarne. I corpi hanno subito troppe mutilazioni. Il primo, quello di due anni fa, aveva la testa quasi del tutto recisa, tutte e dieci le dita delle mani mancanti e mai trovate, e la gamba destra mozzata all’altezza del ginocchio. Il cadavere più recente era un po’ sparso dappertutto. La gamba sinistra è stata trovata a sessanta metri di distanza dal resto del corpo. La mano destra era mozzata e non l’abbiamo ancora ritrovata.”

Mackenzie sospirò, sopraffatta per un momento dalla crudeltà che esisteva nel mondo.

“Che brutalità” commentò piano.

Lui annuì.

“Già.”

“Hai ragione” gli disse. “Le analogie sono troppo inquietanti da ignorare.”

Bryers non rispose e tossì forte, coprendosi la bocca con l’incavo del gomito. Era una tosse profonda e secca, come quelle che uno si trascina dopo un brutto raffreddore.

“Stai bene?” gli chiese.

“Sì, sì. È l’autunno che si avvicina. Le mie stupide allergie si risvegliano in questo periodo tutti gli anni. Tu, piuttosto? Stai bene? Adesso che sei diplomata e sei ufficialmente un’agente, hai il mondo nelle tue mani, come si suol dire. Questo ti eccita o ti spaventa?”

“Un po’ entrambe le cose” disse lei sinceramente.

“È venuto qualcuno dei tuoi a vederti sabato?”

“No” disse lei. E, prima che lui avesse il tempo di fare un’espressione triste o dire che gli dispiaceva, aggiunse: “Ma va bene così. La mia famiglia non è mai stata molto unita.”

“Sì, l’avevo sentito dire” disse. “Per me è stato lo stesso. I miei genitori erano brave persone, ma quando sono diventato adolescente e ho iniziato a comportarmi come tale, mi hanno in pratica lasciato perdere. Non ero abbastanza cristiano per loro. Mi piacevano troppo le ragazze. Cose così.”

Mackenzie non disse nulla perché era rimasta sbalordita. Da quando lo conosceva non aveva mai raccontato così tanti dettagli su di sé, e gli ultimi dodici secondi di confidenze erano completamente inaspettati.

Prima di rendersene conto, Mackenzie riprese a parlare. Le parole che le uscirono di bocca le sembrò di averle vomitate.

“Anche mia madre ha fatto più o meno la stessa cosa con me” disse. “Io ero cresciuta e lei si accorse di non essere più in grado di controllarmi. E, se non poteva controllarmi, allora non voleva avere niente a che fare con me. Quando però perse il controllo che aveva su di me, perse anche quello che aveva su tutto il resto.”

“Ah, non sono fantastici i genitori?” commentò Bryers.

“Già, come solo loro sanno esserlo.”

“Che mi dici di tuo padre?” le chiese Bryers.

La domanda le trafisse il cuore ma con sua sorpresa gli rispose. “È morto” disse brusca. Una parte di lei però avrebbe voluto raccontargli della morte di suo padre e di come fosse stata lei a scoprirne il cadavere.

Anche se il tempo che avevano trascorso separati sembrava aver migliorato il loro rapporto lavorativo, non si sentiva ancora del tutto pronta a riaprire quelle ferite davanti a Bryers. Eppure, nonostante la sua fredda risposta, Bryers adesso sembrava molto più aperto e disposto a chiacchierare. Si domandò se fosse semplicemente per il fatto che adesso lavoravano insieme con il benestare dei suoi superiori.

“Mi dispiace” le disse, facendole capire che aveva colto che lei non ne voleva parlare. “I miei... non capivano perché desiderassi questo lavoro. Erano dei cristiani estremamente rigidi. Quando a diciassette anni dissi loro che non credevo in Dio, in pratica mi hanno abbandonato. Adesso sono morti entrambi. Mio padre ha tenuto duro per sei anni dopo la morte di mia madre. Io e lui eravamo riusciti a fare pace in quel periodo. Andavamo nuovamente d’accordo, poi però lui morì di cancro ai polmoni nel 2013.”

“Almeno hai avuto l’occasione per recuperare il rapporto con lui” disse Mackenzie.

“Vero” disse lui.

“Ti sei mai sposato? Hai figli?”

“Sono stato sposato per sette anni. Ho avuto due figlie da mia moglie. Una adesso frequenta l’università in Texas, l’altra è da qualche parte in California. Ha smesso di parlarmi dieci anni fa, dopo aver lasciato la scuola superiore ed essere rimasta incinta del suo fidanzato ventiseienne.”

Lei si limitò ad annuire, non sapendo come continuare la conversazione. Era strano che si aprisse così tanto con lei, ma lo apprezzava. Quello che le aveva detto aveva senso. Bryers era un uomo piuttosto solitario e questo si accordava con i rapporti tesi che aveva avuto con in genitori.

Invece il fatto che avesse due figlie delle quali non parlava quasi mai era stata una grossa rivelazione. Adesso capiva perché con lei fosse così aperto e perché sembrasse piacergli lavorare con lei.

Nelle due ore successive parlarono poco, per lo più a proposito del caso e del periodo che Mackenzie aveva trascorso nell’Accademia. Era bello avere qualcuno a cui parlare di queste cose, e si pentì di non essersi confidata con lui quando le aveva chiesto di suo padre.

Passò un’altra ora e un quarto prima che Mackenzie vide i cartelli che segnalavano l’uscita per Strasburg. Mackenzie poteva praticamente sentire l’atmosfera nella macchina cambiare, mentre entrambi lasciavano da parte le questioni personali per concentrarsi unicamente sull’incarico.

Sei minuti più tardi, Bryers imboccò l’uscita. Quando entrarono nel paese, Mackenzie iniziò a sentirsi tesa. La tensione però era positiva – quel tipo di tensione che aveva provato la notte prima del diploma, entrando nel parcheggio con la pistola a proiettili di vernice in mano.

Era arrivata. Non solo a Strasburg, ma in una fase della sua vita che fino ad allora aveva solo sognato, fin dal suo primo avvilente incarico in Nebraska.

Oddio, pensò. Davvero è stato soltanto cinque anni e mezzo fa?

Era proprio così. E adesso che era stata letteralmente accompagnata verso la realizzazione dei suoi sogni, i cinque anni che separavano quel lavoro d’ufficio dal momento presente, sul sedile passeggero di Bryers, sembravano una specie di barriera che separava due versioni diverse di sé. E a Mackenzie andava bene così. Il suo passato non aveva fatto altro che ostacolarla, e adesso che se ne era finalmente liberata, era ben contenta di lasciarselo alle spalle.

 

Vide il cartello del Parco Statale di Little Hill e il cuore le accelerò in petto. Era il momento. L’inizio del suo primo caso ufficiale come agente. Tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lei, lo sapeva.

Era giunto il momento.

CAPITOLO CINQUE

Quando Mackenzie scese dall’auto nel parcheggio del Parco Statale di Little Hill, si preparò, avvertendo immediatamente la tensione dell’omicidio nell’aria. Non capiva come, ma riusciva a percepirla. Era una sorta di sesto senso che a volte avrebbe preferito non avere. Nessuno di quelli con cui aveva lavorato finora pareva averlo.

In un certo senso, realizzò, erano fortunati. Era un dono, ma anche una maledizione.

Attraversarono il parcheggio e raggiunsero il centro visitatori. Anche se l’autunno non aveva ancora una salda presa sulla Virginia, si era fatto sentire in anticipo. Le foglie tutto intorno stavano cambiando colore, virando sul rosso, il giallo e l’oro. Dietro al centro c’era un gabbiotto della vigilanza, e una donna dall’aria annoiata rivolse loro un cenno dalla cabina.

Il centro poteva solo definirsi come una banale trappola per turisti. Degli espositori mettevano in mostra magliette e bottigliette d’acqua. Su un piccolo scaffale sul lato destro poggiavano delle cartine della zona e degli opuscoli sulla pesca. Al centro stava una donna in età da pensione, che sorrideva da dietro un bancone.

“Voi siete quelli dell’FBI, giusto?” chiese la donna.

“Esatto” disse Mackenzie.

La donna annuì brevemente e sollevò la cornetta del telefono che c’era dietro il bancone. Digitò un numero da un pezzo di carta di fianco al telefono. Mentre aspettavano, Mackenzie si voltò, imitata da Bryers.

“Non hai parlato direttamente con la Polizia di Strasburg, vero?” gli chiese.

Bryers scosse la testa in segno negativo.

“Saremo accolti come amici o come un intralcio?”

“Immagino che lo scopriremo presto.”

Mackenzie annuì e si voltò verso il bancone. La donna aveva appena riagganciato e li stava guardando.

“Lo sceriffo Clements arriverà tra una decina di minuti. Potete aspettarlo fuori, al gabbiotto della vigilanza.”

Tornarono fuori e raggiunsero il gabbiotto. Mackenzie si ritrovò ancora una volta quasi ipnotizzata dai colori degli alberi. Camminò lentamente, godendosi la visuale.

“Ehi, White” disse Bryers. “Tutto a posto?”

“Sì, perché lo chiedi?”

“Stai tremando. Sei pallida. Come agente esperto dell’FBI, direi che sei nervosa – parecchio nervosa.”

Lei strinse forte le mani, accorgendosi che effettivamente tremavano leggermente. Sì, era nervosa, ma sperava di essere stata brava a nasconderlo. Invece a quanto pareva non ci era riuscita.

“Ascolta, adesso si fa sul serio. È normale che ti senta nervosa. Ma devi sfruttare la tensione. Non combatterla o nasconderla. So che sembra un controsenso, ma devi fidarti di me.”

Lei fece un cenno con la testa, in imbarazzo.

Proseguirono senza dire altro, con i colori degli alberi intorno a loro che parevano farsi sempre più vicini. Mackenzie guardò il gabbiotto davanti a sé, notando la sbarra che chiudeva la strada. Anche se sembrava una cosa ridicola, non poté fare a meno di pensare che il suo futuro l’aspettasse al di là di quella sbarra, e si sentì al tempo stesso intimidita e impaziente di superarla.

Dopo pochi secondi, entrambi udirono il rumore di un piccolo veicolo. Quasi immediatamente dopo, avvistarono un’auto da golf che sbucava dalla curva. Sembrava andare a tutta velocità e l’uomo al volante era tutto curvo in avanti, come se in quel modo potesse far andare la macchina più veloce.

Il veicolo sfrecciò e Mackenzie guardò l’uomo che immaginò essere lo sceriffo Clements. Era sulla quarantina e sembrava un tipo tosto, uno che non aveva avuto una vita facile. I capelli erano leggermente brizzolati sulle tempie e l’ombra di barba che gli velava il viso era probabilmente sempre lì.

Clements parcheggiò l’auto, guardò distrattamente la guardia nel gabbiotto e andò incontro a Mackenzie e Bryers.

“Agenti White e Bryers” disse Mackenzie tendendo la mano.

Clements la strinse passivamente, poi fece lo stesso con Bryers, prima di voltarsi verso il vialetto dal quale era arrivato.

“Ad essere onesto” disse Clements “anche se naturalmente apprezzo l’interesse dell’FBI, non sono sicuro che ci serva il vostro aiuto.”

“Be’, ormai siamo qui, perciò ci permetta di capire se possiamo essere d’aiuto” disse Bryers in tono amichevole.

“Bene, allora saltate su e scopriamolo” disse Clements. Mackenzie stava facendo del suo meglio per cercare di inquadrarlo, mentre montavano sull’auto da golf. La sua preoccupazione principale fin dall’inizio era cercare di capire se Clements era semplicemente molto stressato oppure se fosse uno stronzo di suo.

Si mise sul posto davanti, di fianco a Clements, mentre Bryers salì dietro. Clements non disse una parola. Sembrava proprio che cercasse di far loro capire che era una seccatura doverli accompagnare in giro.

Dopo un minuto circa, giunti ad un bivio, Clements imboccò il vialetto di destra. La strada ora non era più asfaltata, ed era così stretta da permettere a malapena il passaggio della piccola auto.

“Che istruzioni sono state date alla guardia nel gabbiotto?” chiese Mackenzie.

“Non deve passare nessuno” disse Clements. “Nemmeno se si tratta di ranger o sbirri. Prima devono avere il mio permesso. Ci sono già troppe persone a cazzeggiare qui intorno, rendendo le cose ancora più difficili.”

Mackenzie afferrò la frecciatina non troppo velata, ma la ignorò. Non aveva intenzione di mettersi a discutere con Clements prima che lei e Bryers avessero avuto l’occasione di vedere la scena del crimine.

Circa cinque minuti più tardi, Clements arrestò il veicolo, scendendo prima ancora che si fosse fermato completamente. “Forza” disse, come se stesse parlando a dei bambini. “Da questa parte.”

Mackenzie e Bryers scesero dall’auto. La foresta incombeva tutto intorno a loro. Era molto bella, ma aleggiava un silenzio pesante che a Mackenzie parve una sorta di presagio – un segnale che fosse accaduto qualcosa di terribile.

Clements li condusse tra gli alberi, procedendo a passo svelto. Non c’erano sentieri da seguire, soltanto vecchie impronte sparse qua e là tra la vegetazione. Senza nemmeno rendersene conto, Mackenzie superò Bryers per cercare di restare al passo con Clements. Di tanto in tanto doveva schivare un ramo basso o togliersi fili di ragnatela dalla faccia.

Dopo qualche minuto che camminavano, iniziò a sentire delle voci, poi rumori vari di gente che si muoveva. Cominciò a comprendere di cosa parlava Clements; ancora prima di vedere la scena del crimine, Mackenzie sapeva che sarebbe stata affollata.

Il suo sospetto venne confermato meno di un minuto dopo, quando giunsero sul posto. I sigilli delimitavano una zona triangolare nella foresta. Mackenzie contò otto persone, incluso Clements. Con lei e Bryers, in totale sarebbero stati in dieci.

“Visto cosa intendo?” chiese Clements.

Bryers affiancò Mackenzie e sospirò. “Che gran caos.”

Prima di farsi avanti, Mackenzie cercò di studiare al meglio la scena. Degli otto uomini, quattro erano della polizia locale, com’era facilmente intuibile dall’uniforme. Altri due indossavano un’uniforme diversa – probabilmente erano della polizia statale, immaginò Mackenzie. Senza lasciarsi distrarre, si concentrò sulla scena in sé, più che sulle persone.

Il luogo sembrava casuale. Non c’erano punti di particolare interesse, nessun oggetto che potesse essere visto come un simbolo. Era una sezione di foresta come tante, per quel che capiva Mackenzie. Calcolò che si trovava ad un paio di chilometri dal sentiero centrale. Gli alberi non erano particolarmente fitti, ma tutto intorno a lei percepiva un senso di isolamento.

Mackenzie spostò la sua attenzione sugli uomini che discutevano. Alcuni sembravano agitati, un paio arrabbiati. Due di loro non indossavano alcun tipo di divisa che permettesse di riconoscerne la professione.

“Chi sono i tizi senza uniforme?” chiese Mackenzie.

“Non saprei” disse Bryers.

Clements si voltò con espressione corrucciata. “Ranger” disse. “Joe Andrews e Charlie Holt. Capita una cosa del genere e si credono di essere poliziotti.”

Una delle guardie gli lanciò uno sguardo al vetriolo. Mackenzie era abbastanza sicura che Clements avesse indicato lui quando aveva fatto il nome di Joe Andrews. “Attento a come parli, Clements. Questo è un parco statale” disse Andrews. “Qui la tua autorità vale meno di un moscerino.”

“Già, può darsi” disse Clements. “Ma sai bene anche tu che mi basta una sola telefonata al distretto per farti sbattere via di qui in meno di un’ora. Perciò fa’ quel che devi fare, poi porta il tuo culo fuori di qui.”

“Presuntuoso figlio di...”

“Avanti” disse un terzo uomo. Era uno della polizia di stato, una montagna d’uomo con occhiali da sole che lo facevano sembrare il cattivo di un film d’azione anni ’80 di serie B. “Io ho l’autorità di buttarvi fuori di qui tutti e due. Quindi piantatela di comportarvi da mocciosi e fate il vostro lavoro.”

L’uomo si accorse solo in quel momento di Mackenzie e Bryers. Si avvicinò e fece un cenno del capo quasi a mo’ di scusa.

“Mi dispiace che abbiate assistito a una scena del genere” disse. “Sono Roger Smith, della polizia di stato. Avete visto che scena del crimine abbiamo qui?”

“Siamo qui per quello” disse Bryers.

Smith si voltò verso le altre sette persone e disse con voce tonante: “Fatevi indietro e lasciate che i federali facciano il loro lavoro.”

“E che mi dici del nostro lavoro?” domandò il secondo ranger. Charlie Holt, rammentò Mackenzie. Guardava Mackenzie e Bryers con aria sospettosa. Mackenzie pensò che sembrasse addirittura timido e timoroso per la loro presenza. Quando Mackenzie lo guardò, lui abbassò lo sguardo a terra, chinandosi a raccogliere una ghianda. Si mise a giocherellarci passandola da una mano all’altra, poi iniziò a staccare la parte superiore.

“Voi avete avuto abbastanza tempo” disse Smith. “Adesso fatevi un attimo da parte, ok?”

Tutti fecero come richiesto. I ranger sembravano i più risentiti. Per migliorare la situazione, Mackenzie immaginò che sarebbe stato meglio cercare di coinvolgerli il più possibile, per tenere a bada gli animi.

“Che tipo di informazioni servono a un guardaparco in casi come questo?” chiese ai due mentre si chinava per oltrepassare i sigilli, iniziando a guardarsi attorno. Vide evidenziato il punto in cui era stata trovata la gamba. Parecchio distante c’era la sagoma del resto del corpo.

“Intanto dobbiamo sapere per quanto tempo tenere chiuso il parco” disse Andrews. “Anche se può sembrare da egoisti, questo parco rappresenta una bella fetta del reddito proveniente dal turismo.”

“Hai ragione” si intromise Clements. “È proprio da egoisti.”

“Be’, secondo me possiamo essere egoisti ogni tanto” disse Charlie Holt sulla difensiva. Poi guardò Mackenzie e Bryers con disprezzo.

“Come mai?” volle sapere Mackenzie.

“Avete forse un’idea di quello che dobbiamo sopportare?” domandò Holt.

“In effetti no” disse Bryers.

“Adolescenti che fanno sesso” disse Holt. “A volte vere e proprie orge. Rituali di stregoneria. Ho addirittura beccato dei tizi ubriachi che se la facevano con un tronco – e intendo proprio che avevano le mutande calate. La polizia di stato si limita a farsi una bella risata quando sente queste storie, mentre la polizia locale le sfrutta per fare scherzi il fine settimana. Così... Sì, ogni tanto cerchiamo di far valere la nostra autorità.”

La foresta si fece silenziosa, tranne per uno dei poliziotti che sogghignando commentò: “Certo. L’autorità. Come no.”

I ranger lo fissarono con sguardi carichi di odio. Andrews fece un passo avanti, apparentemente sul punto di esplodere dalla rabbia. “Fanculo” disse semplicemente.

“Ho detto basta con queste stronzate” disse l’agente Smith. “Fatemelo ripetere di nuovo e vi sbatto fuori tutti. Chiaro?”

A quanto pareva, funzionò. La foresta si fece nuovamente silenziosa. Bryers oltrepassò i sigilli per raggiungere Mackenzie e, una volta che gli altri si furono fatti da parte alle loro spalle, si chinò verso di lei. Mackenzie avvertiva lo sguardo di Charlie Holt su di sé, e questo le fece venire voglia di prenderlo a pugni.

 

“Le cose potrebbero mettersi male” sussurrò Bryers. “Facciamo di tutto per andarcene il prima possibile, che ne dici?”

Mackenzie si mise subito al lavoro, scandagliando la scena e prendendo mentalmente nota di tutto. Bryers si era allontanato dalla scena del crimine e stava tossendo appoggiato ad un albero. Cercò di non lasciarsi distrarre da lui. Tenne gli occhi puntati a terra, studiando le foglie, il terriccio, gli alberi. La cosa che aveva meno senso secondo lei era che un cadavere in pessime condizioni avesse potuto essere trovato in quel luogo. Era difficile stabilire quanto tempo prima fosse avvenuto l’omicidio, o quando il corpo fosse stato gettato lì; sul terreno non vi erano tracce che il brutale omicidio fosse avvenuto lì.

Osservò i cartellini che segnavano deve erano state rinvenute le parti del corpo. Erano troppo distanziate tra loro perché si fosse trattato di un incidente. Se qualcuno si era sbarazzato di un cadavere mutilato spargendo i pezzi così lontano, l’aveva fatto di proposito.

“Agente Smith, sa se il corpo presentasse morsi di animali selvatici?” domandò.

“Se c’erano, erano così minuscoli che non sono stati rilevati ad un primo esame. Naturalmente ne sapremo di più quando avremo i risultati dell’autopsia.”

“E nessuno dei suoi uomini o della polizia locale ha spostato il corpo o gli arti mozzati?”

“No.”

“Idem” disse Clements. “Ranger, voi che mi dite?”

“No” disse Holt con una smorfia. Sembrava che si offendesse per ogni cosa.

“Posso chiedere perché è importante per scoprire il colpevole?” le chiese Smith.

“Be’, se il killer avesse ucciso qui, ci sarebbe un sacco di sangue” spiegò Mackenzie. “E se anche fosse successo da molto, ce ne sarebbero comunque almeno delle tracce in giro. Ma io non ne vedo. Dunque l’altra possibilità è che si sia liberato del corpo qui. Ma in quel caso, perché la gamba si troverebbe così lontano dal corpo?”

“Non la seguo” disse Smith. Mackenzie vide Clements, dietro di lui, che ascoltava con attenzione senza darlo a vedere.

“Mi viene da pensare che il killer abbia effettivamente abbandonato il corpo qui e che abbia separato le parti apposta.”

“E perché?” chiese Clements, non riuscendo più a fingere di non ascoltarli.

“Potrebbero esserci varie ragioni” spiegò lei. “Potrebbe essere stato semplicemente per un macabro divertimento, lasciare i pezzi in giro come giocattoli una volta finito di giocare. Per attirare la nostra attenzione. Oppure potrebbe esserci un motivo preciso – per la distanza, oppure per il fatto che sia una gamba, o altro.”

“Capisco” disse Smith. “Be’, alcuni dei miei uomini hanno già stilato un rapporto con la distanza tra il corpo e la gamba. Abbiamo tutte le misurazioni che vuole.”

Mackenzie si guardò attorno ancora una volta – osservando il gruppo di uomini e la foresta apparentemente pacifica – poi si fermò. Non c’era motivo di scegliere quel luogo. Questo le faceva pensare che la scelta fosse stata casuale. Eppure il fatto che il sentiero principale fosse tanto distante indicava il contrario. Indicava che il killer conosceva quei boschi – e forse anche il parco – piuttosto bene.

Cominciò a camminare per la scena del crimine, in cerca di tracce di sangue secco. Tuttavia non ne trovò. Più passavano i minuti, più era sicura della sua teoria.

Si rivolse ai ranger: “Non c’è modo di ottenere i nomi delle persone che frequentano il parco? Mi interessa chi viene spesso e conosce bene la zona.”

“Non credo” disse Joe Andrews. “Al massimo possiamo fornire una lista delle persone che hanno fatto donazioni di denaro.”

“Non è necessario” rispose Mackenzie.

“Ha una teoria da provare?” indagò Smith.

“L’omicidio è stato perpetrato da qualche altra parte, poi il corpo è stato lasciato qui” disse ragionando ad alta voce. “Ma perché proprio qui? Siamo a un chilometro di distanza dal sentiero centrale e non sembra esserci nulla di significativo qui. Ecco perché mi viene da pensare che chiunque sia stato conosca il parco molto bene.”

Mentre dava la sua spiegazione, ottenne solo qualche cenno del capo in risposta; la sensazione era che non le credessero, oppure che non gli importasse.

Mackenzie si voltò verso Bryers.

“Tu hai finito qui?” gli chiese.

Bryers annuì.

“Grazie, signori.”

Tutti la guardarono in silenzio. Clements la stava squadrando.

“Forza, andiamo allora” disse Clements alla fine. “Vi riaccompagno alla vostra auto.”

“No, non ce n’è bisogno” disse Mackenzie un po’ brusca. “Preferisco camminare.”

Mackenzie e Bryers si avviarono nel bosco verso il sentiero attraverso il quale Clements li aveva condotti lì.

Mentre si inoltravano tra la vegetazione, lasciandosi alle spalle i poliziotti, Clements e i ranger, Mackenzie si rese conto della vastità della foresta. Era inquietante pensare alle infinite possibilità che esistevano là fuori. Ripensò a quello che avevano detto i guardaparco, ai tanti reati che avvenivano tra quegli alberi, e sentì la schiena percorsa da un brivido gelido.

Se qualcuno era capace di ammazzare delle persone riducendole come quella rinvenuta sulla scena del crimine e aveva anche una buona conoscenza della foresta, non c’erano virtualmente limiti alla minaccia che poteva costituire.

E lei sentiva che avrebbe certamente colpito ancora.

Bepul matn qismi tugadi. Ko'proq o'qishini xohlaysizmi?