Faqat Litresda o'qing

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Kitobni o'qish: «I Puritani di Scozia, vol. 2», sahifa 8

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Poundtext fattosi a sua volta mediatore, mostrò ad entrambi le funeste conseguenze che da tal discordia la comune causa avrebbe patite, e pervenne ad ottenere una specie di riconciliazione fra i due campioni.

»Ebbene, Burley disse, fate di lord Evandale quel che v'aggrada; io me ne lavo le mani, nè mi fo mallevadore per le conseguenze che potran derivarne. Io fui che lo feci prigioniero coll'armi alla mano, intanto che voi, sig. Morton, passavate rassegne e vi mostravate in parata a Glascow; intanto che voi, sig. Poundtext, sfoggiavate co' vostri sermoni predicando una tolleranza riprovata dalla Scrittura. Ma nulla monta, il ripeto; fate di lord Evandale quel che v'aggrada. – Dingwal (era questi un ufiziale, che presso Burley compieva il ministerio d'aiutante di campo, e che gli dormiva vicino di stanza) ordinerete alla guardia che custodisce il prigioniero, di lasciarsi dar la muta da chi verrà a tal uopo prescelto dal sig. Morton. – Il prigioniero è ai vostri comandi, signori; ma ricordatevi che verrà un giorno in cui dovrete rendere un conto terribile a Dio ed agli uomini di quanto vi farete lecito in questo momento.»

Dette le quali cose lor volse le spalle in aspro modo, e senza salutarli passò in altra stanza.

Gli altri due colleghi, dopo alcuni istanti di deliberazione, trovarono cosa voluta dalla prudenza il pensare alla sicurezza del prigioniero col darlo in custodia a persone sulla cui fedeltà potessero viver tranquilli. Egli è da sapersi che alcuni fra i molti parrocchiani di Poundtext arrolati in quell'esercito, aveano preferito di rimanere con Burley al blocco di Tillietudlem per allontanarsi, il meno e il più tardi che poteano, dalle proprie famiglie. Tutti questi erano giovani operosi, accorti, animati dalle massime d'un moderato Presbiterianismo, e conoscenti di Morton; e ad esso affezionati oltre ogni dire. Sei di questi Enrico trascelse, ponendo a loro capo Cuddy, e li collocò alla porta di quella casa, entro di cui veniva custodito lord Evandale. Poi presa una stanza d'altra casa vicina, ove si ritrasse insieme a Poundtext, commise a questa nuova guardia d'avvertirlo sopra qualunque novità potesse accadere.

Rimasti soli il giovine di Milnwood e il ministro non pensarono a prender sonno se non se dopo aver composto uno scritto, mediante il quale chiarivansi tutte le pretensioni de' Presbiteriani moderati; le quali si aggiravano soprattutto nel chiedere la tolleranza della lor religione, la permissione di avere ministri di lor credenza e d'ascoltarne le istruzioni nelle proprie chiese; finalmente un'amnistia generale a favore di tutti coloro, che per tal causa brandirono l'armi. Pretensioni che ad avviso di chi le sosteneva erano tutt'uno con quella del libero uso de' diritti naturali d'ogni Scozzese. Laonde e Morton e Poundtext aveano concepito speranza di trovare anche fra i Reali i più zelanti tai saggi uomini, propensi a consigliare un concedimento che avrebbe fatte cader di mano l'armi alla maggior parte de' sollevati, e tolto anche ai più riottosi ogni ragionevol motivo di durare in una lotta sì infausta.

Nuovo argomento a sperar ben accolto questo primo passo spontaneo alla pace era per Morton il sapere che tale scritto sarebbe stato primieramente letto dal duca di Monmouth, uomo d'indole dolce ed umana ed amicissimo degli espedienti i più miti, dal duca di Monmouth, al quale, come vedemmo, Carlo II avea conferito in allora il comando sopra tutta la Scozia. Era inoltre cosa divulgata che il ridetto personaggio non veniva in questa contrada animato da spirito di vendetta, nè tampoco da inclinazioni sfavorevoli ai Presbiteriani, perchè solea dire apertissimamente: aspirar egli alla gloria di pacificare la Scozia, rifuggir l'animo suo da quella di soggiogarla.

Avvisò quindi Morton che a rendere efficacemente vantaggiosa alla causa generale una tal buona propensione del duca, e ad ottenerne ragionevoli condizioni di pace, non mancasse altro fuorchè fargliene pervenire le prime proposte colla mediazione d'un uomo rispettabile nè sospetto in verun conto di parteggiare per la causa dei Presbiteriani; nè all'uopo d'una missione pacifica Morton scorgea persona più adatta dello stesso lord Evandale. Risolvè pertanto vederlo alla domane, e assicurarsi s'ei vorrebbe accettare l'onorevole parte di mediatore. Un avvenimento non preveduto gli fe' accelerare l'esecuzione di un tale divisamento.

CAPITOLO XII

 
»Cedete, o forti; chè superna legge
»Di Fato il chiede: inesorata legge
»Contra cui non han scudo i numi istessi!
 
Autore anonimo.

Già Poundtext si era ritirato in una vicina stanza, e dormiva d'un profondissimo sonno; intanto che Morton, avendo già posto in miglior forma il partito delle condizioni di pace che di concerto con questo compagno suo combinò, stava per andare egli pure al riposo. Ma udì picchiare all'uscio.

»Avanti!» diss'egli, e in quell'istante medesimo Cuddy aprendo un poco la porta, fece innanzi tra essa e il muro, la testa.

»Avanti dunque!» replicò Morton. »Che volete da me? vi è qualche sinistra novità?»

»Nulla di sinistro, sig. Morton. Vi conduco una persona che brama parlarvi, una persona di vostra antica conoscenza.» Ed in allora dopo avere aperta tutta la porta fece entrare una donna, che tenea nascosto il volto sotto il mantelletto dello stesso Cuddy. »Venite, venite. (Così questi la confortava). Di che vergognarvi? Si direbbe essere la prima volta che vedete il signor Enrico.» Indi ritraendo il mantelletto, lasciò vedere al suo padrone i lineamenti di Jenny Dennison, che parimente Morton riconobbe. – »Ebbene, mistress! parlate dunque, e dite al sig. Enrico quanto volevate raccontare a lord Evandale.»

»E che cosa voleva io dire al signor Morton, rispose Jenny, allor quando andai a visitarlo prigioniero al castello? Non si può dunque desiderare di vedere i propri amici, quando l'afflizione gli opprime, ancorchè non si abbia a dir loro nulla di particolare, testa sventata che sei?»

Jenny diede tal risposta con quell'aria di leggerezza che erale famigliare, ma le mancava la voce, pallide se ne eran fatte le guance, avea gli occhi pregni di lagrime, le sue mani tremavano, e dava in tutta la persona i segnali d'una veementissima commozione.

»Che cosa avete dunque, Jenny? prese a dir Morton. In che posso giovarvi? Non ho già dimenticato che vi professo più di una obbligazione, e se v'è cosa per la quale io possa esservi utile, non dovete paventare un rifiuto da me.»

»Vi ringrazio di tutto cuore, signor Morton; e so che aveste sempre un animo propenso alla compassione, benchè mi dicano che adesso siete di gran lunga cambiato.»

»E come si dice questo, Jenny?»

»Perchè si vuole che voi insieme ai Presbiteriani abbiate giurato buttar giù dal suo trono il re Carlo, far sì che nè egli nè i suoi discendenti di generazione in generazione vi tornino mai più; che vi siete fitti in mente di bruciare tutte le chiese non presbiteriane, che…»

»Sarebb'egli possibile che i miei amici portassero un giudizio così sinistro di me? Io non domando che la libertà di coscienza per noi senza volerla quindi togliere ad altri. Quanto agli abitanti del castello io non ho miglior desiderio siccome quello di un'occasione per provar loro che nudrii sempre uguali sentimenti, uguale amicizia per essi.»

»Dio vi renda merito, se pensate così! (rispose Jenny dando in un dirotto di lagrime.) Ma fra poco non avranno più bisogno dell'amicizia di nessuno, perchè non abbiamo più nel castello un sol pezzo di pane o di carne.»

»Sarebb'egli possibile? sclamò Enrico. Io credea per vero dire che non vi si nuotasse nell'abbondanza; ma tale stremo poi! e il maggiore e quelle signore?..»

»Hanno sofferto al pari di noi, e ripartito con noi sin l'ultimo tozzo di pane. Son otto giorni dacchè nel castello non si fa che un pasto al giorno, e se vedeste che pasto!..»

Le scarne guance di quella povera giovane ben provavano che non v'era esagerazione in tai detti.

»Sedete», s'affrettò a dirle Morton, e la costrinse a valersi della sola seggiola che ivi si ritrovasse; indi trascorrendo a grandi passi la stanza come fuor di se stesso; »Avrei io mai potuto credere tanto, soggiugne? – Abbominevole falsario! mostro di crudeltà! fanatico detestabile. – Cuddy, andate in traccia di viveri, di vino, di tutto quanto potete trovare.»

»Di vino! borbottò fra' denti Cuddy; per questa signorina sarebbe a bastanza un bicchiere di whisky. Chi si potea immaginare tanta penuria di vettovaglie entro il castello, se la signora Jenny avea le pentole piene di minestra per gettarle fuor dai balconi?».

Comunque fosse strema e sconsolata Jenny non potè starsi dal ridere di questa allusione; ma fu impeto momentaneo seguito indi da un rovescio di pianto. Morton reiterò il primo ordine a Cuddy con quel tuono che repliche non ammettea, e allorchè questi si fu partito: »Suppongo, ei disse a Jenny, essere per ordine della vostra giovane padrona che veniste qui in cerca di lord Evandale. Che brama ella? I suoi desideri saranno per me altrettanti comandi.»

Jenny divenne pensosa un istante; indi si espresse in tal guisa; »Voi siete amico di sì antica data, sig. Morton, che non posso a meno di fidarmi in voi e di raccontarvi la verità.»

»Accertatevi bene, o Jenny, soggiunse Morton in veggendola tuttavia titubante, che non avete miglior modo di giovare alla vostra padrona quanto il parlarmi con franca sincerità.»

»Ebbene dunque! ella prese a dire. – Che moriamo di fame, sono otto giorni, questo già lo sapete. Il maggiore giura tutte le mattine che aspetta soccorsi entro la giornata, e che non cederà il castello se prima non ha mangiati i suoi vecchi stivali; e dovete ricordarvi, sig. Enrico che le suole ne sono piuttosto grosse. – I Dragoni, principalmente dopo il genere di vita cui sono avvezzi da lungo tempo, non se la sentono di digiunare, e molto meno di morire di fame. Adesso poi che lord Evandale è prigioniero, non ubbidiscono più a nessuno, e so che Inglis ha divisato consegnare a Burley il castello, e noi soprappiù a titolo d'agio, col patto d'aver salva per sè e pe' suoi compagni la vita.»

»Scellerato! sclamò Enrico. E perchè non estende quest'ultimo patto a tutti quelli che son nel castello?»

»Ah! perchè teme chiedendo troppo di nulla ottenere. Burley ha già fatto appiccare due dragoni cadutigli fra le mani, son pochi giorni; onde Inglis vorrebbe tirar il capo fuor del capestro, lasciandovi entro il collo degli altri.»

»E voi eravate qui per partecipare a lord Evandale questa sconsolante notizia?»

»Sì, sig. Enrico. Holliday mi ha raccontato tutto, e prestata mano ad uscir del castello, affinchè se mi riusciva vedere lord Evandale, lo facessi inteso di quanto accade.»

»Ma qual cosa può operare in favor vostro lord Evandale, se è prigioniero egli stesso?»

»Ciò è vero. Ma può far patti per noi. – Può darci buoni consigli. – Può mandar ordini ai suoi dragoni. – Può…»

»Fuggir di prigione, aggiunse Morton sorridendo, se voi trovaste la possibilità di agevolargliene i modi.»

»Di fatto, disse Jenny con fermezza, non sarebbe stata la prima volta che mi fossi adoperata a vantaggio d'un prigioniero infelice.»

»Lo so, Jenny, nè perdonerei a me medesimo se ciò potessi dimenticare. – Ma ecco Cuddy che arriva provveduto di reficiamenti. Ristoratevi prendendo alcun poco di cibo; e quanto alla vostra commissione verso lord Evandale, me ne incarico io.»

»Dovete sapere, sig. Enrico, disse in arrivando Cuddy, che questa mal'erba, questa Jenny Dennison, si studiava a far suo Tom Rand, posto di fazione alla porta di lord Evandale, per ottenerne di vedere questo prigioniero e parlargli; ma non si era accorta ch'io le stava alle calcagna.»

»E voi mi faceste una famosa paura allorchè m'arrestaste» soggiunse Jenny che presentò il suo antico amante d'un buffetto sopra un orecchio. »Avete ragione che ci conosciamo da lungo tempo, cattiva semenza!..»

Lasceremo ora che Jenny prenda qualche ristoro, di cui per vero dire abbisognava, e lasceremo parimente che rannodi la pace col suo antico amante, per farci a seguire Enrico, che avvolto in un mantello, sotto del quale tenea nascoste la sciabola e due pistole, s'avviò al luogo assegnato per carcere a lord Evandale.

»V'è qualche novità?» chiese Morton, alle sentinelle.

»Nessuna novità straordinaria, rispose una di queste; se non fosse quella della giovane arrestata da Cuddy, ovvero di due messaggeri inviati da Burley in cerca di Kettledrumle e di Macbriar, i quali stanno ora battendo la campagna per far reclute.»

»Sarà, non ne dubito (disse Morton ostentando la massima indifferenza) per sollecitarli a condursi al suo campo.»

»Egli è quanto a me pure si è fatto credere» aggiunse la sentinella che avea discorso coi ridetti messi.

»Va ottimamente! pensò Morton fra se medesimo. Colui vuole assicurarsi una maggiorità nel consiglio per far approvare tutti gli atti di scelleratezza e di crudeltà che gli tornerà a grado commettere. Si vada. Conviene affrettare tutte le cose, o l'occasione è perduta.»

Entrando nella stanza, ove lord Evandale era stato rinchiuso, lo trovò carico di catene e nell'atto che, accorgendosi dell'arrivo di qualcheduno, si alzava dal pagliericcio; solo letto assegnatogli. Il prigioniero presentò agli occhi di Morton lineamenti tanto sformati e per la perdita di sangue cagionata dalle ferite e per la fame e per le veglie sofferte, che se non avesse saputo di doverlo vedere in quel luogo, a stento avrebbe ravvisato in esso quel giovine ufiziale, pien di salute e vigore e segnalatosi per tanti atti di prodezza nella giornata di Loudon-Hill. Alla luce della tetra lampada che gli schiariva la stanza, Evandale riconobbe Morton, e d'un tale riconoscimento manifestò qualche sorpresa.

»Spiacemi grandemente, o milord, di vedervi in tale stato» gli disse Enrico.

»M'hanno assicurato, rispose il prigioniero, che vi dilettate di poesia. Se ciò è vi ricorderete di questi versi.

 
Che ferree porte e raddoppiato muro,
Cui non penètra il sol, crescano affanno
A prigionier, che del sentirsi puro
Si ripari all'usbergo, è folle inganno.
Rombi pur nembo reo contr'esso insorto;
Trova nel carcer suo quïete e porto.
 

Ma quand'anche più insopportabile mi sembrasse la mia prigionia, è un mal breve, poichè domani mattina ne sarò liberato.»

»Colla morte?» sclamò Enrico.

»Non v'ha dubbio. Non vedo altra speranza. Il vostro collega Burley me ne ha già fatto avvertire; e poichè a quest'ora ha lordate le mani nel sangue di molti fra i miei soldati, i quali poteano sperare una salvaguardia nella propria oscurità, io, privo anche di questo diritto alla sua clemenza, non debbo presumere che egli pensi a salvare i miei giorni.»

»Ma il maggiore Bellenden può ben rendere il castello a fine di salvarvi la vita.»

»Egli non farà nulla di ciò sintantochè a difesa della piazza gli rimanga un sol uomo, e sintantochè a questo uomo potrà dare il sol nudrimento che basti a non lasciarlo morire di fame. Conosco a tal proposito la sua fermezza, fermezza degna di un vero soldato, e sarei scontento se per mio riguardo cambiasse stile.»

Morton si affrettò allora a partecipargli le notizie sapute poc'anzi da Jenny; notizie che appena lord Evandale potea credere.

»Ben io sapeva, diss'egli, che le vettovaglie toccavano il loro termine; ma che l'idea di negoziare una ritirata, di consegnare il castello e gli abitanti del castello al nemico, potesse capir soltanto nella mente de' miei soldati, questo è ciò che non avrei potuto creder giammai. – Ma che mi resta a fare? Come posso io andar contro a tale sventura?»

»Ascoltatemi, o milord. Io penso che v'assumerete senza ripugnanza l'incarico di farvi apportatore del ramo d'ulivo fra il nostro augusto padrone, sua maestà Carlo II, e questa porzione di suoi sudditi, che ha posti in armi la necessità, non la voglia di ribellarsi.»

»Voi rendete giustizia ai sentimenti dai quali sono compreso. Ma a che mira il vostro discorso?»

»Permettetemi continuarlo, o milord. Io ordino sull'istante che siate messo in libertà e ricondotto al castello a patto della contemporanea cessione del castello medesimo. Aderendo a tale partito voi non cedete che alla sola necessità. Come potreste più a lungo difendere un forte, sfornito di viveri, e comandando un presidio che ha scosso il freno della subordinazione? V'avrete un salvocondotto per voi e per tutti coloro che vorranno seguirvi o ad Edimburgo o a quel luogo ove si troverà presentemente il duca di Monmouth. Chi ricuserà accompagnarvi non dovrà incolpare che se medesimo della sorte cui s'avventura. Una sola cosa io chiedo da voi. La vostra promessa di presentare al duca quest'umile scritto, ove si contengono le giuste nostre rimostranze, e se le inchieste fatte con esso vengono secondate, fo mallevadore il mio capo, che quasi tutti i sollevati metteran basso le armi.»

»Sig. Morton (rispose lord Evandale dopo avere letto con attenzione lo scritto che l'altro gli porse) non vedo, ve lo confesso, quali valevoli obbiezioni si potessero movere contro tali domande. Di più: le penso conformi ai sentimenti particolari del duca di Monmouth; ma debbo ciò nonostante parlarvi con franchezza, e dirvi, come io non creda assolutamente che le stesse domande verranno esaudite, se a mano armata voi le porgete.»

»Milord, il dimettere prima le armi sarebbe un confessare che avemmo torto in brandirle; e simil torto nol confesseremo giammai.»

»Ebbene! riprese a dire lord Evandale, io prevedo che sarà questo lo scoglio contra cui la negoziazione si romperà. Ma dall'avervi spiegato il mio parere non deriva ch'io non sia propenso a presentare le vostre istanze e ad operare tutti i miei sforzi per condurre ad una conciliazione le cose.»

»Mi basta, o milord. Voi accettate dunque il salvocondotto?»

»Sì; e se non mi diffondo maggiormente sulla mia gratitudine per esservi una seconda volta debitor della vita, non crediate questa gratitudine men viva e operosa nell'animo di Evandale.»

»Voi non dimenticherete, spero, che il castello debbe arrendersi sull'istante.»

»Ne vedo la necessità. Il maggiore non ha modi per ridurre ad obbedienza gli ammutinati, e fremo in pensando a quanto potrebbe accadere di quel rispettabile vecchio, della sorella sua, della nipote, se cadessero fra le mani di Burley, di quel mostro sol sitibondo di sangue.»

»Voi siete adunque libero, gli disse Morton; accignetevi a montare a cavallo. Vi farò munire d'una scorta per attraversare le nostre porte e giugnere sicuro fino a quelle di Tillietudlem.»

Lasciato indi lord Evandale sorpreso ad un tempo e lieto d'una così inopinata liberazione, si affrettò Morton a mettere in armi e a cavallo alcuni di coloro cui meglio poteva fidarsi. Jenny riconciliata affatto col suo Cuddy salì in groppa dietro di lui. Lo scalpitar de' cavalli si fe' tosto udire sotto le finestre di lord Evandale. Due uomini a lui sconosciuti comparvero nel suo appartamento, e discioltine i ceppi, lo accompagnarono fuori del carcere; indi salito che fu a cavallo lo posero al centro dello squadrone messo a scortarlo, e fu presa di gran galoppo la via del castello.

Erano vicini a questa meta, che l'aurora incominciava già a splendere, e i primi diurni raggi schiarivano la cima dell'antica torre. La scorta si fermò a qualche distanza per non avventurarsi al trarre delle batterie, e soli lord Evandale e Jenny seguendolo si innoltrarono. Erano già prossimissimi allor quando udirono nel cortile un tumulto che mal s'accordava colla tranquillità solita a dominare in questa prima ora mattutina. Chi gridava, chi bestemmiava, si udirono due scoppi di pistola; in somma tutte le circostanze annunziavano che gli ammutinati stessero in atto d'eseguire il loro divisamento.

Lord Evandale si nominò tosto giunto al portello, cui faceva per buona sorte la guardia Holliday. Cotest'uomo, non dimentico de' pietosi ufizj usatigli dalle persone del castello in tutto quel mese che la sua ferita ivi il rattenne, inorridì alla sola idea della trama orditasi da' suoi colleghi, e già sappiamo come egli stesso consigliando a Jenny di fare ogni sforzo per renderne inteso milord, le agevolò i modi d'uscire di quella piazza. Non ebbe appena udita la voce del capitano, s'affrettò ad introdurlo, e lord Evandale comparve agli occhi degli attoniti suoi soldati, com'uomo caduto allor dalle nuvole.

I sediziosi aveano risoluto impadronirsi del castello in quella stessa mattina per venirne indi a negoziar con Burley. Costoro si erano schierati da una banda del cortile; intantochè dall'altra il maggiore, Harrison, Gudyil e il rimanente degli abitanti di Tillietudlem si apparecchiavano a far resistenza.

L'arrivo di lord Evandale cambiò affatto cotesta scena. Ei corse in dirittura ai propri soldati, e afferrato pel collarino del giustacuore Inglis, e rampognandogli la sua perfidia, ordinò a due compagni di costui che lo arrestassero e il mettessero in ceppi, facendo intendere con asseveranza come non rimanesse loro che una sola possibilità di perdono: fondarsi questa sull'obbedienza la più istantanea. Di fatto obbedirono. Comandò indi mettesser giù l'armi. Titubarono un istante, ma la consuetudine della disciplina, e molto più la credenza che la liberazione di lord Evandale fosse opera d'un soppraggiunto rinforzo di Reali, li fe' sottomessi ancora a questo comando, per essi sgradevolissimo.

»Prendete quest'armi, disse lord Evandale a Gudyil; mal si convengono ad uomini che non conoscono meglio di così lo scopo a cui le impugnarono. – Voi ripigliate le vostre, Holliday; ve ne fa degno la condotta che avete serbata; ne renderò inteso il colonnello, e potete sperare il grado di sergente in luogo di Inglis che riceverà il castigo dovuto alle azioni disonorevoli. – Intanto, signori miei, in questa si volse agli ammutinati, partite subitamente, e profittate delle tre ore di tregua che ne rimangono per avviarvi a Edimburgo. Aspettatemi a Muir. Mi astengo dal raccomandarvi di non commettere disordini lungo la strada, perchè siete disarmati, e il vostro interesse medesimo questa volta mi è mallevadore della vostra buona condotta.»

Privi d'armi e pieni di confusione quei soldati abbandonarono silenziosamente il castello, prendendo la strada del luogo d'unione indicato loro dal lord, e tanto più si affrettarono per arrivarvi, che temeano ad ogni passo incontrarsi in qualche banda di sollevati o di contadini, non certamente inclinati a perdonar loro i cattivi trattamenti che per più riprese ne avean ricevuti.

Le predette cose si operarono in un istante; indi lord Evandale avvicinossi al maggiore, al quale tutto ciò parea un sogno.

»Ebbene, mio caro maggiore! è d'uopo rendere il castello.»

»Che mi dite ora, o milord? Io avea sperato in veggendovi che ne aveste condotto rinforzi e vettovaglie.»

»Non un uomo, non un tozzo di pane!»

»Non quindi è minore il mio contento di rivedervi. Ieri, allor quando seppi che quegli sciagurati masnadieri vi volean morto questa mattina, deliberai prendere con me tutti, non eccettuandone un solo, gli uomini della guernigione, operare una sortita all'alba del giorno, e liberarvi o morire in vostra compagnia; ma nel momento di mandar ad effetto un tal disegno, quello sgraziato d'Inglis ha avuto l'ardire di annunziarmi, che nessuno sarebbe uscito fuor del castello, che egli per adesso ne era il solo comandante. – In somma che dobbiam fare?»

»Non mi resta nè anco l'arbitrio della scelta, o maggiore; son prigioniero, lasciato libero sulla mia parola, ed ho promesso di trasferirmi a Edimburgo. Fa di mestieri che voi colle vostre signore prendiate la medesima strada. Mercè d'un amico di vostra conoscenza, del sig. Morton, ho un salvocondotto, abbiam cavalli. Non v'è un istante da perdere. – Voi non potete assumervi la difesa di questo castello con sette o otto uomini solamente, e sfornito affatto di viveri. Avete già soddisfatte tutte le leggi dell'onore e della lealtà, e prestato in oltre un servigio il più importante al governo col tener qui in faccende una parte considerabile di ribelli; il voler operare di più sarebbe un atto di disperazione e di temerità, da cui non potrebbe risultare verun vantaggio. Raggiugniamo l'esercito inglese che si aduna a Edimburgo, nè tarderà a prendere la volta di Hamilton. Lasciamo che per un istante i ribelli s'impadroniscano di Tillietudlem.»

»Se tale è la vostra opinione, o milord; rispose mettendo un sospiro profondissimo il veterano, sottometterò ad essa la mia. Vi conosco incapace di dare un consiglio che non s'accordi coll'onore. – Gudyil, portate questa infausta notizia a mia sorella e mia nipote, e ciascuno si appresti subito alla partenza. – Ma se credessi, o milord, che potesse tornare utile alla causa del re il mantenermi più lungo tempo fra queste vecchie muraglie, non ne uscirei, potete esserne certo, sintantochè una stilla di sangue rimanesse nelle mie vene.»

Le signore aveano già saputo da Jenny, e la ribellione de' dragoni e l'insperato ritorno di lord Evandale. In tale stato di cose non vi volle molto per farle risolvere ad abbandonare il castello. Gli apparecchi della partenza vennero affrettatamente conchiusi; ciascuno montò a cavallo ed anche la vecchia milady, alla quale circa da venti anni in poi non accadea di abbandonare che per diporto il proprio castello. Non isplendeva ancora il giorno assai chiaro da potere scernere perfettamente gli obbietti all'intorno quando la cavalcata si pose in cammino verso il nord della Scozia.

Lord Evandale trovò tostamente la scorta che lo aveva accompagnato nella notte precedente, e che stava aspettandone la partenza. Una porzione degl'individui che la formavano gli disse d'aver ordine di seguirlo insino a che fosse al di là delle linee del campo de' Puritani, e ciò per far rispettare il salvocondotto del quale andava munito. Immantinente i sollevati entrarono nel castello, talchè i primi raggi di sole videro sventolare lo stendardo presbiteriano in sulla torre di Tillietudlem.